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TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 12/4/2010 n. 457
Sull'illegittimità di una procedura di gara svoltasi senza ricorrere alla previa pubblicazione del relativo bando

Sulla natura eccezionale della procedura negoziata.

La regola generale di scelta del contraente è rappresentata dalla procedura aperta volta ad assicurare, mediante la più ampia partecipazione degli operatori economici, la tutela della concorrenza e i valori ad essa sottesi e cioè, sul piano comunitario, la libera circolazione delle persone e delle merci, sul piano costituzionale, il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.) in relazione all'interesse pubblico finale e concreto che deve essere perseguito, nonché la libera iniziativa economica degli imprenditori di settore (art. 41 Cost.).
Nel caso di specie, pertanto, l'amministrazione sanitaria ha violato i predetti principi in quanto, estendendo la portata di una precedente gara mediante la modifica del suo ambito e dell'importo pattuito, ha di fatto affidato un "nuovo" servizio senza ricorrere alle procedure di garanzie che devono, come sottolineato, essere finalizzate ad assicurare la massima partecipazione degli operatori economici.

La procedura negoziata ha natura eccezionale ed in quanto tale è ammissibile soltanto nei casi tassativamente previsti dalla legge. In particolare, l'art. 57, c. 2, lett. c), del d.lvo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici) prevede che si può scegliere la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, tra l'altro, "nella misura strettamente necessaria, quando l'estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti".
Nel caso di specie, a prescindere da ogni altra valutazione relativa al rispetto delle relative modalità procedimentali, la generica e astratta affermazione secondo cui occorre fare "fronte alle esigenze degli utenti bisognosi di ossigeno medicinale presso il proprio domicilio in quanto affetti da gravi patologie respiratorie" non è idonea ad integrare il predetto presupposto contemplato dall'art. 56. Infatti, allo stato, come risulta dallo stesso provvedimento impugnato, "i direttori dei distretti si servono di ditte specializzate per il tramite delle farmacie territoriali private convenzionate". Non sussiste, pertanto, una "estrema urgenza" connessa all'esigenza di tutelare la salute degli utenti, in quanto il fine perseguito è stato quelle di ottenere "un notevole risparmio economico relativo all'approvvigionamento e distribuzione a domicilio di ossigeno medicinale". In altri termini, lo scopo perseguito è perfettamente "compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara".

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1528 del 2009, proposto da:

Linde Medicale S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Ottavio Grandinetti, Alessandro Pace, Antonio Romano, con domicilio eletto presso Antonio Romano in Lamezia Terme, via Anile N.3;

 

contro

Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza Direttore Generale, rappresentato e difeso dagli avv. Eugenio Conforti, Giovanni Lauricella, con domicilio eletto presso Eugenio Conforti in Cosenza, c/o Asp via Alimena 8;

 

nei confronti di

Sapio Life Srl;

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

1. della deliberazione dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza (in seguito, anche l’ “Azienda” o “ASP Cosenza”), n. 3373 del 2009, o quella diversa avente il medesimo oggetto, non conosciuta nei suoi esatti estremi e contenuti, avente ad oggetto l’estensione all’ASP di Cosenza –ed ai relativi distretti tra cui quelli delle ex Aziende Sanitarie Locali delle città di Paola e di Rossano- della gara svolta dalla Azienda Sanitaria Locale n. 2 di Castrovillari nel 2007 e relativa all’«affidamento triennale del servizio di ossigenoterapia e ventiloterapia in regime di assistenza domiciliare respiratoria, aventi le caratteristiche dettagliatamente indicate nel Capitolato Speciale, per un importo presumibile di ¿ 2.500.00,00 oltre IVA – CIG 00171665D3»;

1.a degli eventuali atti e provvedimenti presupposti, coevi e conseguenti anche sconosciuti, ivi compresi: l’eventuale scambio di corrispondenza tra l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza e la Sapio Life srl (di seguito, anche “Sapio Life”); l’eventuale atto e/o delibera di affidamento della fornitura o di stipula del contratto, allo stato non conosciuto;

2. la dichiarazione di nullità/inefficacia dell’eventuale contratto intercorso tra la Sapio Life srl e la stessa Azienda;

3. la condanna generica al risarcimento del danno subìto e subendo da quantificarsi in separato giudizio...

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza Direttore Generale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2010 il dott. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

1.— La società ricorrente ha impugnato la deliberazione n. 3373 del 20 agosto 2009 con cui l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza ha affidato alla Sapio Life s.r.l. il servizio di ossigenoterapia e ventiloterapia in regime di assistenza domiciliare e respiratoria in favore dei pazienti residenti all’interno del territorio di propria competenza, estendendo le condizioni di cui al contratto in precedenza sottoscritto tra la Sapio Life s.r.l. e l’Azienda Sanitaria Locale n. 2 di Castrovillari.

La ricorrente ha anche chiesto la declaratoria di nullità o inefficace del contratto stipulato tra la Sapio Life e l’Azienda sanitaria e «la condanna generica» di quest’ultima «al risarcimento del danno subito o subendo da quantificarsi in separato giudizio».

1.1.— La ricorrente, in particolare, espone che la stessa svolge, anche nei distretti di Paola e di Rossano (che in passato erano due autonome aziende sanitarie locali), ora di competenza dell’attuale Azienda sanitaria di Cosenza, la fornitura di ossigeno ed il relativo servizio di ossigenoterapia presso il domicilio di circa 84 pazienti, residenti nei territori di Paola e di Rossano.

Nell’anno 2007, prima della costituzione dell’ASP di Cosenza, è stata bandita dall’allora ASL n. 2 di Castrovillari una gara mediante procedura aperta avente ad oggetto l’affidamento triennale del servizio di ossigenoterapia e ventiloterapia in regime di assistenza domiciliare respiratoria per un importo di euro 2.5000.000.

La gara è stata aggiudicata alla Sapio Life.

Successivamente all’indizione della predetta gara, tutte le Asl della Provincia di Cosenza, tra cui le Asl di Castrovillari, di Paola e di Rossano, sono state riunite in un’unica Azienda sanitaria provinciale, oggi Asp Cosenza.

Quest’ultima con la deliberazione impugnata ha provveduto ad estendere agli assistiti presenti nei distretti delle ex ASL delle città di Cosenza, Paola e di Rossano (“distretti differenti da quello di Castrovillari e comunque non facenti parte della precedente gara indetta dall’Asl di Castrovillari”) gli effetti della gara espletata da altra Azienda – l’ex Asl di Castrovillari – aggiudicata alla Sapio Life.

La ricorrente ritiene illegittima tale determinazione perché, sintetizzando il contenuto delle censure, sarebbero state violate le regole della concorrenza, mediante una sorta di procedura negoziata non prevista dalla legge.

2.— L’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza si è costituita in giudizio, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse e nel merito il rigetto del gravame.

3.— Con ordinanza del 16 gennaio 2010 n. 74 questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare.

 

DIRITTO

1.— La ricorrente ha impugnato la deliberazione n. 3373 del 20 agosto 2009 con la quale l’Azienda Sanitaria Provinciale (Asp) di Cosenza ha esteso l’ambito di una precedente gara aggiudicata alla controinteressata, ritenendone la illegittimità per violazione delle regole della concorrenza.

2.— In via preliminare, è opportuno descrivere, sinteticamente, l’oggetto della prima e seconda procedura di appalto.

La prima gara per l’affidamento del servizio di ossigenoterapia e ventiloterapia in regime di assistenza domiciliare e respiratoria era stata indetta, con atto deliberativo n. 670 del 14 marzo 2008, dall’Asl 2 di Castrovillari ed aveva un oggetto definito rappresentato dall’erogazione del servizio, per la durata di tre anni, “sul territorio” della stessa Asl.

Successivamente all’indizione della predetta gara tutte le Asl della Provincia di Cosenza, tra cui le Asl 2 di Castrovillari, 1 di Paola e 3 di Rossano, sono state riunite in un’unica Azienda sanitaria provinciale, oggi Asp di Cosenza. Con la deliberazione impugnata quest’ultima ha proceduto «all’estensione della gara di cui alla delibera n. 670 del 2008 (…) al territorio relativo alla ex Asl n. 3 di Rossano e alla ex Asl n. 1 di Paola, alle condizioni tecnico-economiche previste nel capitolato speciale di gara e nel contratto di fornitura».

2.2.— Chiarito ciò, deve ritenersi che tale ultima deliberazione è illegittima.

La regola generale di scelta del contraente è rappresentata dalla procedura aperta volta ad assicurare, mediante la più ampia partecipazione degli operatori economici, la tutela della concorrenza e i valori ad essa sottesi e cioè, sul piano comunitario, la libera circolazione delle persone e delle merci, sul piano costituzionale, il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) in relazione all’interesse pubblico finale e concreto che deve essere perseguito, nonché la libera iniziativa economica degli imprenditori di settore (art. 41 Cost.).

Nel caso in esame l’amministrazione sanitaria ha violato i predetti principi in quanto, estendendo la portata di una precedente gara mediante la modifica del suo ambito e dell’importo pattuito, ha di fatto affidato un “nuovo” servizio senza ricorrere alle procedure di garanzie che devono, come già sottolineato, essere finalizzate ad assicurare la massima partecipazione degli operatori economici (in relazione ad una fattispecie analoga a quella in esame, si veda sentenza 3 marzo 2010, n. 290 di questo Tribunale).

E’ bene aggiungere che, nel caso in esame, non sussistevano i presupposti per ricorrere né alla procedura negoziata né alla rinegoziazione delle clausole.

In relazione al primo profilo, deve rilevarsi che la procedura negoziata ha natura eccezionale ed in quanto tale è ammissibile soltanto nei casi tassativamente previsti dalla legge.

In particolare, l’art. 57, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) prevede che si può scegliere la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, tra l’altro, «nella misura strettamente necessaria, quando l’estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti».

Nella fattispecie in esame, a prescindere da ogni altra valutazione relativa al rispetto delle relative modalità procedimentali, la generica e astratta affermazione secondo cui occorre fare «fronte alle esigenze degli utenti bisognosi di ossigeno medicinale presso il proprio domicilio in quanto affetti da gravi patologie respiratorie» non è idonea ad integrare il predetto presupposto contemplato dall’art. 56. Infatti, allo stato, come risulta dallo stesso provvedimento impugnato, «i direttori dei distretti si servono di ditte specializzate per il tramite delle farmacie territoriali private convenzionate». Non sussiste, pertanto, una “estrema urgenza” connessa all’esigenza di tutelare la salute degli utenti, in quanto il fine perseguito è stato quelle di ottenere «un notevole risparmio economico relativo all’approvvigionamento e distribuzione a domicilio di ossigeno medicinale». In altri termini, lo scopo perseguito è perfettamente «compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara» (cit. art. 57, comma 2, lettera c).

In relazione al secondo profilo, è alquanto evidente la mancanza dei presupposti per procedere alla rinegoziazione delle condizioni poste a base del primo contratto. La modificazione consensuale delle condizioni inizialmente pattuite, mediante un accordo di “secondo grado” avente efficacia modificativa, è possibile soltanto in presenza di eventi sopravvenuti e, soprattutto, mantenendo “inalterato”, al fine di non eludere le regole della libera concorrenza, l’equilibrio economico-giuridico esistete al momento della stipulazione del “primo” contratto.

In definitiva, per le ragioni sin qui esposte, deve essere annullata la deliberazione impugnata.

3.— Il ricorrente ha chiesto, inoltre, la «condanna generica al risarcimento del danno subito».

Come è noto, nel sistema processuale civile, l’art. 278 c.p.c. consente l’emanazione di una sentenza di condanna generica «quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione. In tal caso il collegio, con la stessa sentenza e sempre su istanza di parte, può altresì condannare il debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova».

Nel sistema processuale amministrativo manca una norma che espressamente autorizzi il giudice amministrativo ad emettere una sentenza parziale di condanna secondo il modello di cui all’art. 278 c.p.c. A tale fine, non può farsi riferimento all’art. 35 del d.lgs. 21 marzo 1998 n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59), il quale stabilisce che «il giudice amministrativo può stabilire i criteri in base ai quali l’amministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine», aggiungendo se le parti non giungono ad un accordo, con il ricorso di ottemperanza «può essere chiesta la determinazione della somma dovuta».

Tale meccanismo di determinazione del danno, per quanto presenti profili di analogia con l’istituto della condanna generica, ha una struttura differente. Infatti, la condanna generica presuppone che il giudice emani una sentenza parziale con la quale si limiti ad accertare la responsabilità della p.a. e a rinviare ad un successivo momento la definizione del giudizio mediante l’emanazione di una sentenza definitiva di determinazione del danno. La condanna ex art. 35 presuppone che il giudice adotti, nella fase di cognizione, una sentenza definitiva di condanna con predeterminazione dei criteri volta alla definizione del quantum risarcitorio; spetterà poi alle parti stipulare un accordo che, in esecuzione della sentenza e dei criteri ivi stabiliti, stabilisca la somma risarcitoria dovuta (Consiglio di Stato, sez. IV, 31 luglio 2008, n. 3823; nello stesso senso, tra gli altri, Consiglio di Stato, sez. IV, 28 aprile 2006, n. 2408).

In mancanza di una norma che disciplini espressamente l’istituto il Consiglio di Stato, sez. VI, con ordinanza 2 febbraio 2009, n. 546, ha rimesso all’Adunanza plenaria, tra l’altro, la questione relativa all’ammissibilità anche nel processo amministrativo della condanna generica.

3.1.— Svolta questa premessa, deve ritenersi, ai nostri fini, come, anche a volere ritenere applicabile nel processo amministrativo l’art. 278 c.p.c., il ricorrente non ha assolto comunque all’onere probatorio. La giurisprudenza della Cassazione, infatti, afferma, con orientamento condivisibile, che «ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 278 c.p.c., non è sufficiente accertare l’illegittimità della condotta, ma occorre anche accertarne, sia pure con modalità sommaria e valutazione probabilistica, la portata dannosa, senza la quale il diritto al risarcimento, di cui si chiede anticipatamente la tutela, non può essere configurato; nel caso di condanna generica, infatti, ciò che viene rinviato al separato giudizio è soltanto l’accertamento in concreto del danno nella sua determinazione quantitativa, mentre l’esistenza del fatto illecito e della sua potenzialità dannosa devono essere accertati nel giudizio relativo all’ “an debeatur” e di essi va data la prova seppure sommaria e generica, in quanto costituiscono il presupposto per la pronuncia di condanna generica» (Cass. 15 giugno 2009, n. 13856).

Nel caso in esame, il ricorrente non ha dimostrato in alcun modo l’esistenza del fatto illecito e della sua potenzialità dannosa, essendosi limitato a provare la illegittimità dell’atto e non la illiceità della condotta.

E’ bene aggiungere che, anche qualora si volesse intendere la domanda proposta quale richiesta di risarcimento con predeterminazione dei criteri, la deficienza istruttoria sopra indicata condurrebbe comunque al rigetto della domanda stessa.

4.— Il ricorrente ha chiesto anche la dichiarazione di inefficacia del contratto medio tempore stipulato.

4.1.— In relazione a questo aspetto, l’amministrazione assume il difetto di giurisdizione del giudice adito, con argomentazioni che, invero, investirebbero l’intera controversia.

La Corte di cassazione, sezioni unite, con ordinanza 10 febbraio 2010, n. 2906, mutando orientamento, ha ritenuto che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di procedure di gara si estende anche al contratto.

I giudici di legittimità sono pervenuti a tale conclusione sulla base di quanto stabilito dalla direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007 n. 66, relativa al «miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici», che avrebbe dovuto essere recepita entro il 20 dicembre 2009.

Tale normativa comunitaria impone – ad avviso della Cassazione – di dare rilevanza alla connessione esistente tra la domanda di annullamento dell’aggiudicazione e quella di caducazione del contratto stipulato nelle more del giudizio amministrativo ovvero successivamente ad esso, rendendo necessaria la loro trattazione unitaria avanti ad un medesimo giudice al fine di garantire l’attuazione dei principi di concentrazione ed effettività del processo da essa previsti (si cita, in particolare, il considerando n. 13).

In questa prospettiva, ad avviso di questo Collegio, la norma interna da interpretare in maniera conforme al diritto comunitario è l’art. 244 del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale, come è noto, attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a «procedure di affidamento». In altri termini, l’espressione riportata deve essere intesa come comprensiva sia dell’atto amministrativo sia del “connesso” atto negoziale.

E’ bene aggiungere che tale obbligo di interpretazione conforme sussiste sin dal momento dell’entrata in vigore della normativa europea (dicembre 2007). Ciò non tanto, come sostenuto dalla Cassazione, in ragione dell’effetto retroattivo conseguente alla “efficacia diretta” della direttiva non attuata entro il termine previsto (dicembre 2009), quanto per la valenza stessa che deve essere assegnata al diritto comunitario anche non immediatamente applicabile. In altri termini, l’obbligo di interpretazione conforme delle norme nazionali sussiste anche in presenza di una norma comunitaria non avente effetti diretti.

Sul piano costituzionale, la giurisdizione esclusiva estesa al contratto è compatibile con il modello delineato dall’art. 103 della Costituzione. La Consulta, con la recente sentenza n. 32 del 2010, ha affermato che, affinchè la previsione legislativa che assegna al g.a. la giurisdizione esclusiva sia conforme al quadro costituzionale, devono sussistere i seguenti requisiti: a) situazioni giuridiche di diritto soggettivo e interesse legittimo «strettamente connesse», con la conseguente difficoltà di «individuare i connotati identificativi delle singole situazioni soggettive», ovvero anche solo posizioni di diritto soggettivo, purché ricorrano le ulteriori condizioni di seguito indicate; b) attribuzione al g.a. non di blocchi di materie ma di “materie determinate”; d) intervento della p.a. attraverso la spendita di poteri amministrativi.

Avendo riguardo al caso di specie, si può aggiungere che la connessione con l’esercizio del potere amministrativo si atteggia, invero, in maniera peculiare. Non si realizza, infatti, in linea con l’origine della stessa giurisdizione esclusiva, una commistione tra diritti soggettivi e interessi legittimi difficilmente distinguibili con conseguente opportunità di attribuzione della relativa cognizione ad un solo giudice. E’ infatti indubbio che le situazioni giuridiche afferenti al contratto sono di diritto soggettivo. Ed è altrettanto indubbio che le situazioni giuridiche afferenti alla procedura amministrativa di gara sono di interesse legittimo. Le due posizioni soggettive sono pertanto ben delineabili e risultano chiaramente “separate”. Nondimeno, in questo caso si giustifica la giurisdizione esclusiva in ragione del “collegamento” stretto tra la fase amministrativa e la fase negoziale di conclusione del contratto. Tale collegamento deriva dal fatto che il “vizio” del contratto è “conseguenza” del “vizio” del provvedimento. In presenza di un “vizio autonomo” del contratto tale nesso viene meno. In definitiva, la giurisdizione esclusiva si giustifica, sul piano costituzionale, non soltanto in presenza di un “intreccio” di interessi legittimi e diritti soggettivi, nonché di diritti soggettivi incisi dall’esercizio di un potere amministrativo (Corte cost. n. 32 del 2010), ma anche in presenza di interessi legittimi e diritti soggettivi “separati” ma, nondimeno, strettamente collegati.

4.2.— Chiarito che sussiste la giurisdizione esclusiva di questo Tribunale anche in ordine al contratto, occorre stabilire quale sia la sorte del contratto stesso.

Prima dell’emanazione della direttiva comunitaria, la prevalente giurisprudenza amministrativa riteneva, come è noto, che il contratto fosse inefficace (da ultimo, Consiglio Stato sez. V, 9 novembre 2009, n. 6966). Più in particolare, si riteneva, pur in mancanza di una norma espressa, sussistente una inefficacia in senso stretto da contratto valido.

Seguendo tale orientamento anche nel caso in esame deve, pertanto, essere dichiarata, in presenza di una espressa domanda dell’impresa ricorrente, la inefficacia del contratto.

Il risultato non muta neanche applicando, in virtù dell’efficacia diretta delle norme contenute nella citata direttiva comunitaria non attuate entro il termine previsto, le regole contemplate dalla direttiva stessa. Quest’ultima prevede alcune ipotesi, definibili “più gravi”, che ricorrono, tra l’altro, quando l’amministrazione stipula il contratto senza rispettare il termine minimo di sospensione ovvero quando si affida l’appalto con procedura negoziata senza bando. In questi casi il contratto deve essere dichiarato inefficace, con la sola possibilità di modulare la decorrenza degli effetti e semprechè non ricorrano «esigenze imperative connesse ad un interesse generale» che impongano che venga mantenuta l’efficacia del contratto (per l’analisi approfondita delle problematiche in esame si v. Consiglio di Stato, parere 1 febbraio 2010, n. 368).

Applicando tali regole al caso in esame, ne risulta “confermata” la inefficacia del contratto, non sussistendo “esigenze imperative” che impongono il mantenimento del rapporto contrattuale in atto anche perché, come sottolineato, il servizio oggetto dell’appalto era comunque assicurato sia pure secondo modalità diverse.

5.— In ragione dell’esito della controversia, si condannano le parti resistenti a rifondere alla ricorrente le spese processuali che si liquidano in euro 2.000, oltre iva e cpa.

 

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento del ricorso:

a) annulla la deliberazione n. 3373 in data 20 agosto 2009 adottata dall’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza;

b) dichiara la inefficacia del contratto stipulato tra la predetta l’Asp di Cosenza e la Sapio Life s.r.l.;

c) rigetta la domanda di condanna generica al risarcimento del danno;

d) condanna le parti resistenti al pagamento a favore della ricorrente delle spese processuali che si liquidano in euro 2.000, oltre iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Vincenzo Fiorentino, Presidente

Anna Maria Verlengia, Primo Referendario

Vincenzo Lopilato, Referendario, Estensore

 

           

 L'ESTENSORE                    IL PRESIDENTE

                       

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/04/2010

 

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