REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione,
con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Antonio Borea - Presidente
Claudio Rovis - Consigliere, relatore
Riccardo Savoia - Consigliere
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 2088/2008, proposto da Pasqualini Marco, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Sala, Riccardo Ruffo e Franco Zambelli, con elezione di domicilio presso lo studio dell’ultimo in Venezia-Mestre, via Cavallotti 22,
contro
il Comune di Bussolengo (Vr) in persona del Sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Eugenio Lequaglie e Francesco Acerboni, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, Santa Croce 312/a,
e con controricorso e ricorso incidentale
di Farma.co S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Gianluca Scalco ed Emanuela Rizzi, con elezione di domicilio presso lo studio lo studio della seconda in Venezia, Santa Croce 312/a,
per l'annullamento
della determinazione del responsabile area servizi amministrativi del Comune di Bussolengo dd. 8.8.2008 n. 643, recante approvazione verbali della gara relativa alla cessione dell’80% del capitale sociale della Società Farmacia Comunale di Bussolengo S.r.l., con aggiudicazione definitiva della procedura a Farma.co S.r.l.; dei verbali della Commissione giudicatrice; della graduatoria formulata dalla medesima Commissione; della nota dd. 5.8.2008; della determinazione, di data non conosciuta, con la quale l’amministrazione ha autorizzato la cessione delle quote a Farma.co S.r.l.; ed altresì per il risarcimento del danno;
visto il ricorso regolarmente notificato e depositato presso la Segreteria con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione del Comune di Bussolengo;
visto il ricorso incidentale di Farma.co S.r.l.;
visti gli atti tutti della causa;
uditi alla pubblica udienza del 12 marzo 2009 (relatore il Consigliere Claudio Rovis) i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;
ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
L’odierno ricorrente ha impugnato gli atti relativi alla procedura ad evidenza pubblica bandita dal Comune di Bussolengo per l’individuazione del socio privato della società mista “Farmacia comunale di Bussolengo srl”, costituita dallo stesso Comune per la gestione di una farmacia comunale di nuova apertura, alla quale la ricorrente aveva partecipato e che s’era conclusa con l’aggiudicazione alla controinteressata Farma.Co srl, quale migliore offerente.
Secondo il ricorrente, l’aggiudicazione sarebbe illegittima per violazione dell’art. 113, VI comma del DLgs n. 267/00 che non consente la partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi pubblici delle società e/o enti che – come quella risultata aggiudicataria - già gestiscano servizi pubblici ottenuti in affidamento diretto, nonchè per violazione delle prescrizioni del bando di gara che escludono la partecipazione alla gara delle società “il cui oggetto sociale non prevede espressamente…la possibilità di effettuare attività extraterritoriale rispetto al proprio comune” e che impongono l’indicazione della persona fisica che avrebbe assunto le funzioni di direttore della farmacia.
Resistono in giudizio il Comune di Bussolengo e la controinteressata Farma.Co srl (quest’ultima, peraltro, anche impugnando incidentalmente, in via condizionata, l’art. 6 del bando qualora fosse interpretato nel senso che lo statuto delle società partecipanti alla gara doveva contenere espressa menzione della “possibilità di svolgere attività extra-territoriale”) rilevando l’infondatezza del proposto gravame, del quale, conseguentemente, chiedono la reiezione.
La causa è passata in decisione all’udienza del 12 marzo 2009.
DIRITTO
1.- Con il primo motivo il ricorrente censura l’ammissione di Farma.co srl alla gara in violazione dell’art. 6, I comma, lett. d) del bando, che escludeva espressamente le società che si trovassero”nelle condizioni di cui al comma VI dell’art. 113 del DLgs n. 267/00”, e cioè che gestissero “a qualunque titolo farmacie in virtù di un affidamento diretto”. Farma.co era stata istituita dal Comune di S. Giovanni Lupatoto per la gestione della farmacia comunale, e tale gestione - irrilevante essendo che il socio (persona fisica) della predetta farmacia fosse stato scelto con pubblica gara - le era stata data direttamente, senza alcuna gara. Farma.co non poteva, pertanto, partecipare alla gara di cui è causa.
Il motivo è infondato.
La Corte di Giustizia C.E, con la sentenza sez. I, 11 gennaio 2005, n. 2603, C-26/03 ha ritenuto che nell'ipotesi in cui un'amministrazione intenda concludere un contratto a titolo oneroso relativo a servizi con una società da essa giuridicamente distinta nella quale detiene una partecipazione insieme con una o più imprese private, le procedure di affidamento degli appalti pubblici previste dalla citata direttiva debbono sempre essere applicate, anche se la partecipazione del capitale privato sia minoritaria.
Le statuizioni della Corte di giustizia, in ordine all'ambito degli affidamenti in house e alla necessità che l'affidamento di appalti a società miste, anche a capitale privato minoritario, segua le procedure di evidenza pubblica, sono, peraltro, in linea con la giurisprudenza nazionale.
Nell'ordinamento interno, infatti, si distingue tra affidamenti (in house) a società a capitale interamente pubblico, e affidamenti a società miste.
Per quanto riguarda gli affidamenti di lavori, servizi, forniture, a società a capitale interamente pubblico, si rientra nella tematica del sistema c.d. in house, ove la società opera come longa manus dell'ente-amministrazione aggiudicatrice, per cui l'ipotesi equivale a quella di esercizio diretto dell'attività da parte dell'ente (CdS, Ap, 3.3.2008 n. 1).
In particolare, è possibile l'affidamento in house solo nel caso in cui, nel contempo, l'ente pubblico eserciti sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi, e questa persona realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano (Corte giustizia CE, grande sezione, 8.4.2008 n. 337; CdS, V, 28.12.2007 n. 6736).
In relazione agli affidamenti a società miste, sono due i momenti e le tematiche esaminati dalla giurisprudenza nazionale: la scelta del socio privato (e contestuale affidamento dell'appalto cui è finalizzata la costituzione della società) e l'affidamento di ulteriori appalti alla società mista.
In relazione al primo profilo, nel diritto italiano è ormai incontroverso che per la scelta del partner privato occorra seguire procedure di evidenza pubblica, anche se si tratta di socio di minoranza, con la conseguenza, avvertita dalla prevalente dottrina, che se si è seguita la procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, sembra corretto ritenere che non occorra ulteriore gara per l'affidamento alla società mista dell'appalto originario cui è finalizzata la sua costituzione.
La procedura di evidenza pubblica va seguita nel caso di scelta del socio privato di maggioranza, come espressamente prescritto già con la disposizione contenuta all'art. 12, L. n. 498 del 1992, in quanto, ai sensi dell'art. 22, L. n. 142 del 1990, la costituzione delle società a capitale pubblico maggioritario per l'affidamento di un pubblico servizio non si sostanzia nella scelta di un socio qualsiasi, ma nella scelta di un socio imprenditore, con la conseguenza che essa deve avvenire avvalendosi di quegli strumenti concorsuali che l'ordinamento ha via via affinato ai fini dell'individuazione del soggetto privato chiamato a svolgere attività o servizi in favore dell’amministrazione pubblica (Cass., SS.UU. 29 ottobre 1999 n. 754, CdS, V, 19 febbraio 1998, n. 192).
Ciò stante, limitatamente ai servizi originari per i quali è stata costituita la società, è sufficiente una sola procedura di evidenza pubblica, e cioè quella utilizzata per la scelta dei soci privati, da intendersi come finalizzata alla selezione dei soci più idonei anche in relazione ai lavori e servizi da affidare alla società.
In sostanza, la mancata osservanza della procedura concorsuale nell'affidamento dell'appalto è compensata dal rispetto di una procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato.
La giurisprudenza nazionale si è pronunciata nel senso della non necessità della gara per l'affidamento di appalto a società mista partecipata da enti locali (CdS, II, 18.4.2007 n. 456; V, 3.2.2005 n. 272; V, 1.3.2003 n. 1145; V, 30.4.2002 n. 2297).
La soluzione qui seguita ha ora una conferma di diritto positivo nell'art. 113, V comma del DLgs n. 267/00, come novellato dall'art. 14, I comma della legge n. 326/2003.
Relativamente alla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, la formulazione dell'art. 113, comma 5, anteriore alla novella del 2003, stabiliva che “l'erogazione del servizio, da svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con conferimento della titolarità del servizio a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica”.
L'attuale formulazione consente, invece, tre alternative:
- la società di capitali privata, da individuare con procedura di evidenza pubblica;
- la società a totale partecipazione pubblica, che beneficia di affidamento diretto senza gara;
- la società a capitale misto pubblico e privato, che beneficia del pari di affidamento diretto se il socio privato venga scelto attraverso gare con l'espletamento di procedure di evidenza pubblica.
Viene, dunque, confermato che in caso di società mista in cui il socio privato è scelto con procedura di evidenza pubblica non occorre una seconda gara per l'affidamento dell'appalto.
D’altro canto, che la concessione di pubblici servizi alle società miste non richieda il previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica, ma sia legittimo oggetto di affidamento diretto, è ovvia conseguenza della considerazione che le società a capitale misto “sono costituite dagli Enti locali al precipuo scopo di affidare loro i servizi pubblici di propria competenza. La costituzione di una società mista a capitale pubblico maggioritario non avrebbe, invero, alcuna utilità per l’Ente locale che la ha costituita ove, poi, lo stesso Ente non potesse affidarle direttamente i servizi pubblici di propria competenza. Né è a dire che tale affidamento diretto a siffatte società a capitale misto contrasti con il sistema garantistico dell’ordinamento, che richiede i procedimenti ad evidenza pubblica nella scelta degli affidatari di pubblici servizi. La scelta del partner privato di una società a capitale misto avviene, infatti, attraverso procedura ad evidenza pubblica, così come nel caso è avvenuto. Considerato che la società a capitale misto con capitale pubblico maggioritario è costituita attraverso procedura ad evidenza pubblica e allo specifico scopo di affidarle i servizi pubblici dell’Ente locale che la ha costituita, è immediatamente conseguenziale che il relativo affidamento debba avvenire in modo diretto. Altrimenti opinando, la costituzione di tali società miste non avrebbe alcuna pratica utilità, mentre la procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei singoli servizi costituirebbe un’inutile duplicazione di un procedimento già esperito” (CdS, V, 3.2.2005 n. 272 cit.).
2.- Con l’ulteriore censura il ricorrente assume che Farma.co avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara ai sensi dell’art. 6, I comma, lett. d) del bando in quanto non espressamente autorizzata dal proprio statuto ad “effettuare attività extra territoriale rispetto al proprio comune”.
La censura va disattesa.
Nella sua attuale formulazione – adottata in seguito alle modifiche specificatamente autorizzate dal Consiglio comunale il 26.5.2008 ed approvate dall’assemblea dei soci nella seduta del giorno successivo per superare, in vista della partecipazione alla gara, la prescrizione ostativa contenuta nell’art. 6, lett. d) della lex specialis che escludeva dalla selezione le società “il cui oggetto…non preveda espressamente la possibilità di…effettuare attività extraterritoriale rispetto al proprio comune” – l’art. 4 dello statuto di Farma.co prevede espressamente che “la società ha ad oggetto la gestione della farmacia di cui è titolare il Comune di S. Giovanni Lupatoto in Verona e le altre farmacie di cui acquisirà la titolarità e/o la gestione.
L’ampiezza della formula utilizzata – unitamente alla modifica strumentale apportata allo statuto - non consente, in difetto di un’espressa previsione limitativa, di circoscrivere l’oggetto dell’attività sociale alla gestione/titolarità delle sole farmacie intracomunali: detta formula va, conseguentemente, interpretata come avulsa da qualsiasi restrizione.
3.- Con l’ultima doglianza, infine, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 8 della legge n. 362/81 per avere Farma.co indicato quale direttore della nuova farmacia di Bussolengo una persona (il dott. Luigi Lequaglie) chiaramente incompatibile, in quanto già direttore di altra farmacia.
Anche tale doglianza non ha pregio.
Il regime dell’incompatibilità non comporta mai l’illegittimità del (la partecipazione al) procedimento selettivo preordinato ad individuare il titolare di una determinata posizione (incompatibile con quella già ricoperta), né la decadenza dalla nuova posizione, ma, piuttosto, l’obbligo di optare entro un certo termine per una delle due posizioni e, in difetto, la decadenza da quella precedentemente conseguita. In particolare, in materia di farmacie si applica l’art. 112, III comma del RD n. 1265/34 che, in caso di mancata, espressa rinuncia alla titolarità (dell’incarico di direttore) di una delle due farmacie, prevede la decadenza relativamente alla farmacia già esercitata (cfr. TAR Bari, I 17.4.2007 n. 1085, richiamata dallo stesso ricorrente).
4.- per le considerazioni che precedono, dunque, il ricorso principale è infondato e va respinto: va, conseguentemente, dichiarato improcedibile per difetto di interesse il ricorso incidentale proposto da Farma.co.
Le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, I sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe lo rigetta.
Compensa integralmente tra le parti le spese e competenze del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 12 marzo 2009.
Il Presidente L'Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26 marzo 2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Prima Sezione
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