HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Lazio, Sez. II quater, 22/7/2009 n. 7483
Non sussiste la necessità di indicare le condanne ormai estinte in sede di dichiarazioni ex art. 38 lett. c) del D.Lgs. 163/06.

L'art. 38 lett. c) del D.Lgs. n. 163/06, nel prescrivere l'obbligo di esclusione dalle gare per i soggetti condannati con sentenze passate in giudicato per reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari all'art. 45, par. 1, direttiva CE 2004/18, fa comunque salva l'applicazione dell'art. 178 c.p. e dell'art. 445, c. 2, del c.p.p.. La scelta legislativa, dunque, è nel senso di ritenere irrilevanti le condanne ormai estinte, con conseguente non necessità della loro indicazione in sede di dichiarazioni ex art. 38 lett. c) del D.Lgs. 163/06. Ne consegue che, nel caso di specie, il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione è illegittimo, e debba essere pertanto annullato. essendo ormai le condanne estinte ex art. 445 c. 2 c.p.p., ed avendo il legislatore stesso ritenuto i reati estinti non ostativi alla stipulazione di contratti con la P.A.. La stazione appaltante, in assenza di una qualunque altra clausola del bando diretta a prevedere la dichiarazione anche per detti reati, infatti, non disponeva di alcun margine di discrezionalità sulla ricorrenza dei requisiti di moralità in capo al legale rappresentante della società: pertanto, l'omessa dichiarazione su dette condanne non assume alcun rilievo e non può costituire motivo per disporre la revoca dell'aggiudicazione.

Materia: appalti / disciplina

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1281 del 2009, proposto dalla società Munus Spa mandataria dell’Ati Munus S.p.A. - M.o.s.a.i.c.o S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Campana, Letizia Liverini, Ennio Magri', con domicilio eletto presso Giuseppe Campana in Roma, via Archimede 181;

 

contro

il Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma in persona del legale rappresentante p.t.;

 

nei confronti di

la società Gebart Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Bruno Biscotto, Lucia Scognamiglio, Franca Iuliano, con domicilio eletto presso Bruno Biscotto in Roma, via G. Pisanelli, 40;

 

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 10212 in data 19/12/08 con cui l’Amministrazione ha revocato l’aggiudicazione in favore del raggruppamento esponente, disponendo altresì lo scorrimento della graduatoria in favore del concorrente immediatamente successivo, la società Gebart S.r.l.;

del provvedimento di aggiudicazione, non conosciuto, nel frattempo disposto in favore della Gebart S.r.l.;

del contratto nel frattempo eventualmente concluso con la Gebart S.r.l.

con condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno conseguente alle illegittimità dichiarate, disponendo la reintegrazione in forma specifica del ricorrente nella posizione dell’aggiudicatario e contraente, ovvero in subordine al risarcimento dei danni per equivalente monetario, nella misura che sarà accertata in separato giudizio.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Soc Gebart Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2009 il dott. Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Con bando di gara pubblicato sulla G.U. – V serie speciale n. 130 del 7/11/07, è stata indetta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Biblioteca Nazionale Centrale di Roma – la procedura per l’affidamento in concessione dei servizi per la gestione della libreria (punto vendita) e per l’utilizzazione commerciale e la riproduzione di beni culturali.

L’Ati Munus S.p.A – Mosaico S.r.l., con provvedimento dell’8/8/08, è risultata aggiudicataria dell’appalto avendo riportato il punteggio di punti 81,3; la società Gebart S.r.l. si è invece classificata al secondo posto della graduatoria con il punteggio complessivo di punti 77.

In sede di verifica della regolarità documentale, l’Amministrazione ha accertato che nei confronti del Presidente della società Munus S.p.a. erano state pronunciate alcune sentenze di condanna ai sensi dell’art. 444 c.p.p., - estinte ai sensi dell’art. 445 comma 2 c.p.p. - non dichiarate in sede di prequalifica.

L’Amministrazione ha ritenuto – dopo aver acquisito il parere dell’Avvocatura dello Stato – che tenuto conto della natura dei reati, ancorchè estinti, ricorressero i presupposti per disporre la revoca dell’aggiudicazione.

Con il provvedimento impugnato ha revocato l’aggiudicazione già disposta nei confronti della società Munus S.p.a. disponendo lo scorrimento della graduatoria a favore della società Gebart S.r.l.

 

Avverso detto provvedimento, ed avverso il provvedimento di aggiudicazione dell’appalto alla controinteressata, la ricorrente deduce il seguente motivo di impugnazione:

 

Sulla illegittimità del provvedimento di revoca per violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del D.Lgs. 163/06, nonché eccesso di potere per travisamento, motivazione carente, erronea, irragionevole e contraddittoria.

 

Sostiene la ricorrente che il provvedimento di revoca sarebbe non soltanto contrario alle disposizioni di legge, ma sarebbe perfino irragionevole, atteso che il bando si limitava a richiamare la disposizione dell’art. 38 lett. c) del D.Lgs. n. 163/06, e detta norma, nel prescrivere l’obbligo di esclusione dalle gare per i soggetti condannati con sentenze passate in giudicato per reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’art. 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18, farebbe comunque salva l’applicazione dell’art. 178 c.p. e dell’art. 445, comma 2, del c.p.p.

 

Nel caso di specie, essendo ormai estinta ogni sanzione penale per effetto di specifica pronuncia del giudice dell’esecuzione penale, intervenuta prima della pubblicazione del bando di gara e di presentazione dell’offerta, sarebbe venuta meno ab origine la causa di esclusione dalla gara.

 

Ne consegue che il Presidente della società Munus non sarebbe stato obbligato a rendere la dichiarazione relativa ai suoi precedenti penali ormai estinti, essendo detti provvedimenti del tutto irrilevanti, in quanto la stazione appaltante non disporrebbe di un margine di valutazione sul punto più ampio di quello previsto dalla disciplina legale.

 

Il bando di gara, poi, non prevedeva un obbligo di dichiarazione più ampio di quello previsto dal D.Lgs. 163/06, ma soltanto l’obbligo di dichiarazione della insussistenza delle clausole di esclusione di cui all’art. 38 del D.Lgs. 163/06.

 

Ne consegue che né il richiamo all’art. 45, paragrafo 1, della direttiva CE 2004/18, né la particolare natura dei reati, potrebbero supportare il provvedimento di revoca.

 

Insiste quindi la ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

 

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

 

Anche la controinteressata si è costituita in giudizio ed ha chiesto anch’essa il rigetto del ricorso per infondatezza.

 

Con ordinanza n. 1007/09 il Tribunale ha respinto la domanda cautelare ritenendo che ai sensi del bando di gara, punto III.3, la ricorrente avrebbe dovuto rendere la dichiarazione ex art. 38 comma 1 lett. c) del D.Lgs. 163/06 indicando tutte le condanne riportate, ancorché estinte, essendo rimessa all’Amministrazione la valutazione dell’incidenza di eventuali condanne – anche se estinte o oggetto di riabilitazione – sulla moralità professionale della concorrente.

 

Con ordinanza n. 1281/09 il Consiglio di Stato Sez. VI, ha accolto l’appello ai fini della fissazione dell’udienza di trattazione nel merito della causa, rilevando che “sussistono dubbi in merito alla doverosità della indicazione, ex art. 38 co. 1 lett. c), D.Lgs. n. 163/06, delle condanne relative ai reati per i quali sia intervenuto, come nel caso di specie, provvedimento del giudice penale dell’esecuzione (in termini, Cds, sez. V n. 5464 31 ottobre 2008).

 

In prossimità dell’udienza di trattazione, le parti hanno presentate memorie nelle quali hanno meglio illustrato le loro tesi difensive.

 

All’udienza pubblica del 14 luglio 2009, su concorde richiesta delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

Come meglio dedotto in narrativa, la ricorrente ha impugnato il provvedimento prot. n. 10212 del 18 dicembre 2008 con il quale il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha revocato l’aggiudicazione in favore del raggruppamento esponente disponendo lo scorrimento della graduatoria a favore della controinteressata Gebart.

 

Nel provvedimento impugnato il Ministero ha rilevato che:

 

in sede di verifica documentale è emerso che nei confronti del Presidente della società Munus, negli anni 1994 – 1999, sono state emesse n. 7 sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, per i reati di illecito finanziamento ai partiti, corruzione aggravata, turbata libertà degli incanti e concussione, ancorchè successivamente estinti ex art. 445 comma 2 c.p.p;

 

in sede di prequalifica il legale rappresentante della società Munus ha omesso di dichiarare tali precedenti giudiziari, sebbene il bando di gara stabilisse tra le condizioni per l’ammissione, la necessaria dichiarazione di responsabilità attestante l’insussistenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 38 comma 1, lett. da a) a m) del D.Lgs. 163/06 e s.m.i.;

 

acquisito il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, e visto l’art. 45 della direttiva CE 2004/18,

 

ha ritenuto che la natura dei delitti, nonostante l’intervenuta estinzione, fosse tale da incidere sulla moralità professionale dell’imprenditore, così da precludere la stipulazione di contratti con la pubblica amministrazione.

 

Con l’unico articolato motivo di ricorso, la ricorrente ha dedotto in estrema sintesi:

 

che il bando non prevedeva l’obbligo di rendere dichiarazioni ulteriori rispetto a quello previste dall’art. 38 del D.Lgs. 163/06;

 

che la norma dell’art. 38 sopra citata farebbe salvi gli effetti della riabilitazione e dell’estinzione dei reati ex art. 445 comma 2 c.p.p.;

 

che i reati in questione sarebbero ormai estinti con provvedimento del giudice dell’esecuzione penale adottato nel 2004, e dunque tre anni prima della pubblicazione del bando e della presentazione delle offerte;

 

che il potere di valutazione sulla moralità dei concorrenti spettante alla stazione appaltante non potrebbe superare il chiaro dettato normativo, secondo cui i reati estinti non potrebbero incidere sulla moralità dei partecipanti alla gara;

 

che la previsione dell’art. 38 lett. c) ultimo periodo – nel quale espressamente il Legislatore ha fatto salva l’applicazione dell’art. 178 c.p. e dell’art. 445 comma 2 c.p.p. – è norma di attuazione dell’art. 45 della direttiva CE/2004/18, e che dunque neppure il richiamo a detta disposizione comunitaria sarebbe sufficiente a supportare il provvedimento di revoca;

 

che, quindi, l’omessa dichiarazione di condanne ormai venute meno per effetto dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione penale, sarebbe del tutto irrilevante, e non consentirebbe l’adozione del provvedimento di revoca.

 

La tesi della ricorrente è fondata.

 

Ritiene il Collegio di dover rivedere il proprio orientamento reso a seguito di sommaria delibazione in sede di cautelare, accogliendo l’interpretazione suggerita dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 1281/09, che delimita l’ambito di discrezionalità della stazione appaltante nell’alveo delineato dal Legislazione nazionale in applicazione della direttiva comunitaria.

 

Innanzitutto è necessario rilevare che il bando di gara, punto III.3 n. 2) si limitava a prevedere l’obbligo di dichiarazione di responsabilità attestante l’insussistenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 38 c.1 lettere a,b,c,d,e,f,g,h,i,l,m del D.lgs. 163/06 e s.m.i., non prevedendo alcun obbligo di dichiarazione aggiuntivo rispetto a quello previsto dal Legislatore.

 

A sua volta l’art. 38, dopo aver stabilito che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”, e dopo aver statuito che “è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18”, nell’ultimo periodo dispone che “resta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale”.

 

La decisione della controversia dipende dall’interpretazione che deve essere assegnata a detta disposizione, essendo ipotizzabili due diverse opzioni ermeneutiche, l’una diretta a riconoscere l’esercizio del potere discrezionale di valutazione dei requisiti di moralità dei concorrenti da parte della stazione appaltante, e l’altra, invece, che esclude ogni possibilità di valutazione difforme da quanto previsto dallo stesso Legislatore.

 

In sede cautelare questa sezione aveva ritenuto di poter riconoscere comunque alla stazione appaltante la possibilità di svolgere un giudizio sui requisiti di moralità del concorrente, tenuto conto della grave natura dei reati, ancorchè estinti, commessi.

Il giudice di appello ha richiamato un proprio precedente nel quale, invece, è stata esclusa ogni possibilità di intervento discrezionale della stazione appaltante, con conseguente irrilevanza dell’omessa dichiarazione delle condanne ormai estinte.

 

Ritiene il Collegio, dopo aver svolto i dovuti approfondimenti propri della sede di merito, che detta ultima disposizione costituisca una clausola di salvaguardia, introdotta dal Legislatore al fine di rendere irrilevanti le condanne che abbiano perso ormai effetto a causa di provvedimenti di riabilitazione o di estinzione pronunciati dal competente giudice penale.

 

Lo stesso Legislatore, infatti, nel delineare l’ambito di rilevanza delle condanne ai fini dell’accertamento della moralità professionale dei concorrenti, ha espressamente escluso che il giudizio di immoralità potesse derivare da condanne risalenti nel tempo, ancorchè per reati particolarmente odiosi, trattandosi di contraenti dell’Amministrazione (turbativa degli incanti, corruzione, frode), quando i reati fossero estinti, ed i soggetti a suo tempo condannati fossero stati riabilitati con formale provvedimento del giudice competente, avendo ritenuto che – altrimenti – la condanna avrebbe avuto un effetto irreversibile, tale da non consentire a detti soggetti, benché ormai esenti da emenda, di poter perennemente stipulare contratti con la P.A.

 

E’ del tutto evidente che in mancanza di una clausola di salvaguardia, si sarebbero posti problemi di costituzionalità in considerazione dell’irreversibilità degli effetti connessi alle sentenze di condanna per taluni reati; il Legislatore, invero, per non incorrere in vizi di costituzionalità, avrebbe potuto demandare alle stazioni appaltanti la valutazione discrezionale in ordine alla ricorrenza dei presupposti per l’esclusione in caso di condanne ormai estinte.

 

Dalla lettura della norma, dopo serena riflessione, appare al Collegio che la scelta del Legislatore sia quella di aver previsto in modo diretto l’irrilevanza di detti precedenti penali, non conservando alla stazione appaltante alcun potere di valutazione ulteriore sul possesso di requisiti morali in casi come quello in questione.

 

Il Legislatore, infatti, anziché riconoscere un ambito di discrezionalità alle stazioni appaltanti (desumibile dall’utilizzazione del verbo “potere”), ha seccamente stabilito che “resta salva, in ogni caso, l’applicazione ……dell’art. 445 comma 2 c.p.p.”, laddove, il rafforzativo “in ogni caso”, costituisce indice della cogenza della scelta legislativa.

 

Ritiene quindi il Collegio, conformemente a quanto già statuito dal Consiglio di Stato, sez. V, con la decisione n. 5461 del 31 ottobre 2008, che “la scelta legislativa è nel senso di ritenere irrilevanti” le condanne ormai estinte, con conseguente non necessità della loro indicazione in sede di dichiarazioni ex art. 38 lett. c) del D.Lgs. 163/06.

 

Ne consegue che – nel caso di specie – essendo ormai le condanne del dott. Zamorani estinte ex art. 445 comma 2 c.p.p. con provvedimento del giudice dell’esecuzione (ordinanza del Tribunale di Roma, quinta sezione penale dell’8/11/04), ed avendo il Legislatore stesso ritenuto i reati estinti non ostativi alla stipulazione di contratti con la P.A., la stazione appaltante – in assenza di una qualunque altra clausola del bando diretta a prevedere la dichiarazione anche per detti reati – non disponeva di alcun margine di discrezionalità sulla ricorrenza dei requisiti di moralità in capo al legale rappresentante della società Munus: pertanto, l’omessa dichiarazione su dette condanne non assume alcun rilievo e non può costituire motivo per disporre la revoca dell’aggiudicazione.

 

Come ha correttamente rilevato la difesa della ricorrente, il fondamento del potere esercitato dall’Amministrazione non può fondarsi neppure sulla disposizione dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE atteso che l’art. 38 del D.Lgs. 163/06 ne costituisce specifica attuazione.

 

Ritiene dunque il Collegio che il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione sia illegittimo, e debba essere pertanto annullato.

 

L’annullamento del provvedimento di revoca prot. n. 10212 del 19/12/08, riverbera i suoi effetti sugli atti consequenziali, ed in particolare sul provvedimento di aggiudicazione dell’appalto a favore della controinteressata, viziato per illegittimità derivata.

 

L’accoglimento del ricorso comporta la disamina delle domande conseguenti proposte dalla ricorrente nel ricorso introduttivo (reintegrazione in forma specifica, ed in via subordinata, risarcimento del danno per equivalente).

 

Nell’udienza di discussione del ricorso gli avvocati delle parti hanno dichiarato che – in pendenza del giudizio – la stazione appaltante non ha mai stipulato il contratto con la controinteressata.

 

Ne consegue che – in mancanza del contratto - non si pongono problemi di giurisdizione per la reintegrazione in forma specifica.

 

Deve infatti ritenersi che – venuta meno la revoca dell’aggiudicazione, che a sua volta comporta la caducazione del provvedimento di aggiudicazione a favore della controinteressata disposto in seguito di scorrimento della graduatoria – si riespande la posizione giuridica della ricorrente, che per effetto dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento impugnato, torna ad essere l’aggiudicataria del servizio.

 

Può dunque ritenersi che la decisione del giudice amministrativo sia, nel caso di specie, pienamente satisfattiva degli interessi della ricorrente.

 

L’accoglimento della domanda principale, esonera il Collegio dalla pronuncia sulla domanda subordinata di risarcimento per equivalente, per la quale – peraltro – la stessa ricorrente aveva formulato nel ricorso espressa riserva di quantificazione in un separato giudizio.

 

Le spese di lite devono essere invece compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda Quater

Accoglie il ricorso in epigrafe indicato e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Lucia Tosti, Presidente

Renzo Conti, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/07/2009

 

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL SEGRETARIO

 

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici