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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2730 del 2009, proposto da:
Domus Arva societa' cooperativa sociale a r.l. onlus, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Mascaro, con domicilio eletto presso lo studio legale Iera in Roma, via Albalonga n. 30;
contro
Comune di Aprigliano;
nei confronti di
Pulice Francesco, in qualità di amministratore unico e legale rappresentante de L'Aquilonia s.r.l.;
per la riforma
del dispositivo n. 45/08 e della sentenza n. 1503/08 del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I, resi tra le parti, concernenti AFFIDAMENTO SERVIZIO DI TRASPORTO SCOLASTICO A. 2007/2008.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2010 il Cons. Angelica Dell'Utri, nessuno comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato i giorni 23, 27, 30 e 31 marzo 2009 e depositato il 2 aprile seguente la Domus Arva società cooperativa sociale a r.l. – Onlus -, affidataria per l’anno 2006/07 del servizio di trasporto scolastico del Comune di Aprigliano, ha appellato il dispositivo 27 ottobre 2008 n. 45 e la sentenza 24 novembre 2008 n. 1503 del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, sezione prima, con cui è stato respinto il ricorso introduttivo e dichiarato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti da lei proposti per l’annullamento del bando della gara indetta con provvedimento del 2 agosto 2007 relativa all’affidamento dello stesso servizio per l’anno 2007/08, il provvedimento 22 agosto 2007 n. 300079, di reiezione della sua istanza in data 30 maggio 2007 di “convenzionamento” ai sensi dell’art. 5 della legge n. 381 del 1991, e gli atti connessi, nonché l’aggiudicazione provvisoria e definitiva della gara in favore de L’Aquilonia s.r.l..
A sostegno dell’appello ha dedotto:
1.- Sul primo motivo (violazione degli artt. 5 della legge n. 381/91 e 11 della legge n. 68/99, del principio del legittimo affidamento e difetto di motivazione in relazione all’esercizio del potere conferito all’amministrazione in merito all’affidamento diretto di contratti pubblici in favore delle cooperative sociali): il TAR, nel negare che il Comune sia tenuto ad esprimere alcuna valutazione sulla scelta di seguire l’evidenza pubblica pur in presenza di un’istanza di convenzionamento, si fonda su una motivazione erronea poiché non era in discussione la libertà di tale scelta, bensì l’esercizio del potere di bandire la gara senza prima l’esame in concreto di tale istanza e nel ricorso dei presupposti di legge per il convenzionamento, avendo l’Ente respinto la stessa istanza dopo la pubblicazione del bando. Né si intendeva che l’istanza condizionasse la scelta, giacché è l’art. 5 cit. che prevede in via generale la possibilità di derogare all’evidenza pubblica, ossia prevede e disciplina una “corsia privilegiata” in favore delle cooperative sociali per favorire l’avviamento al lavoro di persone svantaggiate, in coerenza con i principi generali in materia di contrattazione pubblica ed interesse pubblico, sicché era necessario motivare il diniego previa approfondita istruttoria, anche per consentirne il sindacato. La decisione è poi contraddittoria laddove afferma che il Comune “dovrà prendere in considerazione l’istanza” e poi nega che lo stesso Comune sia condizionato dalla medesima istanza; nonché irrazionale, laddove ritiene che una volta bandita la gara non vi sia l’onere di riscontrare l’istanza, finendo per sottrarre al controllo giurisdizionale il potere di stipulare convenzioni.
2.- Sul secondo motivo (illogicità del prezzo posto a base d’asta, pari a quello da lei offerto nell’anno precedente ed inferiore a quello allora posto a base d’asta), ritenuto indimostrato dal TAR, va invece considerato che il prezzo posto a base di gara dev’essere aggiornato, in linea con l’attuale andamento del mercato, a tutela della concorrenza ed ad evitare pregiudizi alle imprese più virtuose, che sopportano i maggiori costi per lavoro e formazione dei dipendenti, salvo specifica motivazione; pena, altrimenti, l’assenza di serietà delle offerte.
Alla luce delle precise e concordanti circostanze ed indici segnalati e comprovati, il prezzo indicato è in realtà inidoneo a consentire il ribasso del 11,77 % offerto dall’aggiudicataria, a fronte di quello del 2,4752% da lei offerto pur godendo di forti agevolazioni fiscali e contributive; né il Comune ha fornito elementi atti a dimostrare la remuneratività e la serietà del detto prezzo anche ai sensi dell’art. 133, co. 8, del codice degli appalti.
3.- Sul terzo motivo (violazione di legge, difetto di istruttoria e motivazione nei confronti del provvedimento del 22 agosto 2007, in quanto privo dell’esame sulla sussistenza o meno dei presupposti del procedimento di affidamento diretto ed erroneamente basato su una richiesta di proroga del precedente affidamento), il TAR ha ritenuto che, una volta bandita la gara, il diniego non abbisognasse di una particolare motivazione, in tal modo confondendo il contenuto del provvedimento con la motivazione: l’uno non esclude l’altra e non l’assorbe; motivazione necessaria in base al relativo diritto fondamentale solennemente sancito anche a livello europeo e tenuto conto del legittimo affidamento della ricorrente, ancora attuale gestore, in possesso dei requisiti di legge. Parimenti, erra il TAR nel ritenere irrilevante sia ogni istruttoria sull’istanza di convenzionamento, così annullandone il ruolo nella decisione assunta, sia il riferimento a proroghe o affidamento diretto, anziché al procedimento di convenzionamento, il quale evidenziava come il Comune non avesse ben compreso il reale contenuto dell’istanza stessa.
4.- Sul quarto motivo di ricorso (violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 per omesso preavviso di rigetto), il TAR ha negato che si trattasse di procedimento a istanza di parte; ma in quanto questa era volta ad attivare lo specifico procedimento in parola, era doveroso comunicarle le ragioni del presumibile rigetto.
5.- Sull’ammissibilità dei motivi aggiunti (dichiarati inammissibili in quanto il controinteressato destinatario di notifica non aveva ricevuto l’atto): i tre tentativi di notifica a mezzo posta stati ritenuti non andati a buon fine poiché L’Aquilonia s.r.l. è risultata la prima volta trasferita, la seconda irreperibile (presso la sede legale dell’impresa, risultante da visura camerale) e la terza (notifica inoltrata al legale rappresentante presso la relativa residenza, anch’essa risultante dalla visura camerale) temporaneamente assente (con avviso affisso presso la porta d’ingresso dello stabile, deposito presso la casa comunale ed invio di raccomandata, evidentemente ai sensi dell’art. 140 c.p.c.), ma sulla busta si indicava il rifiuto di ricevere il plico per non corrispondenza del nominativo. I plichi risultano stranamente aperti. L’art. 21 della legge n. 1034 del 1971 prescrive che il ricorso debba essere notificato a pena di inammissibilità al controinteressato, ma non anche che il controinteressato debba aver ricevuto il plico, sicché il ricorso deve ritenersi ammissibile ove sia stata impiegata l’ordinaria diligenza, com’è nella specie e presso la sede o residenza quali emergono dal registro delle imprese, le cui iscrizioni godono di pubblica fede e hanno efficacia nei confronti dei terzi, nonché dagli atti di gara. D’altronde, è irragionevole addossare alla ricorrente responsabilità di operazioni di esclusiva competenza dell’ufficiale giudiziario.
6.- Violazione degli artt. 140 e 145 c.p.c.: il TAR erra nel considerare le tre notifiche non andate a buon fine, in quanto l’ufficiale giudiziario ha eseguito tutte le formalità prescritte dall’art. 140 c.p.c., mentre inconferente è il richiamo all’indicazione del rifiuto per non corrispondenza del nominativo, non sottoscritta, non posta nel luogo ove dovrebbe esservi e contrastante con la dichiarazione “temporanea assenza del destinatario” contenuta nell’avviso di ricevimento ed avente pubblica fede.
7.- Difetto di procedura e rinvio al TAR ai sensi dell’art. 35 l. n. 1034/1971, giacché all’udienza di trattazione il difensore della ricorrente aveva chiesto espressamente che il Collegio ordinasse l’integrazione del contraddittorio o la rinnovazione della notifica ove vi fossero dubbi sulla ritualità di quelle eseguite, ma il TAR non ha indicato per quale ragione ha disatteso la richiesta.
8.- Errore scusabile ai sensi dell’art. 36 r.d. n. 1054/1924: in subordine, si chiede la concessione del beneficio rubricato, le omissioni essendo addebitabili all’ufficiale giudiziario e non alla ricorrente.
9.- Istanza istruttoria: il TAR non si è pronunciato sulla richiesta di disporre verificazione o consulenza tecnica sul costo del lavoro posto a base dell’aggiudicazione, pur essendo stati evidenziati indizi ed indici a fondamento dell’istanza.
10.- Riproposizione dei motivi di ricorso, quali formulati nell’atto introduttivo e nell’atto contenente motivi aggiunti.
Il Comune di Aprigliano e L’Aquilonia s.r.l. non si sono costituiti in giudizio.
All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata in decisione.
Ciò posto, in ordine ai motivi d’appello primo, terzo e quarto va ricordato che l’art. 5, co. 1, della legge 8 novembre 1991 n. 381, in materia di cooperative sociali, consente agli enti pubblici ed alle società di capitali a partecipazione pubblica di stipulate “anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione” apposite convenzioni con le cooperative sociali come definite dal precedente art. 1, ovvero con i corrispondenti organismi operanti negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di “beni o servizi” diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato sia inferiore alla c.d. soglia comunitaria e purché tali convenzioni siano finalizzate alla creazione di opportunità di lavoro per le persone svantaggiate. La norma non consente, perciò, di utilizzare le convenzioni ivi previste per l’affidamento di servizi pubblici locali, quale deve considerarsi il servizio di scuolabus di cui qui si discute.
Non v’è dubbio infatti, a tal riguardo, che il detto servizio si inquadri perfettamente nel concetto di servizio pubblico locale come qualificato dall’art. 112 del t.u.e.l. di cui al d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, ai sensi del quale “gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”. Tanto sul piano sia soggettivo, essendo il ripetuto servizio riconducibile alla competenza comunale, che oggettivo, attese le finalità sociali a favore della collettività dell’attività svolta, le quali caratterizzano e distinguono appunto il servizio pubblico rispetto alla fornitura di servizi, diretta a soddisfare esigenze dell’amministrazione pubblica e che questa ha facoltà, a termine del cit. art. 5, co. 1, della legge n. 381 del 1991, di procurarsi tramite convenzione diretta, in deroga alle norme in materia di contratti dell’amministrazione pubblica, con le cooperative sociali ove tale convenzione sia volta allo scopo di creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate (cfr., in fattispecie analoga riguardante il servizio pubblico di raccolta e trasporto di rifiuti urbani, la decisione sull’appello reg. gen. n. 5394/2009 assunta alla camera di consiglio del 9 febbraio 2010, in corso di pubblicazione).
Stante la preclusione anzidetta, l’impugnato provvedimento di diniego, avente perciò natura vincolata, altro contenuto dispositivo evidentemente non poteva avere; conseguentemente, a norma dell’art. 21 octies, co. 2, della legge 7 agosto 1990 n. 241 e ss.mm.ii., di esso non può comunque disporsi l’annullamento ancorché adottato in violazione delle norme sul procedimento, quali gli artt. 3 e 10 bis della stessa legge di cui è appunto dedotta nella specie la violazione; né, per la stessa ragione, è configurabile un difetto di istruttoria.
Non senza dire, in ogni caso, che il detto art. 5, co. 3, prevede una mera facoltà di deroga all’evidenza pubblica da parte dell’ente pubblico o società di capitali a partecipazione pubblica, ossia una mera volontà della stazione appaltante, sicché la scelta di procedere mediante gara e, conseguentemente, di negare il convenzionamento non solo è insindacabile, ma pure, come affermato dal TAR, non necessita di alcuna specifica motivazione (ben altrimenti che nel caso di adesione alla proposta di deroga) se non, come fatto nella specie, la semplice enunciazione dell’aver seguito la regola e senza che l’intento di procedervi debba essere preannunciato prima della relativa determinazione. In ciò non diversamente, in tema di concorsi a posti alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, dalla nomina degli idonei in posti vacanti che, com’è noto, costituisce una facoltà e non un obbligo, trattandosi di potere che rientra nella discrezionalità dell’ente, fatte salve situazioni particolari in cui il legislatore abbia espressamente disposto l’obbligo per le amministrazioni di procedere allo scorrimento delle graduatorie ancora valide (cfr., in materia, Cons. St., sez. V, 18 dicembre 2009 n. 8369).
Col secondo motivo d’appello, prima parte, si contesta la reiezione dell’impugnazione del bando, nei riguardi del quale si deduceva irragionevolezza, diseconomicità ed altri profili in relazione al prezzo di € 364,00 per singola giornata, posto a base dell’odierna gara a fronte di quello di € 404,55 fissato nella gara del precedente anno ed all’offerta di € 355,00 (rectius: 354,99) della Domus Arva, in quanto immotivato, fuori del mercato e privo di considerazione sia della spinta inflazionistica, sia del fatto che ella, in qualità di cooperativa sociale, aveva potuto formulare quell’offerta per aver costi di gestione notevolmente inferiori a quelli delle imprese.
Giustamente il primo giudice ha ritenuto del tutto indimostrato l’assunto da cui muovono siffatte censure. In effetti, il nuovo prezzo a base d’asta, pur inferiore al precedente, è sensibilmente superiore a quello di aggiudicazione della gara relativa all’anno decorso e, d’altro canto, la ricorrente non si era premurata di fornire alcun elemento concreto, puntuale e specifico idoneo a sorreggerne la pretesa insostenibilità, con riguardo al periodo considerato rispetto al parallelo periodo anteriore ed al settore di cui trattasi. Dunque, le stesse censure si risolvono in un giudizio tecnico-economico di carattere assoluto e, nel contempo, estremamente generico che intenderebbe sovrapporsi a quello formulato dall’Amministrazione comunale nell’esercizio dei propri poteri ampiamente e tipicamente discrezionali in materia; discrezionalità che, com’è noto, non è sindacabile in sede di legittimità se non per gravi e manifesti vizi di razionalità i quali, per quanto detto, nella specie non sono “manifesti”, poiché solo enunciati e non comprovati.
I restanti motivi e censure d’appello si riferiscono ai motivi aggiunti avanzati in primo grado dopo l’aggiudicazione della gara in favore de L’Aquilonia s.r.l., dichiarati dal TAR inammissibili per omessa notifica nei confronti dell’unica controinteressata. La statuizione non può che essere confermata, sol che si consideri come nessuno dei tre tentativi di notifica ha avuto buon fine nel senso della ricezione dell’atto notificato o del perfezionamento altrimenti della notifica, ossia ai sensi dell’art. 140 c.p.c.. Nel primo tentativo, in data 26 ottobre 2007, il plico non è stato consegnato all’indirizzo di via della Repubblica n. 221 di Cosenza per irreperibilità della destinataria, come da annotazione sull’avviso di ricevimento, peraltro accompagnata dall’indicazione sul plico “trasferita”. Nel secondo, in data 10 novembre 2007, la mancata consegna all’indirizzo di via Muti n. 4 di Marano Principato (CS) (residenza del legale rappresentante) è giustificata dall’agente postale con la temporanea assenza del destinatario e mancanza di persone abilitate a riceverlo, sicché lo stesso agente, affisso l’avviso alla porta dello stabile e depositato il plico presso l’ufficio postale, il giorno seguente ha inoltrato l’apposita comunicazione dell’avvenuto deposito mediante raccomandata; tuttavia il medesimo plico non è stato ritirato e su di esso è stata apposta la dizione “rifiutato per non corrispondenza del nominativo”. Nel terzo, in data 12 novembre 2007, parimenti il plico non è stato consegnato, ancora all’indirizzo di via della Repubblica n. 221 di Cosenza, con annotazione nell’avviso della irreperibilità della stessa destinataria ed indicazione sul plico “trasferita”. E’ evidente, pertanto, l’invalidità della prima e terza notifica, stante l’acclarato trasferimento della sede dell’impresa e senza che sia stata seguita la procedura di cui all’art. 140 c.p.c. e/o, nel secondo caso, senza che la ricorrente si sia premurata di ricercare l’indirizzo della nuova sede, ad esempio interpellando il Comune se avesse, dopo l’aggiudicazione definitiva, inoltrato all’aggiudicataria l’invito alla stipula del contratto presso la stessa nuova sede.
La seconda notifica, diretta alla persona del legale rappresentante ai sensi dell’art. 145 c.p.c., co. 3, ha avuto il predetto esito chiaramente per la ragione che il relativo nominativo è stato indicato in “Francesco Police”, anziché “Francesco Pulice” (come invece indicato sia negli atti di gara, sia ai fini della notifica dell’atto di appello e nell’epigrafe del medesimo atto). D’altra parte, per il perfezionamento della notifica alla persona giuridica nelle forme di cui all’art. 145 c.p.c., co. 3, si esige che la persona fisica che la rappresenta sia indicata nell’atto, sicché non è all’uopo idonea l’indicazione in esso di altra persona fisica, con la conseguenza che neppure è idonea l’eventuale procedura ex art. 140 c.p.c. eseguita nei confronti della stessa, altra persona fisica.
Ora, è pur vero che nel documento ricercato on line, allegato in primo grado, l’amministratore unico e direttore tecnico risulta “Francesco Police” e che nella “visura” qui prodotta il titolare di tali cariche coincide talora con il primo nominativo e talaltra con il secondo; ma è altrettanto vero che la ricorrente avrebbe potuto agevolmente verificarne l’esattezza mediante riscontro dalla domanda di partecipazione alla gara e relativi allegati.
Pertanto, neppure sono ravvisabili gli estremi per la concessione del beneficio della remissione in termini per errore scusabile, tanto più che l’inesatta indicazione del nominativo non è addebitabile all’ufficiale giudiziario né all’agente postale.
Infine, giacché L’Aquilonia era l’unica controintessata, è evidente che al TAR era precluso disporre l’integrazione del contraddittorio nei suoi riguardi.
Ne deriva la reiezione dei motivi d’appello dal quinto al settimo e, di qui, l’irrilevanza dell’istruttoria di cui al nono motivo, nonché della riproposizione dei motivi aggiunti di primo grado di cui al decimo ed ultimo motivo ed essendo quelli formulati nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado già esaminati con riguardo ai motivi d’appello dal primo al quarto.
In conclusione, l’appello non può che essere respinto.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese del grado, stante la mancata costituzione in questa sede delle controparti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Nulla spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2010 con l'intervento dei Signori:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente FF
Nicola Russo, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Adolfo Metro, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/08/2010
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