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Consiglio di Stato, Sez. V, 30/4/2009 n. 2765
Il concessionario in house di un servizio pubblico può affidarne, anche in parte, lo svolgimento a terzi selezionati tramite gara.

Non esiste nell'ordinamento e tanto meno è desumibile dall'art. 118 del D.Lgs. n. 163/2006 in materia di subappalto, una regola che impone al concessionario in house di un servizio pubblico di svolgerlo interamente in proprio, con il corrispondente divieto di affidarne, anche in parte, lo svolgimento a terzi (selezionati tramite gara). Anzi, risulta vigente una regola che obbliga gli organismi di diritto pubblico (categoria nella quale rientra una società che svolge in house providing) ad osservare, per i propri affidamenti "a valle", i principi e le norme dell'evidenza pubblica (art. 3, commi 25 e 26, e 32 del D.Lgs. n. 163/2006).

Materia: servizi pubblici / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 379 del 2008 proposto dalla S.N.U.A. S.R.L., costituitasi in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Lucio Ghia, elettivamente domiciliata in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 10 presso lo studio del difensore;

 

contro

la NET S.P.A., costituitasi in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianni Zgagliardich e Luigi Manzi, elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, n. 5, presso il secondo difensore;

 

e nei confronti

del COMUNE DI TRICESIMO, costituitosi in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luca Ponti e Gennaro Terracciano, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza di Spagna, n. 35;

e della ECOVERDE S.R.L.,

non costituitasi in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza n. 521 del 30 luglio 2007 pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, sez. I;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle controparti intimate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il consigliere Gabriele Carlotti;

Uditi alla pubblica udienza del 3 febbraio 2009 l’avv. D. Ciardo, delegato dall’avv. Ghia, per la S.n.u.a. S.r.l., l’avv. A. Reggio D’Aci, delegato dall’avv. Manzi, e l’avv. Zgagliardich per la Net. S.p.A., nonché l’avv. Terracciano per il Comune di Tricesimo;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

FATTO E DIRITTO

1. – Viene in decisione l’appello interposto dalla S.n.u.a. S.r.l. (d’ora innnanzi soltanto “Snua”) avverso la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.a.r. del Friuli-Venezia Giulia ebbe a respingere il ricorso, promosso dall’odierna appellante, onde ottenere, tra l’altro, l’annullamento della delibera con cui la Net S.p.A. (nel prosieguo “Net”), società ad integrale partecipazione pubblica - avendo ricevuto dal Comune di Tricesimo l'affidamento del servizio pubblico di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati indifferenziati, ingombranti e delle raccolte differenziate nel territorio di tale Comune – decise a sua volta di affidare a terzi lo svolgimento di parte del medesimo servizio mediante procedura negoziata, da aggiudicarsi in base al criterio del prezzo più basso.

      In esecuzione della delibera in discorso fu emesso l'avviso informativo di procedura negoziata dd. 21 marzo 2007.

      La gara fu aggiudicata alla Ecoverde S.r.l..

 

2. – Il T.a.r., disattesa un’eccezione di difetto di giurisdizione e assorbite le ulteriori eccezioni sollevate dalle parti intimate, ha respinto il ricorso, giudicandolo infondato.

3. – Si sono costituite in giudizio per resistere all’appello la Net e il Comune di Tricesimo, eccependo (il Comune) l’originario difetto di interesse della Snua alla proposizione del ricorso e contestando nel merito la fondatezza del gravame.

 

4. – All’udienza del 3 febbraio 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

5. – La manifesta infondatezza dell’appello esonera il Collegio dall’approfondire il profilo relativo alla eccepita inammissibilità dell’originaria impugnativa.

      Come primo motivo la Snua ripropone l’argomento secondo il quale gli atti avversati in prime cure sarebbero illegittimi per violazione della regola che impone al concessionario in house di un servizio pubblico di svolgerlo interamente in proprio, con il corrispondente divieto di affidarne, anche in parte, lo svolgimento a terzi (selezionati tramite gara).

Correttamente il T.a.r. ha respinto la doglianza. La regola che la Snua ritiene esser stata violata non esiste nell’ordinamento e tanto meno è desumibile dall’art. 118 del D.Lgs. n. 163/2006 in materia di subappalto, espressamente richiamato dalla Snua a supporto delle proprie deduzioni. L’inapplicabilità dell'art. 118 alla fattispecie in esame discende, con evidenza, dalla mancanza a monte dell'affidamento di un appalto in favore della Net: quest’ultima infatti non è legata al Comune di Tricesimo da un contratto di appalto, ma è una società-organo, nei termini della dottrina Teckal, degli enti pubblici che ad essa partecipano in via totalitaria.

      Non ricorre peraltro nella vicenda che occupa il Collegio la medesima situazione che giustifica la restrittiva disciplina del subappalto, atteso che la ratio del citato art. 118 mira essenzialmente a scongiurare, per finalità di tutela dell'ordine pubblico, l’elusione della normativa sui requisiti di partecipazione alle gare.

      Anzi, siccome condivisibilmente osservato dal T.a.r., risulta vigente una regola, di segno esattamente opposto a quella invocata dalla società appellante, che obbliga gli organismi di diritto pubblico (categoria nella quale rientra una società che svolge in house providing) ad osservare, per i propri affidamenti “a valle”, i principi e le norme dell’evidenza pubblica (art. 3, commi 25 e 26, e 32 del D.Lgs. n. 163/2006).

      Siffatto principio si applica dunque anche alla Net, ferma restando l'esclusiva responsabilità della società nei confronti degli enti titolari (quelli che su di essa esercitano il “controllo analogo”) per la gestione del servizio direttamente affidatole.

      D’altronde, è la logica giuridica che conduce inevitabilmente a tale conclusione, dal momento che l’affidatario in house è un’emanazione di un soggetto pubblico (nella specie un comune) a sua volta tenuto al rispetto di quei principi e di quelle norme.

      Si attagliano, pertanto, al caso in disamina le statuizioni della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, sez. IV, del 10 aprile 2008, in causa C-393/96, nel caso “Ing. Aigner” (segnatamente il paragrafo 56).

      Con riferimento poi alla circostanza, sulla quale insiste l’appellante, della minima entità della partecipazione del Comune di Tricesimo alla Net, in disparte l’irrilevanza della stessa ai fini del decidere (v. il successivo §. 6), si rinvia alle argomentazioni di principio (nel senso dell’assenza di una preclusione) spiegate sul punto, sempre dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, nella recente sentenza sul caso “Coditel Brabant SA” (sez. III, 13 novembre 2008 in causa C-324/07; paragrafo 53),

 

6. – Con il secondo motivo la Snua lamenta, con articolate doglianze, la violazione degli artt. 202 del D.Lgs. n. 152/2006 e 113, comma 7, del D.Lgs. n. 267/2000.

      In sintesi, la società appellante ritiene che, in attesa dell’istituzione delle Autorità d’ambito prevista dal “Codice dell’ambiente”, gli affidamenti di servizi in materia di rifiuti dovrebbero essere disposti soltanto con gare, da aggiudicarsi unicamente in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Le censure non hanno pregio.

      In via preliminare va osservato che il citato art. 202 è sicuramente inoperante nella fattispecie concreta a causa della mancata costituzione, nella Provincia di Udine, della società d’ambito.

      Va inoltre osservato che la tesi, patrocinata dalla Snua, secondo la quale il comma 7 dell’art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000, in attesa della costituzione delle società d’ambito, vieterebbe ogni affidamento di servizi pubblici da parte di soggetti diversi dai Comuni è infondata e, comunque, veicolata da un mezzo di gravame inammissibile.

      E’ infondata perché non rileva, ai fini dell'interpretazione della norma in questione, se l'affidamento di servizi sia disposto direttamente dai Comuni o se vi sia, per una parte del servizio, l'intermediazione di una società-organo, nei termini sopra precisati.

      Sotto altro aspetto va segnalato che il suddetto comma 7 si riferisce alle ipotesi di cui alle lett. a) e b) del comma 5, nelle quali vi è effettivamente una “gara” per l’aggiudicazione dell’intero servizio, e non anche al caso, oggetto del presente contenzioso, in cui l’affidamento di attività relative a singoli segmenti del servizio intervenga a valle di un conferimento in house (fattispecie disciplinata dalla lett. c) del ridetto comma 5) e, quindi, senza gara.

      Si è pertanto invocata una previsione inconferente.

      La doglianza in esame è d’altronde inammissibile (e pure infondata sotto altro profilo) perché essa in realtà è volta a contestare, non gli atti della procedura selettiva, ma in apicibus il diretto conferimento del servizio alla Net, posto che l’indizione della gara nello specifico avversata postula, logicamente e cronologicamente, tale affidamento diretto.

      La Snua, però, non ha impugnato anche i provvedimenti comunali attuativi dell’opzione per il sistema dell’in house providing e, dunque, il motivo è inammissibile.

      E’ del pari inammissibile la censura rivolta contro la scelta del criterio di aggiudicazione al prezzo più basso, trattandosi di doglianza che la Snua non è legittimata a far valere, avendo scelto di non partecipare alla gara.

      In ogni caso il motivo è anche infondato posto che del comma 7 del citato art. 113 va data una lettura coerente con il sistema del diritto interno (v. l’art. 81, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006) e, soprattutto, comunitariamente compatibile (stante la perfetta equivalenza tra i due criteri di aggiudicazione stabilita dall’art. 53 della direttiva n. 2004/18/CE).

 

7. – In conclusione, la sentenza impugnata si presenta immune dai vizi denunciati e merita integrale conferma.

 

8. – Il regolamento delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Condanna l’appellante alla rifusione, nei confronti delle controparti costituite, delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) per ciascuna parte, per complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2009, con l'intervento dei magistrati:

Domenico La Medica Presidente

Cesare Lamberti Consigliere

Aldo Scola Consigliere

Gabriele Carlotti Consigliere estensore

Eugenio Mele Consigliere

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Gabriele Carlotti                       f.to Domenico La Medica

 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/04/2009

 

(Art. 55,L. 27/4/1982,n. 186)

 

P. IL DIRIGENTE

f.to Livia Patroni Griffi

 

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