HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. V, 10/2/2010 n. 685
Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di una società per aver violato quanto previsto dalla lex specialis che imponeva la carenza di qualsivoglia collegamento tra le imprese partecipanti.

E' legittima l'esclusione di una società dalla procedura la gara d'appalto indetta dal comune di concernente lavori di manutenzione e canalizzazione dei corsi d'acqua cittadini, per aver violato quanto previsto dal bando che imponeva la carenza di qualsivoglia collegamento tra le imprese partecipanti. La società, infatti, operava con altra impresa partecipante in unico locale, in condizioni che evidentemente non consentono alcuna riservatezza e con l'effetto altamente probabile, della reciproca conoscenza delle condizioni dell'offerta tale da alterare assai gravemente l'equilibrio delle proposte contrattuali a vantaggio delle imprese allocate nella medesima sede; indicava numero telefonico e fax di riferimento per le comunicazioni identico a quello dell'altra impresa concorrente ed allocata nella stessa sede; presentava, unitamente all'altra impresa, polizze fideiussorie stipulate con identico soggetto e con numerazione in gran parte progressiva. Tali elementi sono univoci nel rappresentare l'unicità del centro decisionale o di imputazione o, quanto meno, un sostanziale collegamento di fatto tra gli esponenti delle due imprese e in quanto tale vietato.

Materia: appalti / collegamento tra imprese

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 4291 del 2008, proposto da:

Ingegneria e Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Fulvio Cintioli, con domicilio eletto presso Stefano Ottolenghi in Roma, via De Calvi 61;

 

contro

Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv. Raffaele Izzo, Maria Teresa Maffey, Maria Rita Surano, con domicilio eletto presso Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio N.3; Cogevo Srl;

 

per la riforma

della sentenza del TAR LOMBARDIA - MILANO :Sezione III n. 00034/2008, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO LAVORI MANUTENZIONE CANALIZZAZIONE CORSI D'ACQUA CITTADINI.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2009 il Cons. Filoreto D'Agostino e uditi per le parti gli avvocati Pafundi, per delega dell'Avv. Cintioli, e Izzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

La società ricorrente presentava la propria offerta per la gara d’appalto indetta dal Comune di Milano n. 120 del 2002 concernente lotto di lavori di manutenzione e canalizzazione dei corsi d’acqua cittadini.

 

Nella seduta del 27 novembre 2002 l’impresa ricorrente, però, veniva esclusa dalla procedura in questione per aver violato quanto previsto dal bando e dal “patto d’integrità”, in ordine alla sussistenza dei collegamenti sostanziali tra la medesima società ed altra concorrente.

 

Nella medesima seduta la Commissione di gara disponeva altresì l’applicazione della sanzione dell’escussione della cauzione provvisoria ed aggiudicava la gara ad un diverso soggetto imprenditoriale.

 

Con successiva nota del 23 dicembre 2002, il Comune resistente disponeva l'incameramento della polizza fideiussoria sottoscritta dalla ricorrente, mediante richiesta di pagamento del relativo ammontare pari ad euro 19.100,00, alla società assicuratrice che l’aveva rilasciata.

 

Contro tali determinazioni, nonché avverso il verbale di gara del 27 novembre 2002, l’odierna appellante proponeva ricorso avanti il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – sede di Milano, articolando le seguenti censure:

 

1) Insussistenza del collegamento.

 

2) eccesso di potere.

 

Con il ricorso si chiedeva anche la condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno derivante dagli atti impugnati connesso alla perdita della qualificazione per le gare future, all’indisponibilità dell’importo della cauzione e alla conseguente sospensione dalla partecipazione ad altre gare.

 

L’Amministrazione comunale resisteva al ricorso.

 

Con la sentenza in epigrafe il Giudice adito ha respinto le richieste di parte ricorrente. Quest’ultima ha proposto appello avanti il Consiglio di Stato con atto notificato il 7 / 13 maggio 2008 e depositato il successivo 27 maggio 2008.

 

Vengono riproposte le censure di primo grado e si eccepisce l’illegittimità dell’incameramento della cauzione.

 

Il Comune di Milano si è costituito e ha eccepito l’inammissibilità del gravame per tardività del deposito dello stesso nonché l’infondatezza nel merito.

 

DIRITTO

L’appello è ammissibile, ma infondato nel merito.

Le questioni di rito prospettate dal Comune di Milano sono sostanzialmente due.

La prima concerne l’inammissibilità del gravame che sarebbe stato depositato oltre il termine di quindici giorni, giusta la dimidiazione dei termini imposta dall’articolo 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, applicabile al caso di specie ratione materiae.

 

E’ tuttavia agevole respingere tale deduzione sul rilievo che la notificazione al Comune di Milano si è perfezionata il 13 maggio 2008 e che da quella data al 27 maggio successivo (data di deposito del ricorso) sono decorsi solo quattordici giorni: il deposito dell’appello è pertanto avvenuto nei termini.

 

Una seconda eccezione, esposta in via implicita, concerne l’intervenuta perenzione, sul rilievo che, dopo il deposito, è passato oltre un anno e venti giorni prima che intervenisse un ulteriore atto di procedura, costituito nella specie dalla istanza di fissazione d’udienza.

 

Seguendo il principio della dimidiazione dei termini dovrebbe concludersi per l’intervenuta perenzione, per essere passato oltre un anno (termine abbreviato) tra un atto di procedura e l’altro.

 

L’eccezione non è tuttavia condivisibile.

 

I termini per la perenzione sono senz’altro endoprocedimentali, ma, se tale è la loro natura, ne consegue che gli stessi vanno aumentati, alla pari degli altri, dei quarantacinque giorni derivanti dal computo dei termini feriali.

 

In questo senso si è espressa univocamente la giurisprudenza di questo Consiglio con due decisioni (V, 7 maggio 2008, n. 2094 e IV, n. 6223 del 23 settembre 2004), pienamente condivise dal Collegio.

 

Nel caso di specie sono passati tra un atto e l’altro della procedura un anno e 22 giorni (istanza di fissazione udienza di trattazione del 18 giugno 2009).

 

Il termine, ancorché assai dilatato, regge al computo prima indicato.

 

Ne consegue che non si è verificata la perenzione.

 

Nel merito

 

L’appello è palesemente privo di fondamento.

 

La lex specialis della gara imponeva la carenza di qualsivoglia collegamento tra le imprese partecipanti.

 

Per contro l’odierna appellante:

 

operava con altra impresa partecipante in unico locale, in condizioni che evidentemente non consentono alcuna riservatezza e con l’effetto altamente probabile, della reciproca conoscenza delle condizioni dell’offerta tale da alterare assai gravemente l’equilibrio delle proposte contrattuali a vantaggio delle imprese allocate nella medesima sede;

 

indicava numero telefonico e fax di riferimento per le comunicazioni identico a quello dell’altra impresa concorrente ed allocata nella stessa sede;

 

presentava, unitamente all’altra impresa, polizze fideiussorie stipulate con identico soggetto e con numerazione in gran parte progressiva.

 

Tanto si rileva, in disparte la pur rilevante constatazione dei vincoli parentali che intercorrono tra amministratori e rappresentanti delle due società.

 

Gli elementi appena indicati sono univoci nel rappresentare l’unicità del centro decisionale o di imputazione o, quanto meno, un sostanziale collegamento di fatto (oltre che per vincoli di parentela) tra gli esponenti delle due imprese.

 

Quanto sostenuto dall’appellante circa una effettiva estraneità tra i due soggetti e sulla autonomia degli stessi in senso imprenditoriale non appare convincente sotto alcun profilo, posto che gli elementi sopra rilevati non sono stati smentiti in fatto, anche se si è tentato di dare agli stessi una.

 

coloritura meno decisa in ordine alla compresenza di due imprese nello stesso stabile ed operanti con lo stesso apparecchio telefonico e con lo stesso fax..

 

Il collegamento in senso sostanziale tra le stesse è del tutto palese. Comunque, trattandosi di una valutazione di merito operata dalla Commissione di gara, non sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta irrazionalità, tale irrazionalità deve per quanto sopra detto sicuramente essere esclusa.

 

La pronuncia di prime cure va per l’effetto confermata in parte qua.

 

Va, infine, rilevata l’inammissibilità delle censure proposte dall’appellante avverso l’atto di incameramento della polizza fideiussoria.

 

Come emerge dalla narrativa, tale atto non fu oggetto di espressa contestazione in primo grado.

 

Per il divieto di nova in appello ex art. 345 c.p.c., le relative doglianze sono inammissibili (C.d.S., VI, 28 gennaio 2009, n. 477).

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta - definitivamente pronunziando sul ricorso, meglio in epigrafe indicato, respinge l’appello. Condanna l’appellante alle spese di lite che, comprensive di diritti ed onorari, liquida in complessivi euro 3.000,00.

 

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2009 con l'intervento dei Signori:

Stenio Riccio, Presidente

Gianpiero Paolo Cirillo, Consigliere

Filoreto D'Agostino, Consigliere, Estensore

Aniello Cerreto, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/02/2010

 

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

Il Dirigente della Sezione

 

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici