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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Sicilia, 2/4/2008 n. 14
Sulle condizioni legittimanti l’affidamento in house e sui presupposti per l’affidamento diretto ad una società mista.

L’affidamento diretto (c.d. in house providing) è ammesso, in deroga alla procedura di normale evidenza pubblica, tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio, al di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una società esterna che presenti caratteristiche tali da poterla qualificare come una sua longa manus. Trattandosi di una palese deroga ai principi di concorrenza e trasparenza, che potrebbe determinare delle forme di distorsione del mercato, l’istituto in questione è stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune condizioni, individuate in prima analisi attraverso numerose pronunce della Corte di Giustizia europea, successivamente avallate e interpretate, laddove necessario, dalla Giustizia amministrativa di primo e secondo grado, sia in sede giurisdizionale che in sede consultiva. Le condizioni legittimanti l’affidamento in house ("controllo analogo" e "attività prevalente"), così come in origine elaborate nella pronuncia Teckal C-107/98, hanno subito un forte processo evolutivo da parte della giurisprudenza europea e nazionale attraverso un percorso volto a rendere sempre più stringente e rigoroso il contenuto dei presupposti, con particolare attenzione al cd. "controllo analogo".
Pertanto, nel caso di specie non vi sono i presupposti per configurare un affidamento diretto mediante l’istituto dell’in house providing, premesso, difatti, che l’onere della prova della esistenza delle condizioni legittimanti l'eccezione ricade sull’amministrazione, occorre evidenziare come la stessa non abbia fornito quei riscontri previsti dalla giurisprudenza europea in ordine al controllo ispettivo, a quello strategico, ed alle verifiche sul bilancio. In sostanza non si evince quel "controllo strutturale" che possa condurre le Società in titolo ad essere equiparate ad una struttura interna dell’amministrazione, tale da escludere una natura contrattuale del rapporto.

L’affidamento diretto ad una società mista può operare laddove vi sia stata, oltre ad una procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, anche, e al tempo stesso, una procedura che definisca il servizio operativo da affidare direttamente al medesimo socio. È evidente la ratio di questa corrente di pensiero: se l’amministrazione, in sede di procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, fissa con chiarezza e trasparenza anche l’oggetto del servizio che la società mista dovrà realizzare, appare coerente con i principi di libera concorrenza evitare una successiva ed ulteriore gara per l’affidamento del servizio, nel presupposto che tale valutazione è già stata effettuata in favore del socio privato. Prevedendo, inoltre, una scadenza del periodo di affidamento e che, a tal riguardo, siano chiarite le modalità di uscita dello stesso socio privato dalla società mista, allo scopo di evitare che possa divenire un socio stabile della società. Tale orientamento, basato sulla fungibilità tra contratto di appalto e contratto sociale, rappresenta un ottimo compromesso tra le esigenze di partenariato pubblico e privato, proprie della potestà organizzativa dell’amministrazione pubblica, rispetto alle esigenze della comunità europea di tutela dei principi di libera concorrenza volti a prevenire eventuali distorsioni del mercato.
Pertanto, nel caso di specie, anche per la società mista non si può procedere ad un affidamento diretto in quanto risultano mancanti quei presupposti che consentano di derogare alle normali regole di evidenza pubblica.


Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

Delibera n. 14/2008 - Controllo di legittimità su atti - Ricusazione del visto e conseguente registrazione del D.D.G. n. 1189 del 19 dicembre 2007 del Dipartimento Regionale Urbanistica della Regione siciliana

Deliberazione n.14/2008/contr

CORTE DEI CONTI

SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA

nell’adunanza del 27 febbraio 2008

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Visto l’art. 23 del R.D. Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della regione siciliana).

Visto il decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di sezioni della Corte dei Conti per la regione siciliana).

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti).

Visto il decreto legislativo 18 giugno 1999, n. 200 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione siciliana recante integrazioni e modifiche al decreto legislativo n. 655/1948).

Visto il D.D.G. n. 1189 del 19 dicembre 2007 del Dipartimento Regionale Urbanistica della Regione siciliana.

Visto il foglio di osservazione del 14 gennaio 2008 dell’Ufficio di controllo sugli atti della Regione Siciliana avente ad oggetto il D.D.G. n. 1189 del 19 dicembre 2007.

Vista la risposta fornita dall’Amministrazione in data 30 gennaio 2008.

Vista la nota con la quale il magistrato istruttore propone al Consigliere delegato il deferimento del provvedimento alla Sezione del controllo per la pronuncia collegiale.

Vista la nota del 7 febbraio 2008 con la quale il Consigliere delegato dell’Ufficio di controllo chiede al Presidente della Sezione che il provvedimento in oggetto sia sottoposto alla pronuncia collegiale della Sezione di controllo.

Vista l’ordinanza n. 9 del 8 febbraio 2008 con la quale il Presidente della Sezione di controllo per la Regione Siciliana deferisce alla Sezione la pronuncia sul visto e sulla registrazione del decreto sopraindicato, nominando, quale relatore, il Referendario Dott. Stefano CASTIGLIONE.

Uditi, nell’adunanza pubblica, il relatore e, per l’Amministrazione, il rappresentante dell’Assessorato nella persona del Dirigente generale del Dipartimento regionale Urbanistica arch. Giuseppe Li Bassi nonché la rappresentante del Dipartimento Bilancio e Tesoro dott.ssa Rita Patti

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FATTO

Con il Decreto dirigenziale n. 1189 del 19 dicembre 2007, il Dipartimento regionale in premessa ammetteva a finanziamento, in favore delle Società Sicilia e-Ricerca, Sicilia e-Innovazione e Sicilia e-Servizi, il progetto di massima delle banche dati per il SITR per un importo complessivo di Euro 4.480.000,00.

Al riguardo l’Ufficio di controllo della Corte dei conti restituiva al Dipartimento il provvedimento in argomento, con osservazioni in ordine all’affidamento diretto della fornitura, in quanto effettuato senza procedere a regolare gara ad evidenza pubblica bensì mediante ricorso all’istituto dell’affidamento in house.

L’Ufficio di controllo, inoltre, evidenziava la necessità di allegare al decreto la documentazione idonea a consentire la verifica delle circostanze giustificative per il ricorso all’affidamento diretto del servizio.

In riscontro alle osservazioni sollevate l’Assessorato rispondeva con nota del 30 gennaio 2008.

Nella nota l’Amministrazione, nel riproporre il provvedimento per la registrazione, rinviava per le motivazioni, alla circolare (n. 11/2007) del Dipartimento Bilancio della Regione in materia di affidamenti nonché alla nota n. 3442 del 25 gennaio 2008 del medesimo Dipartimento.

Nelle suddette note, il Dipartimento Bilancio e Tesoro evidenziava come, con riferimento alla società Sicilia e-Innovazione, esistessero gli elementi per legittimare gli affidamenti in house in argomento in quanto si tratterebbe di una società strettamente controllata dalla Regione siciliana e sulla quale la stessa Regione formula gli indirizzi strategici aziendali.

Con riferimento, invece, alla società Sicilia e-Servizi, il Dipartimento ne evidenziava la differente natura rispetto alla precedente società in quanto, nel caso di specie, si tratterebbe di una società mista che, come tale, può a buon titolo essere destinataria di affidamenti diretti laddove ricorrano due essenziali garanzie: una sostanziale equiparazione tra gara per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio; che si preveda un rinnovo della procedura di selezione alla scadenza del periodo di affidamento, al fine di evitare che il socio possa divenire un socio stabile della società mista.

Il Dipartimento, in buona sostanza, qualificava la società Sicilia e-Servizi in termini di società mista il cui socio privato può definirsi socio industriale ed operativo, figura teorizzata dalla giurisprudenza europea e nazionale e ben inquadrata nel parere del 18 aprile 2007 n. 456 del Consiglio di Stato.

Le suddette deduzioni, tuttavia, non risultavano esaustive per l’Ufficio di controllo, conseguentemente, il Consigliere Delegato proponeva di deferire la questione alla Sezione del Controllo convocata dal Presidente per la pronuncia collegiale sul provvedimento all’esame.

In sede di adunanza pubblica, anche alla luce di un’ulteriore risposta pervenuta dall’amministrazione, veniva ribadita l’insussistenza di elementi oggettivi utili a giustificare il ricorso all’affidamento in house, evidenziando, al riguardo, l’assenza di documenti della società, già richiesti all’amministrazione in sede di prima osservazione. Tale documentazione, infatti, avrebbe dovuto accompagnare il decreto in esame al fine di giustificare, con riscontri oggettivi, una serie di affermazioni contenute nel decreto in ordine alla natura strumentale della società in argomento.

Con riferimento invece alla Società Sicilia e-Servizi, venivano evidenziate perplessità sulla possibilità di qualificare il socio privato come socio operativo, attesa l’assenza di una procedura di evidenza pubblica in linea con gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza in tema di affidamenti diretti a Società miste.

L’amministrazione, nella persona del dirigente generale e della rappresentante del Dipartimento Bilancio e Tesoro, esponeva le modalità del proprio operato rinviando anche alle memorie già depositate.

DIRITTO

L’istituto dell’ “in house providing” si ritrova per la prima volta nel libro bianco del 1998, nel quale la Commissione europea, con riferimento al settore degli appalti pubblici, qualifica gli affidamenti cd. in house come “quelli aggiudicati all’interno della Pubblica amministrazione, ad esempio tra Amministrazione centrale e locale o, ancora, tra una Amministrazione ed una società interamente controllata”.

Si contrappone al modello di outsourcing in cui, invece, l’amministrazione si rivolge al privato esternalizzando l’esercizio dell’attività amministrativa.

Il ricorso all’istituto dell’in house legittima l’affidamento diretto del servizio da parte di un ente pubblico a una persona giuridicamente distinta, senza preventiva gara, qualora l’ente eserciti sul soggetto giuridico distinto un controllo analogo a quello dallo stesso esercitato sui propri servizi; ed il soggetto giuridico realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che la controllano (C. giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal).

L’affidamento diretto è pertanto ammesso, in deroga alla procedura di normale evidenza pubblica, tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio, al di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una società esterna che presenti caratteristiche tali da poterla qualificare come una sua longa manus. Da qui, l’espressione in house con la quale si vuole evidentemente fornire risalto ad una gestione in qualche modo riconducibile allo stesso ente affidante o a sue articolazioni: circostanza questa che induce la dottrina ad affermare la mancanza di un rapporto di terzietà e quindi la natura non contrattuale del rapporto.

La giurisprudenza comunitaria, in particolare, ha utilizzato l’espressione in house providing per identificare il fenomeno di “autoproduzione” di beni, servizi o lavori da parte della pubblica amministrazione.

Si è in presenza di un modello di organizzazione di delegazione interorganica.

Tuttavia, trattandosi di una palese deroga ai principi di concorrenza e trasparenza, che potrebbe determinare delle forme di distorsione del mercato, l’istituto in questione è stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune condizioni, individuate in prima analisi attraverso numerose pronunce della Corte di Giustizia europea, successivamente avallate e interpretate, laddove necessario, dalla Giustizia amministrativa di primo e secondo grado, sia in sede giurisdizionale che in sede consultiva.

Il rischio temuto dalla Corte di Giustizia attiene alla possibilità che l’affidamento diretto del servizio possa sottrarre al libero mercato tutta una serie di imprese private che, in tale contesto di autoproduzione del servizio, verrebbero ad essere escluse da ogni possibile accesso e che, contestualmente, si verrebbe a costituire a favore dell’impresa affidataria una posizione di privilegio connessa alla scontata acquisizione di contratti.

In sostanza, ciò che la Comunità europea vuole scongiurare è che tale fenomeno determini delle posizioni di vantaggio economico per le imprese in house con conseguente alterazione della par condicio.

In tale ottica la giurisprudenza europea ha individuato rigorosi presupposti per rendere legittimo l’affidamento in house:

1) il “controllo analogo a quello svolto sui propri servizi”, necessariamente esercitato dall’ente pubblico nei confronti dell’impresa affidataria;

2) che l’attività prevalente del soggetto privato sia rivolta in favore dell’ente controllante.

Pertanto, qualora sussistenti le condizioni come sopra enucleate (“controllo analogo” e “attività prevalente”), la società in house non può ritenersi terzo rispetto all’amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell’amministrazione stessa e, conseguentemente, non occorre che l’amministrazione ponga in essere procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di appalti.

Le citate condizioni legittimanti l’affidamento in house, così come in origine elaborate nella pronuncia Teckal C-107/98, hanno subito un forte processo evolutivo da parte della giurisprudenza europea e nazionale attraverso un percorso volto a rendere sempre più stringente e rigoroso il contenuto dei presupposti, con particolare attenzione al cd. “controllo analogo”. Per quest’ultimo, difatti, si è partiti da un orientamento giurisprudenziale che riteneva sufficiente qualificare il controllo dell’ente come analogo a quello esercitato verso i propri servizi, in presenza di una partecipazione pubblica del 51% ; fino alla pronuncia del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (719/2007) in cui si argomenta che “è necessario che si realizzi quello che è definito un controllo strutturale, e questo non può limitarsi agli aspetti formali relativi alla nomina degli organi societari ed al possesso della totalità del capitale azionario”.

Infatti, la partecipazione di un’impresa privata al capitale di una società, alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi (C. giust. CE: 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle).

Tuttavia, la partecipazione pubblica totalitaria è necessaria ma non sufficiente se non accompagnata da maggiori strumenti di controllo da parte dell’ente rispetto a quelli previsti dal diritto civile.

A tale riguardo, nell’ambito dei suddetti maggiori strumenti di controllo, occorre ad esempio che lo statuto della società non consenta che una quota del capitale sociale, anche minoritaria, possa essere alienata a soggetti privati (Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2006, n. 5072); che l’ente pubblico controllante eserciti, nei confronti del consiglio di amministrazione della società, poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514); inoltre occorre che le decisioni più importanti siano sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante (Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5).

In sostanza si ritiene che il solo controllo societario totalitario sia un requisito essenziale ma certamente non sufficiente, occorrendo anche un’influenza determinante da parte del socio pubblico, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società (C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04, società Carbotermo e Consorzio Alisei c. Comune di Busto Arsizio).

Allo stesso modo, la già citata pronuncia del giudice amministrativo siciliano (Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 2007, n. 719), partendo sempre dal requisito necessario ma non sufficiente della partecipazione totalitaria, ha ritenuto essenziale che l’ente affidante esercitasse il controllo del bilancio nei confronti del soggetto affidatario, il controllo sulla qualità della amministrazione, che fosse dotato di poteri ispettivi diretti e concreti e, infine, che vi fosse una totale dipendenza dell’affidatario in tema di strategie e politiche aziendali.

Il Collegio, alla luce dei presupposti sopra evidenziati e dell’evoluzione giurisprudenziale che ha interessato gli stessi con una tendenza ad assoggettarli a condizioni sempre più rigorose e stringenti, ritiene che, nel caso della Società Sicilia e-Innovazione e Sicilia e-Ricerca, non vi siano i presupposti per configurare un affidamento diretto mediante l’istituto dell’in house providing.

Premesso, difatti, che l’onere della prova della esistenza delle condizioni legittimanti l'eccezione ricade sull’amministrazione, occorre evidenziare come la stessa non abbia fornito quei riscontri previsti dalla giurisprudenza europea in ordine al controllo ispettivo, a quello strategico, ed alle verifiche sul bilancio.

In sostanza non si evince quel “controllo strutturale” che possa condurre le Società in titolo ad essere equiparate ad una struttura interna dell’amministrazione, tale da escludere una natura contrattuale del rapporto.

L’amministrazione regionale, nella risposta al rilievo, si è limitata ad evidenziare il completo possesso pubblico del pacchetto azionario, enfatizzando il ruolo di stretto controllo esercitato dalla Regione nei confronti della società, senza di contro fornire alcuna prova oggettiva in ordine alla presenza di quelle condizioni in grado di legittimare la procedura di affidamento in house.

Ma la questione risulta ancor più complessa dall’esame dell’altra Società beneficiaria di parte del finanziamento in parola, Sicilia e-Servizi. Per questa, trattandosi di società mista, l’amministrazione ha giustificato l’affidamento diretto qualificando il socio privato della medesima società come socio operativo e industriale.

Tale fattispecie va inquadrata nell’ambito dell’affidamento dei servizi a società a capitale misto pubblico/privato. Si tratta di un fenomeno che rientra nel concetto di partenariato pubblico privato (PPP), la cui codificazione risale al “libro verde” della Commissione CE . In tale documento si afferma che il termine PPP si riferisce in generale a “forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio”.

Si tratta di un istituto che consente di realizzare una serie di servizi pubblici caratterizzati dai noti principi di efficienza, efficacia ed economicità, mediante il ricorso a finanze private e soprattutto a conoscenze tecniche dell’operatore privato che costituiscono un prezioso patrimonio per l’amministrazione.

Si tratta, in buona sostanza, di un processo sinergico tra pubblico e privato che consente di fornire servizi efficienti alla collettività attraverso la potestà della pubblica amministrazione, riconosciuta dalla stessa CE, di gestire liberamente il proprio potere amministrativo, anche attraverso il ricorso a forme organizzative che prevedano la presenza di soggetti privati.

Esistono forme di partenariato tra pubblico e privato di tipo puramente “contrattuale”, basate esclusivamente su contratti tra i vari soggetti, i cui modelli più conosciuti sono l’appalto e la concessione.

Esistono altresì forme di partenariato tra pubblico privato di tipo “istituzionalizzato” che implicano la presenza di un soggetto giuridico distinto, appunto la cd. società mista. Al riguardo, non esistono più dubbi sul fatto che la scelta del socio privato per la costituzione di una società mista debba avvenire mediante procedura concorsuale. Oltre ad una ferma giurisprudenza comunitaria sull’argomento, si è espresso con chiarezza anche il legislatore nazionale “Nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica” (d.lgs. n. 163/2006 all’art. 1, comma 2).

Altra cosa è però decidere se la società mista, così costituita, possa beneficiare di affidamenti diretti di servizi pubblici in deroga alle normali procedure di evidenza pubblica, come si intende operare nella fattispecie in esame relativa alla Società Sicilia e-Servizi.

Al riguardo, in giurisprudenza, non esiste un orientamento univoco bensì tre differenti correnti di pensiero: due orientamenti che possiamo definire estremi, in cui da un lato si prevede un divieto assoluto di affidamento diretto alla società mista, anche laddove il socio privato sia stato individuato con gara; mentre dall’altro si prevede che, fermo restando il presupposto della gara per la scelta del socio privato, la società mista possa essere sempre e comunque affidataria diretta di servizi.

Il Collegio ritiene di poter condividere la corrente intermedia tra le altre sopra esposte, condividendo l’approccio delle ultime pronunce che si stanno formando sull’argomento da parte della giurisprudenza europea e del Consiglio di Stato.

Tale corrente intermedia è stata recentemente espressa dal Consiglio di Stato (parere n. 456/2007) il quale ha affermato come l’affidamento diretto alla società mista possa operare laddove vi sia stata, oltre ad una procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, anche, e al tempo stesso, una procedura che definisca il servizio operativo da affidare direttamente al medesimo socio.

È evidente la ratio di questa corrente di pensiero: se l’amministrazione, in sede di procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, fissa con chiarezza e trasparenza anche l’oggetto del servizio che la società mista dovrà realizzare, appare coerente con i principi di libera concorrenza evitare una successiva ed ulteriore gara per l’affidamento del servizio, nel presupposto che tale valutazione è già stata effettuata in favore del socio privato.

La stessa tesi intermedia prevede una scadenza del periodo di affidamento e che, a tal riguardo, siano chiarite le modalità di uscita dello stesso socio privato dalla società mista, allo scopo di evitare che possa divenire un socio stabile della società.

Tale orientamento pienamente condiviso dal Collegio, basato sulla fungibilità tra contratto di appalto e contratto sociale, rappresenta un ottimo compromesso tra le esigenze di partenariato pubblico e privato, proprie della potestà organizzativa dell’amministrazione pubblica, rispetto alle esigenze della comunità europea di tutela dei principi di libera concorrenza volti a prevenire eventuali distorsioni del mercato.

Pertanto, alla luce delle suddette considerazioni, il Collegio ritiene che anche per la società mista Sicilia e-Servizi non si possa procedere ad un affidamento diretto in quanto risultano mancanti quei presupposti che consentano di derogare alle normali regole di evidenza pubblica.

Nella memoria depositata l’amministrazione regionale, nell’ottica di giustificare l’affidamento diretto in favore di Sicilia e-Servizi, rinvia ad “…una articolata procedura selettiva per l’individuazione di un socio privato per la costituzione di una società per azioni… ed alla quale affidare altresì la realizzazione e la gestione della Piattaforma Telematica Integrata della Regione siciliana, oltre alla realizzazione di alcune componenti autonome già predefinite”.

Dall’esame della documentazione depositata in data odierna, tuttavia, non è stato possibile riscontrare quella cd. fungibilità tra contratto di appalto e contratto sociale che dovrebbe essere alla base di un affidamento diretto.

Si rinvia piuttosto ad un capitolato molto ampio nel suo oggetto e nel suo ammontare, volto alla individuazione di un socio privato.

In sintesi il Collegio non ha riscontrato dalla documentazione in suo possesso quegli elementi in grado di definire il servizio operativo da affidare direttamente al socio privato. In mancanza di tali elementi, l’amministrazione, dopo aver scelto il socio privato per la costituzione della società mista, avrebbe dovuto attivarsi mediante una normale procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente cui affidare il servizio operativo.

Per quanto sopra esposto il Collegio ritiene che non vi siano i presupposti per l’affidamento diretto alla Società Sicilia e-Innovazione e Sicilia e-Ricerca in quanto non sono configurabili quali società in house, né sussistono i presupposti per l’affidamento diretto in favore della Società Sicilia e-Servizi in quanto non esistono elementi utili per qualificare la medesima società come socio operativo ed industriale.

Alla luce delle considerazioni che precedono, il provvedimento all’esame si palesa illegittimo.

P.Q.M.

la Sezione ricusa il visto, e la conseguente registrazione, del D.D.G. 1189 del 19 dicembre 2007.

Il Presidente

(Maurizio Meloni)

Il Relatore

(Stefano Castiglione)

Depositata in segreteria il 2 aprile 2008

Il Direttore della segreteria

(dott. Laura Suriano)

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