REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. R.G. 6105/2007 proposto dal signor Romeo Antonelli rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Cavallaro, Antonio Flamini e Maria Stafania Masini, presso la quale ultima elettivamente domicilia in Roma, alla via della Vite, n. 7;
contro
Il Comune di Osimo in persona del Sindaco in carica rappresentato e difeso dall’avvocato Manuela Soligo e con domicilio eletto in Roma, al Lungotevere Flaminio, n. 46, pal. IV, sc. B, presso lo studio del dottor Gianmarco Grez;
e
Fondazione Grimani Buttari, in persona del Presidente in carica, non costituitasi in giudizio;
e nei confronti
della Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, e dei Signori Guido Sampaolo, Francesca Triscari e Lorenzo Gatto, non costituitisi in giudizio;
pe la riforma
della sentenza 27 giugno 2007 n. 1171 del Tribunale amministrativo regionale per le Marche (Sezione Prima).
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione del Comune di Osimo;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti di causa;
Designato relatore all’udienza del 1 luglio 2008 il consigliere Filoreto D’Agostino e uditi altresì per le parti gli avvocati Cavallaro e Soligo;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue
Fatto
L’odierno appellante Romeo Antonelli veniva nominato nel settembre 2003 dal Sindaco di Osimo quale membro del consiglio di Amministrazione della Fondazione Grimani Buttari, Istituzione di Pubblica Assistenza e Beneficenza derivante dall’Opera Pia Grimani Buttari costituita con testamento 2 febbraio 1869 dal Conte Filippo Buttari come stabilimento dei poveri cronici campagnoli.
Il medesimo signor Antonelli veniva poi eletto Presidente del Consiglio di amministrazione della citata Fondazione.
IL 27 settembre 2005, la Giunta comunale di Osimo adottava la deliberazione n. 313 avente ad oggetto la fusione delle case di riposo pubbliche operanti nel territorio osimano (con peculiare riguardo alla Fondazione Grimani Buttari e agli Istituti Riuniti di Beneficenza Padre Benvenuto Bambozzi).
Tale provvedimento veniva contestato in sede giurisdizionale dalla Fondazione Grimani Buttari, per la tempistica imposta dal Comune e per la generale conformità dell’atto (ricorso 1094/2005 avanti il Tar Marche).
Anche il successivo provvedimento del Consiglio Comunale di Osimo (deliberazione n. 200 del 29 dicembre 2005) con il quale si invitavano gli amministratori dell’IPAB a dimettersi e, in mancanza, si minacciava la loro revoca per il loro contesto contrario agli indirizzi politico-amministrativi già espressi veniva impugnato avanti il Tar per le Marche con ricorso n. 11/2006.
Venivano poi disposte le revoche di alcuni componenti di quella Fondazione, tra i quali il signor Romeo Antonelli.
Quest’ultimo ha interposto un nuovo ricorso avanti il Giudice territoriale di legittimità (radicato in ruolo generale al n. 67/2006).
Con la pronuncia in epigrafe indicata, il Giudice di prime cure ha riunito i ricorsi, ha dichiarato improcedibile il primo (r.g. 1094/2005) e ha respinto nel merito gli altri due (11 e 67/2006).
Avverso la decisione ha proposto appello il signor Antonelli. Si è costituito il Comune di Osimo che ha concluso per l’infondatezza del gravame.
Diritto
La vertenza concerne la revoca della nomina del signor Romeo Antonelli da componente del consiglio di Amministrazione della Fondazione Grimani – Buttari di Osimo e si articola in due distinte censure avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche in epigrafe indicata.
Con un primo motivo si sostiene il travisamento del fatto poichè non corrisponderebbe al vero che il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Grimani Buttari si sia opposto alla fusione con altro ente di assistenza e beneficenza; viene dedotta, altresì, la violazione del principio generale che assicura l’autonomia delle Ipab in relazione alla volontà e alle finalità indicate nelle tavole di fondazione.
Con il secondo mezzo si afferma la violazione ed erronea applicazione dell’articolo 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 nonché dei principi desumibili dalla legislazione in materia di Ipab: in particolare, tenuto conto della natura dell’ente e delle sue prerogative nella formulazione dell’indirizzo politico-amministrativo, non sarebbe consentito al Sindaco disporre la revoca del consigliere di amministrazione perché tale determinazione finirebbe necessariamente per conculcare le autonome scelte della Fondazione stessa.
Nessuna delle proposte censure consegue favorevole scrutinio.
Va riconosciuta autonomia alla prima parte del motivo sub 1), dove si denuncia l’asserito travisamento dei fatti.
La disamina della seconda doglianza e di parte della prima, con la quale si lamenta la violazione dell’autonomia dell’ente, può essere condotta in modo congiunto, trattandosi di questioni connesse.
Relativamente alla prima parte del motivo sub 1), è incontestabile l’osservazione secondo la quale il contegno complessivamente prestato dall’appellante in qualità di Presidente della Fondazione Grimani – Buttari è stato improntato a impedire o quanto meno a procrastinare nel tempo la divisata fusione con altra Ipab. Ciò non può essere seriamente contestato, posto che l’esponente ha svolto in proposito azioni sia di sollecitazione nei confronti delle autorità politiche regionali sia di tipo giurisdizionale, finendo per rivolgersi al Tribunale amministrativo regionale competente per ottenere una pronuncia che contrastasse il percorso della fusione. Tanto è occorso dopo che il medesimo era stato tra i firmatari, in qualità di consigliere comunale di Osimo, della mozione per la rapida realizzazione del progetto di fusione.
Non può seriamente dubitarsi della sostanziale contrarietà dell’appellante al progetto di fusione, quanto meno a far data dal suo ingresso nel consiglio di amministrazione della Fondazione.
Le relative asserzioni non possono essere considerate come una specie di confessione qualificata, con la quale egli tende a limitare l’intensità della sua opposizione alla progettata fusione (peraltro avanzata fin dal 2001 dalla Fondazione Grimani – Buttari). Emerge dall’intera documentazione il tentativo del signor Antonelli di impedire la realizzazione del progetto per dare all’Istituto dal medesimo presieduto una diversa e autonoma posizione. In questa prospettiva si spiega anche la proposta, più volte ribadita, che il collegamento tra le due Istituzioni si arrestasse a livello di forme di collaborazione o ad alcuni interventi di tipo funzionale (gestione associata di alcune dinamiche interne, come gli acquisti di generi alimentari, i concorsi pubblici, i momenti di formazione…).
Contrariamente a quanto assunto in gravame, pertanto, non sussistono dubbi di sorta in ordine all’effettiva volontà del signor Romeo Antonelli di impedire o comunque di non accedere alla fusione, facendo leva sulla nozione di ente autonomo della Fondazione, in virtù della quale le determinazioni di quella persona giuridica non possono essere conculcate dalle decisioni assunte da soggetti esterni all’amministrazione.
Tanto rilevato in ordine alla prima doglianza, è opportuno procedere, come preannunciato, alla disamina congiunta delle altre.
Il thema decidendum impinge direttamente nell’autonomia di enti quale la Fondazione Grimani Buttari, allo stato istituzione pubblica di assistenza e beneficenza.
E’ opportuno un breve richiamo all’evoluzione legislativa di tali istituzioni. La prima legge sulle opere pie (così venivano denominate le istituzioni di beneficenza) risale alla legge 3 agosto 1862, n. 752 ed è rimasta in vigore fino alla riforma crispina del 17 luglio 1890, n. 6972. Questa legge, lo scopo principale della quale era la laicizzazione della beneficenza con la conseguente separazione dagli enti di culto e con la soggezione dell’intero comparto ad una disciplina pubblicistica, è rimasta sostanzialmente inalterata fino all’intervento della Corte costituzionale (sentenza 7 aprile 1988 n. 396) che ha revocato in dubbio il dogma della necessaria natura pubblica di quegli enti, consentendone così, in ragione dell’effettiva struttura e destinazione di scopo, la loro restituzione al diritto comune. Il Governo della Repubblica ha determinato i criteri per il ritorno alla sfera privatistica di talune istituzioni di beneficenza solo con D.P.C.M. 16 febbraio 1990, indicando i tre requisiti (carattere associativo, carattere di istituzione promossa ed amministrata da privati ed ispirazione religiosa) alternativamente necessari per poter riconoscere personalità giuridica di diritto privato alle ex I.P.A.B. a carattere regionale (e riconosciuti di piena legittimità da Corte costituzionale n. 446/1990).
Mentre i criteri per il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato erano sufficientemente chiari, mancava tuttavia una disciplina generale per quegli enti che non potessero transitare, in ragione dei su indicati requisiti, nell’ambito del diritto comune. Con la legge quadro 8 novembre 2000, n. 328 si è previsto un sistema integrato di interventi e servizi sociali, con meno generiche indicazioni di modalità operative e si è delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo di attuazione (art. 10 l. n. 328/2000). E’ questa la genesi del d.lg. 4 maggio 2001 n. 207 di riordino delle I.P.A.B. che disciplina le procedure di trasformazione degli enti e affida alle Regioni la funzione legislativa di at-tuazione. Giova altresì rammentare che di lì a poco, cioè con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante la riforma del titolo V della Costituzione, la materia dei servizi sociali è stata affidata alla legislazione regionale secondo quanto previsto, in via residuale, al comma 4 dell’articolo 117 Cost.e ferma restando la riserva a favore della legislazione statale esclusiva per le determinazioni dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, di cui al comma 2 lett. m) del medesimo articolo.
Il decreto legislativo n. 207/2001 è provvedimento complesso che si occupa sia delle istituzioni di assistenza e beneficenza destinate a rimanere, con altra veste e funzione, pubbliche sia delle altre, per le quali prevede la trasformazione in persone giuridiche private. In particolare, le istituzioni che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi assistenziali sono tenute a trasformarsi in aziende pubbliche di servizi alla persona. E’ probabile che questo sia il percorso della Fondazione Grimani Buttari, essendo la stessa istituzione di pubblica assistenza e beneficenza che opera con notevoli risultati nell’ambito dei servizi sociali e dell’assistenza agli anziani.
Ciò non esclude, tuttavia, che alla data nella quale furono adottati i provvedimenti impugnati avanti il giudice amministrativo, la situazione ordinamentale della Fondazione non fosse diversa da quella oggetto di future trasformazioni per la mancata applicazione dei precetti contenuti nel citato decreto legislativo n. 207/2001.
Ciò è dimostrato, per quanto occorrer possa, dalla circostanza che solo in epoca successiva alla presente vertenza, cioè con legge 26 febbraio 2008, n. 5 la Regione Marche ha provveduto al riordino delle ipab e alla disciplina delle aziende pubbliche di servizi alla persona.
La Fondazione per la quale è vertenza rientra, pertanto, quanto meno ai fini della presente decisione, tra le istituzioni di assistenza e beneficenza, riconosciute ai sensi dell'art. 51 della legge 17 luglio 1890 n. 6972 e successive modificazioni, con personalità di diritto pubblico. Va peraltro aggiunto che l’articolo 21. c.1, secondo periodo del citato decreto legislativo n. 207 del 2001, ha stabilito che nel periodo transitorio previsto per il riordino delle istituzioni, ad esse seguitano ad applicarsi le disposizioni previgenti, in quanto non contrastanti con i principi della libertà dell’assistenza, con i principi della legge e con le disposizioni dello stesso decreto.
In ragione di tali disposizioni e della mancata attuazione, alle date che qui interessano, del riordino del settore, è agevole desumere che la Fondazione Grimani Buttari, in forza dell'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 9, è assoggettata alla tutela dell'autorità regionale e alla legislazione regionale, nella specie alla legge Regione Marche 21 maggio 1980 n. 35 (abrogata con decorrenza dall’entrata in vigore della citata legge regionale 26 febbraio 2008, n. 5). L'art. 7 di tale provvedimento legislativo ha delegato ai Comuni l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di beneficenza e, tra le altre, anche le funzioni di nomina e di designazione di amministratori delle I.P.A.B., prima spettanti all'autorità statale.
Tale disposizione è stata ritenuta da Corte costituzionale n. 195/1992 costituzionalmente illegittima limitatamente alla parte in cui conferisce ai Comuni il potere di nomina e designazione degli amministratori delle Istituzioni di assistenza e beneficenza, che le tavole di fondazione e gli statuti delle stesse Istituzioni determinano direttamente o rimettono a specifici soggetti o organi.
La disciplina applicabile al caso di specie è pertanto quella dell’articolo 7 della legge regionale n. 35/1980, nella interpretazione risultante dalla parziale declaratoria di illegittimità costituzionale recata nella citata sentenza n. 195/1992.
Nel caso di specie, tuttavia, esiste perfetta coincidenza tra delega ai Comuni e prescrizioni delle tavole di fondazione e dello statuto.
Già con testamento olografo 2 febbraio 1869 del Conte Filippo Buttari (con postille e codicilli del 15 maggio 1872, del 10 settembre 1873, del 20 agosto 1874 e del 21 novembre 1875 (e pubblicato il successivo 26 dicembre 1875) si individuavano i tre esecutori testamentari perpetui (cioè operanti secondo le tavole fondazionali e nello spirito di coerenza a quelle anche in epoca successiva) nelle persone del Capo del Municipio di Osimo pro tempore, del primo rappresentante dell’amministrazione ospedaliera della città di Osimo nonché di un esponente della congregazione dei Parroci.
Ne consegue che la delega al comune di Osimo deve intendersi perfettamente coerente alla citata individuazione di due rappresentanti della civica amministrazione nel contesto dei tre esecutori testamentari perpetui (hodie: componenti del Consiglio di Amministrazione).
Lo spirito fondazionale è stato peraltro coerentemente presidiato anche in sede di approvazione dello statuto della fondazione Grimani Buttari, nuova denominazione dell’Opera Pia omonima, eretta in ente morale con regio decreto 8 marzo 1877. All’articolo 10 dello statuto del 1997 si prevede che il Consiglio di Amministrazione è composto da 3 consiglieri di cui uno nominato dal Sindaco di Osimo, uno dal Consiglio Comunale di Osimo e uno nominato dai Parroci del Comune di Osimo riuniti in apposita assemblea.
La giurisprudenza di questa Sezione ha già affermato, con riferimento all’articolo 36, c. 5 della legge 8 giugno 1990, n. 142, la spettanza al sindaco della nomina dei rappresentanti di un comune nel consiglio d'amministrazione di un'istituzione pubblica d'assistenza e beneficenza-Ipab (C.d.S:, Sez., V, 19 febbraio 1998, n. 191).
La disposizione da ultimo richiamata (come rimodellata dall’articolo 13 della legge 25 marzo 1993, n. 81) è stata trasfusa nell’articolo 50, comma 8 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai sensi del quale “sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.”
Le designazioni e le nomine non sono esito di una procedura concorsuale, ma discendono da una scelta fiduciaria nei riguardi di un soggetto che viene ritenuto dal designante non solo professionalmente competente, ma anche in sintonia con gli indirizzi politico-amministrativi stabiliti dalla stessa amministrazione. Il venir meno della fedele rappresentanza giustifica e legittima, secondo la prevalente interpretazione, la revoca ad opera della stessa amministrazione designante
Giova inoltre precisare che l'art. 50 è norma legislativa primaria così che, pur se la norma statutaria di una istituzione, azienda o ente avesse contemplato il divieto di revoca dei soggetti nominati, per il principio della gerarchia delle fonti del diritto, sarebbe stata comunque una norma non applicabile in quanto contra legem.
L’articolo 50 reca, in definitiva, una regola generale che prevale sulle norme statutarie anteriori dei diversi enti, aziende ed istituzioni, che eventualmente stabilissero in senso difforme (C.d.S., V, 28 gennaio 2005, n. 178).
Non è necessario, tuttavia, affermare, per quanto concerne la specifica vicenda, la valenza di regola generale propria dell’articolo 50 d. lgs. n. 267/2000, posto che, dalla lettura degli atti, scaturisce la piena corrispondenza dei poteri conferiti in via astratta e generale dalla norma sopra trascritta con quelli assegnati in concreto dalle tavole fondazionali su indicate e ribaditi in sede statutaria: l’appartenenza al sindaco del potere di nomina e di revoca di soggetti che sono inseriti in enti, aziende ed istituzioni in rappresentanza dell’ente territoriale.
Ciò, d’altro canto, corrisponde a ragioni di ordine generale: le fondazioni ipab svolgono attività connesse al perseguimento dei fini propri degli enti pubblici, nella specie i comuni, integrandosi con l'azione da questi svolta per l'accrescimento del benessere della collettività. L’azione di tali enti non può essere indifferente per la pubblica autorità competente alla nomina dei consiglieri di amministrazione.
Ne deriva pertanto che, ove lo statuto attribuisca al sindaco detto potere di nomina, lo stesso possa disporne anche la revoca, pur in difetto di esplicita previsione statutaria quando il soggetto di pubblica designazione opera discostandosi dalla linea di azione che, invece, l'orientamento politico-amministrativo dell'ente locale suggerirebbe.
Viene, in altre parole, meno la ragione prima che sorregge la nomina stessa.
Per giungere a siffatta conclusione non è, invero, necessario che la designazione di riferisca ad organismi di stretta e diretta dipendenza del Comune, potendo tale caratteristica rinvenirsi anche per enti ed istituzioni (come la Fondazione ipab) caratterizzati dall’autonomia gestionale.
Il potere del Sindaco di procedere alla revoca dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, ecc. sussiste, infatti, non solo nelle ipotesi di rapporto di strumentalità o subordinazione esistente tra il comune e l'ente nei cui confronti la nomina ha effetto, ma anche nei confronti degli enti sovvenzionati ovvero sottoposti a vigilanza da parte dell'ente locale (Cons. St., sez. V, 12 agosto 2004 n. 5552).
L’autonomia degli enti, in definitiva, non è argine sufficiente a bloccare una diversa valutazione delle finalità da perseguire tutte le volte che la concreta formazione della volontà dell’ente stesso, attraverso il meccanismo delle designazioni di maggioranza nel collegio titolare della funzione gestionale, sia demandata a un soggetto pubblico diverso e munito di un potere generale di indirizzo nella sfera dell’amministrazione pubblica locale, quali le autorità municipali.
Occorre perciò richiamare l’esistenza di una obiettiva relazione di sussidiarietà verticale sussistente tra il Comune e la Fondazione ipab che eserciti compiti di rilievo nell’assistenza sociale, come è nel caso di specie.
E’certo coerente alla relazione di sussidiarietà verticale che debba prevedersi la possibilità di sindacare il contegno dei soggetti designati in considerazione degli indirizzi e delle raccomandazioni di politica amministrativa esposti dall’ente designante e di sanzionarne gli eventuali scostamenti irragionevoli e comunque frutto di una obiettiva contrapposizione con le scelte amministrative di fondo dell’ente stesso.
Ne consegue che legittimamente il Sindaco di Osimo ha disposto la revoca nei confronti dell’odierno appellante.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta respinge l’appello.
Condanna l’appellante alle spese di lite che, comprensive di diritti ed onorari, liquida in complessivi euro 5.000 (diconsi cinquemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1° luglio 2008, con l’intervento dei Signori:
Domenico La Medica Presidente
Filoreto D’Agostino Consigliere estens.
Marco Lipari Consigliere
Marzio Branca Consigliere
Francesco Caringella Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Filoreto D’Agostino f.to Domenico La Medica
IL SEGRETARIO
f.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/10/08
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
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