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TAR Sardegna, sez. I, 21/12/2007 n. 2407
Sulla compatibilità con l'ordinamento comunitario dell'affidamento in house di un servizio pubblico locale ad una società a capitale interamente pubblico.

Sulla compatibilità dell'art. 113 del d.lvo n. 267/2000 con l'art. 118, c. 4, Cost., che prevede il principio di sussidiarietà orizzontale.

E' compatibile con l'ordinamento comunitario l'affidamento diretto di un servizio pubblico locale a rilevanza economica (come nel caso di specie) ad una società con capitale interamente pubblico. Non è, infatti, vietato all'amministrazione sottrarre al mercato attività in relazione alle quali la medesima ritenga di dover provvedere direttamente con la propria organizzazione. La disciplina della concorrenza per l'aggiudicazione degli appalti e delle concessioni presuppone un rapporto con il mercato, ma la libera decisione dell'amministrazione di rivolgersi ad esso non può essere coartata per realizzare l'apertura al mercato di taluni settori di attività in cui l'amministrazione pubblica voglia, invece, ricorrere all'autoproduzione. Deve, quindi, ritenersi che la scelta di optare tra outsourcing e in house providing non sia sindacabile alla stregua del diritto comunitario. In presenza delle condizioni necessarie previste per l'affidamento in house, "controllo analogo" e destinazione prevalente dell'attività all'ente di appartenenza il legame che unisce quest'ultimo all'affidatario del servizio ha carattere organizzativo, cosicché non è richiesto l'esperimento di procedure ad evidenza pubblica.

Secondo la giurisprudenza amministrativa e comunitaria, premesso che la partecipazione pubblica totalitaria è elemento necessario ma non sufficiente ad integrare il c.d. "controllo analogo", quest'ultimo si sostanzia in "un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario". La Corte di Giustizia ha, in particolare, precisato che il "controllo analogo" è configurabile allorché l'ente pubblico detentore del capitale, abbia la possibilità di esercitare un'"influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società". Ed il Consiglio di Stato ha affermato che, ai fini in questione, "le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell'ente affidante". Nel caso di specie, sono riscontrabili tutti i requisiti del "controllo analogo" descritti così come risulta dalle modifiche statutarie introdotte dalla delibera consiliare che ha previsto che il comune è tenuto a costituire un apposito comitato di controllo sulla gestione della società

L'affidamento diretto di servizi sociali disposto da un comune in favore di una società a responsabilità limitata, a capitale interamente proprio non viola la normativa interna di recepimento di quella comunitaria (D.Lgs. 17/3/1957 n°157 e, attualmente, D.Lgs. 12/4/2006 n° 163) in quanto quest'ultima non si applica agli affidamenti in house, come si ricava, testualmente, proprio dall' art. 113, c.5, del D.Lgs. n°267/2000, che considera i detti affidamenti alternativi ai sistemi di conferimento mediante gara. Occorre ancora aggiungere che la disposizione da ultimo citata non si riferisce ai servizi privi di rilevanza economica, ma, espressamente, a quelli che hanno tale rilevanza.

L'art. 113 del D. Lgs. n°267/2000 non contrasta con l'art. 118, ultimo comma, Cost. che ha introdotto nell'ordinamento il principio di sussidiarietà orizzontale. La suddetta disposizione costituzionale prevede la necessità che i soggetti pubblici ivi contemplati, favoriscano l'autonoma iniziativa dei privati, senza, peraltro, contenere ulteriori indicazioni ermeneutiche che consentano di ritenere sottratto ai primi il potere di intervento nell'area delle "attività di interesse generale". A ciascun ente pubblico, nell'ambito delle proprie attribuzioni, deve riconoscersi la potestà di valutare quali siano le modalità più consone al soddisfacimento degli interessi pubblici coinvolti nelle attività cui la norma costituzionale fa riferimento. Del resto, il principio di sussidiarietà orizzontale non può essere letto ed applicato che in coerenza con l'ordinamento giuridico-costituzionale inteso nella sua complessità: in particolare, esso non può essere disgiunto dagli altri principi costituzionali che regolano l'attività della pubblica amministrazione, ed in particolare dal principio di "buon andamento" previsto dall'art. 97 cost..

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SARDEGNA SEZIONE PRIMA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n°163/07 proposto dalla Oltrans Service Soc. Coop. a r.l. in persona de legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. prof. Costantino Murgia e dall’avv. Silvia Curto, presso lo studio dei quali, in Cagliari, viale Bonaria n°80, è elettivamente domiciliata;  

 

contro

il Comune di Arzachena, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gian Comita Ragnedda, ed elettivamente domiciliato in Cagliari, via Cimarosa n°40;

 

e nei confronti

della GE.SE.CO. s.r.l., in persona del legale rappresentante e dei sig.ri Francesco Mammarella e Giovanni Andrea Giagoni, non costituiti in giudizio

 

per l’annullamento

della deliberazione 20/12/2006 n°96, con cui il Consiglio Comunale di Arzachena ha modificato lo statuto della GE.SE.CO. ed ha rinnovato l’affidamento diretto alla stessa società dei servizi pubblici locali già affidati con le deliberazioni consiliari nn° 103 e 104 del 3/12/2004;

della deliberazione 20/12/2006 n°98 con cui il medesimo organo ha  nominato i propri rappresentanti in seno al Comitato di Controllo di cui all’art. 26 dello statuto della detta società;

di ogni altro atto presupposto, inerente e consequenziale ivi compresi lo statuto della società, ogni atto di gestione, nonché le nomine effettuate nel Comitato di Controllo ed i pareri ed atti di assenso richiamati nelle citate delibere consiliari;

della delibera 24/1/2007 n° 7 con cui la Giunta Municipale ha approvato il regolamento recante la disciplina dell’esercizio del controllo sugli atti societari da parte dell’organo di cui all’art. 25 dello statuto;

delle delibere nn°11 e 12 del 31/1/2007 con cui la medesima Giunta ha, rispettivamente, affidato alla GE.SE.CO. i servizi di cui alle sopra citate deliberazioni nn° 104 e 103 del 3/12/2004

Visto il ricorso con i relativi allegati.

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese.

Visti gli atti tutti della causa.

Nominato relatore per la pubblica udienza del 5/12/2007 il consigliere Alessandro Maggio e uditi, altresì, l’avv. C. Murgia per la ricorrente e l’av. G. C. Ragnedda per l’amministrazione resistente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con deliberazione consiliare 13/5/2004 n°37, il comune di Arzachena ha deciso la costituzione di una società a responsabilità limitata, denominata “GE.SE.CO.”, a capitale interamente proprio, cui affidare in via diretta la gestione di numerosi servizi pubblici locali.

Successivamente il comune, con deliberazioni consiliari nn°103 e 104 del 3/12/2004, ha stabilito di affidare, senza gara, alla detta società i servizi concernenti la gestione della comunità alloggio per minori, del centro educativo diurno per minori e della mensa sociale (delibera n°103/04) ed i servizi di assistenza domiciliare in favore di persone anziane e/o svantaggiate, di consegna di pasti caldi a domicilio, di lavanderia e stireria e di gestione del centro di aggregazione per anziani (delibera n°104/04).

Ritenendo i citati provvedimenti illegittimi, la Oltrans Service soc. coop. a r.l., impresa operante nel settore dei servizi sociali che già gestiva nel comune di Arzachena i servizi oggetto delle citate deliberazioni nn°103 e 104, li ha impugnati con ricorso n°1356/04.

Con sentenza 2/8/2005 n°1729, confermata in appello con decisione 30/8/2006 n°5072, questo Tribunale – assorbita ogni altra censura - ha accolto il gravame, ed annullato le suddette determinazioni, rilevando, tra l’altro, come nella specie non potesse configurarsi un affidamento in house providing, per mancanza del requisito del “controllo analogo”.

A seguito delle citate pronunce giurisdizionali, il consiglio comunale di Arzachena ha adottato le delibere nn°96 e 98 del 20/12/2006. Con la prima, modificato lo statuto della GE.SE.CO. in modo da garantire all’ente più penetranti poteri di controllo sulla società, ha stabilito di rinnovare, in favore di quest’ultima, l’affidamento diretto dei servizi già contemplati nelle menzionate deliberazioni nn° 103 e 104 del 2004. Con la seconda ha nominato i propri rappresentanti in seno al Comitato di Controllo istituito ai sensi dell’art. 25 dello statuto della società.

Ritenendo anche le nuove deliberazioni consiliari illegittime, la Oltrans Service le ha impugnate chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

1) L’affidamento diretto dei servizi disposto in favore della GE.SE.CO. e lo stesso art. 113 del D. Lgs. 18/8/2000 n°267, come modificato dall’art. 13 del D.L. 4/7/2006 n°223, conv. in L. 4/8/2006 n°248, contrastano con il divieto di discriminazione e violano la libertà di prestazione dei servizi pubblici e di concorrenza sanciti, a livello comunitario, dagli artt. 12, 45, 46, 49, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88 e 89 del Trattato dell’Unione Europea, dalle direttive comunitarie 90/531, 93/38, e 90/50 e 2004/18, nonché con la normativa interna contenuta, tra l’altro, nel D. Lgs. n°157/1995 e nel D. Lgs. n°163/2006.

La citata normativa, invero, stabilisce che i servizi come quelli di specie siano affidati mediante gara, a prescindere dalla rilevanza economica o meno degli stessi.

L’art. 113, del D. Lgs. n°267/2000 dovrà essere, quindi, disapplicato dal giudice.

In subordine si chiede che venga richiesta una pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee sulla conformità delle citate disposizioni alla normativa comunitaria.

2) L’art. 113 del D. Lgs. n°267/2000 contrasta con l’art. 118, ultimo comma, Cost. che ha introdotto nell’ordinamento il principio di sussidiarietà. In base a tale principio, debbono essere riservati ai privati tutti i compiti di carattere economico e sociale non riconducibili, come nel caso di specie, alla titolarità e all’esercizio di pubbliche funzioni.

In via subordinata rispetto alla censura dedotta col primo motivo, si chiede, pertanto, che la relativa questione sia sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale.

3) Nell’impugnata delibera n°96/2006, l’amministrazione, ha affermato di voler fare applicazione dell’art. 113, comma 5, del D.Lgs. 267/2000.

Sennonché tale disposizione non è più in vigore, essendo stata sostituita dall’art. 13 del D.L. 4/7/2006 n°223, conv. in L. 4/8/2006 n°248.

Secondo il citato art. 13 le società come la controinteressata, “devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti,  non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto, né con gara e non possono partecipare ad altre società o enti”.

Nel caso di specie, come emerge dall’art. 3 dello statuto, la GE.SE.CO. è abilitata a svolgere attività estranee ai compiti del comune.

Nell’impugnata deliberazione n°96/2006, si afferma che dopo l’adozione della delibera consiliare n°37/2004, sarebbero intervenuti mutamenti normativi e giurisprudenziali che avrebbero determinato l’illegittimità di alcuni articoli dello statuto della società. Ciò, in particolare, emergerebbe dalla sentenza del Consiglio di Stato n°5072/2006.

Al riguardo occorre rilevare che i presupposti richiamati dall’intimata amministrazione sono falsi. Difatti, i ricordati mutamenti normativi sono intervenuti prima del affidamento disposto con le delibere nn°103 e 104 del 2004 e l’illegittimità del detto affidamento non è stata decretata dal Consiglio di Stato, ma dal T.A.R. Sardegna.

4) Gli impugnati provvedimenti violano il giudicato di cui alle sentenze del T.A.R. Sardegna 1729/2005 e del Consiglio di Stato n° 5072/2006.

5) L’avversato affidamento contrasta con l’art. 113, comma 5, del D.Lgs. n°267/2000, a maggior ragione se posto in relazione all’art. 13 del D.L. n°223/2006.

Ed invero, in base al citato comma 5 l’affidamento dei servizi, anche in favore delle società a totale capitale pubblico, deve avvenire mediante gara nel rispetto della normativa comunitaria;

I servizi privi di rilevanza economica possono, poi, essere affidati a società per azioni a capitale pubblico, solo laddove sussistano i presupposti dell’in house providing. Ovvero, l’ente deve esercitare sulla società un controllo analogo a quello che ha sui propri servizi.

Tale controllo nella fattispecie non è, tuttavia, configurabile, come può ricavarsi dall’analisi delle norme dello statuto della società.

6) La decisione di confermare il già disposto affidamento diretto alla GE.SE.CO. è viziato da illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

Ed invero, l’amministrazione non ha esternato le ragioni che l’hanno indotta a ritenere giustificato alla luce di nuovi parametri, il contestato affidamento; non ha effettuato alcuna comparazione col modello precedentemente utilizzato, ossia quello mediante gara pubblica, che aveva dato esiti del tutto soddisfacenti; non ha compiuto alcuna valutazione del servizio in precedenza svolta dall’odierna ricorrente, che aveva gestito i servizi ora affidati alla controinteressata.

7) Gli atti impugnati sono censurabili anche perché non è stata effettuata alcuna valutazione degli altissimi costi che il Comune dovrà sostenere per gestire i servizi attraverso il modello organizzativo prescelto.

8) La L. 8/11/2000 n°328, prevede che la Regione istituisca registri di soggetti autorizzati all’esercizio dei servizi sociali. Tra questi soggetti non sono compresi né i comuni, né le società da questi create. Anzi, in Sardegna con L.R. n°16/1997 era già stata prevista l’istituzione dell’albo delle cooperative sociali alle quali riservare la gestione dei servizi per cui è causa. E la società controinteressata è priva della necessaria ed indispensabile iscrizione negli albi professionali.  

Le determinazioni comunali impugnate si pongono, quindi, in contraddizione con la riferita normativa e con la L.R. n°4/1988 e sono, inoltre, viziate da difetto di istruttoria e carenza di motivazione in quanto non sono spiegate le ragioni del modello organizzativo prescelto, nonostante la normativa di settore e la costituzione (art. 118 u.c.) riservino la gestione dei servizi in questione ad associazioni, organismi privati e cooperative.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti la Oltrans Service ha esteso l’impugnazione alla delibera 24/1/2007 n° 7, con cui la Giunta Municipale ha approvato il regolamento recante la disciplina dell’esercizio del controllo sugli atti societari da parte dell’organo di cui all’art. 25 dello statuto, nonché alle delibere nn°11 e 12 del 31/1/2007, con cui la medesima Giunta ha, rispettivamente, affidato alla GE.SE.CO. i servizi di cui alle sopra citate deliberazioni nn° 104 e 103 del 3/12/2004.

Oltre a riproporre le censure già prospettate col ricorso introduttivo del giudizio la ricorrente ha ulteriormente dedotto le sotto riportate doglianze.

9) Come più sopra anticipato la Giunta, con la delibera n°7/2007 ha approvato il regolamento recante la disciplina dell’esercizio del controllo sugli atti societari da parte del Comitato di Controllo previsto dall’art. 25 dello statuto. Tale regolamento, però, introduce una regolamentazione dell’attività tutoria che non è tale da conferire al comune su i detti atti il c.d. “controllo analogo”.

10) Nelle impugnate delibere nn°11 e 12 del 2007 da un lato si riconosce che le precedenti deliberazioni nn°103 e 104 del 2004 sono state annullate dal giudice amministrativo e dall’altro lato si afferma che, in esecuzione di queste ultime, viene disposto di riaffidare i medesimi servizi alla GE.SE.CO. E’ evidente la contraddizione in cui l’amministrazione è incorsa.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata depositando memoria con cui si è opposta all’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 5/12/2007 la causa, dopo ampia discussione, è stata posta in decisione.

 

DIRITTO

Può prescindersi dall’esame della questione di rito sollevata dall’amministrazione resistente, essendo il ricorso da rigettare nel merito.

Occorre puntualizzare che, come specificato in narrativa, costituisce oggetto del contendere, l’affidamento diretto alla GE.SE.CO. – società a responsabilità limitata di cui il comune di Arzachena è unico socio - dei servizi sociali meglio indicati nelle deliberazioni consiliari n°103 e 104 del 3/12/2004.

Ciò premesso, può passarsi all’esame dei motivi di gravame prospettati, partendo dal primo, dal quinto e dal nono, che possono essere trattati in un unico contesto.

Deduce la ricorrente: a) che il contestato affidamento e l’art. 113, comma 5, del D. Lgs. 18/8/2000 n°267 e succ. mod. ed int., che lo ha permesso, contrasterebbero con la normativa comunitaria posta a tutela della libera prestazione dei servizi e della concorrenza, nonché con la normativa interna di recepimento dei principi comunitari (primo motivo); b) che in ogni caso nella fattispecie non sussisterebbero le condizioni per l’affidamento diretto, in quanto l’intimato comune non avrebbe sulla GE.SE.CO. un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi (quinto e nono motivo).

Le doglianze sono infondate.

Il citato art. 113 (intitolato Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica) dispone, al comma 5: “L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano”.

Ebbene, la compatibilità con l’ordinamento comunitario dell’affidamento diretto di un servizio pubblico locale a rilevanza economica (come nella specie) a società con capitale interamente pubblico, è già stata vagliata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

A partire dalla sentenza 17/11/1999, in causa C-107/98 (nota come sentenza Tekal) la Corte di Giustizia ha affermato che il detto affidamento è consentito a patto che:

a) l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sull’affidatario un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi;

b) l’affidatario svolga la maggior parte della propria attività in favore dell’ente pubblico di appartenenza (cfr. anche Corte Giust. C.E. 13/10/2005 in causa C-458/03, Parking Brixen).

Non è, infatti, vietato all’amministrazione sottrarre al mercato attività in relazione alle quali la medesima ritenga di dover provvedere direttamente con la propria organizzazione.

Come è stato, efficacemente, rilevato, la creazione di un mercato comune e l’applicazione delle regole di tutela della concorrenza per garantirne il mantenimento incontrano il limite del potere di organizzazione della pubblica amministrazione riconosciuta agli stati membri dalle istituzioni comunitarie. Tale limite non rappresenta una deroga alla disciplina europea delle libertà economiche tutelate dal mercato comune, ma è definizione di ciò che non è mercato. La disciplina della concorrenza per l’aggiudicazione degli appalti e delle concessioni presuppone un rapporto con il mercato, ma la libera decisione dell’amministrazione di rivolgersi ad esso non può essere coartata per realizzare l’apertura al mercato di taluni settori di attività in cui l’amministrazione pubblica voglia, invece, ricorrere all’autoproduzione.

Il rilievo ha trovato eco nella giurisprudenza comunitaria, secondo la quale “Un’autorità pubblica che sia un’amministrazione aggiudicatrice, ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi. In tal caso non si può parlare di contratto a titolo oneroso concluso con entità giuridicamente distinta dall’amministrazione aggiudicatrice. Non sussistono dunque i presupposti per applicare le norme comunitarie in materia di appalti pubblici” (così Corte Giust. C.E. 11/1/2005 in causa C-26/03, Stadt Halle). Ed altresì, in quella nazionale, ove si afferma che la norme comunitarie “non interferiscono sui poteri delle pubbliche amministrazioni di adottare soluzioni organizzative che siano le più rispondenti alle esigenze che esse stesse ritengano di dover soddisfare conformemente alle leggi che le disciplinano” (così Cons. Stato, V Sez., 18/9/2003 n°5316).

Deve, quindi, ritenersi che la scelta di optare tra outsourcing e in house providing non sia sindacabile alla stregua del diritto comunitario.

In presenza delle cennate condizioni - “controllo analogo” e destinazione prevalente dell’attività all’ente di appartenenza - il legame che unisce quest’ultimo all’affidatario del servizio ha carattere organizzativo, cosicché non è richiesto l’esperimento di procedure ad evidenza pubblica.

La ricorrente contesta che nella fattispecie, anche dopo le modifiche apportate allo statuto della GE.SE.CO. con l’impugnata deliberazione consiliare n°96/2006, siano ravvisabili gli estremi del richiesto “controllo analogo”.

Secondo la giurisprudenza amministrativa e comunitaria, premesso che la partecipazione pubblica totalitaria è elemento necessario ma non sufficiente ad integrare il c.d. “controllo analogo”, quest’ultimo si sostanzia in “un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sull’ente societario” (così Cons. Stato, VI Sez.,  25/1/2005 n°168, si veda anche Cons. Stato, V Sez., 3/4/2007 n°1514; C.Si. 4/9/2007 n°719; Corte Giust. C. E. 18/11/1999, in causa C-107/98; 6/4/2006 in causa C-410/04; 11/5/2006, in causa C-340/04).

Con la sentenza da ultimo menzionata, la Corte di Giustizia ha, in particolare, precisato che il “controllo analogo” è configurabile allorché l’ente pubblico detentore del capitale, abbia la possibilità di esercitare un’“influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società” (in termini anche citata sentenza Parking Brixen). Ed il Consiglio di Stato ha affermato che, ai fini in questione, “le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante” (così Cons. Stato, V Sez., 8/1/2007 n°5).

Orbene, ritiene il Collegio che tutti i descritti connotati essenziali siano riscontrabili nella relazione tra resistente amministrazione e controinteressata, così come risultante dalle modifiche statutarie introdotte dall’anzidetta delibera consiliare n°96/2006.

Ed invero, ai sensi dell’art. 25, comma 2 dello statuto il Comune è tenuto a costituire un apposito Comitato di Controllo sulla gestione della società “composto da cinque membri, presieduto dal Sindaco o dall’organo da questi delegato, dal direttore generale del comune se nominato o dal segretario comunale, dal dirigente del settore finanziario del comune ovvero dal dirigente del settore competente in relazione alla materia oggetto della decisione, indicato per ciascun caso in via discrezionale dal Sindaco, e da due consiglieri comunali individuati dal consiglio stesso in unica votazione. Ciascun consigliere comunale potrà esprimere una sola preferenza. Il Comitato assume le proprie decisioni in base a regolamento interno adottato dalla Giunta comunale ed è operativo fin dalla data di approvazione del presente statuto con la presenza dei tre membri di diritto”.

Ai sensi del precedente art. 20, comma 2, del medesimo statuto “Al fine di garantire un efficace controllo sulla gestione da parte del socio unico, in caso di atti di straordinaria amministrazione, almeno sette giorni lavorativi prima della seduta del C.d.A. convocata per decidere in ordine a tali atti, il Presidente, o suo delegato, dovrà redigere apposito documento scritto dal quale dovrà risultare con chiarezza:

l’argomento oggetto di decisione;

l’eventuale parere del Collegio Sindacale, se nominato (parere che dovrà essere allegato al documento affinché anche gli amministratori ne possano prendere visione)”.

Il comma seguente dello stesso articolo dispone, poi, che “Tale documento, accompagnato da una relazione illustrativa, dovrà essere inviato, contestualmente, al comitato di controllo sulla gestione costituito dal socio unico, il quale, entro i successivi tre giorni, potrà esprimere il potere di veto spettante al socio o avocare all’assemblea dei soci la decisone. Il Consiglio di Amministrazione potrà esprimersi su tali atti solo a seguito di assenso scritto da parte del Comitato o in caso di mancato esercizio del potere di veto nel termine previsto”.

Ancora l’art. 22 dello statuto precisa che “All’organo amministrativo è affidata la gestione della società a tal fine esso potrà compiere tutti gli atti e tutte le operazioni sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione, con la sola esclusione di quegli atti e di quelle operazioni che la legge e il presente statuto riservano espressamente ai soci ed a condizione che venga espletata la procedura di controllo prevista dall’art. 20 nei casi ivi previsti”.

Tanto basta a ritenere integrati nella fattispecie i requisiti del “controllo analogo”.

Alle considerazioni svolte è appena il caso di aggiungere che essendo sufficiente, in base alla ricordata giurisprudenza nazionale e comunitaria, che il “controllo analogo” comprenda i più importanti atti di gestione della società, nessuna rilevanza può avere che, nel caso di specie, l’attività del Comitato di Controllo non riguardi gli atti di ordinaria amministrazione.

Né, possono rilevare le modalità attraverso cui il controllo deve essere esercitato, tenuto conto che queste ultime non risultano tali da incidere in modo significativamente negativo sulla possibilità del organo di esercitare le proprie prerogative.

Ed invero, la ristrettezza dei tempi fissati per l’esercizio del controllo (tre giorni) risponde ad una apprezzabile esigenza di celerità nello svolgimento dell’attività della società.

Mentre il fatto che l’apposito Comitato, esaminate le proposte del Consiglio di Amministrazione, possa anche ritenere di non dover prendere alcuna iniziativa, costituisce uno dei possibili modi di esercizio dei propri poteri di controllo.

Quanto alla censura con cui la ricorrente lamenta che l’affidamento alla GE.SE.CO. violi la normativa interna di recepimento di quella comunitaria (D.Lgs. 17/3/1957 n°157 e, attualmente, D.Lgs. 12/4/2006 n°163), è sufficiente rilevare che quest’ultima non si applica agli affidamenti in house, come si ricava, testualmente, proprio dall’invocato art. 113, comma 5, del D.Lgs. n°267/2000, che considera i detti affidamenti alternativi ai sistemi di conferimento  mediante gara.

Occorre ancora aggiungere che la disposizione da ultimo citata non si riferisce, diversamente da quanto si afferma in ricorso, ai servizi privi di rilevanza economica, ma, espressamente, a quelli che hanno tale rilevanza. 

Il secondo motivo non merita accoglimento.

La questione di costituzionalità con il medesimo dedotta, concernente la compatibilità dell’art. 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n°267/2000 con l’art. 118, comma 4, cost., risulta, invero, manifestamente infondata.

Il citato art. 118, comma 4, stabilisce che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

Occorre, intanto, rilevare che in dottrina è assai dibattuto se la norma, che introduce nel sistema costituzionale il c.d. principio di sussidiarietà orizzontale, abbia carattere cogente o meramente programmatico. Tuttavia, anche laddove dovesse optarsi per la prima alternativa, le conseguenze non potrebbero essere quelle sperate dalla ricorrente.

La nozione di sussidiarietà orizzontale è suscettibile di assumere due distinte significazioni: una negativa, che si sostanzia nel dovere di astensione dei pubblici poteri laddove le forze individuali e della società siano in grado di soddisfare i propri bisogni autonomamente; una positiva che implica l’affermazione di un dovere di intervento dei pubblici poteri ove gli individui e le forze sociali non abbiano la capacità di provvedere da sé alle proprie necessità. 

Mentre nel primo senso il principio opera come criterio di delimitazione di competenza dei soggetti pubblici a vantaggio di quelli privati, nella seconda accezione implica un’azione della pubblica autorità preordinata al sostegno e allo sviluppo delle attitudini degli individui, singoli o associati; comporta, quindi, un’attribuzione di competenza e, ad un tempo, ne definisce le modalità di esercizio.

Orbene, l’art. 118, comma 4, cost. - così come, peraltro, avviene nelle norme di legge ordinaria in cui il principio di sussidiarietà orizzontale trova applicazione (a titolo esemplificativo, artt. 4 della L. 15/3/1997 n°59, 3 del D.Lgs. 18/8/2000 n°267 e L. 8/11/2000 n°328) -  valorizza soltanto il profilo positivo del detto principio, ossia quello che afferma la necessità di un intervento della pubblica amministrazione a sostegno e promozione dell’attività dei privati.

La disposizione costituzionale si limita, infatti, a prevedere la necessità che i soggetti pubblici ivi contemplati, favoriscano l’autonoma iniziativa dei privati, senza, peraltro, contenere ulteriori indicazioni ermeneutiche che consentano di ritenere sottratto ai primi il potere di intervento nell’area delle “attività di interesse generale”. A ciascun ente pubblico, nell’ambito delle proprie attribuzioni, deve riconoscersi la potestà di valutare quali siano le modalità più consone al soddisfacimento degli interessi pubblici coinvolti nelle attività cui la norma costituzionale fa riferimento.

Del resto, il principio di sussidiarietà orizzontale non può essere letto ed applicato che in coerenza con l'ordinamento giuridico-costituzionale inteso nella sua complessità: in particolare, esso non può essere disgiunto dagli altri principi costituzionali che regolano l'attività della pubblica amministrazione, ed in particolare dal principio di "buon andamento" previsto dall’art. 97 cost..

Palesemente infondato è il terzo motivo.

Sostiene, in primo luogo, la Oltrans Service che l’art. 113, comma 5, del D.Lgs. n°267/2000, alla stregua del quale il comune di Arzachena ha disposto l’avversato affidato, non sarebbe più in vigore in quanto sostituito dall’art. 13 del D.L. 4/7/2006 n°223, conv. in L. 4/8/2006 n°248.

La tesi prospettata dalla ricorrente non è condivisibile atteso che la disposizione da ultimo menzionata, per espressa previsione, contenuta nel primo comma, non si applica ai servizi pubblici locali, quale, incontestabilmente, è quello oggetto dell’affidamento di cui si controverte. 

Nemmeno l’ulteriore doglianza dedotta col motivo in esame può essere accolta.

Nella parte motiva della delibera con cui l’intimato comune ha modificato lo statuto della GE.SE.CO., in modo da garantirsi su questa il c.d. “controllo analogo”, si afferma “che “mutamenti normativi e giurisprudenziali nel frattempo intervenuti hanno determinato la illegittimità di alcuni articoli dello statuto”.

Ebbene, tale affermazione, seppur non del tutto corretta, è assolutamente superflua, di modo che risulta irrilevante al fine di saggiare la legittimità dell’atto.

E’, altresì, infondato il quarto motivo.

Diversamente da quanto l’istante mostra di ritenere gli atti odiernamente impugnati non violano il giudicato di cui alle sentenze 2/8/2005 n°1729 e 30/8/2006 n°5072 emesse, rispettivamente, da questo Tribunale e dal Consiglio di Stato.

Con le citate pronunce erano state annullate le delibere nn°103 e 104 del 3/12/2004, con cui il comune di Arzachena aveva direttamente affidato alla GE.SE.CO. gli stessi servizi di cui oggi si controverte, sul presupposto della riscontrata mancanza di una delle condizioni richieste per l’affidamento in house, ossia il “controllo analogo”.

Il giudicato di cui alle ricordate decisioni precludeva, quindi, all’intimata amministrazione di riassegnare i suddetti servizi senza prima assicurarsi, sulla società affidataria, il “controllo analogo”, ma lasciava integra la possibilità dell’ente di riconfermare l’affidamento a suo tempo disposto dopo aver provveduto ad introdurre nello statuto strumenti idonei a permettere il controllo in parola.

Privo di pregio è il sesto motivo.

Si deduce in ricorso che la delibera n°96/2006 non sarebbe motivata con riguardo all’asserita introduzione di nuovi parametri e che comunque l’amministrazione non avrebbe effettuato alcuna comparazione col modello gestionale precedentemente utilizzato.

Orbene, quanto al primo profilo di doglianza occorre rilevare che nella menzionata delibera, tra le altre cose, si legge che a seguito delle modifiche statutarie introdotte, risultavano “rispettati tutti i parametri per la rinnovazione dell’affidamento diretto alla GE.SE.CO.”

Tale affermazione, correttamente intesa, sta soltanto a significare che le modifiche statutarie apportate, consentivano di configurare il “controllo analogo”, in precedenza disconosciuto dal giudice e che quindi, sotto questo profilo, sussistevano i presupposti per l’affidamento in house.

Con riguardo all’ulteriore censura prospettata va, invece, osservato che le motivazioni della scelta compiuta, risiedono, come l’amministrazione, non smentita dalla ricorrente, ha fatto notare (memoria difensiva depositata in data 20/3/2007), nelle precedenti deliberazioni consiliari 13/5/2004 n°37 e 3/12/2004 nn°103 e 104.

A prescindere da quanto sopra, il Collegio ritiene che alla luce della normativa vigente, l’amministrazione comunale goda di un’amplissima discrezionalità nella scelta delle modalità di svolgimento dei servizi pubblici locali.

Il ricordato art. 113, comma 5, del D.Lgs. n° 267/2000, prevede infatti che la gestione dei servizi pubblici locali avvenga secondo una delle alternative modalità ivi contemplate, tra cui, per l’appunto, quella che si sostanzia nel conferire il servizio a società a capitale interamente pubblico.

Il ricorso all’affidamento diretto è, quindi, sempre consentito, alla sola condizione che sussistano i requisiti indicati nella lett. c) del menzionato comma 5.

Non sembra, pertanto, necessaria un’apposita ed approfondita motivazione di tale scelta, una volta dimostrata la sussistenza dei presupposti richiesti per l’autoproduzione.

Al contrario, una motivazione di maggiore latitudine diventa necessaria quando il comune stabilisce di affidare la gestione del servizio a soggetti terzi. In tali casi, vanno evidenziate le specifiche ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale (cfr. in termini T.a.r. Emilia-Romagna – Bologna, sez. I, 13/7/1998, n° 271, nonché, seppur con riferimento ad affidamenti in favore di aziende speciali, Cons. Stato, V Sez., 8/3/2005 n°931 e 4/4/2002 n° 1874).

Il settimo motivo è, invece, inammissibile essendo diretto a censurare profili concernenti il merito dell’azione amministrativa.

Non può essere accolto l’ottavo motivo.

Deduce la ricorrente che né i comuni, né le società da questi create sarebbero inclusi tra i soggetti autorizzati all'esercizio delle attività disciplinate dalla legge L. 8/11/2000 n°328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e dalle LL.RR. 25/1/1988 n°4 e 22/4/1997 n°16. Quest’ultima, in particolare, prevederebbe l’istituzione dell’albo delle cooperative sociali alle quali riservare la gestione dei servizi sociali.

Orbene, contrariamente a quanto l’odierna istante asserisce, la citata L n°328/2000, all’art. 6, affida espressamente ai comuni il compito di erogare i servizi sociali quali quelli oggetto del contendere. E, in mancanza di contrarie indicazioni, nulla esclude che questi possano affidare l’erogazione a società a capitale interamente pubblico appositamente costituite.

Tanto meno possono trarsi preclusioni all’esercizio, da parte della controinteressata, delle attività oggetto del contestato affidamento, dalle leggi regionali invocate in ricorso.

Difatti, la L.R.  n°16/1997, si limita a regolamentare, per quanto qui rileva, le modalità attraverso cui le cooperative sociali possono operare nel settore dei servizi sociali. Ma non riserva a queste ultime l’esclusiva degli interventi nel detto settore.

La L.R. n°4/1988 non era, invece, più in vigore al momento di adozione degli impugnati provvedimenti, essendo stata abrogata dall’art. 47 della L.R. 23/12/2005 n°23.

  E’, infine, da rigettare il decimo motivo. 

Lamenta la Oltrans Service che con le deliberazioni nn°11 e 12 del 31/1/2007 la Giunta Municipale avrebbe stabilito di affidare alla GE.SE.CO. i servizi ivi indicati, in attuazione, rispettivamente, delle delibere consiliari nn°104 e 103 del 2004, che pur la stessa Giunta riconosce essere state annullate in sede giurisdizionale. Circostanza, questa, che evidenzierebbe un profilo di contraddittorietà delle due impugnate deliberazioni di Giunta.

La deduzione non può essere condivisa.

Nelle citate deliberazioni nn°11 e 12 del 2007 si prevede che l’affidamento dei servizi avvenga “in attuazione del dispositivo” della delibera del 2004 cui ciascuna di esse fa riferimento.

Tuttavia, il rinvio ai citati provvedimenti di Giunta del 2004, risulta del tutto pleonastico e come tale irrilevante.

Il ricorso, in definitiva, non merita accoglimento.

Sussistono validi motivi per disporre l’integrale compensazione di  spese ed onorari di giudizio.

 

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SARDEGNA – SEZIONE I

Rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Cagliari, in Camera di Consiglio, il 5/12/2007 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l’intervento dei Signori:

Paolo Numerico   Presidente

Silvio Ignazio Silvestri Consigliere

Alessandro Maggio  Consigliere – estensore.

 

Depositata in segreteria oggi 21/12/2007

 

Il Segretario Generale

(Dott.ssa Adriana Zuddas)

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