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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione III, composto dai Signori:
1) Dott. Ugo de Maio Presidente
2) Dott.ssa Maria Laura Maddalena giudice rel
3). Alfredo Storto giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 7951/2005 proposto da Varriale Lucio, in proprio e in qualità di procuratore della Cerdit International Corporate Finance, rappresentato e difeso dall’ avv. Andrea Orefice, elettivamente domiciliato, in Napoli, viale gramsci, 19, presso lo studio dell’avv. Caianiello;
CONTRO
Il comune di Napoli, in persona del sindaco pro tempre, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons d’Oranges Antonio Adreottola, Eleonora Carpentieri, Bruni Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Funari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, ed elettivamente domiciliato in Napoli, Piazza Municipio, Palazzo San Giacomo, presso l’avvocatura municipale;
e NEI CONFRONTI
della Società Sportiva Calcio Napoli s.p.a. (già Napoli soccer s.p.a.) in persona del Presidente del consiglio di amministrazione pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Paiolo Minervini, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Napoli, via Riviera di Chiaia, n. 33;
PER L’ANNULLAMENTO
Della deliberazione del consiglio comunale di Napoli, n. 56 del 28.6.2005, avente ad oggetto la concessione in uso dell’impianto sportivo denominato “Stadio San Paolo” alla Napoli Soccer s.p.a. (oggi Società Sportiva Calcio Napoli s.p.a.) per le stagioni agonistiche 2004/2005; 2005/2006; 2006/2007; 2007/2008; 2008/2009, rinnovabile per altri cinque anni;
della convenzione per la concessione in uso dello stadio San Paolo stipulata tra il comune di Napoli e la Napoli Soccer s.p.a. (oggi Società Sportiva Calcio Napoli s.p.a.);
di ogni atti preordinato, connesso e conseguente, con particolare riferimento alla deliberazione di Giunta municipale n. 716 del 4.3.2005, al parere di regolarità tecnica del 28.2.2005 ed al parere dell’avvocatura municipale del 28.2.2005;
Visto il ricorso ed i relativi allegati nonché il ricorso per motivi aggiunti;
visto l’atto di costituzione della amministrazione intimata e della società controinteressata;
viste le memorie depositate;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla udienza pubblica del 5.7.2007 il Referendario Dott.ssa Maria Laura Maddalena;
Uditi gli avvocati di cui al verbale di udienza;
FATTO
Il ricorrente, quale procuratore generale della Creditinvest International Corporate Finance, impugna con il presente ricorso, notificato il 5.11.2005 e depositato il 19.11.2005, la delibera del comune di Napoli del 28.7.2005 n. 56, con cui è stato concesso alla Napoli Soccer s.p.a. l’uso dell’impianto sportivo Stadio San Paolo per cinque stagioni agonistiche, rinnovabile per altri cinque anni. Impugna inoltre la convenzione accessiva alla concessione, sottoscritta in data 3.11.2005.
Deduce, in punto di fatto, di aver presentato al comune di Napoli nel 2002 un progetto per la trasformazione e gestione dello Stadio San Paolo, che prevedeva la adozione per la gestione dello Stadio San Paolo di un project financing, e di essere stato convocato il 21 novembre 2002 per una riunione per la valutazione di tale progetto. Il procedimento, tuttavia, non si concludeva, nonostante le ripetute diffide da parte del ricorrente. Nel frattempo, il ricorrente veniva a conoscenza della concessione dello Stadio San Paolo, a trattativa privata, alla società Napoli Soccer s.p.a..
Il ricorso è articolato nei seguenti motivi di impugnazione:
violazione dell’art. 97 Cost., art. 3 della l. n. 241 del 1990, contraddittorietà, difetto di istruttoria carenza assoluta di motivazione, violazione dei principi di economicità e buon andamento ed eccesso di potere perché la convenzione, in contrasto con le premesse della deliberazione n. 56 del 2005, prevede lo svolgimento da parte della concessionaria di attività commerciali all’interno dell’impianto, il diritto di sfruttamento economico delle riprese audiovisive, la gestione della pubblicità interna della struttura, anche a mezzo di un sub concessionario;
violazione dell’art. 81 del Trattato UE, dell’art. 3 del R.D. n. 2440/1924, dell’art. 41 del R.D. n. 827/1924, del d.lgs. n. 157 del 1995, dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, difetto assoluto di motivazione, carenza di istruttoria ed eccesso di potere, perché se è vero che prevalenti ragioni di interesse pubblico giustificano la concessione degli impianti sportivi alla maggiore squadra cittadina mediante affidamento diretto, tuttavia ciò non vale per quanto riguarda le attività commerciali e di sfruttamento economico previste nella convenzione e non attinenti allo spettacolo sportivo, rispetto alle quali non è giustificata la deroga dalla regola della procedura concorsuale;
violazione dell’art. 97 Cost., art. 3 della l. n. 241 del 1990, contraddittorietà, difetto di istruttoria carenza assoluta di motivazione, violazione dei principi di economicità e buon andamento ed eccesso di potere perché il compenso è stato determinato dal comune di Napoli senza tener conto dei costi reali di gestione dell’impianto, rimasti a carico dell’amministrazione comunale e senza esternare l’iter logico seguito;
violazione dell’art. 97 Cost., art. 3 della l. n. 241 del 1990, contraddittorietà, difetto di istruttoria carenza assoluta di motivazione, violazione dei principi di economicità e buon andamento ed eccesso di potere perché, pur avendo il ragioniere generale del comune di Napoli accertato che la concessione approvata determina minori entrate per l’Ente, non è stata acquisita alcuna documentazione o informazione sulla quantificazione di tali minori entrate, anzi il dirigente della settima direzione centrale ha affermato che non è possibile pervenire alla definizione delle variazioni di entrata rispetto all’attuale sistema tariffario e di gestione della pubblicità;
violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 162 del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, contraddittorietà, difetto di istruttoria carenza assoluta di motivazione, violazione dei principi di economicità e buon andamento ed eccesso di potere perché nel bilancio 2005 e nel bilancio pluriennale 2005/2007 del comune di Napoli, non si tiene conto delle spese e dei minori introiti derivanti dalla convenzione e deve pertanto ritenersi che il provvedimento manchi della necessaria copertura finanziaria;
violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 162 del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, contraddittorietà, difetto di istruttoria carenza assoluta di motivazione, violazione dei principi di economicità e buon andamento ed eccesso di potere perché le spese relative alla pulizia dell’impianto, all’erogazione dell’acqua calda e dell’energia elettrica e del riscaldamento sono rimaste a carico del comune di Napoli, con violazione di ogni canone di ragionevolezza ed economicità dell’azione amministrativa e in assenza di alcuna giustificazione;
violazione dell’art. 2 e 3 della l. n. 241 del 1990, difetto di istruttoria, violazione del legittimo affidamento, carenza assoluta di motivazione, ed eccesso di potere perché il procedimento per l’esame del progetto di trasformazione e gestione dello Stadio San Paolo del ricorrente non è stato concluso, nonostante le ripetute diffide e messe in mora del ricorrente, di contro il comune di Napoli ha stipulato una concessione che, seppure formalmente non preclude la possibilità di affidamento della gestione dell’impianto a terzi, tuttavia di fatto priva di interesse economico ogni ipotesi alternativa di concessione dello stadio San Paolo, rivelando il difetto di istruttoria e la carenza motivazione circa la posizione del ricorrente che è stata del tutto obliterata.
La Napoli soccer s.p.a. si è costituita con mero atto di stile.
A seguito di istruttoria presidenziale, sollecitata dal ricorrente, il comune di Napoli ha depositato in data 27 febbraio 2007 documentazione ed una nota di accompagnamento, nella quale si evidenzia che l’entità del compenso per la concessione in uso dello stadio San Paolo è stata determinata a livello politico e pertanto gli uffici non dispongono di documentazione in merito e che comunque “la gestione del San Paolo è sempre di esclusiva competenza dell’amministrazione comunale, che ne consente, nei limiti previsti dal vigente regolamento, l’utilizzo a tutti coloro che ne fatto richiesta.
La Società sportiva calcio Napoli s.p.a. ( già Napoli soccer s.p.a.) ha depositato, in data 10.3.2007, una memoria nella quale ha in primo luogo eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, non potendo ritenersi a tal fine sufficiente la mera aspettativa, che il ricorrente dichiara di nutrire, di potersi rendere promotore di un project financing, relativo ad opere non previste dalla programmazione delle opere pubbliche del comune di Napoli; inoltre, in quanto il ricorrente non allega di essere di titolare di una squadra di calcio. Pertanto, ad avviso della società sportiva calcio Napoli, non si ravvisa in capo al ricorrente il requisito di “soggetto operante nel medesimo settore economico oggetto della concessione” al quale la giurisprudenza riconduce l’interesse alla impugnazione di affidamenti. Né potrebbe rilevare ai fini della sua legittimazione il silenzio tenuto dalla amministrazione sulla sua proposta di promuovere un project financing, trattandosi di procedimento estraneo a quello oggetto del presente giudizio.
Nel merito, ha società ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato, sottolineando che in ordine alla questione la giurisprudenza pur avendo elaborato due diversi inquadramenti giuridici della fattispecie, è comunque giunta, in entrambi i casi, ad identiche soluzioni.
Secondo un orientamento, la fattispecie va ricostruita come concessione mista di beni e servizi, in cui la prevalenza dell’uso del bene rispetto all’eventuale titolarità di ulteriori servizi comporta la legittimità della scelta di affidare la medesimo concessionario del bene anche al gestione dei servizi connessi, trattandosi di attività accessorie rispetto alla destinazione prevalente.
Altro orientamento, proprio di questo Tar, ha invece ricondotto la fattispecie alla concessione in uso dell’immobile comunale, compresa la gestione del servizi accessori commerciali e pubblicitari.
Quanto alle doglianze relative al carattere non remunerativo della concessione, rileva la società controinteressata che esse impingono il merito amministrativo e pertanto non sono ammissibili. Le scelta del comune, va poi sottolineato, è stata mossa dall’intendimento di rilanciare e restituire lustro alla squadra cittadina e che ai corrispettivi determinati ai sensi dell’art. 12 della convenzione si devono aggiungere le spese di manutenzione e ristrutturazione dell’impianto che la società Napoli calcio si è assunta.
Inammissibili sarebbero, secondo la tesi della società controinteressata, anche le censure di cui al settimo e ultimo motivo di ricorso in quanto riferiti ad atti inesistenti e comunque estranei al presente giudizio. Inoltre, nessun dovere di provvedere può rilevarsi nel caso in cui il privato abbia semplicemente presentato spontaneamente alla amministrazione una proposta, un progetto di trasformazione e ristrutturazione dello stadio San Paolo. In ogni caso, poi, una eventuale inadempienza all’obbligo di provvedere avrebbe dovuto essere censurata mediante il ricorso ex art. 21 bis.
Infine, la società controinteressata ha rilevato che l’ipotesi di una concorrenza tra l’ipotesi di ristrutturazione e la concessione stessa è contemplata e regolata già dalla stessa convenzione, all’art. 4.
Anche il comune di Napoli, nella memoria depositata il 10 marzo 2007, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e, in particolare, delle censure di cui al settimo motivo di ricorso, non ravvisandosi alcun obbligo di provvedere. Inoltre, ha comunque chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
Con memoria depositata il 10.3.2007, il ricorrente ha sottolineato che la nota n. 109 del 15.2.2007, depositata dal comune in adempimento agli incombenti istruttori, contiene l’esplicita ammissione della carenza di adeguata istruttoria sai il ordine alla quantificazione dei costi di gestione che in relazione al valore dei diritti di sfruttamento del bene demaniale concesso alla controinteressata. Ha inoltre ulteriormente illustrato le precedenti censure, concludendo per l’accoglimento del ricorso.
L’udienza di discussione, fissata per il 22 marzo 2007, è stata rinviata su istanza nel ricorrente per proporre motivi aggiunti, in conseguenza della documentazione depositata dal comune.
Il ricorrente ha quindi notificato in data 29.4.2007 motivi aggiunti, con i quali, impugnando gli stessi atti già oggetto del ricorso principale, ha dedotto:
la violazione degli artt. 49 e 162 del d.lgs. n. 267/2000, art. 3 della l. n. 241 del 1990, art. 97 Cost., art 3 del RD n. 2440/23, art. 37 del RD 827/24, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento di legge, contraddittorietà, carenza di presupposti e difetto di motivazione perché la concessione dello stadio San Paolo alla controitneressata è avvenuta in palese contrasto con i pareri tecnico e contabile espressi dai dirigenti competenti o in loro sostanziale mancanza;
la violazione degli artt. 49 e 162 del d.lgs. n. 267/2000, art. 3 della l. n. 241 del 1990, art. 97 Cost., art 3 del RD n. 2440/23, art. 37 del RD 827/24, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento di legge, contraddittorietà, carenza di presupposti e difetto di motivazione perché in caso di difformità dal parere di regolarità tecnica è necessario fornire un’adeguata motivazione, che invece nel caso di specie è mancata;
la violazione degli artt. 49 e 162 del d.lgs. n. 267/2000, art. 3 della l. n. 241 del 1990, art. 97 Cost., art 3 del RD n. 2440/23, art. 37 del RD 827/24, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento di legge, contraddittorietà, carenza di presupposti e difetto di motivazione perché l’art. 162 del d.lgs. n. 267/2000 stabilisce che tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate e pertanto, il ragioniere capo del comune di Napoli aveva rilevato nel proprio parere che non era possibile procedere alla compensazione con le entrate, come previsto dalla convenzione; tuttavia, tali indicazioni non sono state seguite nella stipula della convenzione, né sono stati previsti fondi a copertura delle maggiori spese e delle minori entrate derivanti dalla convenzione, in contrasto con le prescrizioni contenute nel menzionato parere;
la violazione degli artt. 49 e 162 del d.lgs. n. 267/2000, art. 3 della l. n. 241 del 1990, art. 97 Cost., art 3 del RD n. 2440/23, art. 37 del RD 827/24, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento di legge, contraddittorietà, carenza di presupposti e difetto di motivazione perché la nota n. 109 del 15.2.2007, depositata dal comune,nella quale si afferma che la determinazione per il compenso pattuito per la concessione dello stato è stata effettuata a livello politico, cosicché non sono nella disponibilità del competente servizio gli atti istruttori, conferma il gravissimo deficit istruttorio inficiante il provvedimento impugnato; in tal modo inoltre si è violato il criterio di economicità ed efficienza nella scelta del contraente;
la violazione degli artt. 49 e 162 del d.lgs. n. 267/2000, art. 3 della l. n. 241 del 1990, art. 97 Cost., art 3 del RD n. 2440/23, art. 37 del RD 827/24, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento di legge, contraddittorietà, carenza di presupposti e difetto di motivazione perché la documentazione depositata in adempimento dell’istruttoria presidenziale è carente della nota n. 198/E del 19.4.2005 nonché dei documenti in base ai quali il dirigente del servizio grandi impianti sportivi aveva affermato che dalla convenzione derivano minori entrate. Tale inadempienza configura comportamento valutabile ai sensi dell’art. 116 c.p.c..
La società controinteressata ha depositato una memoria per l’udienza, eccependo l’inammissibilità dei motivi aggiunti perché proposti avverso gli stessi atti già gravati con il ricorso originario e pertanto da considerarsi tardivi. Nel merito, ha comunque concluso per l’infondatezza dei motivi aggiunti, chiedendone la reiezione.
Ha rilevato infatti che il parere di regolarità contabile, l’unico obbligatorio, è stato legittimamente acquisito mentre il parere, facoltativo, della dirigente del servizio pubblicità, può dirsi sostanzialmente favorevole.
All’odierna udienza, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, devono essere respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso prospettate sia dalla società sportiva Napoli Calcio s.p.a. che dal comune di Napoli, per carenza di interesse dell’odierno ricorrente.
Tale carenza di interesse risulterebbe palese, secondo la prospettazione delle parti resistenti, per due ordini di ragioni: in primo luogo, non potendo ritenersi a tal fine sufficiente la mera aspettativa, che il ricorrente dichiara di nutrire, di potersi rendere promotore di un project financing, relativo ad opere non previste dalla programmazione delle opere pubbliche del comune di Napoli inoltre, in quanto il ricorrente non allega di essere di titolare di una squadra di calcio. Pertanto, non si ravviserebbe in capo al ricorrente il requisito di “soggetto operante nel medesimo settore economico oggetto della concessione” al quale la giurisprudenza riconduce l’interesse alla impugnazione di affidamenti. Né potrebbe rilevare ai fini della sua legittimazione il silenzio tenuto dalla amministrazione sulla sua proposta di promuovere un project financing, trattandosi di procedimento estraneo a quello oggetto del presente giudizio.
In punto di fatto, risulta dagli atti che il ricorrente ha presentato al comune di Napoli nel 2002 un progetto per la trasformazione e gestione dello Stadio San Paolo, che prevedeva la adozione per la gestione dello Stadio San Paolo di un project financing, e di essere stato convocato il 21 novembre 2002 per una riunione per la valutazione di tale progetto. Il procedimento, tuttavia, non si è mai concluso. Su tale circostanza, il ricorrente fa leva per giustificare il proprio interesse al ricorso.
Le eccezioni non possono trovare accoglimento.
L’interesse contestare la delibera impugnata dall’odierno ricorrente, in qualità di rappresentante legale della Creditinvest International Corporate Finance, non si appunta su di un suo preteso interesse ad ottenere in concessione, al posto della società sportiva Napoli calcio s.p.a. ed in qualità di titolare di una squadra di calcio concorrente, la gestione dello stadio San Paolo, circostanza non è mai stata nemmeno adombrata nel ricorso, ma sul suo diverso interesse allo sfruttamento economico dello stadio San Paolo attraverso la promozione del project financing, presentato e preso in considerazione dal comune di Napoli pur senza giungere ad una conclusione del procedimento, per la trasformazione e gestione dello Stadio San Paolo, interesse che sarebbe compromesso dalla delibera e dalla convenzione impugnata in quanto renderebbero non più remunerativa l’iniziativa.
Osserva il collegio che, così qualificato l’interesse del ricorrente, non può che essere riconosciuto.
Va in primo luogo sottolineato che la stessa convenzione impugnata, al punto 4.5.e 4.6. dell’art. 4 (durata della concessione) specifica: “4.5. Così come già narrato in premessa, il comune ha resa edotta la società Ma poli Soccer s.p.a. che, per effetto della delibera di c.c. n. del , esso ha espresso un indirizzo volto alla complessiva ristrutturazione dell’impianto, da attuare mediante l’affidamento comprensivo della gestione e o dell’eventuale vendita dell’impianto stesso ad un soggetto da prescegliere attraverso gara pubblica . 4.6. Nel caso di aggiudicazione della procedura di gara di cui al precedente punto 4.5, slava la previsione del successivo punto 4.8.,le obbligazioni assunte dal comune con la sottoscrizione del presente contratto saranno da questi trasferite all’aggiudicatario che sarà tenuto a prestarvi integrale adempimento, quanto meno sino al termine della stagione agonistica 2008-2009 (…)”.
La convenzione prevede poi, al punto 4.8., che anche la stessa Napoli Soccer s.p.a. potrà sostituirsi all’aggiudicatario della preannunciata gara, nell’attuazione del progetto agli stessi prezzi, patti e condizioni, previo rimborso all’aggiudicatario delle spese sostenute.
In tale quadro, appare evidente che sussiste l’interesse del ricorrente al presente ricorso, in quanto – in considerazione delle condizioni giudicate non remunerative della convenzione, della sua durata e del trasferimento degli obblighi da essa derivanti all’eventuale aggiudicatario della gara per l’affidamento della gestione o della vendita dello stadio San Paolo, il suo interesse alla presentazione del project financing – attuale e concreto alla luce della intervenuta proposizione della proposta del progetto di trasformazione e gestione - verrebbe meno.
E’ dunque solo sotto questo profilo che il ricorso deve ritenersi ammissibile.
2. Nel merito il ricorso è infondato e pertanto esso deve essere respinto.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 97 Cost., art. 3 della l. n. 241 del 1990, contraddittorietà, difetto di istruttoria carenza assoluta di motivazione, violazione dei principi di economicità e buon andamento ed eccesso di potere perché la convenzione, in contrasto con le premesse della deliberazione n. 56 del 2005, prevede lo svolgimento da parte della concessionaria di attività commerciali all’interno dell’impianto, il diritto di sfruttamento economico delle riprese audiovisive, la gestione della pubblicità interna della struttura, anche a mezzo di un sub concessionario.
Il motivo è infondato.
Secondo il ricorrente, la contraddittorietà denunciata tra le premesse della delibera n. 56/2005 (nella parte in cui afferma di perseguire il fine di garantire alla città di Napoli lo svolgimento di competizione sportive della prima squadra cittadina) e il contenuto della convenzione sarebbe evidenziata dalla generica previsione della possibilità per la concessionaria di “svolgere attività commerciali all’interno dell’impianto” senza alcuna attinenza con lo scopo dell’affidamento dello stadio San Paolo alla Napoli Soccer.
Tale prospettazione, tuttavia, ad avviso del collegio, non coglie nel segno dal momento che le attività economiche consentite alla società concessionaria sono tutte strettamente connesse allo svolgimento delle attività sportive e delle iniziative aperte al pubblico cosicché esse possano essere qualificate come servizi accessori (commerciali e pubblicitari) alla destinazione prevalente, consistente nell’utilizzo del bene per lo svolgimento delle attività agonistiche.
Si veda a questo proposito l’art. 5, punto 1 della convenzione, secondo cui “nelle giornate di apertura al pubblico dello stadio San Paolo per lo svolgimento di attività organizzate in dipendenza da questa convenzione, la Napoli Soccer s.p.a. potrà svolgere attività commerciali all’interno dell’impianto.” I punti vendita, a tal fine installati, potranno funzionare esclusivamente in relazione a dette manifestazioni. Anche la gestione della pubblicità ai sensi dell’art. 7, punto 1 della convenzione è effettuata unicamente in occasione dello svolgimento delle attività sportive descritte dall’art. 2 della convenzione.
Non si ravvisa dunque la denunciata contraddittorietà.
2.2. Le considerazioni che si sono espresse sopra sono utili al fine di ritenere infondato anche il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 81 del Trattato UE, dell’art. 3 del R.D. n. 2440/1924, dell’art. 41 del R.D. n. 827/1924, del d.lgs. n. 157 del 1995, dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, difetto assoluto di motivazione, carenza di istruttoria ed eccesso di potere, perché se è vero che prevalenti ragioni di interesse pubblico giustificano la concessione degli impianti sportivi alla maggiore squadra cittadina mediante affidamento diretto, tuttavia ciò non vale per quanto riguarda le attività commerciali e di sfruttamento economico previste nella convenzione e non attinenti allo spettacolo sportivo, rispetto alle quali non sarebbe giustificata la deroga dalla regola della procedura concorsuale.
In sostanza, il ricorrente non si duole dell’affidamento diretto dello stadio alla maggiore squadra cittadina, ma sostiene che per lo svolgimento delle attività commerciali all’interno delle stadio, nonché per la gestione della pubblicità, il comune avrebbe dovuto procedere ad una gara pubblica.
Della questione si è già occupato questo Tar nonché, in senso conforme, il Consiglio di Stato, cosicché questo collegio non vede ragione per discostarsi dalle conclusioni cui p già giunta la giurisprudenza amministrativa.
Si è affermato infatti in quella occasione che è legittimo l'affidamento della gestione della pubblicità all'interno di uno stadio, unitamente alla concessione in uso dello stadio stesso, dal momento che esso non può essere qualificato come appalto di un servizio pubblico (per il quale occorre esperire la procedura dell’evidenza pubblica), nel caso in cui l'amministrazione abbia inteso frazionare l'uso pubblicitario dell'impianto sportivo, considerando la gestione della pubblicità come facoltà accessoria alla concessione di uso predetta. Pertanto, è legittima la scelta del comune di non svolgere più la gestione dell'utilizzazione pubblicitaria di uno spazio pubblico, né tramite proprie strutture, né tramite appalto, poiché ai sensi dell'art. 5 d.lg. 17 marzo 1995 n. 157, le norme del citato decreto non si applicano ai contratti aventi ad oggetto la locazione di edifici o altri immobili pubblici o i diritti ad essi inerenti (Tar Napoli, I sez., n. 960/1998 e Consiglio Stato , sez. V, 17 ottobre 2002 , n. 5671).
E’ opportuno ripercorrere brevemente i tratti essenziali della motivazione delle menzionate pronunce.
La citata giurisprudenza muove dall’assunto che gli impianti sportivi di proprietà comunale appartengono al patrimonio indisponibile del comune ai sensi dell'art. 826 comma ultimo c.c. essendo destinati al soddisfacimento dell'interesse proprio dell'intera collettività allo svolgimento delle attività sportive che in essi hanno luogo.
In questo quadro, la scelta del comune di Napoli di concedere unitamente allo stadio anche la gestione pubblicitaria dell'impianto sportivo, sempre se ed in quanto collegata allo specifico uso convenuto, fa sì che la fattispecie non possa essere qualificata in termini di appalto di un servizio pubblico, posto che il comune si è determinato nel senso di considerare la gestione della pubblicità come facoltà accessoria alla concessione di uso dello stadio comunale, nella specie alla SS Calcio Napoli, per le manifestazioni dalla stessa organizzate, nel quadro di una convenzione ad oggetto misto.
Pertanto, è legittima la concessione in uso dell'impianto, appartenente al patrimonio indisponibile, alla maggiore squadra cittadina, includendo in tale convenzione anche lo sfruttamento a fini pubblicitari degli spazi a tal fine disponibili, limitatamente alle manifestazioni sportive di cui la società sarà protagonista, ferma ed impregiudicata la potestà dello stesso Comune di disporre diversamente per le manifestazioni diverse da tali partite di calcio, presumibilmente affidate ad altri privati interessati.
Infatti, per espressa disposizione dell'art. 5 del d.lgs. n. 157 del 1995, le norme del detto decreto non si applicano ai contratti aventi ad oggetto la locazione di edifici o altri immobili pubblici o i diritti ad essi inerenti. Ne consegue che per l’attribuzione al concessionario dell'immobile pubblico di una facoltà ad esso inerente e compatibile con la destinazione dell'impianto, qual è lo sfruttamento a fini pubblicitari della spazio concesso, e per il tempo in cui è stato concesso, non doveva procedersi secondo le norme del d.lgs. n. 157 del 1995.
Peraltro, anche qualora si volesse ritenere, come non sembra condivisibile, che la facoltà concessa, senza l'espletamento di una procedura concorsuale, riguardasse comunque un servizio pubblico, la legittimità del provvedimento impugnato troverebbe comunque sostegno anche nella normativa che regge specificamente la materia delle concessioni di servizi. L'art. 267 del R.D. 14 settembre 1931 n. 1175, infatti, ammette che l'affidamento di servizi a trattativa privata quando "circostanze speciali in rapporto alla natura dei servizi lo consigliano".
Tali considerazioni, svolte in materia di gestione del servizio pubblicitario, e pienamente condivise dal collegio, possono essere sicuramente estese anche alle altre attività commerciali (servizio bouvette, ecc.).
Il motivo, per tutte queste ragioni, deve essere respinto.
2.3. Le restanti censure dedotte nel ricorso ai motivi 3, 4, 5 e 6 , sono inammissibili.
Con il terzo e il sesto motivo, infatti, il ricorrente tende a censurare scelte di merito amministrativo del comune attinenti la convenienza economica nella determinazione del canone di concessione, scelte che spettano in via esclusiva all’ente, soprattutto in una materia in cui – come quella in esame – entrano in gioco altri interessi di rilevanza pubblica e sociale, che devono essere tenuti presenti unitamente ai profili economici, e che non possono essere sindacati se non nei termini della irragionevolezza manifesta o della illogicità, che nel caso di specie non si ravvisano.
Il ricorrente denuncia poi, con il quarto e il quinto motivo che la delibera è carente della determinazione delle minori entrate e dell’accertamento della copertura finanziaria.
Occorre premettere che nella disciplina attuale della contabilità degli enti locali si prevede un regime differenziato per gli atti che comportino impegni di spesa o diminuzione di entrata a seconda che si tratti delle delibere di giunta e del consiglio comunale o dei i provvedimenti dei responsabili dei servizi. Nel primo caso, infatti, l’art. 49 del d.lgs. n. 267/2000 ( ex art. 53 della l. n. 142/1990) prevede unicamente che debba essere acquisito il parere di regolarità contabile; nel secondo caso, invece, l’art. 151 del d.lgs. n. 267/2000 (ex art. 55 della l. n. 241 del 1990) prevede invece che occorre un visto di regolarità contabile, attestante la copertura finanziaria, che condiziona l’esecutività del provvedimento.
La giurisprudenza, a questo proposito, ha chiarito che nell’attuale ordinamento degli enti locali, le questioni di copertura finanziaria non attengono più alla validità del provvedimento. Infatti, a seguito della riscrittura dell'ordinamento contabile e della nuova distribuzione di competenze tra organi politico-amministrativi e responsabili dei singoli servizi, la copertura finanziaria , che prima era un prius, successivamente è divenuta, dal punto di vista dell'attestazione formale, un posterius. La norma dell'art. 55 comma 5 l. 8 giugno 1990 n. 142 ( oggi art. 151 del D.lgs. n. 267/2000), è stata infatti modificata nel senso che l'attestazione di copertura ha assunto un significato accertativo della necessaria copertura di bilancio dell'atto emanato nel contesto del richiesto visto di regolarità contabile, che riguarda anche l'esatta imputazione di spesa. In altri termini, l'attestazione di copertura finanziaria non precede più l'impegno, né soprattutto è requisito di validità, ma accede, completandolo, alla relativa deliberazione o determinazione di spesa di cui diventa condizione di esecutività, con la conseguenza che la sua mancanza non comporta la nullità dell'atto di spesa. (Consiglio Stato , sez. IV, 25 maggio 2005 , n. 2718).
Quanto al parere preventivo di regolarità contabile, si è affermato che esso, certamente necessario al fine di fornire una istruttoria completa, non pone tuttavia alcun limite alla potestà deliberante della giunta e del consiglio comunale, che possono liberamente disporre del contenuto delle proposte di deliberazione, dopo che su queste ultime sia stato acquisito, quale elemento formale dell'iter procedimentale, il parere dei predetti organi tecnici. Ove si opinasse diversamente, si finirebbe inammissibilmente con il conferire ai citati organi consuntivi l'effettivo potere di amministrazione, degradando la giunta ed il consiglio ad una funzione di mera ratifica di determinazioni amministrative sostanzialmente imputabili ad altri soggetti. (Consiglio di stato, sez. V, 25 maggio 1998 , n. 680).
Requisito di legittimità della delibera collegiale, dunque, è unicamente l’acquisizione dei prescritti pareri. L’eventuale carenza della determinazione delle minori entrate e della copertura finanziaria, invece, rilevante ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa e contabile, non è sindacabile in sede di legittimità dinanzi al giudice amministrativo, in quanto profilo estraneo alla formazione e al contenuto del provvedimento ed inerente invece la sua esecutività.
Pertanto, le relative censure sono inammissibili.
2.3. Con il settimo motivo il ricorrente deduce infine la violazione dell’art. 2 e 3 della l. n. 241 del 1990, difetto di istruttoria, violazione del legittimo affidamento, carenza assoluta di motivazione, ed eccesso di potere perché il procedimento per l’esame del progetto di trasformazione e gestione dello Stadio San Paolo del ricorrente non è stato concluso, nonostante le ripetute diffide e messe in mora del ricorrente, di contro il comune di Napoli ha stipulato una concessione che, seppure formalmente non preclude la possibilità di affidamento della gestione dell’impianto a terzi, tuttavia di fatto priva di interesse economico ogni ipotesi alternativa di concessione dello stadio San Paolo, rivelando il difetto di istruttoria e la carenza motivazione circa la posizione del ricorrente che è stata del tutto obliterata.
Anche tale censura è in parte inammissibile, come rilevato anche dalle parti resistenti, e in parte infondata. La violazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 241 del 1990 e la mancata conclusione del procedimento relativo alla proposta di trasformazione e gestione dello stadio San Paolo, infatti, non può essere censurata nel presente giudizio, che ha un oggetto diverso. Essa pertanto è sotto questo profilo inammissibile.
Infondata è invece la doglianza, contenuta sempre nel settimo motivo, di difetto di istruttoria e carenza di motivazione per la mancata considerazione della posizione del ricorrente nella decisione di procedere all’affidamento diretto dello stadio san Paolo alla Napoli Soccer s.p.a. e di stipulare la relativa convenzione.
Come si è visto nel paragrafo 1., infatti, la convenzione all’art. 4 ha tenuto presente la possibilità che si procedesse in futuro all’affidamento della gestione dello stadio a terzi, prevedendo in tal caso il trasferimento degli obblighi assunti dal comune con la convenzione al terzo aggiudicatario. Il fatto che poi una tale scelta si possa rivelare poco o per nulla conveniente per il ricorrente non può costituire motivo di illegittimità dei provvedimenti in questa sede impugnati, trattandosi di valutazioni di merito amministrativo, incensurabili in sede di legittimità.
In conclusione, dunque, il ricorso deve essere respinto.
3. Anche il ricorso per motivi aggiunti è infondato e pertanto deve essere respinto.
La sua infondatezza esime dall’esame dell’eccezione di inammissibilità prospettata dalle parti resistenti.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 49 e 162 del d.lgs. n. 267/2000, art. 3 della l. n. 241 del 1990, art. 97 Cost., art 3 del RD n. 2440/23, art. 37 del RD 827/24, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento di legge, contraddittorietà, carenza di presupposti e difetto di motivazione perché la concessione dello stadio San Paolo alla controinteressata è avvenuta in palese contrasto con i pareri tecnico e contabile espressi dai dirigenti competenti o in loro sostanziale mancanza.
La censura è infondata.
Come ha rilevato la società resistente, infatti che il parere di regolarità contabile è stato legittimamente acquisito e inoltre della irrilevanza delle questioni di copertura finanziaria ai fini della validità del provvedimento si è già detto nel paragrafo 2.3. al quale si rinvia.
In relazione, invece, al parere del dirigente del servizio pubblicità, va rilevato che esso non ha a ben vedere un contenuto di segno negativo, in quanto si limita ad affermare che la questione delle maggiori o minori entrate derivanti dalla decisione del comune di concedere lo sfruttamento del servizio pubblicitario alla società concessionaria dell’uso dello stadio San Paolo, anziché affidarlo ad altre ditte pubblicitarie, come in passato, è questione sostanzialmente irrilevante e inconferente a fronte dell’interesse pubblico e sociale che giustifica l’affidamento dello stadio a trattativa privata alla squadra cittadina e rispetto al quale la valutazione del dirigente sembra dunque essere favorevole.
A ciò si aggiunga che, comunque, come ha affermato in plurime occasioni in Consiglio di Stato, I pareri ex art. 53 l. 8 giugno 1990 n. 142 (oggi art. 49 del T.U. e.l.), resi dal responsabile del servizio, dal responsabile del settore ragioneria e dal segretario comunale sui progetti di deliberazioni spettanti ai corpi rappresentativi del comune, non pongono alcun limite alla potestà deliberante di questi ultimi - i quali ben possono liberamente disporre del contenuto delle deliberazioni una volta resi detti pareri -, ché, diversamente argomentando, si finirebbe con l'attribuire agli organi consultivi l'effettivo potere d'amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi la funzione di mera ratifica di determinazioni altrui. (Consiglio Stato , sez. V, 25 maggio 1998 , n. 680) Essi, pertanto, sono unicamente preordinati all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li formulano, della responsabilità eventualmente in solido con i componenti degli organi politici in via amministrativa e contabile. (Consiglio Stato , sez. IV, 22 giugno 2006 , n. 3888).
Il motivo, dunque, deve essere respinto.
3.2. Tali considerazioni inoltre consentono di rilevare l’infondatezza pure del secondo dei motivi aggiunti, con il quale si deduce il difetto di motivazione in relazione ad un presunto parere di regolarità tecnica sfavorevole.
3.3. Il terzo motivo aggiunto, con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 162 del d.lgs. n. 267/2000, il quale stabilisce che tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate e che pertanto sarebbe illegittima la previsione della compensazione con le entrate, come previsto dalla convenzione, è tardiva.
Infatti, anche se tale profilo è stato evidenziato nel parere contabile, si trattava comunque di circostanze già note al momento della proposizione del ricorso, dal momento che la censurata compensazione in violazione dei principi di integrità ed unicità del bilancio è disposta dalla convenzione (art. 12), la quale era sicuramente nota al ricorrente per averla espressamente impugnata con il ricorso originario.
Il ricorrente, inoltre, è carente di interesse rispetto a questa censura, il cui accoglimento potrebbe solo condurre ad una illegittimità parziale degli atti impugnati in relazione alla specifica questione della compensazione del canone di concessione, che, riguardando profili contabili e di gestione finanziaria, esula dalla sua sfera di interessi.
3.4. I restanti quarto e quinto motivo sono anch’essi inammissibili.
Il quarto perché la determinazione a livello politico del compenso pattuito per la concessione dello stadio anziché evidenziare – come sostiene il ricorrente - il gravissimo deficit istruttorio inficiante il provvedimento impugnato, conferma invece la natura “politica” e quindi insindacabile della scelta effettuata dal comune, qualificabile come di merito amministrativo.
Il quinto motivo, con cui si denuncia la carenza nella produzione documentale del comune della nota n. 198/E del 19.4.2005 nonché dei documenti in base ai quali il dirigente del servizio grandi impianti sportivi aveva affermato che dalla convenzione derivano minori entrate e che tale inadempienza configura comportamento valutabile ai sensi dell’art. 116 c.p.c. è anch’esso inammissibile. Come è agevole comprendere, infatti, non si tratta di un motivo di illegittimità dei provvedimenti impugnati. Quanto alla valutabilità di tale comportamento ai sensi dell’art. 116 c.p.c. il collegio dissente dalla prospettazione di parte ricorrente, in considerazione dell’adempimento per il resto di tutti gli altri incombenti istruttori disposti e della non centrale rilevanza, ai fini del decidere, della nota citata.
4. In conclusione, tanto il ricorso originario che quello per motivi aggiunti devono essere respinti.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Napoli - Sezione terza – respinge il ricorso in epigrafe e i relativi motivi aggiunti.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dal comune di Napoli e dalla società sportiva Napoli Calcio s.p.a. che liquida in complessivi euro 4.000 euro ( 2.000 euro per ciascuno).
Ordina all'Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 5 luglio 2007
Presidente dott. Ugo De Maio
giudice est. dott.ssa Maria Laura Maddalena
Depositata in segreteria
il 19 settembre 2007 |