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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 338 del 2006, proposto da:
Condotte Nord Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Mauro Ballerini, Giovanni Cocco, Cesare Ribolzi, Aldo Russo, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37 (Fax=030/46565);
contro
Comune di Almenno San Bartolomeo, rappresentato e difeso dall'avv. Yvonne Messi, con domicilio eletto presso Yvonne Messi in Bergamo, via Camozzi, 3 (035/226187) @;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
AVVERSO ANNULLAMENTO DEL BANDO DI GARA PER L'AFFIDAMENTO, TRAMITE LICITAZIONE PRIVATA, DEL SERVIZIO DI DISTRIBUZIONE GAS NEL COMUNE.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Almenno San Bartolomeo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/10/2007 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La Condotte Nord, già titolare per il Comune di Almenno S. Bartolomeo della concessione per il servizio di distribuzione del gas metano per uso domestico ed industriale (doc. 4 ricorrente, copia atto di proroga della stessa), ne ha subito ai sensi del d. lgs. 23 maggio 2000 n°164, cd. “decreto Letta”, il riscatto anticipato con effetto dal 30 aprile 2006 (doc. 5 ricorrente, copia delibera comunale relativa); è di conseguenza insorta avverso il bando di gara ed i suoi allegati, meglio indicati in epigrafe (doc. ti 1- 3 ricorrente, copie di essi), con i quali il Comune stesso ha indetto gara a licitazione privata per riaffidare il servizio in questione.
Avverso tali atti, con il ricorso principale e la memoria depositata il 7 aprile 2006, ha proposto dodici distinte censure, in ordine logico corrispondenti ai nove motivi che seguono:
- con il primo motivo (corrispondente alle censure undecima e dodicesima alle pp. 5-10 della memoria 7 aprile 2006), si deduce la violazione dell’art. 14 del decreto Letta, per asserita erroneità della data del 30 aprile 2006, di efficacia dell’intimato riscatto;
- con il secondo motivo (corrispondente alla prima censura alle pp. 4-6 del ricorso principale) si deduce ulteriore violazione dell’art. 14 del decreto Letta, con riferimento alla previsione del bando per cui l’aggiudicatario è tenuto a presentare un’offerta per cui al termine dei dodici anni di durata del servizio “non dovranno risultare valori residui di ammortamenti a carico del gestore subentrante, fatti salvi quelli inerenti a investimenti di natura straordinaria che siano eventualmente stati eseguiti senza finanziamenti da parte dell’ente affidante o degli utenti, comunque previa approvazione da parte dell’amministrazione comunale” (cfr. doc. 1 ricorrente, copia bando, pag. 1 articolo 2). Ciò equivale a richiedere un piano di ammortamento accelerato, di durata appunto pari ai dodici anni del contratto di servizio, il che a dire della ricorrente contrasterebbe con l’art. 14 citato e comunque impedirebbe di presentare un’offerta remunerativa;
- con il terzo motivo (corrispondente alle censure seconda alle pp. 6-9 del ricorso principale e decima alle pp. 2-4 della memoria 7 aprile 2006) si deduce nuova violazione dell’art. 14 del decreto Letta. Premesso che il bando di gara attribuisce ottanta punti su cento all’offerta economica, e di essi sessantanove al profilo del canone da riconoscere al Comune, e venti punti soltanto all’offerta tecnica (cfr. doc. 1 ricorrente cit. pp. 7-8 articolo 13 e doc. 2 copia lettera di invito p. 2 articolo 3), si afferma che ciò contrasterebbe con una pretesa necessità di assegnare il peso prevalente all’offerta tecnica, necessità che si desumerebbe dalla norma citata;
- con il quarto motivo (corrispondente alla censura terza alle pp. 9-11 del ricorso principale) si deduce l’eccesso di potere per illogicità in rapporto alla previsione del bando di gara (cfr. ancora doc. 1 ricorrente cit. pp. 7-8 articolo 13) che assegna punteggi massimi di 0,5 punti per gli investimenti relativi alla manutenzione della cabina e dei gruppi di riduzione, per gli eventuali ammodernamenti tecnologici e per le condizioni di pronto intervento; di 3 punti per il termine massimo di allacciamento dalla data della richiesta. Si afferma che in tal modo, in modo illogico, sarebbe trascurato, ed anzi pregiudicato, l’aspetto della sicurezza del servizio offerto agli utenti;
- con il quinto motivo (corrispondente alla censura quarta alle pp. 11-15 del ricorso principale), si deduce l’eccesso di potere in relazione alla clausola del bando che fissa il canone da corrispondere al Comune in una percentuale del VRD ovvero del vincolo ricavi di distribuzione (cfr. ancora doc. 1 ricorrente cit., p. 2 articolo 2), in quanto in tal modo risulterebbe ancora una volta impossibile formulare una offerta remunerativa;
- con il sesto motivo ( corrispondente alla censura quinta alle pp. 15-17 del ricorso principale), si deduce ancora violazione dell’art. 14 del decreto Letta, per essersi l’amministrazione riservata la facoltà di non aggiudicare ad alcuno la gara nel caso di offerte non convenienti;
- con il settimo motivo ( corrispondente alla censura sesta alle pp. 17-18 del ricorso principale), si deduce ulteriore eccesso di potere per asserita irragionevolezza dei termini previsti per presentare le offerte, che non consentirebbero di articolarle in modo compiuto;
- con l’ottavo motivo (corrispondente alla censura settima alle pp. 18-19 del ricorso principale), si deduce nuovo eccesso di potere per presunta illogicità della previsione di bando che impone a tutti i partecipanti di disporre di una carta dei servizi, consente però di assegnare alla stessa un punteggio differenziato (cfr. sempre doc. 1 ricorrente cit. articolo 10 lettera h ed articolo 13 punto 7);
- con il nono motivo (corrispondente alle censure ottava e nona alle pp. 19-21 del ricorso principale e dodicesima alle pp. 12-13 della memoria 7 aprile 2006) si deduce sempre eccesso di potere per contraddittorietà quanto alla presunta impossibilità da parte del Comune di immettere l’aggiudicataria del servizio nel possesso dei relativi impianti. Gli stessi attualmente rimarranno nella disponibilità della Condotte Nord fino al pagamento dell’indennità ad essa spettante (cfr. sul punto la delibera di riscatto, prodotta in copia come doc. 5 ricorrente), indennità cui, asseritamente, il Comune potrebbe far fronte solo attraverso un mutuo di problematico rimborso: si afferma infatti che a tal fine il Comune avrebbe dovuto prevedere un canone minimo a carico dell’aggiudicatario, ma nel bando non si è così determinato. Si afferma ancora che in concreto la consegna degli impianti all’aggiudicatario sarebbe comunque impossibile, perché gli stessi sono parte di una più ampia rete, che è sempre gestita dalla Condotte Nord e serve più Comuni;
La Condotte Nord, con ricorso per motivi aggiunti depositato il 24 maggio 2006 e memoria 1 giugno 2006, ha poi esteso l’impugnazione agli atti ulteriori indicati in epigrafe, deducendo secondo logica:
- con un decimo motivo (corrispondente alle pp. 3- 38 del ricorso per motivi aggiunti), la illegittimità derivata degli atti stessi per tutti i motivi già proposti;
- con un motivo undecimo (corrispondente alla censura quattordicesima alla p. 3 del ricorso per motivi aggiunti) l’eccesso di potere per contraddittorietà della lettera di invito, la quale (cfr. doc. 12 ricorrente, copia di essa) prevede che i chiarimenti richiesti dagli aspiranti possano pervenir loro entro il 20 maggio 2006, mentre il termine per presentare le offerte scade il successivo 22 maggio alle 12;
- con un motivo dodicesimo (corrispondente alla censura venticinquesima alle pp. 2-3 della memoria 1 giugno 2006), si deduce infine ulteriore eccesso di potere per falso presupposto, in quanto sarebbe errato il valore del VRD comunicato dal Comune nell’apposita relazione tecnica (doc. 18 ricorrente, copia di essa).
Si è costituito il Comune di Almenno, con atti 20 marzo 2006 e 5 ottobre 2007, domandando la reiezione del ricorso; in ottemperanza al decreto presidenziale 10 luglio 2006 n°72 ha poi prodotto, il successivo 11 settembre, gli atti relativi alla gara, nelle more effettivamente espletata.
Con ordinanza della Sezione 21 marzo 2006 n°539, confermata in sede di appello dalla Sezione V del Consiglio di Stato con ordinanza 23 gennaio 2007 n°313, l’istanza cautelare è stata respinta.
Con memorie 27 settembre e 5 ottobre 2007, la ricorrente ha richiesto un rinvio a nuovo ruolo della causa, in attesa della definizione di altre cause, asseritamente pregiudiziali, pendenti avanti altro Ufficio; l’amministrazione intimata peraltro si è opposta, e all’udienza del giorno 11 ottobre 2007, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, il Collegio ritiene di disattendere la richiesta di rinvio a nuovo ruolo formulata dalla ricorrente: se è vero che il processo amministrativo è un processo di parti, le quali mantengono la disponibilità della materia del contendere, è però altrettanto vero che tale disponibilità non può comunque riferirsi ad una sola delle parti in questione, quand’anche si tratti del ricorrente. Nei casi come il presente, in cui il convenuto si sia difeso con eccezioni non soltanto processuali, esiste ed è tutelabile anche in capo a questi un interesse alla pronta definizione della causa nel merito, che consente, in parole semplici, di veder confermata o smentita la dedotta legittimità del proprio operato con l’efficacia propria del giudicato. Analogo principio, si noti, vige nel processo civile, pure governato dal principio dispositivo, con riguardo alla necessità che la controparte accetti la rinuncia ad un mezzo di prova ovvero agli atti del giudizio.
Ciò posto, il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni appresso precisate.
1. Nell’ordine, il primo motivo va respinto per essere la relativa questione coperta dal giudicato, prontamente eccepito dal Comune (v. memoria 5 ottobre 2007 p. 14 e doc. 11 Comune, copia sentenza di cui subito). Infatti, il ricorso a suo tempo proposto dalla Condotte Nord contro la delibera di riscatto 22 marzo 2005 n°7, la quale fissava il termine di efficacia come si è detto al 30 aprile 2006, è stato respinto da ultimo con sentenza del Consiglio di Stato sezione V, 14 dicembre 2006 n°7437 (doc. 11 Comune cit.), e quindi sulla relativa questione si è formato il giudicato, con l’efficacia preclusiva di esso propria.
2. Va respinto anche il secondo motivo di ricorso, in quanto né l’art. 14 del decreto Letta né alcuna altra norma prevedono alcunché sul tipo di ammortamenti che è possibile o impossibile imporre al gestore del servizio di che trattasi. E’vero, come ha sostenuto la ricorrente, che l’imprenditore è in linea di principio libero di programmare come egli preferisca tale aspetto, al pari di molti altri, della propria attività; è però altrettanto vero che tale libertà esula non solo a fronte di normative particolari, come ad esempio quelle fiscali, ma anche di fronte ad un impegno contrattuale assunto in ossequio ad un bando di gara che contenga regole particolari. Le stesse infatti nel caso concreto non possono dirsi di per sé irragionevoli, dato che l’ammortamento accelerato richiesto si applica solo per gli interventi non richiesti dal Comune come opere straordinarie, e quindi, secondo logica, ad interventi dalla valenza economica non certo massiva, se si considera anche la non eccessiva complessità degli impianti in questione, costituiti in buona sostanza da una rete di tubi, misuratori e regolatori di pressione. A riprova (si vedano sul punto la memoria del Comune 5 ottobre 2007 a p. 4 e il doc. 12 dello stesso) la gara si è potuta svolgere ed ha visto molti partecipanti, fra cui la ricorrente stessa, ed un aggiudicataria, a riprova della non impossibilità di presentare offerte remunerative.
3. Il terzo ed il nono motivo vanno esaminati congiuntamente, in quanto sottintendono un medesimo ordine di idee, quello fatto proprio, ad esempio, dalla recente TAR Veneto 30 agosto 2007 n°2685 citata dalla ricorrente. Si prendono le mosse da due dati di fatto in sé indiscutibili. La prima è che l’art. 14 del decreto Letta prevede che il Comune il quale – come nel caso di Almenno- eserciti il riscatto del servizio dovrebbe porre gli oneri relativi a carico del gestore subentrante, ciò è a dire dell’aggiudicatario della successiva gara per l’assegnazione del servizio. La seconda è che molte amministrazioni comunali, come quella di Almenno convenuta nella presente sede, hanno scelto una strada diversa, quella di assumere in proprio l’onere in questione, finanziandolo in vario modo, nel caso di specie con l’accensione di un mutuo (v. in proposito la delibera di riscatto, doc. 5 ricorrente cit.). E’ poi ovvio che, dal punto di vista politico ed economico, l’amministrazione faccia conto anche sul canone che percepirà dall’aggiudicatario per far fronte al mutuo in questione
4. L’orientamento fatto proprio dalla ricorrente sostiene allora che la citata norma dell’art. 14 avrebbe valore in sostanza imperativo, ovvero che la decisione del Comune di assumere in proprio gli oneri del riscatto sarebbe illegittima, e che tale illegittimità avrebbe conseguenze del tutto particolari. Infatti, il Comune che si è impegnato in tal senso sarebbe costretto ad indire la gara per l’affidamento del servizio privilegiando l’offerta economica, allo scopo di massimizzare il proprio introito: ciò andrebbe a discapito della qualità del servizio stesso genericamente intesa, e quindi in una parola vizierebbe la gara indetta con tale criterio.
5. Tale ordine di idee, ad avviso del Collegio, non va condiviso per ragioni tanto di ordine generale quanto attinenti alla fattispecie concreta. In termini generali, va anzitutto affermato che il Comune, per disposto anche della Costituzione, è ente autonomo a fini generali, ed è pertanto perfettamente abilitato a prendere decisioni politico amministrative come quella di assumersi o non assumersi un dato onere economico, entro beninteso i vincoli di bilancio, il cui rispetto peraltro nella sede presente è non contestato. Il Comune stesso potrebbe esser privato di tale capacità quanto ad una fattispecie particolare come quella per cui è causa solo per una norma precisa ed inequivoca, che per rispettare la sua autonomia costituzionalmente garantita dovrebbe oltretutto essere ispirata ad interessi di ordine superiore. Tale non è l’art. 14 del decreto Letta, che trattando dell’indennizzo da corrispondere in sede di riscatto non commina alcuna proibizione espressa di procedere in modo difforme.
6. Sempre in termini generali, occorre poi dire che il presunto danno alla qualità del servizio che deriverebbe da un bando di gara ispirato alla volontà di incassare il maggior canone possibile è più asserito che dimostrato. Da un lato, l’industria della distribuzione del metano impiega, come accennato, tecnologie ormai “mature” e dipende notoriamente in tutto da approvvigionamenti stranieri, sì che all’iniziativa del singolo gestore sono lasciati margini assai ridotti per migliorare sensibilmente la qualità del servizio. Dall’altro, l’onere di corrispondere l’indennizzo al gestore uscente esiste e non può essere obliterato: se anche il Comune, aderendo alla soluzione prospettata dall’art. 14, lo addossasse in tutto al gestore aggiudicatario, non potrebbe certo impedire che questi formulasse la propria offerta tenendo conto del costo relativo. In altre parole, sotto il profilo economico, è sempre il nuovo gestore che paga le spese al vecchio, o in via diretta, sostenendone l’onere come prevede l’art. 14, o in via indiretta, fornendo al Comune la provvista relativa: i margini disponibili per offrire il servizio all’utenza rimangono i medesimi. Infine, occorre notare che l’impiego del gas metano, e quindi anche il servizio di distribuzione relativo, sotto il profilo della sicurezza sono disciplinati in modo ben preciso, che si impone a qualunque gestore: sotto tale aspetto, il comportamento dell’aggiudicatario è obbligato a prescindere dall’offerta da lui formulata.
7. Infine, se l’assunto per cui la delibera di riscatto del servizio, in ipotesi illegittima perché accolla all’amministrazione l’onere economico relativo, vizierebbe in via derivata la delibera di indizione della gara fosse accettato, si determinerebbero conseguenze assurde anche sotto altri profili. Infatti, se così fosse, occorrerebbe secondo logica ammettere che il Comune concedente, trovandosi un domani nell’impossibilità di consegnare gli impianti all’aggiudicatario per non aver pagato l’indennizzo al gestore uscente, potesse difendersi eccependo l’illegittimità sotto tale profilo dell’aggiudicazione stessa. Ciò però contrasta con il principio, ormai accettato in modo pacifico, per cui i vizi della procedura contabile con la quale l’ente finanzia i propri impegni sono inopponibili al privato che ne chiede l’adempimento: se l’ente non può pagare, va incontro senz’altro alla responsabilità contrattuale relativa, al pari di ogni altro soggetto dell’ordinamento rispetto al quale, per l’art. 3 Cost., la p.a. non gode solo perché tale di situazioni di immunità o privilegio.
8. Quanto poi alla fattispecie concreta, occorre poi rilevare che la clausola del bando censurata nel terzo motivo non ha impedito, come già detto, a più di una impresa del settore di presentare un’offerta nella gara, a dimostrazione che l’affare, così come prospettato dal Comune, era di potenziale interesse per tutti gli operatori di settore
9. Quanto sin qui esposto porta allora a respingere il terzo motivo, perché la mancanza di norme espresse in proposito nell’art. 14 del decreto Letta non può interpretarsi come divieto di privilegiare il contenuto economico dell’offerta; porta anche a respingere il nono motivo, perché la possibilità o impossibilità di consegnare gli impianti in dipendenza dal pagamento o non pagamento dell’indennità non interessa la validità della delibera di gara, ma potrà se mai costituire, in futuro, un inadempimento al contratto stipulato con l’aggiudicatario, di cui il Comune dovrà rispondere secondo le pertinenti regole del diritto civile. Identico ordine di argomenti vale per la questione inerente la presunta indivisibilità degli impianti che servono il Comune di Almenno: premesso che l’impossibilità di un loro utilizzo separato da parte del nuovo gestore è affermata in maniera del tutto apodittica, l’impossibilità in questione non si porrebbe certo come causa di illegittimità del bando, ma piuttosto come motivo di responsabilità contrattuale per il Comune che non fosse in grado di eseguire il relativo contratto quanto alla consegna degli impianti stessi.
10. Gli argomenti esposti consentono poi di respingere anche il quarto motivo, nel senso che, come si è già detto, gli aspetti della sicurezza nella distribuzione del metano sono già presi in considerazione dalle norme imperative in materia, che si impongono a qualunque gestore; non è quindi possibile che, in dipendenza dal bando, un concorrente formuli un’offerta inaccettabile sotto il profilo in esame.
11. Va respinto anche il motivo quinto, in base al semplice rilievo per cui il VRD è grandezza precisamente definita in base a regole che non sono quelle del bando; fissare il prezzo in rapporto al VRD stesso risponde pertanto ai necessari criteri di univocità.
12. Per affinità di oggetto, si osserva poi subito che il motivo dodicesimo, anch’ esso inerente al VRD, è inammissibile per carenza di interesse: anche a prescindere da quanto dedotto dal Comune a proposito del valore solo indicativo della relazione tecnica, che quindi non avrebbe esentato l’aspirante gestore ad eseguire verifiche in proprio, si osserva che Condotte Nord, proprio nella sua qualità di gestore uscente, era nella condizione di ben conoscere, meglio forse di ogni altro, la grandezza in questione, e quindi non ha interesse a dolersi di asserite imprecisioni al riguardo.
13. Il sesto, il settimo e l’undecimo motivo vanno poi ritenuti improcedibili, in quanto relativi a previsioni di bando che non hanno avuto applicazione concreta nel caso di specie. Quanto al sesto motivo, l’eventualità che nemmeno una delle offerte pervenute fosse soddisfacente non si è verificata (doc. 12 Comune, copia atti di gara), quanto agli altri due motivi, la presunta impossibilità a presentare offerte non ha trovato riscontro pratico, perché di offerte ne sono state presentate nove, tra cui proprio quella della ricorrente, che quindi ha smentito con i fatti le proprie deduzioni (v. sempre doc. 12 Comune).
14. E’infondato da ultimo anche il motivo ottavo, perché all’evidenza nulla vieta che la carta dei servizi di cui ciascun aspirante gestore è dotato abbia, nei vari casi concreti, contenuti diversi, suscettibili di un apprezzamento più o meno favorevole.
15. La reiezione di tutti i motivi fin qui esaminati porta da ultimo con sé l’infondatezza del motivo decimo, nel senso che di illegittimità derivata degli atti impugnati con motivi aggiunti non si deve parlare; parimenti va respinta la domanda risarcitoria.
16. La complessità delle questioni trattate, oggetto altresì di orientamenti giurisprudenziali non univoci, è giusto motivo per compensare le spese.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 11/10/2007 con l'intervento dei signori:
Gianluca Morri, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Referendario, Estensore
Stefano Mielli, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE |