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TAR Veneto, Sez. I, 31/3/2008 n. 788
Sull’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, c.d. decreto Bersani e sull'inapplicabilità del divieto per i servizi pubblici locali.

L'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito in l. 4 agosto 2006 n. 248 (c.d. decreto Bersani), prevede che le società a capitale interamente pubblico o misto costituite o partecipate da enti locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara. Sulla suddetta norma la giurisprudenza ha chiarito che possono definirsi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, tutti quei beni e servizi erogati da società a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l'ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali. Le società strumentali sono, quindi, strutture costituite per svolgere attività rivolte essenzialmente alla pubblica amministrazione e non al pubblico, come invece quelle costituite per la gestione dei servizi pubblici locali (per le quali il decreto fa esplicita eccezione) che mirano a soddisfare direttamente ed in via immediata esigenze generali della collettività.

Nel caso di una gara di appalto per l’affidamento del servizio pluriennale di raccolta e trasporto di rifiuti urbani indetta da una società a capitale interamente pubblico concessionaria del servizio integrato dei rifiuti, vanno escluse dalla gara le società a prevalente capitale pubblico, costituite per lo svolgimento del servizio nel territorio dei comuni soci, tra i quali non rientra il comune concedente, in violazione dell'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006. Invero in tale caso non si tratta di un affidamento di un servizio pubblico locale, ma di un appalto di servizi. Rileva, in proposito, il fatto che la società concessionaria abbia bandito una gara per l’effettuazione di una parte dell’attività oggetto della concessione di cui essa è titolare. In tal modo, gli obblighi scaturenti dal contratto che verrà stipulato con l’impresa aggiudicataria, varranno nei confronti di essa stazione appaltante: se, invero, il rapporto contrattuale riguarda tali due soggetti, specialmente per quanto concerne gli effetti patrimoniali, rispetto allo stesso sono estranei i cittadini-utenti, i quali potranno pretendere la prestazione del servizio dal soggetto concessionario del servizio, e non dalla ditta che opera per conto di detto concessionario (in forza del contratto di appalto).

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione,

con l’intervento dei magistrati:

Bruno Amoroso - Presidente

Elvio Antonelli - Consigliere

Italo Franco - Consigliere relatore

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1550/2007, proposto da Trasporti Ecologici s.r.l. in persona del rappresentante legale Stefano Querci, rappresentata e difesa dall’avv. Donatella Cerqueni, con domicilio eletto presso la segreteria del Tribunale amministrativo, come da procura a.l. a margine del ricorso,

contro

- ETRA S.p.A.– Energia territorio risorse ambientali, in persona del suo rappresentante legale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Lucia de Salvia e Anna Maria Tassetto, con domicilio eletto presso la seconda in Venezia- Mestre, via Cavallotti, n. 22, come da procura a.l. a margine del controricorso,

- il Comune di Selvazzano Dentro e il responsabile del settore del Comune di Legnago, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituitosi in giudizio,

e nei confronti

- di SESA – società estense servizi ambientali S.p.A. in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Raffaella Giacomin con domicilio eletto presso l’avv. Elena Radich in Venezia, S. Polo, n. 2543/B472, come da procura a.l. a margine della memoria di costituzione,

- di SIT- Società igiene territorio S.p.A., in persona del rappresentante legale in carica, non costituitasi in giudizio,

per l’annullamento

a) dei verbali delle due sedute della commissione di gara del 5 e 6 luglio 2007, con la conseguente aggiudicazione provvisoria dell’appalto a favore di SESA S.p.A.;

b) della determinazione dell’amministratore delegato n. 71 del 18.07.2007 recante approvazione dei verbali e aggiudicazione definitiva a SESA S.p.A.;

c) di ogni altro atto antecedente, connesso o conseguente;

d) (in via subordinata) del bando e del disciplinare di gara del 14.05.2007,

e) nonché, per quanto occorrer possa: della determinazione di ETRA S.p.A. dell’11.05.2007, di approvazione degli elaborati predisposti per l’affidamento dell’appalto; della nota prot. n. 31717 del 20.07.2007, di comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione; della nota prot. 26324 del 20.07.2007, di richiesta dell’elenco degli operatori ecologici in attività nel Comune,

sui motivi aggiunti proposti dalla ricorrente avverso i medesimi atti e provvedimenti,

e sul ricorso incidentale proposto da SESA S.p.A. avverso i medesimi verbali di gara e la determinazione di aggiudicazione definitiva.

Visto il ricorso, notificato l’8 agosto 2007, e depositato presso la segreteria l’8 agosto 2007, con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di ETRA S.p.A. e della controinteressata SESA S.p.A., ritualmente depositati;

visti i motivi aggiunti della ricorrente, e il ricorso incidentale (incluso nella memoria difensiva di costituzione) di SESA S.p.A.;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

uditi, alla pubblica udienza del 13 marzo 2008, relatore il Consigliere Italo Franco, gli avv.: Cerqueni per la per la parte ricorrente, Cester, in sostituzione di De Salvia, per la società resistente e Giacomin per la controinteressata.

Ritenuto in fatto e considerato e in diritto quanto segue:

FATTO

Con bando del 14 maggio 2007, pubblicato sulla G.U. del 18.05.2007 e sulla GUCE del 16.05.2007, ETRA S.p.A. (d’ora in avanti: ETRA), società a capitale interamente pubblico partecipata da vari Comuni tra i quali anche Selvazzano Dentro e concessionaria di questo Comune per il servizio integrato dei rifiuti, indiceva una gara a procedura aperta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’appalto del servizio pluriennale di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e assimilati in detto comune ed eventualmente in altri comuni serviti da ETRA, ponendo a base di gara l’importo di € 755.000,00 annui (valore convenzionale globale: € 6.000.000,00).

Presentavano offerta quattro ditte. Svolte le operazioni di gara, come si evince dal verbale del 6 luglio 2007, prima classificata, con punti 98, risultava SESA S.p.A. (d’ora in avanti: SESA), seconda SIT S.p.A. (d’ora in avanti: SIT) con punti, 92,432, terza Trasporti ecologici s.r.l. (d’ora in avanti: TE), con punti 91,63, quarta ASA s.r.l., con punti 73,053. Nel medesimo verbale si designava aggiudicataria provvisoria l’impresa risultata prima in graduatoria. Seguiva la determinazione dell’ammini-stratore delegato di ETRA n. 71 del 18.07.2007, recante approvazione dei verbali e aggiudicazione definitiva a SESA (con l’ulteriore determinazione di procedere in via d’urgenza alla consegna del servizio, pur in pendenza della verifica dei requisiti e della stipulazione del contratto), del che la stazione appaltante dava comunicazione a TE s.r.l. con fax del 20.07.2007, contestualmente richiedendo l’elenco del personale in forza. La determinazione 71 veniva trasmessa con nota del 20.07.2007

Sul presupposto che le prime due classificate andavano escluse dalla gara per il fatto di essere entrambe società a prevalente capitale pubblico, partecipate, rispettivamente, dai Comuni di Este e di Vicenza, ma non da Selvazzano Dentro, TE (3^ classificata e attuale gestore del servizio) insorge contro tali determinazioni con il ricorso in epigrafe, deducendo con il primo motivo violazione dell’art. 13 del D.L. n. 223/2006, convertito in legge 4 agosto 2006 n. 248, sostenendo che la partecipazione alla gara delle prime due classificate (SESA e SIT) è avvenuta in violazione della norma invocata, per la quale le società di tal genere debbono operare con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti e non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti, pubblici o privati, né in affidamento diretto, né mediante gara. Dunque, nel caso di specie potevano essere ammesse soltanto imprese che annoverassero tra i propri soci il Comune di Selvazzano. Nella fattispecie si tratta, invero, di una gara non per l’affidamento dell’appalto di un servizio pubblico locale, ma di un servizio, secondo la disciplina generale. La gara, infatti, è stata bandita ai sensi del D.Lgs. n. 163/2006 e non, invece, dell’art. 202 del D.Lgs. 152 del 2006 o dell’art. 113 del TUEL (entrambe discipline assai diverse). L’applicabilità del menzionato divieto si deduce anche dal fatto che il corrispettivo del servizio messo a gara grava non sugli utenti, in base a tariffa, ma sulla stazione appaltante ETRA. In tal senso si esprimeva anche la comunicazione interpretativa della Commissione UE del 12.04.2000, sulle concessioni nel diritto comunitario e specialmente CG 18.07.2007 in C-382/05, secondo l’indirizzo recepito ormai anche dal D.Lgs. n. 163/2006 (art. 30: definizione della concessione di servizi). Né rileva la circostanza che l’appalto viene bandito dalla società concessionaria invece che dal comune, poiché ciò che rileva è il soggetto a favore del quale si svolgerà il servizio, né si tratta di servizio pubblico locale. Infine, chiara è la ratio dell’esclusione ex lege dei servizi pubblici locali dal divieto in questione

SESA e SIT, insomma, dovevano essere escluse dalla gara, con la conseguenza che l’aggiudicazione andava disposta a favore della ricorrente.

Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme in materia di attività extraterritoriale delle società miste a partecipazione maggioritaria degli enti locali; eccesso di potere per grave difetto di istruttoria e di motivazione; violazione dell’art. 97 Cost. Si sostiene che dette società sono funzionalmente preordinate ad operare a favore degli enti locali soci e delle relative collettività, e che solo eccezionalmente, allorquando ciò contribuisca al miglior perseguimento dell’interesse della collettività locale, previo rigoroso accertamento dei presupposti da parte della commissione di gara (che non ha svolto nessuna verifica al riguardo), le stesse possono operare per altri enti. Tanto ha chiarito la giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 30.05.2005 n. 2756, Sez. 6^, 7.09.2004 n. 5845, CGA 21.03.2007 n. 197, TAR LE, Sez. 1^, 23.06.2006 n. 3533). L’attività che dette società andrebbero a svolgere nel Comune di Selvazzano si configurerebbe, dunque, come attività extraterritoriale.

In via subordinata, contro il bando e il disciplinare di gara, nonché i verbali in ordine alla verifica dell’anomalia dell’offerta, con il quarto ed il quinto motivo si deduce, rispettivamente: violazione del principi del diritto comunitario in ordine alla distinzione tra requisiti di idoneità degli offerenti e criteri di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dell’art. 44 della direttiva 2004/18/CE, dell’art. 42 del D. Lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per violazione della circolare della PCM- Dipartimento delle politiche europee (in G.U. n. 111 del 15 maggio 2007) “Principi da applicare da parte delle stazioni appaltanti nella scelta dei criteri di selezione e di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi”;

violazione di legge per violazione degli art. 86, 87 e 88 del D. Lgs. n. 163/2006 e per omessa motivazione; eccesso di potere per insufficienza della motivazione relativa al giudizio di non anomalia dell’offerta di SESA.

Conclude parte ricorrente con la domanda di annullamento degli atti impugnati, con riserva di chiedere il risarcimento dei danni.

Si è costituita la stazione appaltante, instando per il rigetto del gravame ed eccependo che essa svolge il servizio del ciclo integrale dei rifiuti, rispetto al quale quello messo in gara è solo un frammento, trattandosi, perciò di appalto di un servizio pubblico locale reso nei confronti degli utenti, non rilevando il sistema di affidamento.

Resiste anche SESA, eccependo irricevibilità quanto all’impugnazione del bando e difetto di legittimazione passiva del Comune, soggiungendo di non essere ente strumentale del Comune di Este, ma gestore di un servizio pubblico locale (dal che inapplicabilità del divieto in questione).

Con la stessa memoria SESA ha anche proposto ricorso incidentale (chiedendo l’annullamento dei verbali di gara e della determinazione n. 71 del 18.07.2007), sul presupposto che la ricorrente non sia in possesso dei requisiti per essere ammessa a partecipare alla gara.

In particolare, con il primo motivo essa deduce nullità assoluta del contratto di affidamento del servizio di nettezza urbana stipulato dalla ricorrente principale con il Comune di Selvazzano il 22.09.2003 in violazione dell’art. 113 del TUEL, mancando i presupposti per l’affidamento diretto, essendo essa un società a capitale privato maggioritario.

Con il secondo mezzo si deduce violazione dell’art. 13 della legge n. 248/2006, sul rilievo (sembra di capire) che, non essendo la gara de qua limitata al Comune di Selvazzano D., TE –che non annovera tra i propri soci ETRA, gestore del servizio per detto comune-, doveva essere esclusa dalla gara per difetto dei requisiti e in applicazione del divieto di extraterritorialità.

Successivamente, con atto di motivi aggiunti, la ricorrente principale, per l’ipotesi che il Collegio ritenga che si controverta su un servizio pubblico locale, censura i medesimi atti integrando l’impugnativa principale con un ulteriore motivo: violazione dell’art. 113, commi 6 e 15, del D. Lgs. n. 267/2000, in forza dei quali non vanno ammessi a partecipare alle gare per l’affidamento di servizi pubblici locali le società che già gestiscono, in Italia o all’estero, servizi siffatti in virtù di affidamento diretto (o mediante gara non a evidenza pubblica, ecc.), divieto che si estende anche alle società controllate, circostanza che si verifica in capo tanto a SESA che a SIT, che gestiscono servizi in forza di affidamenti diretti.

Con il secondo mezzo si formulano censure inerenti all’assegnazione del punteggio relativo alla distanza chilometrica della sede operativa (10 KM. ET; 28 Km. SESA).

Con il terzo motivo si deduce eccesso di potere per irragionevolezza e per contraddittorietà interna tra il bando e il capitolato speciale, dato il peso eccessivo attribuito al contributo CONAI, che si dice irragionevole e sproporzionato. La ricorrente, nelle conclusioni, formula ancora riserva di chiedere il risarcimento del danno.

Replica ai motivi aggiunti la controinteressata, eccependo preliminarmente inammissibilità tanto di questi quanto del ricorso principale per inesistenza della procura alle liti, figurando su entrambi gli atti una ”delega”, che è atto diverso, che non comporta conferimento di poteri di rappresentanza e assistenza in giudizio, per il resto riprendendo, nel merito, le eccezioni già svolte.

Resiste ai motivi aggiunti anche ETRA, eccependo che non si tratta di affidamento di servizi ai sensi dell’art. 113 TUEL poiché si tratta non di gara per l’affidamento dell’intero servizio, ma solo di una parte limitata del servizio integrato dei rifiuti, ecc.

Con memoria conclusiva parte ricorrente replica a dette eccezioni, quanto al primo motivo richiamando anche TAR MI 19.10.2007 n. 6137.

All’udienza i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive conclusioni, dopo di che la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1.1- In via preliminare occorre esaminare l’eccezione sollevata dalla controinteressata per inesistenza della procura alle liti, tanto nel ricorso introduttivo quanto nei motivi aggiunti, per avere il difensore, nella formulazione dell’incarico ricevuto, adoperato l’espressione “delega”, che fa rinvio ad istituto giuridico affatto diverso dalla procura (atto di conferimento di poteri) e che non può comportare attribuzione ad altro soggetto (il difensore prescelto) di poteri che il delegante stesso non possiede, non essendo abilitato per legge a difendersi in giudizio.

L’eccezione, svolta con dovizia di argomenti ineccepibili quanto alla esatta definizione delle figure giuridiche in questione e ai profili dogmatici del diritto (e che, dunque, è nella sostanza corretta), ad avviso del Collegio non può, tuttavia, essere accolta, per un duplice ordine di ragioni. Ed invero, in primo luogo si osserva che la stessa si scontra con una prassi ormai invalsa e largamente praticata, molti essendo i professionisti incaricati della rappresentanza e difesa in giudizio non con una ortodossa procura alle liti o con un mandato, bensì sulla base dell’espressione “delega” (che sarebbe, poi, come giustamente osservato, istituto appartenente piuttosto al diritto amministrativo che a quello civile).

Sotto un secondo –e più decisivo- profilo, si osserva, poi, che la formulazione e il contenuto della “delega” figurante a margine del ricorso principale come del ricorso per motivi aggiunti nel caso di specie (come in molti altri) sono tali da manifestare chiaramente l’intenzione del soggetto delegante, che risulta appunto quella di conferire il potere di rappresentanza e difesa in giudizio al legale prescelto, con riguardo a una determinata controversia, davanti a un organo giurisdizionale univocamente individuato. Dando, dunque, prevalenza alla manifestazione di volontà desumibile dalla formulazione usata, si può ritenere che, in realtà, l’interessato abbia inteso conferire al legale una procura alla rappresentanza e difesa dei suoi interessi in giudizio (cosa che non può fare personalmente), davanti a questo giudice.

1.2- Quanto alle ulteriori eccezioni sollevate dalla stessa controinteressata in rito, osserva il Collegio che la prima, concernente l’asserita irricevibilità del gravame, riguarda le censure rivolte al bando e al disciplinare di gara –peraltro sollevate in via subordinata-, che non incidono sulle altre censure, che saranno di seguito esaminate.

L’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Comune, poi, quand’anche si manifestasse fondata, non rileverebbe ai fini della posizione sostanziale e processuale di essa controinteressata, riguardando un soggetto diverso, che nemmeno si è costituito in giudizio. Dette eccezioni si manifestano, pertanto, infondate.

2.1- Venendo all’analisi del ricorso nel merito, questa non può che partire, con riguardo al primo mezzo di impugnazione del ricorso principale, dal testo dell’art. 13, comma 1 del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006 n. 248, che si riporta di seguito:

“1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti.

Sulla norma riportata la giurisprudenza ha già avuto modo di pronunciarsi in più occasioni, chiarendone il significato, la portata e la ratio. Così, si è chiarito come debba intendersi la strumentalità delle società a capitale interamente pubblico o misto rispetto agli enti pubblici che l’hanno costituita o che ne sono soci, detenendone quote più o meno consistenti di capitale, chiarendo che sussiste tale carattere allorquando l’attività che esse società sono chiamate a svolgere sia rivolta agli stessi enti promotori o comunque azionisti della società, per corroborare le funzioni di competenza di tali amministrazioni pubbliche (nella specie, enti locali territoriali) secondo l’ordinamento amministrativo, ad es. riorganizzando un servizio dell’ente pubblico (per tutte, cfr. TAR Lazio, Sez. 2^, 5 giugno 2007 n. 5192). Allo stesso modo, la società potrebbe essere incaricata dello svolgimento esternalizzato di attività di precipua competenza dell’ente locale, che indirettamente svolgerebbe compiti propri dell’ente.

Tali criteri –qui richiamati informa sintetica- valgono a offrire un criterio certo e affidabile di distinzione rispetto alle fattispecie in cui dette società a capitale pubblico o misto sono chiamate a svolgere un servizio pubblico locale rivolto direttamente non agli enti pubblici azionisti, bensì ai cittadini-utenti che fruiscono del servizio pubblico (come avviene, ordinariamente, per un concessionario di pubblici servizi, preposto proprio a rendere il servizio agli utenti in luogo della P.A. cui tale compito spetterebbe), nel qual caso la società non incorrerebbe nel divieto di operare al di fuori dell’ambito territoriale cui è astretta dal vincolo funzionale con gli enti pubblici che ne posseggono il capitale (come si evince chiaramente dalla norma). La giurisprudenza si è anche soffermata sulla ratio di detta esclusione dal campo di applicazione del divieto (che non appare esplicitato nella norma); ma la cosa assume un rilievo, in fondo, marginale, poiché indubbiamente l’esclusione è sancita normativamente, cosicché (a meno che non si dubiti della sua costituzionalità) si tratta di individuare con adeguata precisione cosa debba intendersi per servizio pubblico locale, onde stabilire nel caso concreto se una determinata società pubblica o mista sia ammessa a partecipare, o meno, a una determinata gara di appalto di un servizio indetta per lo svolgimento del servizio in altro comune

2.2- Tanto premesso, occorre tuttavia precisare che, nel caso di specie, la questione si presenta con tratti peculiari, che non consentono di utilizzare, sic et simpliciter, i principi o criteri elaborati in dette sentenze, il che comporta che il giudice qui adito, richiamando fin dove possibile detta giurisprudenza, rintracci in concreto la specifica regola iuris atta a risolvere la controversia che ne occupa.

La peculiarità cui si accennava è costituita dal fatto che stazione appaltante non è un Comune, bensì il soggetto concessionario dello stesso per lo svolgimento del ciclo integrato dei rifiuti in quel comune (la società a capitale pubblico qui resistente) che ha indetto la gara per l’appalto di un frammento di detto servizio, vale a dire la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani e assimilati, sulla base di un corrispettivo posto a base di gara, che grava su essa stazione appaltante, contro la quale è rivolto il ricorso in epigrafe), e nell’ulteriore circostanza che il servizio oggetto dell’appalto ha quanto meno l’apparenza di un servizio pubblico locale reso alla collettività di quel Comune.

Orbene, la quaestio iuris attorno alla quale ruota la censura (in sé affatto centrale ai fini del decidere), riguarda, appunto, l’interrogativo se l’attività oggetto della gara di cui è causa sia da ritenersi un ordinario servizio reso o rivolto alla stazione appaltante, come tale rientrante appieno nel chiaro divieto sancito dalla norma (come sostiene la ricorrente), oppure debba considerarsi servizio pubblico locale, come tale escluso da tale divieto (come sostengono le parti avversarie).

Per dimostrare il suo assunto, parte ricorrente innanzi tutto sottolinea che la gara di appalto è stata indetta ai sensi del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006) e non, invece, ai sensi dell’art. 202 del D.Lgs. 152 del 2006 (recante norme in materia ambientale), né ai sensi dell’art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (TUEL), sostenendo, così, che si tratta di un appalto di servizi retto dalla disciplina di cui al menzionato decreto 163/2006.

Posta tale premessa, l’iter argomentativo prosegue facendo leva sul sistema di remunerazione del servizio messo a gara, fissato nel bando, dove si prevede che il corrispettivo del servizio (fissato in un importo a base d’asta annuale, e nel valore globale, trattandosi di servizio pluriennale) gravi sulla stazione appaltante, e non, invece, sugli utenti del servizio, in base a una tariffa predeterminata. Per questa via la ricorrente mira a dimostrare che non si tratta di una concessione di servizi alla stregua della normativa comunitaria, recepita nella normativa nazionale e specialmente nel D.Lgs. n. 163 del 2006, che all’art. 30 definisce, appunto, tale figura, e donde si ricava che il rischio economico grava sulla concessionaria che trae dalla gestione del servizio le sue entrate (tranne, in parte, nell’ipotesi che vengano imposti prezzi o tariffe inferiori al costo più l’ordinario utile di impresa, nel qual caso nel bando si può prevedere anche un prezzo a carico dell’ente concedente, al fine di garantire l’equilibrio economico).

Non trattandosi perciò di una concessione di servizi pubblici (cui non si applicano le regole del “codice dei contratti pubblici”, tranne che le disposizioni del medesimo art. 30), secondo la tesi della ricorrente, la conclusione è che si versa in ipotesi di appalto di servizi disciplinato da detto codice.

2.3- Fermo restando che può condividesi quest’ultima conclusione, corroborata dal contenuto della lex specialis, per via della rilevata fissazione nel bando del corrispettivo, e del fatto che questo grava sulla stazione appaltante, meno agevole parrebbe la soluzione dell’altro corno del ragionamento, mirante a dimostrare che non si tratta di (appalto di) servizio pubblico locale. A tale riguardo è stato, infatti, eccepito ex adverso che l’attività messa a gara (raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani e assimilati) è un frammento del ciclo integrato dei rifiuti, servizio pubblico locale che costituisce oggetto della concessione del Comune in capo alla stazione appaltante, come tale reso agli utenti. Del pari, è stato eccepito che non rileverebbe, a tal fine, il criterio di determinazione del corrispettivo del servizio, ma l’individuazione dei soggetti a favore dei quali esso è reso.

Dette eccezioni non possono, peraltro, accogliersi. Ed invero, deve ritenersi determinante –anche alla stregua delle conclusioni poco addietro raggiunte- l’individuazione del soggetto nei cui confronti va reso il servizio messo a gara e che costituirà oggetto di apposito contratto. Fermo restando che la stazione appaltante svolge il servizio del ciclo integrale dei rifiuti, rileva il fatto che detto soggetto abbia bandito una gara per l’effettuazione di una parte dell’attività oggetto della concessione di cui essa è titolare. In tal modo, gli obblighi scaturenti dal contratto che verrà stipulato con l’impresa aggiudicataria, varranno nei confronti di essa stazione appaltante: se, invero, il rapporto contrattuale riguarda tali due soggetti, specialmente per quanto concerne gli effetti patrimoniali, rispetto allo stesso sono estranei i cittadini-utenti, i quali potranno pretendere la prestazione del servizio dal soggetto concessionario del servizio, e non dalla ditta che opera per conto di detto concessionario (in forza del contratto di appalto).

In definitiva, le due imprese evocate in giudizio, siccome società a capitale pubblico o misto costituite per lo svolgimento del servizio nel territorio dei Comuni soci, tra i quali non rientra il Comune qui parte in causa, incorrerebbero nel divieto sancito dal “decreto Bersani”, ove risultassero, come è effettivamente risultato, società a capitale pubblico strumentali rispetto alle attività che per attribuzione dell’ordinamento amministrativo, competerebbe agli enti locali soci effettuare, siccome legate da vincolo funzionale con i Comuni soci. Ricorrendo simile evenienza, esse andavano escluse dalla gara di cui si controverte.

3.1- Le argomentazioni finora svolte valgono anche con riguardo al secondo mezzo di impugnazione, che costituisce un altro versante di una sola questione. Essendo, infatti, le imprese menzionate società a prevalente capitale pubblico posseduto dai comuni che ne sono soci, esse sarebbero astrette al vincolo funzionale che le lega a detti Comuni e per consequentiam, al divieto di attività extraterritoriale, ove risultasse, come già detto, che esse sono società strumentali degli enti pubblici soci, preposte all’esercizio di attività di competenza istituzionale del ente pubblico. Detto divieto emerge a chiare lettere, invero, dalla formulazione testuale dell’art. 13 del D.L. n. 228 del 2006.

Ma dal divieto in discorso, come già rilevato, sono escluse le società a capitale pubblico preposte all’esercizio di servizi pubblici locali.

3.2- La controinteressata risultata aggiudicataria dell’appalto ha, tuttavia, eccepito che essa svolge, a favore del Comune di Este, unico altro socio della società stessa, il servizio pubblico locale concernente il ciclo dei rifiuti e che, come tale, non incorre nel divieto di cui al “decreto Bersani”, di cui si è finora discusso.

A sostegno dell’eccezione, essa ha depositato l’atto costitutivo di essa società a capitale misto pubblico- privato e lo statuto della medesima da cui si evince chiaramente che essa svolge (anzi, ha per oggetto) l’attività concernente il ciclo dei rifiuti, in particolare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il trattamento e il riciclo, ecc., dei medesimi rifiuti. Indubbiamente si tratta, dunque, di svolgimento del servizio pubblico locale inerente alla raccolta e al trattamento dei rifiuti, reso evidentemente a favore dei cittadini-utenti, per lo svolgimento del quale servizio in quel Comune quest’ultimo ha scelto la strada di creare apposita società mista, individuando il socio privato che fosse in grado di svolgere detto servizio.

Trattandosi, dunque, di società a capitale pubblico costituita al precipuo scopo di rendere un servizio pubblico locale, la stessa –in base alla previsione testuale del più volte menzionato art. 13- sarebbe esclusa dal divieto di operare a favore di altri Comuni, con la conseguenza che poteva partecipare alla gara di cui è causa. In tale prospettazione, il ricorso principale andrebbe respinto.

Senonché, la medesima controinteressata non ha fornito elementi adeguati atti a sorreggere l’eccezione quanto all’attualità dei contratti in essere, dal momento che sia l’atto costitutivo che lo statuto, risalenti al 1995, prevedono per la durata della società la data del 31 dicembre 2005. Né sono stati prodotti elementi dimostrativi di rinnovi o proroghe dei contratti di servizio (se esistenti) scaduti. L’eccezione, pertanto, deve essere rigettata. Inoltre, dagli stessi documenti prodotti si evince che essa svolge il servizio a seguito di affidamento diretto, come l’altra controinteressata, incorrendo entrambe, così, nell’altra circostanza impeditiva per essere ammesse alla gara di cui è causa.

Conclusivamente, per le considerazioni su esposte, il ricorso si manifesta fondato e va, pertanto, accolto, mentre è superato e assorbito l’atto di motivi aggiunti (rectius: ulteriori). Per l’effetto, sono annullati gli atti impugnati nella parte in cui non dispongono l’esclusione dalla gara delle due imprese odierne controinteressate.

4- In conseguenza dell’accoglimento del ricorso principale, va esaminato il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata SESA.

Con il primo motivo essa deduce nullità del contratto stipulato dall’odierna ricorrente principale con il Comune di Selvazzano il 22.09.2003, concretizzante un’ipotesi di affidamento diretto del servizio, in mancanza dei presupposti ex art. 113 TUEL. Ma, così fissato il petitum, non si vede in cosa possa giovare alla ricorrente incidentale la declaratoria di nullità di detto contratto (che peraltro ha prodotto ampiamente i suoi effetti, dato il tempo trascorso), il che non potrebbe in alcun modo giovarle. Di conseguenza, la censura deve dichiararsi inammissibile.

La stessa sorte segue anche il secondo mezzo di impugnazione, in considerazione della scarsa comprensibilità del medesimo, che mira a dimostrare che anche la ricorrente principale andava esclusa dalla gara per mancanza dei requisiti prescritti, senza, però, indicare chiare e specifiche censure a sostegno di tale assunto. Il ricorso incidentale va, pertanto, respinto.

Non vi è luogo a pronuncia sulla domanda di risarcimento, che la ricorrente principale si è soltanto riservata di proporre (nelle conclusioni tanto del ricorso principale quanto dei motivi aggiunti), ma che non ha mai successivamente proposto.

Le spese e onorari di giudizio possono integralmente compensarsi tra le parti, in considerazione della complessità delle questioni affrontate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione prima, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni contraria domanda ed eccezione, lo accoglie. Per l’effetto, annulla gli atti impugnati nella parte in cui non dispongono l’esclusione dalla gara delle due società controinteressate. Rigetta il ricorso incidentale.

Compensa integralmente tra le parti le spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, addì 13 marzo 2008.

Il Presidente l'Estensore

il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31 marzo 2008

 

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