HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Abruzzo, Sez. I, 16/3/2010 n. 199
Sulla impossibilità per un comune di continuare a gestire in economia il servizio idrico, di fognatura e depurazione a seguito della costituzione dell'Ente d'Ambito.

Nel regime della legge n.36/94 (legge Galli), una volta costituitasi l'Autorità d'Ambito ed affidata la gestione del servizio idrico, i singoli enti locali non possono, salvo limitate e tipizzate eccezioni (le cosiddette "gestioni salvaguardate" di cui al c. 4 dell'art. 9 della citata legge Galli), pretendere di continuare a gestire "in proprio" il servizio.

Materia: acqua / servizio idrico

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 466 del 2004, proposto da:

Ruzzo Servizi S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Bruno Piccinini, Costantino Tessarolo, con domicilio eletto presso Bruno Avv. Piccinini in L'Aquila, via XX Settembre, n.79 (N.I.);

 

contro

Comune di Isola del Gran Sasso, rappresentato e difeso dall'avv. Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso Roberto Avv. Colagrande in L'Aquila, via Verdi, n.18;

 

nei confronti di

Ente D'Ambito Territoriale Ottimale Teramano N. 5;

 

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della delibera comunale n. 47/04 di revoca della precedente delibera n.34/04 relativa alle nuove tariffe per l’anno 2004 del servizio idrico integrato;

della delibera comunale n. 49/04 che ha nuovamente determinato le tariffe per l’anno 2004 relative al servizio idrico integrato;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Isola del Gran Sasso;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 02/12/2009 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Parte ricorrente (già azienda società consortile ACAR) assume di avere ottenuto l’affidamento dall’Ente d’Ambito della gestione dell’A.T.O. n.5 “Teramano” per un periodo di venti anni, in conformità a quanto allora disposto dalla legge n.36/94 (cosiddetta “legge Galli”), stipulando la relativa convenzione ed un disciplinare d’incarico.

Assume ancora che, ai sensi della deliberazione n.20 dell’Ente d’Ambito - che ha approvato l’affidamento – il termine ultimo per l’inizio della gestione dei servizi precedentemente forniti dall’ACAR era stato fissato nel 31.12.2003.

Nonostante ciò il Comune resistente, facente parte dell’A.T.O. in questione, ha continuato la gestione del servizio in economia e, con la delibera di Giunta Comunale n.34/04, dopo aver dato atto che erano in corso trattative in ordine alle modalità di passaggio della gestione del servizio e delle infrastrutture (acquedotti, reti fognanti, impianti di depurazione) in capo alla società ricorrente, ha fissato le nuove tariffe per l’anno 2004 relative al servizio idrico integrato.

Con le successive delibere di Giunta Comunale n. 47/04 e n. 49/04, il medesimo Comune ha prima revocato la precedente delibera n.34/04 ed, infine, fissato nuove tariffe per l’anno 2004.

Queste ultime due delibere (n. 47/04 e n. 49/04) sono state fatte oggetto di impugnativa da parte della società ricorrente, con il presente ricorso, notificato il 30.6.2004, che ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione degli effetti, per i seguenti motivi:

 

I) Violazione e falsa applicazione degli artt.8 e seguenti della legge n.36/94 e degli artt. 6, comma 5, 9 e 14 della legge regionale n.2/97 – Eccesso di potere per difetto del presupposto -contraddittorietà ed illogicità manifesta.

Con questo motivo di gravame, parte ricorrente ha innanzitutto ricostruito il quadro normativo in materia di organizzazione del servizio idrico integrato, di cui alla legge n.36/94 (precedentemente alla sua abrogazione ad opera dell’art. del D.Lgs. 3-4-2006 n. 152), indicandone correttamente la ratio nell’esigenza di eliminare la frammentazione derivanti da diverse gestioni all’interno di determinati ambiti territoriali di dimensione adeguata, al fine di assicurare l’unitarietà della gestione in vista di una più razionale utilizzo della risorsa idrica.

Ha evidenziato quindi che per l’A.T.O. 5 (individuato a seguito della legge regionale n.2/97) l’Autorità d’Ambito ha affidato la gestione del servizio idrico integrato alla società ricorrente e che, conseguentemente, non è più possibile che, salvo limitate e tipizzate eccezioni (le cosiddette “gestioni salvaguardate” di cui al comma 4 dell’art.9 della legge Galli), operino altri gestori all’intero dell’ambito ed, in particolare, che un Comune decida di continuare a gestire il servizio in economia sul proprio territorio.

Lamenta, quindi, parte ricorrente che il Comune in questione a seguito dell’avvenuta costituzione dell’Ente d’Ambito, a cui partecipano tutti gli enti locali interessati, e dell’affidamento da parte dello stesso del servizio alla società ricorrente, ha perso la possibilità di mantenere una autonoma e separata gestione del servizio sul suo territorio e la disponibilità giuridica delle opere funzionali alla medesima gestione, in quanto, in forza delle disposizioni indicate, il servizio idrico integrato deve necessariamente essere esercito in forma associata nell’intero ambito territoriale.

In particolare, sempre secondo il ricorrente, ciò risulta ancora più evidente dal testo della convenzione stipulata tra il soggetto gestore e l’Ente d’Ambito, ai sensi della quale il servizio viene affidato in via esclusiva e che la gestione riguarda anche il Comune intimato, ed è disposto altresì che le opere, gli impianti e le canalizzazioni funzionali all’esercizio del servizio sono concessi in uso al gestore medesimo.

Da ciò deriverebbe l’illegittimità delle deliberazioni impugnate, in quanto il Comune non avrebbe potuto decidere di continuare a gestire il servizio in economia né, a tal fine, procedere alla fissazione delle tariffe del servizio per l’anno 2004.

 

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 2, lett.f), della legge regionale n.2/97 – Incompetenza del Comune di Isola del Gran Sasso d’Italia ad adottare gli atti impugnati.

Lamenta il ricorrente l’incompetenza del Comune intimato in ordine all’adozione degli atti gravati, in quanto ai sensi della legge regionale n.2/97, ed in conformità a quanto previsto dalla legge n.36/94, la competenza a stabilire le tariffe del servizio idrico integrato spetta esclusivamente all’ente d’Ambito.

 

III) Incompetenza della Giunta Comunale ex art.42, comma 2, lett. f), del T.U. n.267/2000.

Sostiene la società ricorrente che, indipendentemente dal profilo di incompetenza dedotto nel motivo precedente, la Giunta Comunale è incompetente a determinare le tariffe dei servizi pubblici.

La competenza spetterebbe difatti, ex art.42, comma 2, lett. f), del T.U. n.267/2000, al Consiglio Comunale.

 

IV) Violazione e falsa applicazione dell’art.13 della legge n.36/94 e del Decreto Ministeriale 1.8.1996 – Eccesso di potere per insufficienza ed incongruità manifesta della motivazione.

 

Con quest’ultimo motivo di ricorso vengono fatti valere l’inosservanza da parte del Comune dei criteri normativi per la fissazione delle tariffe del servizio e ed il difetto di motivazione.

Parte ricorrente chiede inoltre il risarcimento del danno subito, derivante, a suo dire, dalla circostanza che le delibere impugnate le hanno comportato l’impossibilità di gestire il servizio idrico integrato nel territorio comunale, con conseguente mancata riscossione delle relative tariffe, così come determinate nell’art.25 della convenzione e nell’art.11 del disciplinare d’incarico.

La società ricorrente ha successivamente notificato, in data 9.7.2004, un atto di correzione di errore materiale in cui ha dichiarato che, sebbene nell’intestazione del ricorso gli atti gravati si indicavano come emessi dal Consiglio Comunale, in realtà gli stessi, come si poteva evincere dall’intero testo del ricorso e dai documenti impugnati, erano stati emessi dalla Giunta Comunale.

Si è costituito in giudizio il Comune intimato deducendo l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

Ha formulato, inoltre, argomentazioni difensive tra cui, in particolare, per quanto riguarda il primo motivo di impugnativa, la deduzione che il passaggio della gestione del servizio sul territorio comunale deve essere proceduto dalla stipula di un contratto di servizio, ai sensi dell’art.35 della legge n.36/94, trattandosi di Comune inferiore a 5.000 abitanti, e che tale contratto non è stato ancora sottoscritto.

La causa è stata chiamata all’udienza del 2.12.2009 e trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1) Innanzitutto il Collegio rileva l’irrilevanza dell’errata individuazione nell’epigrafe del ricorso della provenienza degli atti impugnati dal Consiglio Comunale, anziché dalla Giunta.

Dall’intero contenuto del ricorso si individuano comunque gli estremi degli atti impugnati ed, in ogni caso, assume piena valenza chiarificatrice ed integrativa l’atto di correzione di errore materiale notificato, dalla parte ricorrente in data 9.7.2004.

 

2) In via preliminare il Collegio ritiene di dover scrutinare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse formulata dal Comune interessato.

Questo profilo è da valutarsi alla luce della natura dei provvedimenti gravati, dei motivi di ricorso dedotti e della pretesa sostanziale di parte ricorrente.

Dall’esame dei motivi di ricorso ed, in particolare, del primo motivo di gravame, si evince chiaramente che la pretesa fatta valere dalla parte ricorrente consiste nella contestazione della possibilità da parte del Comune intimato di continuare a gestire in economia il servizi idrico, di fognatura e depurazione e nell’affermazione dell’obbligo da parte del medesimo Comune di consentire il passaggio della suddetta gestione in capo alla società ricorrente a partecipazione pubblica locale a cui l’Ente Ambito ha affidato il servizio idrico integrato.

Né d’altra parte la società ricorrente può far valere altra posizione legittimante se non quella riconnessa alla sua pretesa di gestire il servizio idrico integrato anche nel territorio del Comune intimato in forza degli atti di affidamento del servizio indicati nella parte in fatto.

Tale pretesa costituisce il limite, oltre che del suo interesse ad agire, anche della sua posizione legittimante l’azione, in quanto le situazioni soggettive di interesse legittimo o, eventualmente, di diritto soggettivo che la parte ricorrente può far valere nei confronti dell’affidamento del servizio svolto dal Comune non possono che essere strettamente collegate alla pretesa di subentrare nella gestione, né da quest’ultima esulare.

Ogni altra questione inerente alla tutela degli interessi pubblici del più razionale ed efficiente svolgimento del servizio od organizzazione del medesimo o, infine, relativa all’applicazione della corretta tariffa nei confronti degli utenti è di competenza ed interesse dell’Ente d’Ambito.

Quest’ultimo è difatti l’Ente preposto, in chiave pubblicistica, dalla legge alla realizzazione di una gestione unitaria e più efficiente del servizio idrico integrato, risultando il soggetto gestore essere un mero soggetto affidatario dell’espletamento del servizio sulla base di una convenzione che, in tal senso, si pone in una logica privatistica ed imprenditoriale.

Il soggetto affidatario, seppure destinatario di alcune norme specifiche dovute alla circostanza di avere assunto la gestione di un servizio pubblico, non acquisisce alcuna competenza pubblicistica diretta in ordine alla tutela degli interessi della collettività.

Quest’ultimo, per quanto riguarda lo svolgimento del servizio, risulta essere un semplice soggetto affidatario che ha stipulato per la gestione del servizio una convenzione con l’Ente deputato alla tutela degli interessi pubblicisti, nell’ambito della quale sono definiti i diritti e gli obblighi del gestore, in una ottica contrattuale e di “contrapposizione” all’autorità pubblica che vigilerà sulla corretta gestione del servizio.

La circostanza incidentale che la gestione del servizio può essere affidata, come nel caso di specie, a società a partecipazione pubblica, non contraddice quanto anzidetto, né muta la natura del rapporto di affidamento, prova ne sia che il servizio pubblico integrato ben può essere affidato a soggetti del tutto privati e che il criterio preferenziale di scelta del soggetto gestore risulta essere una procedura ad evidenza pubblica.

Fatta questa premessa, il Collegio rileva l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

Il bene della vita invocato dalla parte ricorrente è, e non può che essere, l’acquisizione della gestione del servizio sul territorio del Comune resistente ed, in tal senso, avrà interesse e legittimazione ad opporsi a quelle determinazioni che denegano in via diretta il suo subentro nella gestione del servizio.

Gli atti impugnati da parte ricorrente si riferiscono, difatti, alla determinazione della tariffa dei servizi di distribuzione idrica, depurazione e fognatura, nelle more del compimento degli atti necessari al passaggio della gestione all’affidatario d’ambito.

In tali atti solo in via indiretta è espressa la volontà dell’ente alla continuazione della gestione del servizio ed, in tal senso, i provvedimenti gravati sono volti a rideterminare la tariffa da applicarsi in via transitoria e nelle more della definizione degli adempimenti volti al trasferimento.

Più nello specifico, a parere del Collegio, nelle delibere gravate la continuazione della gestione del servizio in economia costituisce un mero presupposto, ed in tali termini è considerato in via implicita, senza che si ravvisi alcuna espressione decisionale diretta in ordine alla continuazione del servizio in economia, né all’eventuale rifiuto di cederne la gestione al soggetto scelto come affidatario dall’Ente d’Ambito.

Il contenuto decisionale degli atti gravati idoneo ad assumere valenza ed effetto autoritativo, è costituito esclusivamente la rideterminazione delle tariffe per l’anno 2004.

In tal senso si devono evidentemente interpretare le delibere n.47/94, che ha annullato la precedente n.34/94, e n. 48/94, che ha nuovamente fissato le tariffe.

Il Collegio, quindi, pur condividendo in via generale le deduzioni di parte ricorrente secondo cui, nel regime della legge n.36/94, una volta costituitasi l’Autorità d’Ambito ed affidata la gestione del servizio, i singoli enti locali non possono, salve tipizzate eccezione, pretendere di continuare gestione “in proprio” il servizio, non può che pronunciarsi per l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse a ricorrere ex art.100 c.p.c..

Difatti, parte ricorrente, in assenza dell’acquisizione della gestione del servizio nel territorio comunale, non ha alcun interesse a contestare l’applicazione di una certa tariffa in luogo di un’altra, così come, in generale, le modalità di determinazione delle tariffe praticate agli utenti da parte del Comune che gestisce il servizio in economia, né, per quanto indicato, ha alcuna legittimazione ad agire per la tutela di altri interessi connessi alla sfera pubblicistica di competenza delle autorità preposte alla tutela delle risorse idriche ed ambientali.

Quanto alla domanda risarcitoria la stessa va conseguentemente rigettata.

Anzi proprio la formulazione di quest’ultima costituisce un ulteriore elemento per avvalorare la fondatezza di quanto in precedenza rilevato sul reale interesse perseguito dalla parte ricorrente e, conseguentemente, sulla carenza di interesse ad agire nei confronti di atti di rideterminazione della tariffa comunale.

La società ricorrente ha individuato il danno subito nella mancata riscossione della tariffa sul territorio comunale, dovuto all’impossibilità di gestire il servizio idrico integrato nel medesimo territorio, rendendo così evidente che il reale interesse perseguito è l’acquisizione del servizio.

La mancata acquisizione della gestione del servizio non ha però, per quanto anzidetto, alcuna connessione diretta con le delibere impugnate, rendendo quindi infondata anche per tale motivo la domanda risarcitoria.

Considerata la particolarità della vicenda e la natura della decisione, basata esclusivamente sul profilo di interesse a ricorrere, il Collegio ritiene che sussistano eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio e l’irripetibilità del contributo unificato.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo – L’Aquila, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui al R.G. 466/2004, lo dichiara inammissibile.

Rigetta la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Contributo unificato irripetibile.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 02/12/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Cesare Mastrocola, Presidente

Paolo Passoni, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/03/2010

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici