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Consiglio di Stato, Sez. IV, 5/3/2008 n. 946
Sulla legittimità dell’esclusione da una gara di una società a capitale misto privato e pubblico, costituita dal comune ed avente come oggetto sociale "attività di supporto" all’amministrazione comunale.

E’ legittima l'esclusione di una società mista da una gara per l’affidamento di un servizio in applicazione dell'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani), come modificato dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, trattandosi di una società a capitale misto privato e pubblico, costituita dal comune ed avente come oggetto sociale "attività di supporto" all’amministrazione comunale, che in base alla norma succitata preclude in radice la possibilità di svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati anche a seguito di gara, con comminazione della nullità dei contratti eventualmente conclusi in tal senso dopo la data di entrata in vigore della normativa in discorso (4 luglio 2006). Nel caso di specie, la circostanza che la partecipazione del socio pubblico sia minoritaria e di non rientrare fra i soggetti che possono ricevere affidamenti in via diretta, non è sufficiente a far venire meno il carattere di strumentalità, infatti, è lo stesso legislatore che ha espressamente previsto l’esclusione dalle gare anche delle società a capitale "misto", con una valutazione ispirata ad esigenze di tutela della concorrenza, in stretta adesione a stringenti principi costituzionali e comunitari, con la conseguenza che risulta del tutto ininfluente il fatto che non abbia in concreto ricevuto, in precedenza, affidamenti di alcun genere senza previo esperimento di gara.
Ugualmente irrilevante è la circostanza che la società sia stata costituita dal comune ai sensi dell’art. 1, c. 21, del d.l. 1° ottobre 1996, n. 510 (come modificato ed integrato dalla legge di conversione 28 novembre 1996, n. 608), con lo specifico fine di creare opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati in progetti di lavori socialmente utili. Tale peculiare connotazione non incide, invero, sulla natura di società a capitale misto e di organo strumentale dell’ente locale della interessata, con tutte le conseguenze previste dall’art. 13 del citato D.L. n. 223 del 2006.

Le questioni di costituzionalità e di compatibilità con l’ordinamento comunitario sollevate in riferimento all'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, sono manifestamente infondate. La scelta del legislatore di applicare le disposizioni limitative di cui si tratta anche alle società a capitale misto trova il proprio fondamento nel dichiarato intento di tutelare in via primaria l’interesse pubblico su quello privato, rafforzando e tutelando il libero gioco della concorrenza, assicurando una effettiva parità tra tutti gli operatori economici. Da un lato, quindi, l’intervento del legislatore risulta in concreto pienamente conforme al dettato costituzionale essendo rivolto non già a limitare la concorrenza, ma a salvaguardarla in maniera rigorosa, eliminando posizioni di privilegio innegabilmente riconoscibili alle società "pubbliche" a scapito degli operatori privati, allorché operino, come nella specie, quale ente "strumentale" dell’ente pubblico di riferimento, fruendo comunque dei vantaggi inerenti alla stretta contiguità con il detto ente pubblico. Dall’altro lato, poi, va opportunamente ricordato che è la stessa Unione Europea ad aver previsto la necessità per gli Stati membri di provvedere alla regolamentazione dell’accesso al mercato degli appalti pubblici da parte di organismi di proprietà o partecipati da enti pubblici, proprio per evitare distorsioni della concorrenza nei confronti dei soggetti privati (cfr. Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004).

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso iscritto al NRG 8055/2007 proposto da GEMMA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati Nicola Alessandro Saldutti ed Andrea Saldutti ed elettivamente domiciliata presso gli stessi in Roma, Via Cesare Beccaria, 18;

contro

SOGEI – SOCIETA’ GENERALE D’INFORMATICA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati Damiano Lipani ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Roma, Via Ennio Quirino Visconti, n. 20;

e nei confronti di ALMAVIVA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e quale capogruppo mandataria del RTI con ALFA 81 S.P.A., rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati Filippo Lattanzi e Roberto Colagrande ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Pierluigi da Palestrina, n. 47 presso Studio Filippo Satta ed associati;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II, n. 5192 del 5 giugno 2007.

Visto il ricorso in appello;

visto l'atto di costituzione in giudizio delle società resistenti;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

relatore alla pubblica udienza del 22 gennaio 2008 il consigliere Pier Luigi Lodi e uditi, per le parti, gli avvocati N. A. Saldutti, Lipani, Lattanzi e Colagrande;

ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. - Con atto notificato il giorno 8 ottobre 2007, depositato il successivo 18 ottobre, la GEMMA S.p.a. ha proposto appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio n. 5192/07, che aveva respinto il ricorso inteso all’annullamento del provvedimento della SOGEI S.p.a. in data 18 ottobre 2006, relativo alla esclusione della società ricorrente dalla licitazione privata per l’affidamento del servizio di acquisizione vettoriale di mappe catastali in formato misto per uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio.

2. - Il primo giudice aveva ritenuto che l’esclusione fosse giustificata dalle disposizioni dell’art. 13, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (come modificato dalla legge di conversione. 4 agosto 2006, n. 248) trattandosi di società a capitale misto privato e pubblico, avente ad oggetto lo svolgimento di servizi strumentali all’attività dell’ente locale di riferimento (il Comune di Roma), e non essendo applicabili, per carenza dei relativi presupposti, le disposizioni del successivo comma 4, che ha fatto salvi i contratti conclusi dopo il 4 luglio 2006 in esito ad aggiudicazioni precedenti. Lo stesso giudice ha poi ritenuto manifestamente infondate le eccezioni di incostituzionalità e di contrasto con le norme comunitarie della norma in discorso, apparendo essa rispondente a chiari principi di tutela dell’interesse pubblico generale con l’introduzione di un livello ulteriore di concorrenza.

3. - Nell’atto di appello la società GEMMA contesta tali statuizioni, sostenendo che la norma del citato art. 13, comma 1, non sarebbe applicabile nei suoi confronti e che, comunque, la norma stessa presenterebbe profili di illegittimità costituzionale e comunitaria e non produrrebbe effetti sulla gara oggetto di impugnativa, in quanto bandita prima del luglio 2006.

4. - Si sono costituite per resistere per resistere in giudizio sia la SOGEI S.p.a. che la controinteressata RTI ALMAVIVA S.p.a., assegnataria dell’appalto, le quali, con memorie, prospettano l’inammissibilità e l'infondatezza del gravame in fatto e diritto.

5. - La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 22 gennaio 2008.

6. – La Sezione non ritiene di esaminare l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del gravame per carenza di interesse, sollevata dalla resistente SOGEI S.p.a., trattandosi di ricorso infondato nel merito.

7. – Passando al merito il Collegio osserva che l’assunto posto a base dell’impugnativa della GEMMA S.p.a. non tiene conto né della chiara lettera né della “ratio” delle disposizioni dettate dall’art. 13 del citato D.L. n. 223 del 2006, in base alle quali è stata disposta l’esclusione della società stessa dalla gara d’appalto in questione.

Giova rammentare che tale esclusione, come emerge dal provvedimento datato 18 ottobre 2006, è specificamente motivata in riferimento alla natura della società in parola (società mista costituita dal Comune di Roma avente come oggetto sociale “attività di supporto” all’amministrazione comunale), che in base alla norma succitata preclude in radice la possibilità di svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati anche a seguito di gara, con comminazione della nullità dei contratti eventualmente conclusi in tal senso dopo la data di entrata in vigore della normativa in discorso (4 luglio 2006).

7.1. - Ciò posto appare in primo luogo irrilevante la circostanza, sottolineata con il primo motivo dalla società appellante, di avere una partecipazione soltanto minoritaria del Comune di Roma e di non rientrare fra i soggetti che possono ricevere affidamenti in via diretta, con la conseguenza che – si afferma – non godendo di alcuna situazione di privilegio, non sarebbe neppure soggetta ai surricordati rigorosi limiti fissati dalla normativa di cui si discute. Contrariamente a quanto sostenuto dall’interessata, infatti, è lo stesso legislatore che ha espressamente previsto l’esclusione dalle gare anche delle società a capitale “misto”, con una valutazione che – come si vedrà meglio più oltre – appare ispirata proprio ad esigenze di tutela della concorrenza, in stretta adesione a stringenti principi costituzionali e comunitari, con la conseguenza che risulta del tutto ininfluente il fatto che l’odierna appellante non abbia in concreto ricevuto, in precedenza, affidamenti di alcun genere senza previo esperimento di gara.

Ugualmente irrilevante si palesa, inoltre, l’ulteriore elemento prospettato dall’appellante, relativo alla sua costituzione da parte del Comune di Roma ai sensi dell’art. 1, comma 21, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510 (come modificato ed integrato dalla legge di conversione 28 novembre 1996, n. 608), con lo specifico fine di creare opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati in progetti di lavori socialmente utili. Tale peculiare connotazione non incide, invero, sulla natura di società a capitale misto e di organo strumentale dell’ente locale della interessata, con tutte le conseguenze previste dall’art. 13 del ripetuto D.L. n. 223 del 2006.

7.2. – Con il secondo motivo l’appellante contesta le statuizioni del primo giudice che ha ritenuto costituzionalmente legittima la normativa dell’art. 13 in esame costituendo essa immediata applicazione dell’art 41 della Costituzione “mirando dichiaratamente a preservare il mercato da alterazioni della concorrenza e fenomeni distorsivi delle regole della concorrenza”. A tal fine l’interessata ribadisce di essere partecipata dal Comune di Roma per il solo 20% delle azioni e di non aver avuto affidamenti diretti dal predetto Comune ed invoca, pertanto, l’art. 3 della Costituzione ed, in particolare, gli artt. 86, 87 e 295 del Trattato CEE in quanto l’applicazione nei suoi confronti dei limiti posti dall’art 13 violerebbe il principio di concorrenza, eliminando dal mercato un cospicuo numero di soggetti che operano a parità di condizioni, con ingiustificato pregiudizio del socio privato di maggioranza che vedrebbe frustrato il proprio legittimo affidamento alla tutela dell’investimento effettuato nel partecipare alla società a capitale misto.

Tali argomentazioni vanno disattese dovendosi considerare che, come puntualmente replicato dalle resistenti, la scelta del legislatore di applicare le disposizioni limitative di cui si tratta anche alle società a capitale misto trova il proprio fondamento nel dichiarato intento di tutelare in via primaria l’interesse pubblico su quello privato, rafforzando e tutelando il libero gioco della concorrenza, assicurando una effettiva parità tra tutti gli operatori economici.

Da un lato, quindi, l’intervento del legislatore risulta in concreto pienamente conforme al dettato costituzionale essendo rivolto non già a limitare la concorrenza, ma a salvaguardarla in maniera rigorosa, eliminando posizioni di privilegio innegabilmente riconoscibili alle società “pubbliche” a scapito degli operatori privati, allorché operino, come nella specie, quale ente “strumentale” dell’ente pubblico di riferimento, fruendo comunque dei vantaggi inerenti alla stretta contiguità con il detto ente pubblico.

Dall’altro lato, poi, va opportunamente ricordato che è la stessa Unione Europea ad aver previsto la necessità per gli Stati membri di provvedere alla regolamentazione dell’accesso al mercato degli appalti pubblici da parte di organismi di proprietà o partecipati da enti pubblici, proprio per evitare distorsioni della concorrenza nei confronti dei soggetti privati (cfr. Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004).

Le questioni di costituzionalità e di compatibilità con l’ordinamento comunitario sollevate dall’appellante risultano, pertanto, manifestamente infondate.

7.3. – Chiaramente da disattendere è, infine, il terzo motivo, mediante il quale si afferma la inapplicabilità al caso in esame del più volte richiamato art. 13 del D.L. n. 223 del 2006, in relazione alla previsione, introdotta dall’art. 1, comma 720, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, relativa alla validità dei contratti conclusi anche dopo la data di entrata in vigore del decreto “ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite (e non già perfezionate come originariamente stabilito n.d.r.) prima della predetta data”.

A prescindere da ogni questione in ordine alla irretroattività della norma innovativa, eccepita dalle resistenti, sta di fatto che viene comunque prevista la perdurante validità dei soli contratti “conclusi” in esito a precedenti procedure, mentre nella specie non risulta affatto che si fosse addivenuti alla stipulazione del contratto di appalto con l’attuale appellante, con conseguente assenza del necessario presupposto per la salvezza delle pattuizioni nel frattempo eventualmente intercorse.

7.4. – Per le ragioni sopra esposte l’appello deve essere respinto.

8. – Le spese del giudizio, in relazione al carattere di novità delle questioni dibattute, possono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:

- respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;

- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 gennaio 2008, con la partecipazione di:

Giovanni Vacirca - Presidente

Luigi Maruotti - Consigliere

Pier Luigi Lodi Rel. Estensore - Consigliere

Giuseppe Romeo - Consigliere

Salvatore Cacace - Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Pier Luigi Lodi Giovanni Vacirca

IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci

Depositata in segreteria

Il 5 marzo 2008

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