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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi riuniti in appello n. 10184 e 10185 del 2005, proposti da AZIENDA ENERGIA E SERVIZI TORINO – AES TORINO s.p.a., con sede in Torino, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Riccardo Montanaro e Paolo Vaiano ed elettivamente domiciliata, presso il secondo in Roma, lungotevere Marzio n. 3;
CONTRO
il Comune di San Mauro Torinese, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Zoppolato, domiciliato in Roma, via del Mascherino n. 72;
e nei confronti di
ARCALGAS Progetti s.p.a., in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Cesare Trebeschi e Ilaria Romagnoli, domiciliato presso il secondo in Roma, via Livio Andronico n. 24;
- Delegas s.r.l., con sede in San Donato Milanese (MI), in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio
- Società Italiana per il Gas – Italgas s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
delle sentenze del TAR del Piemonte, sezione seconda, n. 889 e n. 896 del 13 febbraio 2006;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 8 gennaio 2008 il Consigliere Aldo Fera;
Uditi per le parti l’avv. Resta per delega dell’ avv. Vaiano, l’avv. Zoppolato e l’avv. Romagnoli come indicato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Oggetto dell’appello sono le sentenze specificate in rubrica, con le quali il TAR del Piemonte ha, in parte, rigettato e, per il resto, dichiarato inammissibili due ricorsi proposti dall’AES Torino s.p.a., per l'annullamento rispettivamente degli atti del procedimento e del provvedimento conclusivo relativi alla gara per l’affidamento della gestione del servizio di distribuzione del gas naturale, nonché della conduzione, manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e degli impianti, indetta dal Comune di San Mauro Torinese. In particolare vengono impugnati, con il primo ricorso, il bando di gara e gli altri atti che hanno disciplinato la procedura e lo schema del contratto di servizio; con il secondo ricorso, gli atti relativi allo svolgimento della gara ed il provvedimento di aggiudicazione definitiva alla Arcalgas. Con il secondo ricorso, inoltre, viene chiesta la dichiarazione di nullità del contratto eventualmente concluso nonché, in via subordinata, il risarcimento del danno, da quantificarsi quanto meno nella misura del mancato utile pari al 10% del valore della concessione per l’intera durata del rapporto.
I motivi di appello, prima genericamente indicati in quanto gli atti introduttivi del giudizio di appello erano rivolti contro i dispositivi delle decisioni adottate dal giudice di primo grado, sono stati poi precisati con atti notificati a seguito della pubblicazione delle sentenze.
L'appellante, oltre a contestare le motivazioni contenute nelle sentenze, sostiene che le stesse sarebbero viziate da:
- con riferimento alla sentenza 889
1. Errore e difetto di motivazione circa l’inammissibilità dei motivi di ricorso riguardanti le clausole del bando non immediatamente lesive. Il primo giudice, dopo aver affermato la legittimazione ad impugnare autonomamente gli atti di disciplina della gara, si è limitato a prendere in esame solo la censura diretta contro la clausola del bando che imponeva un canone minimo dovuto dagli aspiranti "espresso in quota % sul vigente VRD - base d'asta 25%"; clausola che, ad avviso della ricorrente, avrebbe determinato uno squilibrio economico della concessione, tale da impedire la formulazione di un'offerta credibile. Stabilito l'interesse all'impugnazione, però, il primo giudice avrebbe dovuto esaminare tutti i motivi di ricorso. Motivi che vengono qui di seguito riproposti.
2. Violazione degli articoli 42 e 48 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267. Incompetenza degli organi comunali procedenti. In quanto la decisione di indire la gara avrebbe dovuto essere assunta dal consiglio comunale.
3. Violazione, sotto altro profilo, degli articoli 42 e 48 del decreto legislativo 267 del 2000. Incompetenza degli organi comunali procedenti. In quanto i criteri di base della gara sono stati adottati dalla giunta e non dal consiglio comunale.
4. Violazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164; articolo 22 del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158, che richiama gli articoli da 12 a 16 del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 157. In quanto il bando non conteneva alcun requisito minimo di accesso per i concorrenti, per cui non venivano accertati né la capacità economica e finanziaria né la capacità tecnica né l'esperienza acquisita.
5. Violazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164; decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158. In quanto l'illogicità della canone determinato in una misura minima così elevata non è giustificata dalla proprietà comunale della rete di distribuzione, posto che, comunque, l'aggiudicatario avrebbe dovuto assumere l'impegno di corrispondere al gestore uscente il valore residuo degli ammortamenti degli investimenti effettuati.
6. Violazione, sotto altro profilo, dell'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164; decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158. In quanto una quota così elevata del canone concessorio era tale da erodere il margine di utile aziendale. Inoltre, alla richiesta di chiarimenti formulata dalla ricorrente ha risposto non il comune ma un'azienda di consulenza, cioè un soggetto esterno all'amministrazione.
7. Violazione di legge e norme regolamentari: decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164 e delibera dell'autorità per l'energia elettrica dei gas 138 del 2004. In quanto gli atti di disciplina della gara non contengono alcuna precisazione in merito ai rapporti con il sistema di distribuzione in cui è inserito l'impianto comunale, che è interconnesso e dipendente dalla rete a media bassa pressione di Italgas e AES che serve Torino.
con riferimento alla sentenza 896
1. Violazione dell'articolo 25 del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164; violazione delle indicazioni interpretative dettate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG). In quanto, come tempestivamente segnalato all'amministrazione, l'offerta aggiudicataria, che conteneva un canone pari al 36,08% del VRD, era palesemente anomala.
2. Violazione dell'articolo 25 del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158, e degli articoli 4 e 7 del disciplinare di gara - incompetenza. In quanto l'anomalia dell'offerta avrebbe dovuto essere esaminata dalla stazione appaltante non dalla commissione di gara.
3. Violazione dell'articolo 7 e seguenti della legge 241 del 1990, dell'articolo 25 del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164. In quanto il modo in cui la commissione ha condotto la verifica dell'anomalia dimostra un orientamento preconcetto e non imparziale e la volontà precostituita di non dare peso alle obiezioni di AES.
4. Violazione dell'articolo 7 e seguenti della legge 241 del 1990, dell'articolo 25 del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164. In quanto la verifica dell'anomalia è stata fatta senza neppure acquisire il bilancio della società.
5. Violazione dell'articolo 25 del decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164; violazione delle indicazioni interpretative dettate dall'autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG). In quanto, non sono stati considerati una serie di elementi dai quali emerge l'inattendibilità delle giustificazioni fornite dall’aggiudicataria.
6. Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare. In quanto, sebbene due offerte, fra cui quella dell’appellante, contenessero un canone offerto inferiore al minimo del 25%, queste furono mantenute in gara.
7. Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare. In quanto, la mancata considerazione della interconnessione della rete di San Mauro con la rete sovracomunale di Italgas ha comportato la mancata previsione di oneri e costi connessi, con conseguente inattendibilità della gara.
8. Violazione dei principi generali dell'immediatezza e continuità della gara.
9. Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare. In quanto, la relazione tecnico qualitativa dell'aggiudicataria non sarebbe stata sottoscritta.
10. Illegittimità derivata dalle illegittimità dedotte avverso il bando e gli altri di indizione della gara impugnata con il primo ricorso.
L’appellante conclude quindi chiedendo, in riforma delle sentenze appellate, l'accoglimento dei ricorsi di primo grado.
E’ costituito in giudizio il Comune di San Mauro Torinese, che controbatte le tesi avversarie, e conclude per il rigetto dell'appello.
E’ altresì costituita in giudizio la controinteressata Arcalgas che, oltre a controbattere le tesi avversarie, presenta appello incidentale riproponendo i motivi contenuti nel ricorso incidentale davanti al primo giudice. In particolare, rileva come l'amministrazione avrebbe dovuto dichiarare inammissibile e quindi escludere dalla gara l’offerta della AES, avendo questa proposto un canone inferiore al minimo stabilito dal bando. Inoltre, l’atto introduttivo del ricorso di primo grado avverso il bando avrebbe dovuto essere notificato ad Arcalgas, in quanto alla data di notificazione (13 giugno 2005) era già nota la sua posizione di partecipante alla gara. Da ultimo, non è stata appurato dalla commissione di gara se la AES, in quanto legata ad Italgas che aveva prodotto analogo ricorso per il differimento della conclusione del rapporto concessorio, possedesse i requisiti per partecipare alla gara. Conclude quindi per il rigetto dell'appello.
DIRITTO
1. I due ricorsi di cui all'epigrafe riguardano due sentenze emesse dal TAR del Piemonte che ha, in parte, rigettato e, per il resto, dichiarato inammissibili due ricorsi proposti dall’AES Torino s.p.a., per l'annullamento rispettivamente degli atti e del provvedimento conclusivo relativi alla gara per l’affidamento della gestione del servizio di distribuzione del gas naturale, nonché della conduzione, manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e degli impianti, indetta dal Comune di San Mauro Torinese. In particolare vengono impugnati, con il primo ricorso, il bando di gara e gli altri atti ad esso connessi; con il secondo ricorso, il provvedimento di aggiudicazione definitiva alla Arcalgas e gli atti di svolgimento della gara.
I due ricorsi in appello vanno riuniti ai fini della loro decisione con un'unica pronuncia, esistendo ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva.
2. In via preliminare, va detto che, avendo l’AES Torino s.p.a. partecipato alla gara senza però rispettare la disciplina del bando da lei ritenuta illegittima (canone annuo da riconoscersi all'amministrazione comunale, espresso in quota percentuale sul vigente VRD, con base d'asta del 25%), l'eventuale rigetto del primo appello determinerebbe l’inammissibilità, sotto il profilo del difetto di interesse, del secondo, in quanto, in accoglimento del ricorso incidentale proposto dalla Arcalgas l’AES sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara.
3. Relativamente al primo ricorso, proposto al tar, il giudice di primo grado, pur ritenendo in linea di principio inammissibili le censure rivolte contro momenti procedimentali e clausole del bando di gara non immediatamente ed autonomamente lesivi, alla fine è entrato nel merito dei motivi del ricorso che ha però ritenuto infondati. il Collegio ritiene di dover seguire questo secondo indirizzo, che merita di essere confermato.
I motivi di ricorso prospettati in primo grado sono articolati intorno a quattro questioni principali:
a) La prima questione concerne la competenza della giunta municipale a pronunciarsi in merito all'indizione della gara per l'affidamento della concessione ed alla fissazione dei parametri per l'aggiudicazione della stessa, ritenendo l'appellante che tale materia rientri tra i compiti riservati al consiglio comunale, ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (motivi 1 e 2);
b) La seconda questione concerne la mancata previsione di requisiti minimi oggettivi per la partecipazione alla gara, come richiesto dall'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, con riferimento all'articolo 22 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, ed alle norme da esso richiamate (motivo 3);
c) La terza questione concerne la previsione di un canone annuo da riconoscersi all'amministrazione comunale, espresso in quota percentuale sul vigente VRD, con base d'asta del 25%, che secondo la ricorrente, oltre a non avere più alcuna causa giuridica, dovendo l’aggiudicatario sobbarcarsi l’onere di corrispondere al gestore uscente il valore residuo degli ammortamenti degli investimenti effettuati, nel caso di specie è talmente elevato da determinare una di gestione antieconomica del servizio (motivi 4 e 5);
d) La quarta questione concerne una asserita carenza del quadro economico, in quanto l'amministrazione non avrebbe indicato negli atti di gara ed opportunamente valutato la circostanza che la rete di distribuzione del gas nel comune di San Mauro non dispone di un proprio punto di immissione ma è interconnessa e dipendente dalla rete a media e bassa pressione di Italgas e della stessa AES.
3.1 Giova permettere, per una migliore comprensione della controversia, che l'oggetto della controversia concerne la legittimità di atti adottati dall'amministrazione in applicazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164. Cioè di una disposizione legislativa, con la quale lo Stato Italiano ha dato il via, in attuazione della Direttiva 22-6-1998 n. 98/30/CE, ad un processo di liberalizzazione del settore; processo che, alla stregua della disciplina comunitaria, “deve essere instaurato gradualmente, allo scopo di permettere all'industria di adeguarsi in modo flessibile e ordinato al suo nuovo ambiente”. E’ appena il caso di ricordare che la liberalizzazione del mercato del gas ha compiuto un'ulteriore tappa con la Direttiva 26-6-2003 n. 2003/55/CE, che detta i tempi ed i modi per la realizzare un mercato interno pienamente operativo, "che consenta ad ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e ad ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti".
Ciò che conta, ai fini che qui interessano, è che il ricordato articolo 14 del decreto legislativo 164 del 2000 non si pone come disciplina di un assetto stabile del settore ma come norma transitoria, che, nella prospettiva di una futura piena realizzazione del mercato interno europeo, persegue l'obiettivo di superare il vecchio sistema, che includeva il servizio di distribuzione del gas per gli utenti finali tra i servizi pubblici locali riservati dalla legge ai comuni e lasciava a questi il potere di scelta sui modelli di gestione. I quali, secondo l’articolo 22 della L. 8-6-1990 n. 142 (poi confluito nell’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), andavano dal servizio in economia, per attività di modeste dimensioni, alla concessione a terzi, all’azienda speciale, alla costituzione di un'apposita istituzione, oppure alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio.
Con il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, che comunque prevede un complesso ed articolato regime transitorio circa la durata degli affidamenti e delle concessioni in essere alla data della sua entrata in vigore (articolo 15), l'attività di distribuzione di gas naturale è confermata quale attività di servizio pubblico, ma (articolo 14)" il servizio è affidato esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni", secondo una serie di regole, tra le quali, per quel che qui interessa, occorre considerare in particolare l'attribuzione agli enti locali delle funzioni di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attività di distribuzione, la previsione di appositi contratti di servizio redatti sulla base di uno schema tipo predisposto dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas ed approvato dal Ministero competente, e l'ammissione alle gare, "sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica".
In realtà la disciplina dettata dall'articolo 14 non è esaustiva, né può essere integrata con riferimento alle norme generali in tema di contratti della pubblica amministrazione, perché, come chiarito anche dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (21 luglio 2005) l’affidamento al privato di un servizio pubblico avviene tramite una " concessione, che non rientra nell'ambito di applicazione né della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, né della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni “, ma a cui si applica direttamente il trattato costitutivo della comunità (articoli 43 CE e 49 CE).
Ne consegue che, a parte il contenuto del contratto di servizio che come si è detto è condizionato dal contratto tipo approvato dall'autorità centrale, il resto ed in particolare la disciplina del procedimento di gara è sostanzialmente rimessa alla discrezionalità dei singoli enti locali, che comunque possono esercitarla solo nel rispetto dei principi generali in materia di confronto concorrenziale e dei singoli paletti posti dall'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.
3.2 Venendo ora all'esame delle singole questioni, va detto che la prima di esse, con la quale si denuncia la violazione dell'articolo 42 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che riserverebbe al consiglio comunale la competenza a decidere sull'indizione della gara sull’indicazione dei parametri per l'aggiudicazione della stessa, non appare fondata.
Infatti, è pacifico che nel sistema di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, “ la competenza attribuita ai consigli comunali è circoscritta agli atti fondamentali di natura programmatoria o aventi un elevato contenuto di indirizzo politico mentre spettano alle giunte comunali tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo" ( Consiglio di Stato, sez. V, 31-01-2007 n. 383). Ora, nel caso di specie, non era ravvisabile alcuna scelta strategica o di indirizzo politico da compiere, posto che la scelta di affidare il servizio in concessione era già stata effettuata dal legislatore nazionale, che con l'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, aveva imposto, quale unica forma di gestione del servizio di distribuzione del gas nell’ambito locale, l’affidamento mediante gara e aveva fissato i criteri fondamentali di disciplina del rapporto e di svolgimento della procedura, lasciando alle singole amministrazioni solo margini di dettaglio ed esecutivi.
3.3 Anche la seconda questione, con la quale si denuncia la mancata previsione di requisiti minimi oggettivi per la partecipazione alla gara, come richiesto dall'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, si dimostra priva di fondamento.
Premesso che, come si è già detto, nel caso di specie non sono applicabili le norme contenute nell'articolo 22 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, il quale riguarda i contratti stipulati dal concessionario con terzi e non l'affidamento della concessione, l’articolo 14 va letto non nella direzione suggerita dall'appellante della necessaria predisposizione di una griglia di sbarramento che comporti una prima selezione dei candidati, ma nel senso opposto, cioè del divieto alle singole amministrazioni di introdurre condizioni oggettive discriminatorie, con esclusione dell'unica imposta dalla legge stessa. Cioè della esclusione di coloro che gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Il che evidenzia la difficoltà di individuazione, in questa prima fase del processo di liberalizzazione, di criteri oggettivi, posto che coloro che già posseggono il know-how per aver esercitato tale attività sono esclusi per legge dalla partecipazione alle gare. L'apparente contraddittorietà di tale norma, peraltro, si spiega con la volontà, della direttiva comunitaria prima e della legge nazionale poi, di superare il vecchio sistema, contraddistinto da aziende municipalizzate e concessioni affidate in via diretta, per far crescere una nuova categoria di imprese.
3.4 Anche la terza questione, con la quale l'appellante contesta la previsione di un canone annuo da riconoscersi all'amministrazione comunale, sia in via generale, perché questo non avrebbe più alcuna causa giuridica, sia in via relativa, perché, nella specie, la base d'asta del 25% del canone, espresso in quota percentuale sul vigente VRD, sarebbe tale da alterare l'equilibrio economico della concessione, non può essere condivisa.
Quanto al problema di carattere generale, va osservato come il canone di concessione abbia tradizionalmente rappresentato, anche dal punto di vista della ricostruzione storica dell'istituto, un elemento per nulla legato alla proprietà pubblica degli impianti e non meramente accessorio, tanto è vero che l'articolo 265 del Testo unico per la finanza locale, approvato con R.D. 14-9-1931, n. 1175, stabiliva che ” i contratti con i quali gli enti locali concedono all'industria privata, secondo il disposto dell'art. 26 del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, i servizi indicati dall'art. 1 della legge stessa, oltre che l'esercizio della facoltà di riscatto, devono stabilire norme intese a disciplinare … il canone dovuto per la concessione, ovvero la partecipazione del Comune o della Provincia agli utili dell'impresa”. Già allora il canone assolveva ad un ruolo, che non poteva essere ricondotto al mero riconoscimento della titolarità pubblica del servizio e dei relativi impianti, ma che faceva perno sulla riappropriazione da parte della comunità di parte dell’utile che derivava al concessionario per il solo fatto di poter gestire in via esclusiva il servizio stesso al di fuori della concorrenza e delle regole del mercato. Elemento tutt'ora presente anche nel sistema di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, posto che il confronto concorrenziale si ferma al momento della scelta del concessionario ma non giunge fino ad un mercato interamente liberalizzato, "che consenta ad ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e ad ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti".
Senza considerare poi che il canone, o più in generale la partecipazione agli utili, rappresenta lo strumento finanziario che consente agli enti locali di poter efficacemente organizzare le funzioni residue che la legge riserva comunque all'amministrazione concedente, senza il quale non sarebbe possibile effettuare alcuna efficace attività di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attività di distribuzione, e quindi mantenere in concreto il controllo pubblico sull'attività del concessionario. Infine va detto che, in un sistema di tariffe regolato da una autorità centrale ( L. 14-11-1995 n. 481), e quindi sottratto al potere dispositivo degli enti locali, l’entità del canone rappresenta pressoché l'unico strumento per poter effettuare la comparazione delle offerte, per quel che riguarda l'elemento economico, come richiesto dall’articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.
Quanto al problema particolare rappresentato da una base d'asta del 25% sul vigente VRD (vincolo sui ricavi di distribuzione), premesso che l'individuazione di tale limite rientra nella discrezionalità tecnica dell'amministrazione appaltante, suscettibile di sindacato giurisdizionale, solo nei limiti in cui la scelta amministrativa sia affetta da deficienze istruttorie, errori di fatto o incongruenze logico - motivazionali, nel caso di specie non può sostenersi con certezza che tale percentuale determini lo squilibrio economico della concessione. Ciò in quanto, dato il carattere fluido di un mercato non ancora assestato proprio perché interessato da un processo graduale di rapida liberalizzazione, che investe non solo la distribuzione ma anche gli altri settori del processo produttivo, l'interprete non può che basarsi su apprezzamenti probabilistici legati anche all'osservazione di quanto avviene nel mercato. In particolare, non può non convenirsi con la difesa dell’Arcalgas laddove questa ricorda il parere in data 1 agosto 2003, reso dall'autorità per l'energia elettrica e il gas, secondo il quale la percentuale del VRD che può gravare a titolo di canone concessorio può essere determinata in circa il 35-40% del VRD complessivo, o la copiosa giurisprudenza di primo grado che ha ritenuto non illogiche percentuali anche superiori e, da ultimo, diverse gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale in cui tale percentuale ha raggiunto e superato la soglia del 50%. Tutto ciò non sta certo a significare che nel caso di specie la soglia del 25% sia congrua, ma solo che appare plausibile e che non emergono dagli atti di causa elementi certi da far ritenere in sé illogica la scelta dell'amministrazione.
3.5 Quanto all'ultima questione, con la quale l'appellante denuncia che l'amministrazione non ha precisato negli atti di gare che la rete di distribuzione del gas nel comune di San Mauro non dispone di un proprio punto di immissione del gas distribuire ma è interconnessa e dipendente dalla rete a media e bassa pressione di Italgas e della stessa AES, la censura non può essere condivisa. Infatti, a parte il fatto che tale circostanza non poteva non essere conosciuta dalle imprese che operano nel settore, manca la dimostrazione di come in concreto ciò abbia impedito alla ricorrente di presentare un'offerta affidabile.
4. Il ricorso in appello n. 10184, per la riforma della sentenza del TAR del Piemonte n. 889 del 13 febbraio 2006, pertanto, deve essere respinto.
5. Il ricorso in appello n. 10185, per la riforma della sentenza del TAR del Piemonte n. 896 del 13 febbraio 2006, di conseguenza, perde consistenza in quanto il ricorso di primo grado sarebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, in accoglimento del ricorso incidentale proposto da Arcalgas. Come si è detto sopra (p 3-4), infatti, l’AES Torino s.p.a. ha partecipato alla gara senza rispettare la disciplina del bando ritenuta illegittima (canone annuo da riconoscersi all'amministrazione comunale, espresso in quota percentuale sul vigente VRD, con base d'asta del 25%), per cui sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara. In tal modo, però, ha perso ogni interesse a contestare lo svolgimento ulteriore della gara e l'aggiudicazione ad altri soggetti.
Anche l'appello n. 10184, quindi, deve essere respinto.
6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, per i due ricorsi, in €. 3.000,00, per ciascuna delle parti appellate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, sezione V, previa riunione dei ricorsi in epigrafe, respinge gli appelli.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite, che liquida, per i due ricorsi, in €. 3.000,00, per ciascuna delle parti appellate.
Ordina che la presente decisione sia seguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’8 gennaio 2008, con l’intervento dei signori:
Raffaele Iannotta Presidente
Aldo Fera Consigliere estensore
Marzio Branca Consigliere
Francesco Caringella Consigliere
Michele Corradino Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Aldo Fera F.to Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 9/06/08 |