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TAR Lazio, sez. II ter, 16/10/2007 n. 9988
Sui presupposti necessari per l'affidamento in house di un servizio pubblico: perseguimento di interessi interamente rivolti alla migliore efficienza del servizio e controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

Ai fini dell'affidamento di un servizio pubblico e della possibilità dello stesso affidamento ad un determinato organismo a struttura societaria viene ad assumere, il ruolo di primaria ed imprescindibile rilevanza, indipendentemente dalla giuridica qualificazione della stessa struttura sociale se annoverabile tra i soggetti di diritto privato, quello del perseguimento di interessi interamente rivolti alla migliore efficienza del servizio di pubblica utenza e non turbati dalla interferenza degli interessi di mero profitto facenti capo al possesso di quote di azionariato restate in capo ad agenti economici privati. Pertanto, non riveste rilevanza la esiguità della quota partecipativa di alcuni soggetti (nel caso di specie, il Comune interessato allo svolgimento del servizio nel suo territorio) poiché lo stesso art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000, c. 5 (così come poi sostituito dal c. 1 del D.L. n. 269/2003) il quale si indirizza a "società a capitale interamente pubblico …" si riferisce espressamente all'"… ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale …" e ciò sta a significare la non necessarietà del possesso del capitale sociale da parte di un solo ente pubblico ed altresì la irrilevanza della misura percentuale nella partecipazione (o compartecipazione plurima) di enti pubblici, sempre che, beninteso, ricorrano le altre condizioni, di imprescindibile rilevanza, previste dallo stesso art. 113 che impone che gli stessi enti titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

Sussiste il "controllo analogo", nel caso in cui , nello statuto societario e nei contratti di servizio si rinvengono clausole attributive agli enti locali di alcune prerogative esercitabili ai fini del controllo sullo svolgimento del servizio. Segnatamente: riconoscimento a ciascun ente locale di un ruolo propulsivo nei confronti dell'organo amministrativo consistente in proposte di iniziative attuative del contratto di servizio; diritto di veto sulle deliberazioni assunte in modo difforme dal contenuto delle proposte; riserva all'assemblea ordinaria di trattazione di argomenti inerenti a pretese o diritti delle società sugli enti locali nascenti dal contratto di servizio e corrispondente diritto di veto di ciascun ente locale interessato sulle relative determinazioni; diritto di recesso dalla società (con conseguente revoca dell'affidamento del servizio) nei casi in cui il Comune ha diritto a far valere la risoluzione o comunque lo scioglimento del contratto di servizio ed altresì nel caso di violazione di competenza assembleare allorquando l'organo di amministrazione assuma iniziative rientranti nella competenza dell'assemblea, senza autorizzazione di quest'ultima.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO SEZIONE SECONDA ter

Composto dai magistrati

Roberto           SCOGNAMIGLIO     PRESIDENTE

Paolo               RESTAINO                CONSIGLIERE Est.

Antonio            AMICUZZI                 CONSIGLIERE

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 1933/2006, proposto dalla Società A.S.M. – Azienda Sevizi Municipalizzati Rieti S.p.A., in persona del Dott. Salvatore Limata, rappresentante legale p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco Cardarelli e Alessandra Grossi ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Vicolo Orbitelli n. 31;

 

contro

il Comune di Contigliano in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Ferruccio Auletta, con domicilio eletto in Roma Via della Balduina n. 120/5,

 

e nei confronti

A.M.A. Servizi S.r.l. e A.M.A. S.p.A., rappresentate e difese  dagli Avv.ti Francesco Tedeschini e Francesco Scanzano, con domicilio eletto in Roma, Via XXIV maggio n. 43 (Studio legale Chiomenti)

 

per l’annullamento

-          della deliberazione del Consiglio Comunale di Contigliano n. 39 del 29.11.2005, pubblicata presso l’albo Pretorio del Comune fino al 21.12.2005, con la quale si determina di “individuare quale nuova formula di gestione del servizio raccolta rifiuti e igiene urbana ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 05.07.1997, l’affidamento “in house” a società a capitale interamente pubblico ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. c) del D.Lgs. 18.08.2000 n. 267, nella quale il Comune di Contigliano assumerà partecipazione azionaria e idonei poteri di controllo, direzione e gestione”;

-          della deliberazione di Consiglio Comune di Contigliano n. 50 del 20.12.2005, pubblicata sull’Albo Pretorio comunale del 31.12.2005 fino al 15.01.2006;

-          della deliberazione della Giunta Comunale di Contigliano n. 131 del 31.12.2005;

-          di ogni altro atto presupposto, consequenziale, preparatorio, collegato o comunque connesso a quelli impugnati, con particolare, ma non esclusivo riferimento alla determinazione dirigenziale di autorizzazione alla stipula del contratto di acquisizione di n. 12.894 quote del capitale sociale di A.M.A. Servizi S.r.l. da parte del Comune di Contigliano;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Contigliano, delle Società A.M.A. p.A. e della Società A.M.A. Servizi p.A.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti di causa;

Uditi alla pubblica udienza del 3 luglio 2006 il relatore Consigliere Restaino e uditi, altresì, per le parti, gli avvocati come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

La ricorrente Società A.S.M. (Azienda Servizi Municipalizzati) Rieti p.a. impugna le delibere del Consiglio Comunale di Contigliano, in epigrafe indicate, con le quali è stato stabilito di “individuare quale nuova formula di gestione del servizio di raccolta rifiuti e igiene urbana ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 05.07.1997, l’affidamento “in house” a società a capitale interamente pubblico ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. c) del D.Lgs. 18.08.2000 n. 267, nelle quali il Comune di Contigliano assumerà partecipazione azionaria e idonei poteri di controllo, direzione e gestione”, ed è stato altresì deliberato di “acquistare dalla società A.M.A. Servizi S.r.l. quote del capitale sociale pari allo 0,5% del patrimonio netto della società” nonché di “procedere provvisoriamente all’affidamento temporaneo dei servizi di gestione dei rifiuti solidi urbani e della raccolta differenziata della società A.M.A. Servizi S.r.l., con le modalità previste nei capitolati”.

Vengono altresì impugnate le determinazioni dirigenziali di autorizzazione alla stipula del contratto di acquisizione delle quote del capitale sociale di A.M.A. Servizi S.r.l. da parte del Comune di Contigliano e la determinazione dirigenziale alla stipula del contratto di servizio afferente l’affidamento del servizio di gestione e raccolta RSU del Comune di Contigliano (ove intervenute).

Rappresenta la Azienda ricorrente di essere attualmente una società per azioni costituente un sistema di pluriservizi, con 158 addetti ed un fatturato, nel 2000, di € 12.122.000, presente in molti settori fondamentali del territorio in cui opera e di avere ad oggetto delle sue attività anche “la gestione, anche in forma differenziata, dell’intero ciclo dei rifiuti, nelle loro diverse tipologie, articolazioni e definizioni dalla vigente normativa comunitaria, nazionale e regionale e la gestione di tutte le attività di recupero, nobilitazione, valorizzazione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti”.

Tanto riferito e premesso il suo interesse in relazione alla possibilità, compromessa dai provvedimenti impugnati di conseguire l’affidamento del servizio di cui trattasi mediante una selezione concorrenziale, deduce la stessa a motivi del gravame:

I)         Violazione e falsa applicazione dell’art. 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. 267/2000 ss.mm.ii. (T.U.EE.LL.) così come modificato dall’art. 14 del D.L. 269/2003 (convertito, con modifiche, della legge 24.11.2003, n. 326) così come interpretato ed applicato alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 3, co. 1, lett. g), 12, 43, 49, 50, 51, 81, 82, 86 del trattato CE. Violazione e falsa applicazione dei principi di diritto comunitario in subiecta materia.

Ritiene la ricorrente le delibere gravate, lesive dei principi sanciti dal diritto comunitario con riguardo alla libera concorrenza.

Richiamata la previsione dell’art. 113, comma 5, lett. c), così come modificato dall’art. 14 del D.L. 269/2003 (convertito, con modifiche, della legge 24.11.2003, n. 326), a mente del quale gli enti locali possono conferire la titolarità di un servizio pubblico a “società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”, rileva la ricorrente la mancanza dei presupposti riferiti al “controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi” e a quello esigente che la società affidataria realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti locali che la controllano.

Ritiene la stessa che non sono sufficienti ad integrare il tipo di controllo che consente all’autorità pubblica concedente una influenza stringente e determinante nei confronti della società affidataria, la sola previsione di una serie di poteri di gestione in capo all’assemblea, tra i quali quella di un obbligo in capo all’organo amministrativo di predisporre una relazione sull’andamento della società e sulla gestione degli affari sociali con cadenza trimestrale, da porre a disposizione dei soci, nonché la circostanza per cui ai sensi dell’art. 6 dello Statuto possono assumere la qualità di soci soltanto gli enti pubblici o le società interamente partecipate da enti pubblici, ovvero il diritto di recesso dei soci, il diritto di veto dell’ente locale su deliberazioni dell’assemblea riguardanti i propri servizi, ect.

Ritiene invece che per “controllo analogo” debba intendersi un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica e tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sull’ente societario.

Rileva altresì che l’unico rapporto suscettibile di configurare una nozione di “controllo analogo” legittimante l’affidamento “in house” è quello che lega (sia pure in modo indiretto) il Comune di Roma all’A.M.A. Servizi S.r.l. ma non la posizione degli altri Comuni, quale quello di Contigliano, che in virtù di una partecipazione azionaria esigua (appena lo 0,50% del capitale sociale) sono conseguentemente dotati di poteri di scarsa rilevanza.

Contesta altresì la società ricorrente la mancanza del requisito della realizzazione della parte più importante dell’attività con l’ente che esercita il “controllo analogo”.

II)        Violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 7 del D.Lgs. 157/1995 ss. mm. ii., nonché degli artt. 7, 8 e 11 della direttiva 92/50/CEE (ed oggi violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 28 ss. della direttiva 2004/18/CE). Violazione dell’obbligo di pubblicazione del bando di gara di cui all’art. 8 del D.Lgs. 157/1995 ss.mm.ii..

Il servizio di gestione dei RSU di cui è causa rientra, a mente di quanto previsto dalla direttiva 92/50/CEE, che include il predetto servizio tra quelli di cui all’allegato IA, punto 16, contraddistinto dal CPC 94 (Eliminazione di scarichi di fogna e di rifiuti; disinfestazione e servizi analoghi) ed ai quali si applicano, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della medesima direttiva, le procedure di aggiudicazione ivi previste dall’art. 1, lett. d), e) e f), tra quelli per il cui affidamento la P.A. è obbligata all’indizione di procedure ad evidenza pubblica previa pubblicazione di bando di gara, sicché la mancata applicazione delle norme richiamate integra una grave violazione dell’assetto normativo comunitario ed interno in materia, ed in particolare dei principi di libera concorrenza e “par condicio” che informano il settore degli appalti di servizi.

Il contraddittorio è stato istituito nei confronti:

1)         Del Comune di Contigliano che, costituitosi in giudizio, dopo aver rappresentato la sopravvenienza di provvedimento di affidamento definitivo successivo a quello impugnato, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, ritenuto infondato;

2)         Della Società A.M.A. Servizi r.l. e della Società A.M.A. p.a., che, costituitesi anch’esse in giudizio, evidenziano, anche in memoria di difesa unica per entrambe, profili di inammissibilità esistenti nella proposta impugnativa e chiedono comunque la reiezione del gravame poiché infondato.

In memoria successiva all’atto di ricorso la ricorrente A.S.M. Rieti fornisce ulteriori elementi, anche argomentativi a sostegno del ricorso insistendo per il suo accoglimento.

Alla udienza del 03.07.2006 la causa è passata in decisione.

 

DIRITTO

La controversia di cui al presente ricorso si riferisce a procedimenti instaurati e conclusi (ovvero in via di conclusione) dal Comune di Trevignano Romano e dal Comune di Contigliano relativi all’acquisto da parte degli stessi Comuni di una quota del capitale sociale della Soc. A.M.A. Servizi r.l. e di successivo affidamento alla stessa Società dei servizi di igiene urbana nel proprio territorio comunale.

I due ricorsi vengono tuttavia definiti con separate sentenze essendo già stati pubblicati separatamente i dispositivi delle stesse analoghe decisioni.

La identicità delle questioni che il Collegio è chiamato a risolvere traspare dalla insistenza dei due ricorsi sulla corretta applicazione (che entrambe le società ricorrenti negano) dell’art. 113 del D.Lgs. 18.08.2000 n. 267, comma 5, così come sostituito dal 1° comma dell’art. 14 del D.L. 30.09.2003 n. 269 il quale tra i modelli gestionali delle reti e dei servizi pubblici locali prevede che la erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione Europea con riferimento alla titolarità del servizio: a)…………….; b)……………..; c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti pubblici che la controllano.

Le contestazioni che la società ricorrente muove all’operato del resistente Comune ed alle determinazioni dallo stesso assunte per quanto concerne gli affidamenti in parola possono ridursi ad un triplice ordine di rilievi:

1.         della configurabilità, sotto il profilo soggettivo, della esistenza di un soggetto di natura pubblica per l’affidamento dei servizi in parola in quanto non è sufficiente il possesso anche “in toto” del pacchetto azionario da parte di soggetti pubblici per mutare la natura privatistica di una società;

2.         della conseguente inclassificabilità della A.M.A. Servizi S.r.l. quale società a natura “totalmente pubblica” e della inapplicabilità, anche sotto tale profilo, della disposizione di cui al sopraindicato art. 113 D.Lgs. n. 267/2000. Tanto anche in riferimento alla parte in cui la stessa disposizione consente affidamenti di servizi senza il previo esperimento di una gara pubblica;

3.         della inindividuabilità di un controllo sulla società affidataria del servizio (la A.M.A. Servizi S.r.l.) analogo a quello che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitano sui propri servizi. Viene in particolare negata l’esercitabilità da parte del resistente Comune di un siffatto controllo nei confronti della società affidataria.

Per la infondatezza della proposta impugnativa si prescinde da ogni esame e indagine degli eccepiti profili di inammissibilità della stessa, prospettate nella memoria a difesa delle ragioni della Soc. A.M.A. Servizi p.a. (e della Soc. A.M.A. p.a.).

Tanto premesso, quanto ai rilievi di cui in I) ed in II) appare al Collegio “in primis” errata la contestazione della società ricorrente per quanto concerne il soggetto cui è stato affidato il servizio, al quale la deducente nega natura di soggetto pubblico.

E’ sufficiente all’uopo rinvenire l’avvenuta riconduzione del capitale sociale interamente in “mano pubblica” a rendere applicabile la suindicata disposizione dell’art. 113 – comma 5 – del D.Lgs. n. 267/2000 (successivamente sostituito dal comma 1 dell’art. 14 del D.L. n. 269/2003).

Solo la presenza di quote di capitale privato, interferente in seno alla società affidataria del servizio, può semmai rendere emergenti profili persecutivi di interessi di mero profitto economico dei capitali investiti ed escludere il mero perseguimento di un servizio pubblico efficiente ed ottimale in relazione alle effettive esigenze dei relativi bacini di territoriale utenza, rendendosi in tal modo inapplicabile  ad un soggetto di siffatta composizione con capitale anche privato la suindicata disposizione che consente il diretto affidamento del servizio e senza l’espletamento di una gara pubblica.

Al contrario, la totale inesistenza, come nel caso che ne occupa, di quote di capitale privato nel pacchetto azionario consente di superare nell’ambito della presente controversia, la antinomica persistenza della natura privatistica tale ritenuta in alcune pronunce giurisprudenziali nonostante la conformazione della società in società a capitale prevalente o interamente pubblico.

Ai fini dell’affidamento di un servizio di pubblica utilità e della possibilità dello stesso affidamento ad un determinato organismo a struttura societaria viene ad assumere, invero, nella fattispecie normativa che interessa, il ruolo di primaria ed imprescindibile rilevanza, indipendentemente dalla giuridica qualificazione della stessa struttura sociale se annoverabile tra i soggetti di diritto privato, quello del perseguimento di interessi interamente rivolti alla migliore efficienza del servizio di pubblica utenza e non turbati dalla interferenza degli interessi di mero profitto facenti capo al possesso di quote di azionariato restate in capo ad agenti economici privati.

La condizione della esclusione di ogni compartecipazione di quote di soggetti privati nel capitale sociale è dato rinvenire nel caso che ne occupa in cui appare indubitabile la situazione della detenzione del capitale azionario interamente in mano pubblica.

Tale rilevazione consente altresì di superare la denunciata esistenza di quote esigue (inferiori all’1%) costituenti la partecipazione del Comune resistente al capitale azionario nella società affidataria del servizio.

Una volta soddisfatta la condizione della esistenza di un capitale di azionaria partecipazione interamente in mano pubblica, non riveste rilevanza la esiguità della quota partecipativa di alcuni soggetti (nel caso di specie, il Comune interessato allo svolgimento del servizio nel suo territorio) poiché lo stesso più volte citato art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000, comma 5 (così come poi sostituito dal comma 1 del D.L. n. 269/2003) il quale si indirizza a “società a capitale interamente pubblico …” si riferisce espressamente all’“… ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale …” e ciò sta a significare la non necessarietà del possesso del capitale sociale da parte di un solo ente pubblico ed altresì la irrilevanza della misura percentuale nella partecipazione (o compartecipazione plurima) di enti pubblici, sempre che, beninteso, ricorrano le altre condizioni, di imprescindibile rilevanza, previste dallo stesso art. 113 che impone che gli stessi enti titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

Al riguardo, per quanto concerne i requisiti che in concreto deve assumere il “controllo analogo”, ritenuto dalla ricorrente inesercitabile dal Comune resistente, appare inapplicabile la verifica della sussistenza di tale forma di controllo attraverso un criterio che non sia coerente con la peculiarità della firma societaria, accettata anche dal diritto comunitario come strumento alternativo alla prestazione monoimprenditoriale del servizio pubblico.

Non appare invero istituibile alcuna omogeneità di applicabilità di diversi criteri individuativi quale, ad esempio, quello basato sul principio della rinvenibilità di una situazione di gerarchica sovraordinazione tra controllante e controllato, inconfigurabile nei confronti di organismi a struttura societaria in quanto implicante poteri di controllo sulla attività del controllato tali da realizzare forme di vigilanza globale da parte dell’ente controllante nel senso che lo stesso può esercitare diretti poteri decisionali e gestionali persino sostitutivi degli atti posti in essere dal controllato nel corso della gestione del servizio.

Per realizzare invece una forma di controllo sulla attività della società affidataria che sia destinata a compiere atti di gestione operativa a favore dell’ente o degli enti affidanti non può obliterarsi la considerazione che ove trattasi di servizi affidati ad una società, che come noto determina la propria azione mediante gli organi di cui è dotata, il controllo da parte dell’ente e degli enti pubblici non può configurarsi quale diretto controllo sulle operazioni di gestione del servizio delle quali l’ente controllante possa direttamente disporre ogni minima regolamentazione (in virtù di poteri in certo modo assimilabili a quelli di una diretta conduzione del servizio) costituendo invero imprescindibile diaframma di interferenza sulla stessa regolamentazione della gestione del servizio il modulo con cui l’affidatario del servizio agisce e che nel caso in cui il soggetto agente sia costituito in forma societaria, lo stesso soggetto non può esprimere le proprie determinazioni se non attraverso le deliberazioni degli organi di cui è dotato.

La verifica dunque sul “controllo analogo” si sposta necessariamente nel rinvenimento di clausole o prerogative che conferiscono agli enti locali partecipanti a quote societarie anche se esigue, effettive possibilità di controllo nell’ambito in cui si esplica la attività decisionale dell’organismo societario attraverso i propri organi (assembleari o di amministrazione)da intendersi tale controllo esercitabile in chiave non soltanto propulsiva o propositiva di argomenti da portare all’ordine del giorno del consesso assembleare bensì, e principalmente, di poteri inibitivi di iniziative o decisioni che si pongano in contrasto con gli interessi dell’ente locale nel cui ambito territoriale si esplica il servizio.

In stretta correlazione con la questione dell’esiguità della quota di partecipazione che nel caso che ne occupa raggiunge misure di ridotta percentualizzazione, va anche precisato che il potere inibitivo conferito a ciascun ente locale non è da riferirsi a possibilità di conseguire maggioranze di pacchetto azionario che conducono a prevalenze anche decisionali, bensì ad effettivi poteri di veto che ciascun ente locale interessato può esercitare sulle relative deliberazioni societarie, capaci di paralizzare decisioni o attività che si pongono in contrasto con gli interessi dell’ente locale nel cui ambito territoriale si svolge pur sempre il servizio dato in affidamento sicché anche sotto tale profilo appare irrilevante la consistenza delle quote partecipative in possesso dello stesso ente locale.

Per stare al caso che ne occupa, va rilevato che nello statuto societario e nei contratti di servizio si rinvengono clausole attributive agli enti locali di alcune prerogative esercitabili ai fini del controllo sullo svolgimento del servizio. Segnatamente: riconoscimento a ciascun ente locale di un ruolo propulsivo nei confronti dell’organo amministrativo consistente in proposte di iniziative attuative del controllo di servizio; diritto di veto sulle deliberazioni assunte in modo difforme dal contenuto delle proposte; riserva all’assemblea ordinaria di trattazione di argomenti inerenti a pretese o diritti delle società sugli enti locali nascenti dal contratto di servizio e corrispondente diritto di veto di ciascun ente locale interessato sulle relative determinazioni; diritto di recesso dalla società (con conseguente revoca dell’affidamento del servizio) nei casi in cui il Comune ha diritto a far valere la risoluzione o comunque lo scioglimento del contratto di servizio ed altresì nel caso di violazione di competenza assembleare allorquando l’organo di amministrazione assuma iniziative rientranti nella competenza dell’assemblea, senza autorizzazione di quest’ultima.

Tali diritti sono attribuiti a ciascun ente locale indipendentemente dalla quota posseduta, in ragione del particolare ruolo che lo stesso Comune, in quanto titolare del servizio pubblico dato in affidamento, viene ad esercitare all’interno della società affidataria che rende rafforzate le comuni prerogative riconosciute al socio della disciplina civilistica.

Tali previsioni integranti il controllo esercitabile dagli enti locali soci sull’organismo societario cui è affidato il servizio consentono di rendere emergente la configurazione di un equivalente esercizio di controllo “in house” in corrispondenza della previsione normativa del “controllo analogo”, siccome adattato alla struttura a base societaria cui resta affidata la gestione del servizio.

Le argomentazioni della società ricorrente dirette a negare la esistenza dei presupposti legali dell’affidamento dei servizi di cui trattasi alla Soc. A.M.A. Servizi r.l. appaiono dunque infondate, compresa quella relativa allo svolgimento della attività prevalente a favore dell’ente stante la pluralità degli enti locali che hanno affidato all’A.M.A. Servizi la stessa attività.

Non si ravvisano perciò per la ragione sopra evidenziata, profili che consentano l’accoglimento del ricorso sicché lo stesso va rigettato.

Si ravvisa tuttavia la sussistenza di motivi giustificativi della compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sez. II ter) rigetta il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 3 luglio 2006 con l’intervento dei Magistrati

Roberto           SCOGNAMIGLIO     PRESIDENTE

Paolo               RESTAINO                CONSIGLIERE Est.

Antonio            AMICUZZI                 CONSIGLIERE

 

Depositata in segreteria

il 16 ottobre 2007

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