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Consiglio di Stato, Sez. V, 16/3/2009 n. 1555
Societa' miste: il modello delineato dall'art. 113 c. 5 lett. b) del d.lgs. 267/2000 costituisce un paradigma completo valido' anche al di fuori dei servizi pubblici locali. Condizioni che devono sussistere per l'affidamento diretto a una soc.mista


Il modello delle società miste è previsto in via generale dall'art. 113 c. 5 lett. b) d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall'art. 14 d.l. n. 269 del 2003 e dalla relativa legge di conversione, n. 326 del 2003, norme che, pur avendo attinenza ai contratti degli enti locali, delineano un completo paradigma, valido anche al di fuori del settore dei servizi pubblici locali. E che tale modello valga anche al di fuori del settore dei servizi, lo si evince dall'art. 1 c. 2 e dall'art. 32 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006), che contemplano il caso di società miste per la realizzazione di lavori pubblici e per la realizzazione e/o gestione di un'opera pubblica.

Le condizioni che devono sussistere affinchè il ricorso ad una società mista, sia legittimo sono:
1) che esista una norma di legge che autorizzi l'amministrazione ad avvalersi di tale "strumento"
2) che il partner privato sia scelto con gara;
3) che l'attività della costituenda società mista sia resa, almeno in via prevalente, in favore dell'autorità pubblica che ha proceduto alla costituzione della medesima
4) che la gara (unica) per la scelta del partner e l'affidamento dei servizi definisca esattamente l'oggetto dei servizi medesimi (deve trattarsi di servizi "determinati");
5) che la selezione della offerta migliore sia rapportata non alla solidità finanziaria dell'offerente, ma alla capacità di svolgere le prestazioni specifiche oggetto del contratto;
6) che il rapporto instaurando abbia durata predeterminata.

Materia: società / partecipazione pubblica

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8037/2008 proposto da EDS ELECTONIC DATA SYSTEMS ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t.,  rappresentato e difeso dagli Avv.ti Angelo Clarizia e Maurizio Zoppolato con domicilio eletto in Roma via Principessa Clotilde, 2 presso lo studio del primo;

 

contro

AGEA - AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi,12;

e nei confronti di

ALMAVIVA S.P.A. IN PR. E Q.LE MANDATARIA R.T.I., RTI - AUSELDA AED GROUP S.P.A., RTI - SOFITER S.P.A., RTI - COOPROGETT SOC. COOP., RTI - IBM ITALIA S.P.A., RTI - AGRICONSULTING S.P.A., RTI - AGRIFUTURO SOC. COOP., – RTI ISAF SRL, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Benedetto G. Carbone, Filippo Lattanzi e Filippo Satta con domicilio eletto in Roma Foro Traiano, 1/A presso lo Studio Satta & Associati;

SIN S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Gennaro Terracciano con domicilio eletto in Roma piazza di Spagna,  35;

ENGINEERING INGEGNERIA INFORMATICA S.P.A., in persona del legale rappresentante legale p.t., non costituitasi;

 

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sede di Roma II ter n. 3620/2008 del 30/4/2008.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti intimate;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2009 relatore il Consigliere Fabio Taormina. Uditi l’avv. Clarizia, l’avv. Satta, l’avv. Lattanzi, l’avv. Terracciano e l’avv. Carbone;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

     Con la sentenza in epigrafe appellata il Tar del Lazio ha respinto  il ricorso di primo grado  con il quale era stato chiesto dall’ odierna appellante l'annullamento del provvedimento del 25 giugno 2007 con cui è stata aggiudicata al RTI controinteressato la gara indetta da AGEA per la “selezione del socio privato di minoranza della società mista SIN s.r.l., istituita ai sensi dell’art. 14, comma 10 bis del D.lgs 29 marzo 2004, n. 99”, dell’intera documentazione di gara (bando, lettera di invito e relativi allegati) di ogni altro atto della procedura di selezione, con particolare riferimento alla totalità dei verbali di gara, nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi inclusa la delibera del Consiglio di amministrazione di AGEA del 25 novembre 2005, n. 124 nella parte in cui ha autorizzato l’affidamento diretto alla SIN s.r.l. dei servizi ivi elencati, ed eventualmente  per la disapplicazione dell’art. 14, comma 10 bis, del D.lgs 29 marzo 2004, n. 99.

     Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso principale  e quello per motivi aggiunti e  dichiarato improcedibile il ricorso incidentale, ritenendo peraltro di potere prescindere dall’esame delle censure di natura processuale afferenti alla lamentata inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio a cagione della presenza nel raggruppamento appellante della società Gemma, partecipata al 20% dal Comune di Roma, nonché alla tardività del medesimo per omessa tempestiva impugnazione della delibera assembleare dell’Agea n. 124/2005 e del bando pubblicato nel marzo 2006 (quanto alle doglianze attingenti la scelta del modulo selettivo) ed alla omessa notifica del ricorso alla controinteressata SIN Srl, con riferimento alla impugnazione della delibera Agea n. 124/2005  con la quale vennero affidati alla predetta SIN Srl i servizi per cui è causa.

     I primi Giudici, richiamato il parere reso dal Consiglio di Stato, seconda sezione n. 456/2007 (successivo e di integrativo  a quello recante n. 3162/2006) e richiamatisi al divisamento ivi espresso in materia di condizioni legittimanti il ricorso al modello del c.d. “partenariato” ( tesi non smentita dalla comunicazione interpretativa della Commissione europea 5 febbraio 2008 C-2007-6661), hanno ritenuto soddisfatte in concreto, nel caso di specie,  dette condizioni.

     Risolta la problematica afferente alla legittimità dell’ an della gara  in senso sfavorevole all’odierno appellante, il Tar ha poi preso in esame le censure afferenti al quomodo della medesima, del pari respingendole.

     In particolare, non è stata reputata illegittima la scomposizione da parte della Commissione di gara dei criteri di valutazione delle offerte tecniche definiti nella lettera di invito non risultando applicabile ratione temporis (il bando è stato pubblicato il 6 marzo 2006) l’art. 83, comma 4, del D.lgs 12 aprile 2006, n. 163.

     Anche la doglianza, secondo cui la valutazione delle offerte tecniche non sarebbe stata effettuata dalla Commissione di gara ma dall’advisor scelto dall’AGEA per assisterla nella procedura concorsuale risultava  infondata, secondo quanto emergeva  dai verbali di gara del 18 e 23 ottobre 2006 e del 12 dicembre 2006.

     Alla luce di quanto disposto dall’art. 9 del contratto quadro (che, sebbene da un lato vieti il ricorso al subappalto, prevede comunque, al comma 2, che “…i soci privati potranno far ricorso all’istituto dell’avvalimento nel rispetto della giurisprudenza comunitaria e dell’art. 47, par. 5 della direttiva 2004/18” ed al successivo comma 3 che “non saranno…considerate terze le società controllate dai soci privati”) derivava che la proposta “condizionata” dell’ATI appellata doveva ritenersi in linea con quanto previsto dal predetto art. 9, comma 2, del contratto quadro: ne discendeva la reiezione della terza ed ultima doglianza proposta con il ricorso per motivi aggiunti.

     L’appellante società ha censurato la predetta sentenza chiedendone l’annullamento in quanto viziata da errori di diritto ed illegittima riproponendo in chiave critica le argomentazioni sottese al ricorso di primo grado ed incentrando le medesime rapportandole alla specificità del SIAN.

     Essa ha altresì riproposto le prime due censure contenute nel ricorso per motivi aggiunti attingenti sotto vari profili l’operato della Commissione di gara, omettendo di riproporre la doglianza (III motivo del ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado)  relativa all’ illegittima applicazione dell’istituto dell’avvalimento da parte del RTI aggiudicatario.

     Ha puntualizzato e ribadito le proprie doglianze mercè il deposito di una articolata memoria datata 27.1.2009 evidenziando peraltro la carenza di interesse  delle appellate a proporre le censure di cui al ricorso in appello incidentale, posto che l’interesse dell’appellante era incentrato alla ripetizione dell’intera procedura, dal che discendeva, comunque, la manifesta ravvisabilità dell’interesse strumentale al gravame, indipendentemente dalla propria partecipazione alla selezione.

     In ogni caso, la fase endoprocedimentale di ammissione del RTI appellante (comprensivo della società Gemma) si era esaurita il 18-5-2006, e pertanto prima della entrata in vigore del disposto di cui all’art. 13 del DL 223/2006 (avvenuta il 4.7.2006).

     Posto che il gravame era diretto a sindacare il quomodo della gara, e non già la previsione normativa della medesima (e quella volta ad affermare che il SIAN dovesse essere gestito da una società mista), l’impugnazione non era tardiva, né la Sin  poteva assumere la qualità di contro interessata.

     La controinteressata società Sin srl, già interveniente ad opponendum in primo grado, si è costituita depositando due  articolate memorie e chiedendo confermarsi l’appellata  decisione e riproponendo le eccezioni processuali di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, e del ricorso per motivi aggiunti, per difetto di contraddittorio e per tardività.

     Sotto il profilo della tardività, in particolare, si è rilevato che già (quantomeno) al momento della ricezione della lettera-invito l’odierna appellante aveva avuto conoscenza  dell’adozione della delibera n. 124/2005  e del successivo Contratto di Servizio quadro del 30.1.2006 con il quale Agea aveva affidato a Sin i servizi elencati in delibera.

     Posto che veniva lamentata la illegittimità della procedura della lex specialis che imponeva la costituzione di una società mista, ed il pagamento del prezzo per la sottoscrizione delle quote societarie, il termine iniziale per proporre il ricorso in primo grado doveva   individuarsi nella pubblicazione del bando.

     Da ciò discendeva la tardività – almeno in parte qua- del ricorso di primo grado, e del ricorso per motivi aggiunti.

     Detto ricorso, nella parte in cui attingeva il sistema di gara prescelto, doveva comunque essere dichiarato inammissibile a cagione della mancata notificazione all’unico soggetto contro interessato (id est: la Sin Srl).

     Invero esso era stato invece notificato unicamente ai soggetti controinteressati all’aggiudicazione e ciò non avrebbe consentito, neppure, l’integrazione del contraddittorio.

     In ogni caso, ulteriori atti successivi al ricorso e costituenti sviluppo della gara in quanto diretti a regolamentare il rapporto tra Sin SRL ed Agea, dimostravano che nessuna delle preoccupazioni dell’appellante relative ad un possibile effetto distorsivo sul principio di libera concorrenza possedeva carattere di attualità e plausibilità.

     La difesa erariale dell’appellato Ministero ha chiesto respingersi l’appello perché infondato nel merito, evidenziando la legittimità e correttezza della procedura seguita.

     La controinteressata Almaviva SPA ha depositato tre articolate memorie chiedendo respingersi il ricorso in appello e spiegando difese coincidenti con quelle dianzi esposte svolte dalla Sin Srl.

     Ha inoltre, con appello incidentale, riproposto il motivo del ricorso incidentale di primo grado dichiarato assorbito dal Tar, e relativo alla mancata esclusione della società Gemma (facente parte dell’ATI costituenda con le appellanti) dalla gara in argomento in quanto, quest’ultima, essendo già partecipata dal Comune di Roma, non avrebbe potuto far parte, secondo quanto previsto dall’art. 13 D.L. n. 223/2006, di altre società composte da soggetti pubblici.

     Medio tempore, pertanto  era intervenuta una radicale causa impeditiva della partecipazione della predetta alla procedura, (come peraltro in analoga fattispecie ritenuto dalla decisione del  Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 946/08, confermativa    della sentenza del Tar del Lazio n. 5192/2007).

     Né poteva trovare applicazione il co. IV dell’art. 13 del dl 223/2006, come modificato dall’art.1 co. 720 della legge n. 296/06, poiché ad oggi non era stato stipulato alcun contratto tra l’EDS e l’Agea.

 

DIRITTO

     Il ricorso in appello principale è infondato nel merito, e deve pertanto essere respinto (restando assorbite le questioni relative alla ammissibilità e ricevibilità del ricorso di primo grado e del ricorso per motivi aggiunti proposto innanzi al Tar) con conseguente declaratoria di improcedibilità dell’appello incidentale ed integrale conferma della appellata decisione.

     Alla ricostruzione del quadro normativo sotteso alla controversia – che di necessità assumerà caratteri di  sintesi e specificità- si deve premettere che l’argomento della possibilità, per l’amministrazione pubblica, di avvalersi del modello organizzativo della società mista per l’espletamento dei compiti di istituto è stato oggetto, negli ultimi tempi, di elaborazione giurisprudenziale in sede sia comunitaria che nazionale.

     In particolare, con il parere della seconda Sezione di questo Consiglio di Stato n. 456 del 18 aprile 2007 (su cui di seguito ci si soffermerà)  e con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 3 marzo 2008, sono state indagate le condizioni alle quali è subordinata la legittimità dell’affidamento diretto di un servizio pubblico ad una società.

     A tale proposito, è stata posta in luce la differenza tra la società  in house e la società mista, laddove la prima agisce come un vero e proprio organo dell’amministrazione “dal punto di vista sostantivo” (in ragione del controllo analogo a quello esercitato sui propri  servizi dall’amministrazione aggiudicatrice e della destinazione prevalente dell’attività dell’ente in house in favore dell’amministrazione stessa), mentre la diversa figura della società mista a partecipazione pubblica maggioritaria, in cui il socio privato sia scelto con una procedura ad evidenza pubblica, presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovino convergenza.

     Ciò premesso, la istituzione del  SIAN rinviene la propria fonte legittimante nell’art. 15 della legge n. 194/1984, che così dispone:  “Ai fini dell'esercizio delle competenze statali in materia di indirizzo e coordinamento delle attività agricole e della conseguente necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale, il Ministro delle politiche agricole e forestali è autorizzato all'impianto di un sistema informativo agricolo nazionale attraverso la stipula di una o più convenzioni con società a prevalente partecipazione statale, anche indiretta, per la realizzazione, messa in funzione ed eventuale gestione temporanea di tale sistema informativo in base ai criteri e secondo le direttive fissate dal Ministro medesimo. Le convenzioni di cui al precedente comma, aventi durata non superiore a cinque anni, sono stipulate, e le relative spese sono eseguite, anche in deroga alle norme sulla contabilità dello Stato ed all'articolo 14 della legge 28 settembre 1942, n. 1140, con esclusione di ogni forma di gestione fuori bilancio. Per i fini di cui al precedente primo comma è autorizzata, per il triennio 1984-1986, la spesa di lire 6 miliardi in ragione di lire 2 miliardi per ciascuno degli anni dal 1984 al 1986.

      La previsione istitutiva surrichiamata è stata in seguito “irrobustita” sotto il profilo della centralità del sistema predetto nel settore, da quella di cui all’art. 15 del D. lvo n. 173/1998 che di seguito si riporta: “il SIAN, quale strumento per l'esercizio delle funzioni di cui al decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, ha caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale e si avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione previste dal progetto della rete unitaria della pubblica amministrazione. Il Ministero delle politiche agricole e forestali e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, nonché le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, in particolare, con l'Anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria ed artigianato, secondo quanto definito dal comma 4.

     Il SIAN, istituito con legge 4 giugno 1984, n. 194, è unificato con i sistemi informativi di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, ed integrato con i sistemi informativi regionali. Allo stesso è trasferito l'insieme delle strutture organizzative, dei beni, delle banche dati, delle risorse hardware, software e di rete dei sistemi di cui all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, senza oneri amministrativi. In attuazione della normativa comunitaria, il SIAN assicura, garantendo la necessaria riservatezza delle informazioni, nonché l'uniformità su base nazionale dei controlli obbligatori, i servizi necessari alla gestione, da parte degli organismi pagatori e delle regioni e degli enti locali, degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comune, connessi alla gestione dei regimi di intervento nei diversi settori produttivi ivi inclusi i servizi per la gestione e l'aggiornamento degli schedari oleicolo e viticolo.

     Il SIAN è interconnesso con i sistemi informativi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di fornire all'ufficio del registro delle imprese, di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, gli elementi informativi necessari alla costituzione ed aggiornamento del Repertorio economico amministrativo (REA). Con i medesimi regolamenti, di cui all'articolo 14, comma 3, sono altresì definite le modalità di fornitura al SIAN da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, delle informazioni relative alle imprese del comparto agroalimentare.

     Con apposita convenzione le amministrazioni di cui ai commi precedenti definiscono i termini e le modalità tecniche per lo scambio dei dati, attraverso l'adozione di un protocollo di interscambio dati. Il sistema automatico di interscambio dei dati è attuato secondo modalità in grado di assicurare la salvaguardia dei dati personali e la certezza delle operazioni effettuate, garantendo altresì il trasferimento delle informazioni in ambienti operativi eterogenei, nel pieno rispetto della pariteticità dei soggetti coinvolti.

     Lo scambio di dati tra i sistemi informativi di cui al presente articolo, finalizzato al perseguimento delle funzioni istituzionali nelle pubbliche amministrazioni interessate, non costituisce violazione del segreto d'ufficio.

     All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si farà fronte nei limiti delle autorizzazioni di spesa all'uopo recate da appositi provvedimenti legislativi.

     L’art. 13 comma IV del d.lvo n. 99/2004, e l’art. 14 commi 8, 9, 10, del predetto testo di legge affidano all’Agea la gestione del Sian.

     Questi ultimi commi dell’art. 14, in particolare, così dispongono:

     I soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, nei rapporti con i soggetti che esercitano l'attività agricola hanno l'obbligo di avvalersi delle informazioni contenute nel fascicolo aziendale. La pubblica amministrazione interessata, ivi compresi gli enti pubblici economici, li acquisisce d'ufficio, prioritariamente in via telematica, utilizzando i servizi di certificazione ed i servizi di interscambio e cooperazione del SIAN.

     Al fine di semplificare gli adempimenti amministrativi e contabili a carico delle imprese agricole, fatti salvi i compiti di indirizzo e monitoraggio del Ministero delle politiche agricole e forestali ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2000, n. 450, sono trasferiti all'AGEA i compiti di coordinamento e di gestione per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194 (1).

     L'AGEA subentra, dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, in tutti i rapporti attivi e passivi relativi al SIAN di cui al comma 9. A tale fine sono trasferite all'AGEA le relative risorse finanziarie, umane e strumentali

     In attuazione della superiore previsione, è stato emanato il DM 26.10. 2005 (significativamente intestato: Adempimenti relativi alla gestione dei servizi del Sistema Informativo Agricolo Nazionale - SIAN.) che così statuisce: In attuazione dell'art. 14, commi 9 e 10, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, l'AGEA assicura al Ministero l'integrazione all'interno del SIAN dei dati e dei servizi informativi derivanti dalle attività eseguite dagli enti ed agenzie vigilati dal Ministero o da altri soggetti pubblici e privati, delegate o finanziate dal Ministero stesso, che comportino la gestione di dati e di archivi informatizzati.

     Nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, l'AGEA:

     a) definisce gli standard idonei a garantire la compatibilità con l'architettura complessiva del SIAN, verificandone il rispetto;

     b) garantisce la fruizione delle informazioni all'interno del SIAN, sulla base delle specifiche definite, realizzando gli opportuni meccanismi di interoperabilità, interscambio e cooperazione.

     L’art. 4 del DL 182/2005 – la cui importanza è fondamentale, nella questione per cui è causa-  ha aggiunto all’art. 14 del d.lvo n. 99/2004 il  comma 10 bis che così recita: “L'AGEA, nell'ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, costituisce una società a capitale misto pubblico-privato, con partecipazione pubblica maggioritaria nel limite massimo pari a 1,2 milioni di euro nell'ambito delle predette dotazioni di bilancio, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN. La scelta del socio privato avviene mediante l'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.».”

     Il bando di gara per cui è processo – e, a monte di esso, la costituzione della  SIN SRL-   trova la propria fonte legittimante, come è evidente, nell’ultima previsione normativa richiamata.

     Ciò premesso in punto di legislazione regolante la fattispecie, appare alla Sezione possibile  omettere di soffermarsi funditus sulla ricostruzione della (duplice) attività consultiva espletata dal Consiglio di Stato con riferimento alla fattispecie in esame, e di ripercorrere organicamente i passaggi essenziali del parere n.456/07 reso dalla II Sezione del Consiglio di Stato.

     E ciò per due ordini di considerazioni.

     In primo luogo, perché sotto tale profilo la   ricostruzione resa dai primi Giudici appare completa, compiuta, ed immune da contraddizioni.

     In secondo luogo, perché parte appellante non sembra censurare l’esattezza in diritto dei principi di cui al citato parere, né tampoco la ricostruzione dogmatica (giocoforza più ampia) resa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 1/2008 che al contenuto del parere medesimo ha fatto più volte riferimento.

     Vero è infatti (si veda pag. 12 del ricorso in appello) che parte appellante si sofferma ad elogiare i principi espressi dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato nel (precedente) parere n. 3162 del 13.1.2006 laddove questa aveva fornito risposta negativa al quesito relativo alla legittimità dell’affidamento diretto della gestione e dello sviluppo del SIAN da parte dell’Agea alla nuova società  mista costituita ex art. 14 c. 10bis del DL n. 182/2005.

     Ed è altresì vero che la “integrazione” di cui al parere n. 456/07 giunge a conclusioni non sovrapponibili a quelle del precedente parere, laddove ha escluso la ricorrenza di un in house providing, ravvisando piuttosto quella di un partenariato pubblico privato ( e di tale circostanza sembra rammaricarsi l’appellante).

     Tuttavia in nessun passaggio del ricorso in appello vengono avanzate critiche all’iter motivazionale espresso nel citato parere n. 456/07.

     In ogni caso, sotto il profilo della astratta legittimità del modulo organizzativo in questione, la Sezione si è di recente espressa con la condivisibile decisione  n. 4603/2008 laddove si è affermato che “il modello delle società miste è previsto in via generale dall’art. 113 comma 5 lett. b) d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 14 d.l. n. 269 del 2003 e dalla relativa legge di conversione, n. 326 del 2003,  norme che, pur avendo attinenza ai contratti degli enti locali, delineano un completo paradigma, valido anche al di fuori del settore dei servizi pubblici locali. E che tale modello valga anche al di fuori del settore dei servizi, lo si evince dall’art. 1 comma 2 e dall’art. 32 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006), che contemplano il caso di società miste per la realizzazione di lavori pubblici e per la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica.”.

     Tale aspetto della questione costituisce approdo condiviso dal Collegio in ordine al quale non sussistono ragioni per mutare divisamento. 

     La materia del contendere concerne tuttavia un oggetto diverso. Si dubita, cioè, che nel caso di specie, e sotto numerosi e distinti angoli prospettici, siano state soddisfatte le condizioni che – secondo il parere predetto- possono legittimare il ricorso al c.d. “partenariato pubblico/privato”, e la celebrazione di una unica gara per la individuazione del socio privato e per l’affidamento del servizio, senza impingere nelle esigenze di tutela della concorrenza affermatesi in ambito comunitario e traslate nel sistema normativo nazionale.

     Non viene contestato, quindi, il nucleo fondante del parere della seconda Sezione del Consiglio di Stato n. 456/2007, nella parte in cui esso ha affermato che “è possibile l'affidamento diretto ad una società mista che sia costituita appositamente per l'erogazione di uno o più servizi determinati da rendere almeno in via prevalente a favore dell'autorità pubblica che procede alla costituzione, attraverso una gara che miri non soltanto alla scelta del socio privato ma anche allo stesso affidamento dell'attività da svolgere e che limiti, nel tempo, il rapporto di partenariato, prevedendo allo scadere una nuova gara”. 

     Si muove dalle condizioni legittimanti ivi tratteggiate, per denunciarne la insussistenza.

     Le condizioni che consentirebbero il ricorso a tale forma organizzativa, lo si ricorda, sono così enucleabili:

     1) che esista una norma di legge che autorizzi l’amministrazione ad avvalersi di tale “strumento”

     2) che il partner privato sia scelto con gara;

     3) che l’attività della costituenda società mista sia resa, almeno in via prevalente, in favore dell’autorità pubblica che ha proceduto alla costituzione della medesima

     4) che la gara (unica) per la scelta del partner e l’affidamento dei servizi definisca esattamente l’oggetto dei servizi medesimi (deve trattarsi di servizi “determinati”);

     5) che la selezione della offerta migliore sia rapportata non alla solidità finanziaria dell’offerente, ma alla capacità di svolgere le prestazioni specifiche oggetto del contratto;

     6) che il rapporto instaurando abbia durata predeterminata.

     Posto che anche il Collegio condivide pienamente l’iter motivazionale seguito nel parere n. 456/2007, e gli approdi cui la Seconda Sezione è giunta - sotto il profilo della teorica ammissibilità e legittimità della figura nel sistema giuridico italiano, e della possibilità di perseguire il risultato mediante lo svolgimento di una gara unica- da tale punto di partenza è necessario muovere passando all’esame delle censure afferenti all’an della celebrazione della gara in oggetto.

     Esse possono essere quindi così sintetizzate.   

     Non sussistevano le condizioni per procedere nei termini prescelti dall’amministrazione, (ed erroneamente il Tar ha avallato siffatto modus procedendi) in considerazione delle seguenti circostanze:

     il “socio d’opera” precelto, non è in realtà tale, perché si è dato un peso preponderante (30 punti) alla offerta economica, consistente nell’acquisto del 49% delle quote sociali, determinandosi una inammissibile restrizione della concorrenza;

     trattasi di contratto attivo, in ordine al quale non sono state seguite le procedure evidenziali classiche previste dalle disposizioni in materia di contabilità di stato (art. 3 c. I RD 2440/1923);

     l’oggetto del contratto, - l’attività da svolgere, cioè- non era compiutamente determinato, ma al più determinabile, così consentendo a Sin lo svolgimento di servizi ulteriori ed indefiniti rispetto a quelli del SIAN, giovandosi indebitamente di un affidamento  diretto in spregio alle regole di concorrenza e libero mercato affermatesi a livello comunitario.

     In sintesi: ad esclusione dei punti n. 1, 2 e 6 sopraindicati quali condizioni legittimanti del ricorso al modulo organizzativo, in ordine alla cui ricorrenza non sono state articolate doglianze, nessuna delle condizioni predette era positivamente riscontrabile.

     La sentenza appellata avrebbe erroneamente ravvisato la sussistenza di dette condizioni.

     In via preliminare, una considerazione “anticipatoria” appare opportuna: ritiene la Sezione che  le apprezzabili argomentazioni difensive “traslino” sulla gara, quelle che sono valutazioni in realtà direttamente riferibili alla previsione normativa istitutiva del Sian e dei compiti al medesimo affidati.

     Una volta preso atto dell’ampiezza della mission affidata a quest’ultimo, e dell’obbligo delle amministrazioni di servirsi dei servizi da questo offerti, o si esclude che il modello della società mista e del partenariato pubblico-privato possa valere per il Sian medesimo, ovvero  si  rapporta il concetto di determinazione del servizio messo in gara ai compiti del Sian medesimo.

     La contraddizione dell’atto di appello, riposa nella circostanza che, come meglio si evidenzierà di seguito, proprio la complessità dei compiti affidati ex lege al Sian (rivestenti interesse pubblico per espressa previsione di legge  e per la obiettiva finalizzazione dei medesimi) “giustifica” il ricorso al modulo organizzativo/collaborativo prescelto.

     Se si concorda con tale affermazione (a più riprese evidenziata nel citato parere, che giunge a cogliere una previsione di “specialità sistematica”, nella disposizione di cui al d.lvo del 2005 summenzionata) appare poi distonico che di tale complessità non si tenga conto nell’esaminare la lex specialis della gara (e la procedura di gara medesima).   

     Ciò premesso, deve immediatamente sgombrarsi il campo dalla censura afferente l’asserito omesso rispetto delle norme di contabilità pubblica, nella considerazione che la regola in questione deve essere inquadrata – alla stregua dei modelli organizzativi via via affermatisi nell’ordinamento – nella più generale esigenza di garantire concorsualità e trasparenza (nel caso si specie pienamente rispettati, e comunque non censurati dall’appellante nei termini decorrenti dalla conoscenza della lex specialis della gara,  cui ebbe a partecipare senza riserve).

     Del resto, muovendo dal presupposto teorico della ammissibilità della gara unica (a determinate condizioni, lo si è detto) per la scelta del partner privato di minoranza e per l’affidamento del servizio, appare distonico sollecitare una statuizione demolitoria con riferimento ad un profilo (gara da svolgersi con pubblici incanti o licitazione) che, ove inteso in  senso letterale, appare incompatibile con la gara unica stessa, ed ove in senso espressivo di una aspirazione alla regola della concorsualità, appare nel concreto soddisfatto: in ultimo, anche il richiamo contenuto nell’ art. 15 della legge n. 194/1984  alla deroga alle norme sulla contabilità di stato, consente di ritenere infondata tale censura che, del pari, appare priva di fondamento con riferimento al principio espresso nel codice dei contratti pubblici che contiene, all’art. 1, comma 2, una previsione di carattere generale sulle società miste, secondo la quale, “nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica” (id est: non necessariamente, ai sensi della disciplina dello stesso codice).

     Il principio ivi espresso appare ricognitivo di una linea tendenziale (e non già innovativo) rispettata nel caso di specie: la inapplicabilità ratione temporis del codice dei contratti alla presente fattispecie (la pubblicazione del bando risale al 6.3.2006) non impedisce di trarre dalla previsione normativa in oggetto un ulteriore conforto alla inaccoglibilità della censura di parte appellante.

     Proseguendo nella verifica del contenuto del ricorso in appello, sotto  il profilo logico, il primo degli aspetti da approfondire - involgendo la legittimità della gara sotto il profilo degli elementi oggettivi del servizio da svolgere - concerne la censura di indeterminatezza del servizio affidato: essa appare inscindibilmente connessa -quantomeno in relazione alle argomentazioni utilizzate dai primi Giudici per respingere la doglianza, ed alle critiche formulate dall’ appellante- a quella concernente la asserita assenza del requisito della  prevalenza dell’attività da svolgere  in favore dell’autorità pubblica che ha proceduto alla costituzione della medesima

     Secondo l’articolato argomentare del ricorso in appello i primi Giudici, con riferimento a tale aspetto avrebbero trasformato il concetto di “servizio determinato” in quello di “servizi determinabili”.

     La censura  non coglie nel segno, ad avviso della Sezione.  

     Quanto alla questione relativa alle prestazioni da svolgersi in favore del  socio pubblico, appare pertinente  richiamare gli artt. 2 e 3 del Contratto di Servizio Quadro con il quale  sono stati individuati i compiti e le attività affidate d Agea a Sin Srl, e dal quale si evince:la esatta e puntuale determinazione, anche per relationem, dei servizi base, e la eventualità della previsione di affidamento di servizi ulteriori.

     Analitica elencazione viene svolta altresì all’allegato F della lettera invito.

     Appare inoltre condivisibile, ed assume portata troncante, la esattezza della affermazione (ma sarebbe più esatto definirla constatazione) dei primi Giudici, con la quale si è dato il rilievo proprio alla prescrizione di legge secondo cui  tutti gli enti, anche diversi dall’Agea, devono avvalersi dal Sian, che è gestito dall’Agea, dal che consegue che la prestazione svolta in favore di organismi  diversi dall’Agea, si rivolge in ultima analisi all’ente responsabile del SIAN (id est: l’Agea).

     Si staglia evidente, ad avviso del Collegio, la assoluta inassimilabilità della fattispecie in questione con quella esaminata nella dianzi citata decisione n. 4603/2008 della Sezione, laddove avuto riguardo alle concrete prescrizioni del bando, si riscontrò una (inammissibile) previsione “generalista.”

     In detta decisione, invero (se ne riporta di seguito un breve stralcio dell’iter motivazionale) si chiarisce la ratio della necessità che l’ oggetto del servizio da svolgere trovi compiuta definizione, e si è affermato che “gli atti di gara non identificano con sufficiente precisione le opere oggetto dell’appalto, limitandosi la stazione appaltante a indicare gli importi e i costi in termini di massima e a precisare che la società avrebbe dovuto realizzare “tutti quei lavori …che l’ATO della provincia di Milano deciderà di finanziare con i suoi piani annuali”. La scelta del socio, ancorchè selezionato con gara, non avviene dunque per finalità definite, ma solo al fine della costituzione di una società “generalista”, alla quale affidare l’esecuzione di lavori non ancora identificati al momento della scelta stessa: tale circostanza rende di per sé illegittimo l’affidamento diretto dell’esecuzione dei lavori, secondo il modulo delineato con i contestati provvedimenti.

     Sul piano sostanziale, può essere ancora aggiunto che la riscontrata illegittimità non riposa solamente su un motivo formale, ma trova corrispondenza sulla distorsione della concorrenza che concretamente ne deriva: è infatti evidente che la scelta di assumere l’incarico operativo per l’esecuzione di lavori indeterminati ma di rilevanti importi, e per la durata di un quinquennio, è di per sé discriminante in danno delle imprese di piccole dimensioni, che ben potrebbero, invece, concorrere per singoli lavori, di portata più limitata e ben precisata.”    

     Nella gara per cui è causa, di converso, non si riscontra alcuna delle carenze specificative che hanno indotto la Sezione a pronunciare la statuizione demolitoria n. 4603/2008.

     Alla puntuale elencazione del nucleo base di servizi affidati, si affianca sì la previsione della eventualità  di servizi ulteriori, ma con prefissione di tetto massimo (40 milioni di euro annui) assai inferiore all’importo delle prestazioni direttamente destinate ad Agea, e comunque pur sempre in favore del socio pubblico.

     Anche la circostanza che i servizi (eventuali) in oggetto, siano espressamente definibili quali “aggiuntivi e complementari” e che pertanto concernano funzioni strettamente legate con i campi tipici di intervento del SIAN, milita in favore della reiezione della censura di indeterminatezza.

     La circostanza inoltre – il dato è rimasto incontestato, ed è stato rappresentato dall’appellata Almaviva SPA a pag 29 della memoria datata 26.1.2009- che l’affidamento degli altri servizi avrebbe dovuto seguire le regole della procedura negoziata  e nei limiti di cui all’art. 57 del D.lvo n. 163/2006, scongiura, a parere della Sezione, ogni eventualità di concreta distorsione della concorrenza paventata dall’appellante.

     Muovendo un passo indietro, e considerando quelle dianzi svolte delle mere “anticipazioni di giudizio”, si può precisare quanto segue.

     Il partenariato pubblico privato, con gara unica per la scelta del socio e l’affidamento del servizio configura una forma di “collaborazione”.

      Traspare, dal citato parere n. 456/2007 del quale si riporta uno stralcio, ed appare logica premessa dell’iter motivazionale ivi espresso, la preoccupazione di fondo – che attinge  con precipuo riferimento, il modello della “società mista” -  secondo cui una “ condivisa inconfigurabilità del modello dell’in house per le società miste rischierebbe di condurre, a far valere gli indirizzi della Corte di Lussemburgo come una sorta di “incoraggiamento” alla costituzione di società pubbliche al 100%, senza alcuna procedura selettiva e senza alcun ricorso al mercato. Questa Sezione ritiene, invece, che l’affidamento a soggetti pubblici al 100% costituisca, in qualche modo, la negazione del mercato”.

     Si è affermato nel predetto parere – e sulla rigorosità degli argomenti ivi svolti supportanti detta affermazione ritiene la Sezione vi sia ben poco da aggiungere anche in considerazione della non contestazione dei medesimi da parte dell’appellante -  che la peculiarità del Sian, i  compiti “di interesse pubblico” (secondo la stessa dizione legislativa cui all’art. 15 del D. lvo n. 173/1998) che esso è chiamato a svolgere si evince non tanto un “interesse dell’amministrazione” a ricorrere al modello in esame ma “ quasi una necessità, in considerazione della stretta connessione del SIAN con l’esercizio di funzioni pubbliche”, molte delle quali – prosegue il parere predetto – “appaiono di tipo amministrativo e non delegabili ai privati”.

     Il bando di gara recepisce tale indicazione e fa riferimento al concetto di “affiancamento”.

     Muovendo da tali aspetti teorici deve affermarsi che, avuto riguardo all’oggetto della gara, Sin Srl, per nove anni (atti esecutivi di durata triennale) è chiamata a svolgere attività per Agea (e Mipaaf) per circa 85 milioni di euro annuali.

     Ulteriori eventuali servizi possono essere richiesti da Agea a Sin per un importo massimo (inferiore della metà rispetto al primo) per 40 milioni di euro annuali

     Ma per addivenire allo svolgimento di  tale ultimo compito, ex artt. 5 e  6 del Contratto di Servizio Quadro (stipulato tra Agea e Sin srl il 30.1.2006), pertiene ad Agea il compito di stipulare gli atti esecutivi indispensabili e prodromici allo svolgimento di tali servizi, comunque sempre in favore di uno dei soggetti obbligati ad avvalersi del Sian ex art. 15 del d.lvo n. 173/1998.

     In ultima analisi la prevalenza della prestazione del  servizio in favore di Agea appare non revocabile in dubbio, sia alla stregua delle prescrizioni del citato art. 15 del d.lvo n. 173/1998 che, soprattutto in relazione al  contratto di Servizio Quadro e della previsione “intermediante” in favore di Agea.

     Quanto alla questione della indeterminatezza del  servizio, appare altresì necessaria, prioritariamente, rispetto alla disamina della documentazione in atti, una considerazione.

     Avuto riguardo alla durata del rapporto (nove anni, nel caso di specie, ma è ben arduo ipotizzare un interesse dell’amministrazione di ricorrere al modulo organizzativo  in esame per periodi assai limitati sotto il profilo temporale) ed alla complessità a monte dei compiti affidati, non appare incongruo che si possa prevedere (in misura ridotta, ovviamente, rispetto ai compiti necessariamente affidati)l’eventualità che altri ne vengano assegnati, senza che per ciò solo si trasmodi nella –inammissibile- forma di una società “generalista”, ovvero si trasformi il concetto di “determinazione del servizio” in quello di “determinabilità” del medesimo.ì

     Ed allora, la problematica si sposta nel verificare il grado di dettaglio e specificazione della previsione, l’informazione che di tale evenienza sia stata fornita (in guisa da consentire a tutti i privati potenzialmente interessati di valutare tale elemento in sede di partecipazione alla gara) la ratio giustificativa della previsione medesima.

     Nel caso di specie, di tale elemento si è:

     a) previsto l’importo massimo annuale, (40 milioni di Euro, comprensivi degli “ulteriori servizi” e di quelli non previsti nel contratto quadro );

     b) considerata tale evenienza (art. 3 co. 3 del contratto-quadro, da leggere in combinato disposto con il precedente art. 2 co. 3  del contratto di servizio quadro, la cui valutazione da parte dei primi Giudici ha indotto questi ultimi a ritenere positivamente riscontrato il grado di determinatezza dell’oggetto del contratto: si veda , con riferimento all’elemento analitico -specificativo, l’alleg. F alla lettera invito).

     Non appare alla Sezione che le critiche contenute nel ricorso in appello intacchino la rigorosità dell’iter logico-motivazionale seguito dai primi Giudici, il cui approdo appare in parte qua pienamente condivisibile.

     Non ritiene  la Sezione, peraltro, di condividere la eccessiva attenzione sotto il profilo dogmatico che recente dottrina ha dedicato al tema del “contratto di servizio” quasi che il medesimo avesse dignità giuridica di autonomo istituto organizzativo.

     Esso è  - e rimane-  una ordinaria convenzione, avente quale  unica peculiarità quella di concorrere nel definire i compiti dell’aspirante socio privato di minoranza nell’unica gara bandita dall’amministrazione  (anche) per l’aggiudicazione del servizio: nel caso in oggetto esso specifica sufficientemente i compiti affidati alla Sin SRL.

     L’ultima  censura articolata con il ricorso principale si appunta sulla asserita carenza di  una “ condizione legittimante” (forse la più rilevante, in quanto incidente sulla stessa ratio giustificativa del ricorso a simile modulo organizzativo) tra quelle individuate nel parere n. 456/2007 della Seconda Sezione del Consiglio di Stato.

     Essa assume in realtà una duplice portata: nel sostenersi che la selezione non sarebbe stata, in realtà, mirata a scegliere un partner industriale, un “socio lavoratore”, per utilizzare una risalente espressione civilistica, ma a garantirsi il cospicuo apporto di capitale determinato dall’acquisto del 49% delle azioni della Sin, si esalta l’effetto distorsivo della concorrenza ex se rappresentato dalla possibilità di partecipare alla selezione “riservata” a realtà organizzative in possesso di elevati capitali sociali censurandosi altresì il peso preponderante in concreto attribuito (30 punti) alla componente economica dell’offerta.

     Ritiene il Collegio che la valutazione dei primi Giudici resista alle censure articolate nell’appello.

     Settanta punti dell’offerta (un peso specifico più che doppio, quindi, rispetto al dato economico) sono stati attribuiti dal bando selettivo ai parametri relativi  alle modalità tecniche di erogazione del servizio (25 punti) ed al piano industriale (45 punti).

     L’apporto in capitali discendente dall’acquisto  delle quote societarie, non costituisce esborso/controvalore economico dell’aggiudicazione della selezione, ma rimane a fare parte del patrimonio Sin (e quindi, nella disponibilità del partecipante alla medesima, socio privato di minoranza).

     Allo spirare del termine novennale di durata del negozio giuridico,  è stato previsto il riacquisto della quota da parte del socio pubblico, e la determinazione del prezzo sarà rapportata anche al patrimonio netto della società predetta (il che, sia detto per incidens, viepiù dovrebbe spingere l’aggiudicatario privato e futuro socio uscente ad adoperarsi per una gestione quanto più oculata possibile dell’attività societaria, da ciò dipendendo l’eventuale apprezzamento della propria partecipazione).        

     Statuto e patti parasociali della società mista concorrono ad individuare i compiti del socio privato nello sviluppo e gestione del Sian (come rilevato dai primi Giudici): non ritiene la Sezione di trovarsi in presenza di sviamenti rispetto alla necessità che il socio privato di minoranza abbia le caratteristiche di socio industriale e che si sia invece (il che sarebbe ingiustificabile) ricorso al modulo organizzativo predetto finalizzandolo a reperire un mero socio di capitali.

     Peraltro l’appellante sostanzia detta censura muovendo dalle prescrizioni della lex specialis che richiedevano che si specificassero  le modalità erogative “solamente” con riferimento ai servizi di cui al punto 3.3. dell’allegato F della lettera invito, e facendo riferimento  alla mancata  quotazione economica dei servizi da parte dei concorrenti (dati, questi, in se dimostrativi del peso preponderante rivestito, nell’aggiudicazione, del dato “capitale” rispetto a quello “lavoro”) .

     Ma ove si ponga attenzione alle prescrizioni della lex specialis ritiene la Sezione che anche tali elementi, per quanto enfaticamente formulati (e resi muovendo dalla premessa che l’unico servizio affidato consistesse nel mero apprestamento di attività gestorie di un sistema informatico) non dimostrino l’assunto dell’appellante.

     Ciò perché, da un canto è incontestabile (anche soltanto facendo riferimento al dato numerico) che i servizi di cui al punto 3.3. dell’alleg. F alla lettera-invito, in passato svolti da Agrisian, costituiscono il dato centrale ed ineliminabile del servizio affidato, ed i 5 sottopunteggi specificativi  (in un monte complessivo di punti 45) della valutazione del Piano industriale coprono l’intero complesso dei servizi erogabili da Sin.

     Quanto alla omessa previsione di una quotazione economica dei  servizi da parte dei concorrenti, la predeterminazione ad opera di Agea consentiva l’elaborazione  del piano industriale ai concorrenti sulla base di parametri certi, e non è comunque dimostrativa della prevalente valutazione dell’apporto finanziario del privato,  limitata come si è rilevato in premessa e non disconosciuto dall’appellante ad un punteggio di trenta rispetto ai cento complessivamente attribuibili.

     Le considerazioni che precedono militano per la reiezione delle doglianze articolate nel ricorso in appello ed attingenti l’an della gara.

     A giudizio della Sezione  l’assunto sinora espresso a questo proposito, trova ulteriori elementi di conforto in un recente documento comunitario che, sebbene precedente ratione temporis alla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1/2008 non è stato ivi contemplato.

     Si fa riferimento alla Comunicazione interpretativa della Commissione Europea del 5.2.2008 (C 6661/2007) sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI).

     Essa è stata a più riprese citata nella prima memoria difensiva depositata dalla Sin SRL.

     Rispetto alle considerazioni ivi svolte dalla controinteressata, ritiene la Sezione di dovere evidenziare che tale testo non può assumere portata decisiva o troncante sulla materia (in costante evoluzione) né ai fini della decisione della presente controversia (nella stessa Comunicazione interpretativa, se ne pone in luce la portata, nell’ultimo capoverso del paragrafo 1 dedicato all’introduzione, laddove si fa presente che “la presente comunicazione non introduce alcuna nuova normativa, ma riflette l'interpretazione data dalla Commissione al trattato CE, alle direttive in materia di appalti pubblici e alla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE). È opportuno rilevare che, in ogni caso, l'interpretazione del diritto comunitario spetta in ultima istanza alla CGCE.”)

     Di essa, anche per l’autorevolezza della fonte da cui promana, deve tuttavia tenersi conto, a fini orientativo-interpretativi e, può affermarsi, detto testo, seppure nella estrema concisione che lo caratterizza, contiene almeno due affermazioni assai importanti che appare utile riportare pedissequamente nella presente decisione.

     Nell’esaminare  infatti (par. 2) il processo di costituzione, la Commissione prende le mosse da un dato rientrante nella ordinaria esperienza (“concretamente l'instaurazione di un partenariato pubblico-privato istituzionalizzato si traduce in genere:nella costituzione di una nuova impresa il cui capitale è detenuto congiuntamente dall'amministrazione aggiudicatrice e dal partner privato (in alcuni casi, da più amministrazioni aggiudicatrici e/o più partner privati), e nell'aggiudicazione di un appalto pubblico o di una concessione a tale entità a capitale misto di nuova costituzione; oppure nella partecipazione di un partner privato a un'impresa pubblica già esistente che esegue appalti pubblici o concessioni ottenuti in passato nell'ambito di una relazione "interna").

     Essa, muovendo da consolidati approdi del diritto comunitario e dalla giurisprudenza formatasi in tema di affidamenti in –house, ribadisce che “indipendentemente dalle modalità di costituzione del PPPI, le disposizioni di diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni impongono all'amministrazione aggiudicatrice di seguire una procedura equa e trasparente quando procede alla selezione del partner privato che, nell'ambito della sua partecipazione all'entità a capitale misto  fornisce beni, lavori o servizi, o quando procede all'aggiudicazione di un appalto pubblico o di una concessione a un'entità a capitale misto. In ogni caso, le amministrazioni aggiudicatrici non possono "ricorrere a manovre dirette a celare l'aggiudicazione di appalti pubblici di servizi a società ad economia mista".

     Ancora, continua la Commissione, “per costituire un PPPI in modo conforme ai principi del diritto comunitario evitando nel contempo i problemi connessi ad una duplice procedura si può procedere nel modo seguente: il partner privato è selezionato nell'ambito di una procedura trasparente e concorrenziale, che ha per oggetto sia l'appalto pubblico o la concessione (18) da aggiudicare all'entità a capitale misto, sia il contributo operativo del partner privato all'esecuzione di tali prestazioni e/o il suo contributo amministrativo alla gestione dell'entità a capitale misto. La selezione del partner privato è accompagnata dalla costituzione del PPPI e dall'aggiudicazione dell'appalto pubblico o della concessione all'entità a capitale misto.”

     Assai importante, ad avviso della Sezione, è l’affermazione che si rinviene tra le due sopramenzionate, laddove la Commissione fa presente che “una doppia procedura (la prima per la selezione del partner privato del PPPI, e la seconda per l'aggiudicazione dell'appalto pubblico o della concessione all'entità a capitale misto) sia difficilmente praticabile ”, con ciò confermando ex post, quanto alla “genesi” della disposizione legislativa di  cui all’4 del DL 182/2005, ed alla pratica applicazione che ne è stata data dall’appellata amministrazione, la correttezza dell’iter seguito (e ponendosi sulla identica linea tracciata dall’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n.1/08, consistente nell’auspicio che si riesca a concentrare in un’unica gara la scelta del partner "operativo" e l’affidamento del servizio alla compagine societaria mista all’uopo costituita, è evidente) .

     In secondo luogo, nel testo della sopramenzionata Comunicazione Interpretativa, si rinviene un’altra importante affermazione (paragrafo 2.3.5. intestato: “ Elementi specifici dello statuto, del patto tra azionisti e dell'appalto pubblico o della concessione”).

     Richiamandosi agli obblighi di trasparenza ed informazione su cui nei paragrafi precedenti si era ampiamente diffusa, la Commissione attualizza tali principi, facendo presente che “il principio di trasparenza impone di indicare chiaramente nella documentazione di gara le possibilità di rinnovo o di modifica dell'appalto pubblico o della concessione aggiudicati all'entità a capitale misto e di specificare le possibilità di assegnazione di nuovi compiti.”

     Non è esclusa, pertanto, ad avviso della Commissione la possibile assegnazione di nuove incombenze (rispetto a quelle originariamente prefissate, è ovvio: il tutto, purchè di ciò sia data preventiva informazione ai concorrenti).

     In ultimo, preme alla Sezione riportare – senza che abbisognino sul punto commenti- un breve stralcio della nota suddetta (paragrafo 3, denominato  “LA FASE POSTERIORE ALLA COSTITUZIONE DI UN PPPI”), laddove, pare alla Sezione, la Commissione, nella scorta della considerazione secondo cui , “essendo in genere costituito per la prestazione di un servizio nell'arco di un periodo di tempo abbastanza lungo, il PPPI deve essere in grado di adattarsi ad alcune variazioni intervenute nel contesto economico, giuridico o tecnico”,  dilata la possibilità di specificazioni/modificazioni successive alla gara, anche rispetto a quanto previsto nella lex specialis per cui è causa, ipotizzando che “le disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni non impediscono di tener conto di queste variazioni, purché siano rispettati il principio di parità di trattamento  e il principio di trasparenza. i conseguenza, qualora l'autorità aggiudicatrice desideri, per ragioni precise, avere la possibilità di modificare determinate condizioni dell'appalto dopo la scelta dell'aggiudicatario, dovrà prevedere espressamente tale possibilità di adeguamento, così come le sue modalità di applicazione, nel bando di gara o nel capitolato d'oneri e delimitare l'ambito all'interno del quale la procedura deve svolgersi, cosicché tutte le imprese interessate a partecipare all'appalto ne siano a conoscenza fin dall'inizio e si trovino pertanto su un piede di parità nel momento della formulazione dell'offerta”, rammentando in ultimo  che “il diritto derivato specifica le situazioni eccezionali in cui è consentita l'aggiudicazione diretta e senza procedura di gara di lavori o servizi supplementari non inclusi nel progetto iniziale”.

     Ritiene la Sezione che le affermazioni riportate con particolare riferimento alla tematica sollevata della “non specificazione” dei servizi forniscano conforto tranquillizzante sulla correttezza della procedura seguita dall’amministrazione.

     Parte appellante ha poi reiterato due specifiche censure (in primo grado proposte con ricorso per motivi aggiunti) attinenti allo svolgimento della gara ed alle operazioni in detta sede espletate.

     Quanto alla prima di esse (volta a censurare l’operato della Commissione di gara che avrebbe illegittimamente introdotto motu proprio sottocriteri valutativi delle offerte non previsti dal bando) i primi Giudici hanno esattamente osservato la inapplicabilità ratione temporis dell’art. 83 del codice dei contratti, e l’hanno respinta nel merito ritenendo le ulteriori specificazioni (rese dalla Commissione, come lealmente rammentato dallo stesso appellante a pag 46 del ricorso in appello, nella seduta del 23.10.2006, ed antecedentemente all’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche) coerenti con i sottoparametri già previsti dalla lex specialis.

     L’operato della Commissione appare rispettoso del principio secondo il quale “la Commissione giudicatrice in una gara d'appalto può introdurre elementi di specificazione e integrazione dei criteri generali di valutazione delle offerte già indicati nel bando di gara o nella lettera d'invito, oppure fissare sottocriteri di adattamento di tali criteri o regole specifiche sulle modalità di valutazione, a condizione però che vi provveda prima dell'apertura delle buste recanti le offerte stesse.” (Consiglio di Stato , sez. VI, 22 marzo 2007, n. 1369, ma si veda anche Consiglio di Stato , sez. V, 31 dicembre 2007, n. 6879, e più di recente, Consiglio di Stato , sez. V, 12 febbraio 2008, n. 490 ove si è posto l’accento sulla circostanza –ritenuta viziante -che criteri di aggiudicazione sono stati specificati in seduta successiva all'apertura delle offerte).

     Non appare conducente immorare ulteriormente su tale aspetto, se non  per evidenziare che, allorché sia prescritta una attività valutativa tecnicamente discrezionale di un criterio entro un minimo ed un massimo, giocoforza l’ampiezza del parametro preso in esame viene (se non altro a livello intellettivo) scomposta con riferimento ai singoli elementi che concorrono a formarlo.

     L’avere esposto in via preventiva rispetto all’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica i criteri di tale scomposizione valutativa, costituisce semmai autovincolo per la commissione che esplicita preventivamente il livello di apprezzamento delle (ancora ad essa ignote) proposte.

     Né detti criteri  erano distonici – come in punto di fatto osservato con condivisibile motivazione dai primi Giudici – rispetto ai (macro)parametri di riferimento, ovvero introducevano elementi valutativi “nuovi”, imprevedibili, di guisa che potrebbe  dirsi venuta meno la funzione specificatrice dei medesimi : non risultato pertanto integrate le “condizioni negative di legittimità” enucleate dalla giurisprudenza comunitaria (causa n. 331/2004) secondo cui gli artt. 36 della direttiva 92/50 e 34 della direttiva 93/38 devono essere interpretati nel senso che il diritto comunitario non osta a che una commissione aggiudicatrice attribuisca un peso relativo ai subelementi di un criterio di aggiudicazione stabilito precedentemente, effettuando una ripartizione tra questi ultimi del numero di punti previsti per il detto criterio dall'amministrazione aggiudicatrice al momento della redazione del capitolato d'oneri o del bando di gara, purché una tale decisione:

     - non modifichi i criteri di aggiudicazione dell'appalto definiti nel capitolato d'oneri o nel bando di gara;

     - non contenga elementi che, se fossero stati noti al momento della preparazione delle offerte, avrebbero potuto influenzare la detta preparazione;

     - non sia stata adottata tenendo conto di elementi che possono avere un effetto discriminatorio nei confronti di uno dei concorrenti.

     La invocata recente decisione della Corte di Giustizia (in C. n. 532/06) non appare indicativa di un orientamento trasponibile al caso sottoposto all’odierna cognizione del Collegio, atteso che, in detta sede, si evidenziò che “la commissione aggiudicatrice ha menzionato nel bando di gara i soli criteri di aggiudicazione individuando in un momento successivo, dopo la presentazione delle offerte e dopo l'apertura delle domande di manifestazione di interesse, sia i coefficienti di ponderazione sia i sottocriteri per tali criteri di aggiudicazione. Orbene, ciò non soddisfa evidentemente l'obbligo di pubblicità previsto dall'art. 36, n. 2, della direttiva 92/50, letto alla luce del principio di parità di trattamento degli operatori economici e dell'obbligo di trasparenza.”

     La censura deve pertanto essere respinta, e ad eguale giudizio si perviene con riferimento all’ultima doglianza contenuta nel ricorso in appello (il terzo motivo di censura  originariamente contenuto nel ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado non è stato riproposto in appello).

     L’advisor Rotchild era stato chiamato a svolgere attività istruttoria e preliminare con riferimento alla valutazione dei Piani Industriali.

     Che la Commissione abbia autonomamente valutato gli esiti istruttori si evince dal verbale delle operazioni; che il rappresentante dell’advisor sia stato chiamato ad illustrare la relazione tecnica appare perfettamente conforme alla complessità delle valutazioni sottese al piano industriale (ed anzi, manifestazione di serietà ed approfondimento dell’operato della commissione).

     La contraria opzione giurisprudenziale invocata dall’appellante (che cita la decisione del Consiglio Stato , sez. IV, 17 febbraio 2004, n. 631, secondo cui “pur essendo legittimo che una stazione appaltante preveda che la commissione di gara o l'ufficio appalti siano coadiuvati da un apposito staff tecnico, quale consulente esterno, per la fase di verifica delle giustificazioni, non riscontrandosi nell'ordinamento alcuna norma che osti a tale assetto, è comunque necessario, ai fini della legittimità delle successive determinazioni, che l'attività di tale staff si connoti per il suo carattere istruttorio, preparatorio e meramente strumentale e non si risolva, invece, in valutazioni tecnico - discrezionali che si rivelino, all'esito del procedimento, definitive.”) non si attaglia alla fattispecie, posto che le valutazioni del advisor non furono definitive: liberamente apprezzate dalla Commissione, furono dalla medesima approvate,e  ne costituirono unicamente supporto tecnico.

     Si è ben lungi, pertanto, (per limitarsi a citare la fattispecie da cui è scaturita la decisione surrichiamata) dall’essersi proceduto “affidando ad un tecnico esterno l'incarico di verificare ... le citate giustificazioni di tutti i prezzi offerti e di comunicare il risultato con una relazione scritta”, né appare carente “mancando qualsiasi atto di "riespansione" della competenza dell'uno o dell'altro, il cui ruolo non viene nemmeno ad attingere, nella vicenda all'esame, il livello, che peraltro la ferma giurisprudenza di questo Consiglio ritiene insufficiente, di un avallo formale ed acritico dell'attività del tecnico esterno”.

     Anche tale doglianza appare pertanto destituita di fondamento, non potendosi riscontrare  alcun vulnus al principio della collegialità ed esclusività delle valutazioni demandate al seggio di gara, e dovendosi per altro verso riaffermare con convinzione il principio per cui è possibile per le commissioni di gara  giovarsi di un apporto valutativo esterno, limitato alla fase istruttoria, e comunque purchè le medesime vaglino criticamente le resultanze fornite, esplicitando il proprio convincimento sui dati preventivamente istruiti.

     Conclusivamente, la Sezione respinge il ricorso in appello, dal che consegue che l’ appello incidentale deve essere dichiarato improcedibile, con conseguente integrale conferma dell’appellata decisione.

     Le spese del giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi, ravvisabili nella particolarità degli aspetti fattuali sottesi alla presente controversia.

 

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione sesta, respinge l’appello principale, dichiara improcedibile l’appello incidentale e, per l’effetto conferma l’appellata decisione.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2009, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Claudio Varrone   Presidente

Paolo Buonvino             Consigliere

Aldo Fera                          Consigliere

Roberto Garofoli                        Consigliere

Fabio Taormina                                 Consigliere Rel.

 

Presidente

CLAUDIO VARRONE

 

Consigliere       Segretario

FABIO TAORMINA    GIOVANNI CECI

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/03/2009

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

 

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA

 

 

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