REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1755 del 1996, proposto da:
Gianasso Antonio, rappresentato e difeso dagli avv. Claudio Dal Piaz, Chiara Servetti, Antonella Gianasso, con domicilio eletto presso l’avv. Claudio Dal Piaz in Torino, via S. Agostino, 12;
contro
Provincia Vercelli, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, via S. Francesco D'Assisi, 14;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione del Consiglio Provinciale di Vercelli n. 92 in data 19.2.1996, avente ad oggetto: "Collegio dei Revisori dei Conti. Mancata osservanza all'obbligo di riunione mensile. Provvedimenti conseguenti: prosecuzione discussione; "mozione di decadenza e revoca dall'incarico per inadempienza dei sigg. Piero Cavezzale, Antonio Gianasso, Giacomo Manachino, membri del Collegio di Revisione contabile della Provincia", presentata dal Consigliere Barberis in data 29.1.1996; proposta deliberazione presentata dal Consigliere Filice in data 6.2.1996", divenuta esecutiva il ;
della nota del Presidente della Provincia di Vercelli, prot. n. 9341 DP/cb in data 3.6.1996, avente ad oggetto: "Collegio dei revisori dei conti. Mancata osservanza all'obbligo di riunione mensile. Provvedimento del C.P. n. 92 del 19.2.1996";
nonché per l'annullamento
degli atti tutti antecedenti, preordinati, conseguenziali e comunque connessi del procedimento e per ogni ulteriore conseguenziale statuizione.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia Vercelli;
Esaminate le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 11 marzo 2010 il Referendario Avv. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Il ricorrente fu nominato componente del collegio dei revisori dei conti della Provincia di Vercelli.
In conseguenza della effettuazione di un numero di riunioni collegiali inferiore a quelle mensili prescritte dallo Statuto dell’Ente, il Consiglio provinciale, dopo aver assunto sulla questione la delibera interlocutoria n. 66 del 20.11.1995 e contestato ai revisori detta inadempienza con nota del 24.11.1995, prot. 44266/6/op, esaminava e discuteva, nell’assemblea del 19.2.1996 le due proposte di deliberazione presentate sull’argomento, ossia quella del Consigliere Barberis, che proponeva la revoca dell’incarico di revisore e quella, più mite, del Consigliere Felice, il quale, sulla scorta del prudente parere legale rilasciato a richiesta dall’attuale patrono della resistente Amministrazione, proponeva di “censurare” l’operato dei consiglieri ma non di revocarli, ritenendo che la contestata mancata effettuazione di tutte le prescritte riunioni mensili non costituisse trasgressione tale da legittimarne la revoca, la quale postulerebbe un mancato funzionamento del consesso, là dove l’inadempienza contestata ai consiglieri può costituire motivo di diffida dal persistere nel comportamento omissivo, con avvertimento che la reiterazione anche di una sola delle predette mancanza avrebbe determinato la revoca del’incarico fiduciario di revisore.
La riassunta proposta di deliberazione veniva approvata dall’Assemblea Consiliare con delibera del 19.2.1996, n. 62 con 13 voti favorevoli e 9 contrari, mentre era respinta la più severa proposta di revoca formulata dal Consigliere Felice.
1.2. Con il gravame in epigrafe, ritualmente proposto, insorge il solo Consigliere Gianasso avverso tale Deliberazione, la quale, genericamente, “censura” l’operato dei revisori e li diffida dal perseverare nella contestata omissione, avvertendoli che la reiterazione anche di una soltanto di quelle mancanze importerà la revoca del’incarico conferito fiducia rimanete dall’Ente..
Con Ordinanza istruttoria n. 1167 del 6.11.1996 la Sezione disponeva l’acquisizione di tutti gli atti del procedimento, ordine non ottemperato dalla Provincia di Vercelli, che ha prodotto gli atti solo con deposito del 18.2.2010 effettuato dal difensore che si era già costituito in rappresentanza dell’Ente con memoria formale in data 2.9.1996 per poi produrre memoria defensionale, in vista dell’Udienza pubblica, il 26.2.2010
Il Dott. Gianasso ricorrente depositava il 27.1.2009 istanza di prelievo, conferendo a margine della stessa il mandato difensivo all’avv. Antonella Gianasso.
Alla Pubblica Udienza del 11.3.2010 sulle conclusioni delle parti e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano il ricorso veniva introitato per la definitiva decisione.
2.1. Deve in limine litis il Collegio scrutinare l’eccezione di inammissibilità del gravame, sollevata dall’Amministrazione sul rilievo che la delibera impugnata non infligge la sanzione della censura in senso tecnico e proprio ma reca una mera diffida ai revisori dal reiterare il comportamento inadempiente loro contestato; da ciò discendendo l’inammissibilità del ricorso stesso, posto che per costante giurisprudenza, ribadita anche dalla Sezione con la Sentenza n. 1749/2009, la diffida non costituisce provvedimento impugnabile.
2.2. L’eccezione si presta a positiva considerazione e va, pertanto, accolta.
Come accennato, il ricorrente grava la Delibera consiliare n. 62/2006 che, in combinato disposto con la proposta del Cons. Felice, delibera di: “1) censurare i Revisori per la mancata osservanza dell’obbligo di riunione mensile sancito dallo Statuto e dal Regolamento per il funzionamento del Collegio dei Revisori dei Conti”; 2) richiamare formalmente gli stessi ad una più puntuale osservanza dei propri obblighi, precisando formalmente che l’eventuale reiterazione delle inadempienze riscontrate, anche di una sola di esse (…) investendo direttamente il rapporto fiduciario, determinerà senz’altro la revoca dell’incarico”. Questo il dispositivo di delibera contenuto nella proposta di deliberazione approvata.
2.3. Orbene, il ricorrente svolge doglianze puntualizzate su un supposto provvedimento di censura in senso tecnico, quale sanzione disciplinare, dolendosi nei vari motivi dell’omessa valutazione delle loro controdeduzioni, di difetto di motivazione, dell’omessa indicazione del termine e dell’autorità contro cui ricorrere. Oblitera, tuttavia, il deducente che in realtà il primo deliberato appena riportato va apprezzato sia in parallelo con il secondo, che sostanzia un mero richiamo ad astenersi dal reiterare le contestate mancanze, sia unitamente al contenuto complessivo della proposta approvata e, in particolare, in riferimento alla penultima motivazione che richiama “la terza ipotesi” suggerita col parere legale allegato alla proposta stessa quale sua parte integrante.
Dalla lettura sinottica e coordinata della motivazione della proposta di delibera approvata – e, in particolare della penultima motivazione – e del parere legale allegato alla stessa quale parte integrante – e, in particolare della terza ipotesi suggerita dal consulente – emerge che la delibera impugnata reca non un provvedimento disciplinare irrogativo di censura in senso tecnico, bensì un mero avvertimento o richiamo ai revisori, affinché non perseverino nelle contestate mancanze.
2.4. La deliberazione impugnata si risolve, quindi, in una diffida, atto non impugnabile, per pacifico insegnamento giurisprudenziale.
Invero, la cennata esegesi del provvedimento impugnato, operazione che sempre il Giudice deve condurre al fine di qualificare l’atto sottoposto al suo sindacato e sussumerlo nelle categorie generali sostanziali e nella sistematica processuale, non può prescindere, come avvertito, da una sua lettura complessiva e di insieme delle premesse motive alla proposta di deliberazione e dell’allegato parere legale (All. A della proposta Cons. Felice).
Ebbene, la penultima premessa motivazionale alla proposta in questione chiarisce: “ rilevato inoltre che, in conclusione, si ritiene che l’attività complessivamente svolta dai Revisori non possa configurare la fattispecie di inadempimento (…) e che quindi sia utilmente percorribile la terza ipotesi contenuta nei pareri in data 9.11.1995 e 27.12.1995 del Prof. Scaparone sopra riportati”.
Si delibera, dunque, di provvedere secondo la predetta terza ipotesi indicata nel richiamato parere, allegato sub. A e, tra l’altro, espressamente riportata alla pagina precedente della proposta di deliberazione in analisi.
Detto parere, giova precisare, anche ai fini del merito delle doglianze del ricorrente, forniva anche le controdeduzioni assunte dalla Provincia in risposta alle osservazioni del 15 e 30 novembre 1995 prodotte dai revisori. Il che fa luce anche sull’infondatezza nel merito dei motivi 1° 1 3° del ricorso che lamentano l’omessa valutazione delle osservazioni presentate dai revisori e la correlativa mancata esplicitazione nel corpo del provvedimento, delle correlative controdeduzioni.
Orbene, la citata terza ipotesi suggerita dal parere legale richiamato nella proposta di delibera, parere che, quindi, integra quindi sia la motivazione che il dispositivo della delibera impugnata, muove nel senso dell’adozione non già dell’afflittivo provvedimento di revoca dell’incarico, bensì di un mero richiamo o diffida. Si legge, infatti, quanto alla ridetta terza ipotesi, riportata in fine alla pag. 2 della proposta del Cons. Felice (Allegato 2 alla delibera consiliare n. 62/1996 impugnata – Doc. 1 produzione Amministrazione): “3. richiamare formalmente i revisori ad una puntuale osservanza dei propri obblighi”.
3.1. Ricostruito nei delineati termini il contenuto dispositivo dell’atto impugnato, deve concludersi che lo stesso sostanzia una mera diffida, atto che per pacifica e concorde affermazione giurisprudenziale e dottrinaria non reca alcuna lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del destinatario e non radica, conseguentemente, l’interesse a ricorrere nel suo attributo principe costituito dalla attualità.
Non può, al riguardo, non essere richiamato il recente precedente della Sezione, correttamente segnalato dalla difesa dell’Amministrazione, che ha precisato, sia pure in materia di pubblici servizi e in un caso in cui il concessionario era stato meramente diffidato a portare ad ulteriore esecuzione la sua prestazione, che “la mera diffida dell'Amministrazione al concessionario di un pubblico servizio perché ponga termine allo stesso non costituisce atto impugnabile davanti al giudice amministrativo atteso che, ai fini della configurabilità di un atto come provvedimento impugnabile, ciò che rileva non è la sua collocazione al termine del procedimento, ma il carattere costitutivo degli effetti che all'atto stesso si ricollegano”.(T.A.R. Piemonte, Sez. I, 20 giugno 2009, n. 1749).
Rammenta la Sezione come l’orientamento sia pacifico. Già anni addietro il Consiglio di Stato ebbe a precisare, proprio con riguardo ad un atto di diffida, rivolto ad un privato a desistere dal porre in essere un determinato comportamento (nella specie, integrante una situazione di incompatibilità con le mansioni di dipendente ospedaliero) che trattavasi di “atto preparatorio che non poteva essere impugnato se non con l'eventuale provvedimento conclusivo, esso solo capace di produrre l'effettiva lesione dell'interesse legittimo del dipendente alla conservazione del rapporto d'impiego”.(Consiglio di Stato, Sez. V, 28 novembre 1980, n. 960).
3.2.1. La delineata natura di mera diffida e non di provvedimento di censura in senso tecnico che va conferita alla delibera impugnata è, del resto coerente con l’inesistenza di qualsivoglia potere disciplinare del Consiglio provinciale o comunale nei confronti del Collegio dei revisori, potere che postula la sussistenza di un rapporto di gerarchia organica tra l’organo titolare del potere e l’organo al medesimo sottoposto.
3.2.2. Ritiene infatti al riguardo il Collegio che non possa essere predicato in capo all’Ente locale e in specie al Consiglio, alcun potere disciplinare, corollario del rapporto di gerarchia, nei confronti del Collegio dei revisori, posto che l’art. 101 del D.lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 recante l’Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, abrogato dall'art. 274, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, disponeva che “il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’art. 105, comma 1, lettera d).” Un generico potere di revoca per inadempienza disegnava poi lo stesso art. 57 della abrogata L. n. 142/1990.
Dal complesso di queste disposizioni e dalla previsione della sola possibilità di revoca dei revisori e unicamente per l’inadempienza definita all’art. 101 cit. discende che l’Ordinamento non contempla la sussistenza di un rapporto di gerarchia tra Consiglio comunale o provinciale e Collegio dei revisori, coerentemente del resto con la natura meramente fiduciaria ed onoraria del rapporto di servizio che lega il revisore all’ente locale.
E l’assenza di un rapporto di gerarchia importa la correlativa insussistenza del potere disciplinare che è la più tipica e caratteristica espressione del potere gerarchico.
Per le ragioni finora illustrate il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile.
Le spese possono essere compensate, malgrado la pervicacia del ricorrente alla coltivazione di un gravame inammissibile, sussistendo eque ragioni in tal senso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte – Prima Sezione – definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo dichiara Inammissibile.
Compensa integralmente le spese di lite tra le costituite parti.
Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente FF
Richard Goso, Primo Referendario
Alfonso Graziano, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/04/2010, n. 2069
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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