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Consiglio di Stato, Sez. IV, 15/9/2010 n. 6921
Sulla competenza del Consiglio comunale relativamente al procedimento di formazione dei piani per l'edilizia economica e popolare e quindi anche alla loro revoca e/o annullamento.

In materia di pianificazione dell'edilizia residenziale pubblica, il legislatore nazionale, con l'originaria l. n. 167 del 1962 (art.6), come modificata dalla l. n. 865 del 1971, relativamente al procedimento di formazione dei piani per l'edilizia economica e popolare ha espressamente attributo la competenza dell'adozione degli stessi al Consiglio comunale, con l'ulteriore competenza del predetto organo comunale anche per l'approvazione delle convenzioni pubblico-privatistiche disciplinanti l'assegnazione del diritto di superficie delle relative aree. Peraltro, anche con riferimento alla disciplina di carattere generale introdotta dalle leggi di riforma degli enti locali, la n. 142 /90 prima e il dlgs n. 267/2000 poi, la competenza consiliare in tema di assegnazione di aree in diritto di superficie appare conforme alle previsioni recate da detta normativa, che assegna, appunto, al Consiglio comunale la generale competenza in ordine all'assegnazione di attività e servizi sul territorio comunale. Inoltre, considerata la rilevante funzione economico-sociale e alla valenza urbanistica dei Piani per l'Edilizia Economica e Popolare l'adozione di tali atti di pianificazione (e quindi anche la loro revoca e/o annullamento) non può che spettare, in ragione degli interessi coinvolti, all'organo assembleare dell'Ente locale.
Nel caso di specie, la dichiarazione di decadenza risulta assunta con deliberazione consiliare, pertanto, non è ravvisabile alcun vizio di incompetenza e neppure quello di violazione del principio del contrarius actus, atteso che lo jus poenitendi è stato esercitato dallo stesso organo (il Consiglio comunale) che ha disposto l'assegnazione delle aree in diritto di superficie.


Materia: edilizia ed urbanistica / edilizia residenziale pubblica

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 9026 del 2004, proposto da:

Societa' Soficoop S.r.l.( gia' S.p.A.), in persona del legale rapp.te pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Sergio Como, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Giovanni Antonelli, 49;

 

contro

Comune di Pollena Trocchia, rappresentato e difeso dal avv. prof. Giovanni Leone, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Principessa Clotilde 2;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 08122/2003, resa tra le parti, concernente DECADENZA DEL DIRITTO DI SUPERFICIE SU AREA DESTINATA A EDILIZIA RESIDIDENZIALE PUBBLICA.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2010 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per la parte appellante l’avv. Sergio Como e per il resistente Comune di Pollena Trocchia l’avv. Giovanni Leone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I fatti e gli atti che contrassegnano la vicenda oggetto della controversia portata all’esame di questa Sezione risalgono al 1975 e si sono succeduti con le modalità qui appresso indicate.

 

Con deliberazione consiliare n.128 del 27/12/1975 il Comune di Pollena Trocchia approvava i criteri generali per la concessione del diritto di superficie delle aree ricadenti nel piano di edilizia economica e popolare di cui alla legge n.167 del 1962; a tale atto facevano seguito le deliberazioni consiliari n.130 del 27/12/1975 e n.99 del 20/12/1976 recanti, rispettivamente, l’individuazione della zona degli insediamenti PEEP in località masseria De Carolis e l’adozione del Piano per l’edilizia economica e popolare ai sensi delle leggi nn.167/62 e 865/71, che veniva approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n.6270 del 12/9/1979.

 

Intanto, dopo che il Comune provvedeva ad assegnare i suoli in diritto di superficie ai vari concessionari, tra cui la Soficoop, con deliberazione consiliare n.5 del 21/3/1978 veniva fissata l’entità del corrispettivo del diritto di superficie con rinuncia da parte del Comune all’ipoteca legale nei confronti dei concessionari che avrebbero dovuto iniziare i lavori entro due anni dal rilascio della concessione del diritto di superficie..

 

Con deliberazione n.75 del 27/6/1979 il Comune di Pollena Trocchia adottava una prima variante al Piano di Zona PEEP concernente l’impostazione tecnica e i grafici del Piano stesso, che non riceveva però l’approvazione da parte degli organi competenti, mentre con deliberazione n.9 del 30/5/1983, sempre del Consiglio Comunale, veniva modificato il corrispettivo per le concessioni del diritto di superficie, prevedendosi altresì a carico dei concessionari l’anticipazione dei costi di esproprio e la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria.

 

Con deliberazione consiliare n.10 del 30/5/1983 veniva approvata una seconda variante al PEEP, che non riceveva, però, l’approvazione da parte degli organi competenti e con deliberazione consiliare n.65 dell’8/10/1987 il Comune di Pollena Trocchia adottava una terza variante al PEEP, che anch’essa non conseguiva l’approvazione regionale.

 

L’Amministrazione comunale di Pollena Trocchia con deliberazione consiliare n.29 del 2/7/1998 approvava uno schema di diffida stragiudiziale nei confronti delle concessionarie assegnatarie dei suoli recante la contestazione dell’inottemperanza agli obblighi assunti con le rispettive convenzioni; quindi, con deliberazione consiliare n.45 del 28/11/2001 veniva approvata la proposta di pronuncia di decadenza dalle convenzioni stipulate per le concessioni del diritto di superficie.

 

In particolare, in quest’ultimo atto deliberativo, il Comune, dopo aver richiamato le circostanze riguardanti l’obbligo di realizzare il progettato intervento edilizio entro 5 anni dalla data di esecutività della convenzione, nonché l’avvenuta scadenza del PEEP per decorrenza del termine di diciotto anni dalla data di approvazione, nel contestare nuovamente l’inadempienza agli obblighi derivanti dalle convenzioni, dichiarava la decadenza della Soficoop dalla convenzione n.799 del 18/7/1986 relativa alla concessione del diritto di superficie sul lotto n.16

 

La Società interessata ha impugnato innanzi al TAR per la Campania la deliberazione n.45/2001 recante la dichiarazione di decadenza dalla convenzione n.799/86, di costituzione del diritto di superficie ex art.35 della legge n.865/1971, deducendone la illegittimità per i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

 

L’adito TAR con sentenza n.8123/2003 ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.

 

La Soficoop ha interposto appello avverso detta sentenza, articolando il proposto gravame su due domande, l’una di tipo impugnatorio, l’altra avente ad oggetto una richiesta di risarcimento danni. In relazione alla dedotta illegittimità della deliberazione consiliare in contestazione l’appellante reitera sostanzialmente le censure formulate in primo grado e critica altresì la sentenza del giudice di primo grado che sarebbe affetta da errori di giudizio tali da inficiare le osservazioni e prese conclusioni del TAR.

 

Quanto alla richiesta risarcitoria, l’appellante critica la sentenza del TAR Campania per la carente ed illogica motivazione della stessa, lì dove, a suo dire, nella specie sussisterebbero tutti gli elementi identificativi di una condotta dell’Amministrazione causativa di responsabilità ex art.2043 codice civile.

 

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Pollena Trocchia che ha contestato la fondatezza dei motivi del proposto gravame di cui ha chiesto la reiezione.

 

DIRITTO

I motivi di doglianza su cui poggia l’appello all’esame, sostanzialmente reiterativi delle censure già formulate in prime cure, si appalesano infondati.

 

Con il primo mezzo d’impugnazione parte appellante lamenta a carico del provvedimento decadenziale due profili di illegittimità: il primo, per essere stata la decadenza adottata da organo incompetente e quindi in violazione del principio del contrarius actus; il secondo, per non avere l’Amministrazione comunale, in violazione di quanto previsto dalla convenzione, assegnato alla Società cooperativa un termine per rimuovere l’inadempimento contrattuale.

 

Il motivo non merita positiva considerazione.

 

In materia di pianificazione dell’edilizia residenziale pubblica , il legislatore nazionale, con l’originaria legge n.167 del 1962 ( art.6 ), come modificata dalla legge n.865 del 1971, relativamente al procedimento di formazione dei piani per l’edilizia economica e popolare ha espressamente attributo la competenza dell’adozione degli stessi al Consiglio comunale, con l’ulteriore competenza del predetto organo comunale anche per l’approvazione delle convenzioni pubblico-privatistiche disciplinanti l’assegnazione del diritto di superficie delle relative aree, come allegate agli adottati Piani di Zona

 

Peraltro, anche con riferimento alla disciplina di carattere generale introdotta dalle leggi di riforma degli enti locali, la n.142 /90 prima e il dlgs n.267/2000 poi, la competenza consiliare in tema di assegnazione di aree in diritto di superficie appare conforme alle previsioni recate da detta normativa, che assegna, appunto, al Consiglio comunale la generale competenza in ordine all’assegnazione di attività e servizi sul territorio comunale.

 

Se ciò non bastasse, è sufficiente far mente locale alla rilevante funzione economico-sociale e alla valenza urbanistica dei Piani per l’Edilizia Economica e Popolare (sul punto, questa Sezione 25 marzo 2003 n.1545; idem 25 novembre 2003 n.7775) per rendersi conto come l’adozione di tali atti di pianificazione (e quindi anche la loro revocae/o annullamento) non possa non spettare, in ragione degli interessi coinvolti, all’organo assembleare dell’Ente locale.

 

Ora, la dichiarazione di decadenza risulta assunta con deliberazione consiliare (la n.45/01) di talchè non è ravvisabile alcun vizio di incompetenza e neppure quello di violazione del principio del contrarius actus, atteso che lo jus poenitendi è stato esercitato dallo stesso organo ( il Consiglio comunale) che ha disposto l’assegnazione delle aree in diritto di superficie.

 

Migliore sorte non può attribuirsi alla censura con cui l’appellante lamenta la mancanza della fissazione da parte dell’Amministrazione di un termine ad adempiere: un siffatto onere avrebbe avuto una sua plausibile giustificazione in costanza di un vigente piano di Zona , ma nella specie, come di seguito si va ad esporre, il PEEP è risultato scaduto per decorrenza del termine di efficacia , sicché non vi erano margini utili per inviare quale che sia invito ultimativo ad adempiere.

 

Insomma, essendo venuto meno l’atto presupposto ( il PEEP ), non è possibile configurare una valida sopravvivenza della convenzione urbanistica che, com’è noto, costituisce del primo solo uno strumento di attuazione, come da consolidato orientamento giurisprudenziale, anche di questa stessa Sezione (vedi, tra le altre, in particolare, decisioni nn.22 e 33 rispettivamente del 10 gennaio 2003 e 31 gennaio 2005).

 

Le censure dedotte col secondo e terzo motivo di gravame, per l’intima connessione fra le stesse esistente, vanno unitariamente esaminate.

 

Esse sono prive di fondamento.

 

La determinazione di dichiarare la decadenza della Soficoop dalla convenzione accessiva alla concessione del diritto di superficie si fonda, sostanzialmente, su due ordini di ragioni:

 

a) l’intervenuta scadenza del PEEP approvato nel 1979 (per decorrenza del termine di diciotto anni);

 

b) l’inosservanza da parte dell’appellante Società quanto alla realizzazione del concesso intervento edilizio entro cinque anni dalla data di esecutività della convenzione, ai sensi dell’art.6 della medesima, e comunque l’inadempienza degli obblighi di convenzione, quali quello di sistemazione interna dei lotti e quello della refusione in favore del Comune degli oneri concessori e dei costi di esproprio delle opere di urbanizzazione primaria.

 

Il primo dei predetti rilievi appare correttamente essere stato accertato, se è vero che il PEEP in questione risulta adottato nel 1976 e approvato nel 1979, di guisa che al momento della dichiarazione di decadenza ha esaurito i suoi effetti per decorrenza del termine di efficacia.

 

La difesa di Soficoop contesta l’assunto del Comune, atteso che, a suo dire, la terza variante adottata nel 1985, nel recare un aggiornamento del preesistente Piano di Zona, avrebbe dato luogo ad un nuovo piano, con un autonomo nuovo termine di efficacia.

Così non è.

 

Se, invero, si volesse conferire alla c.d. terza variante (adottata con delibera n.65/85 e recante un adeguamento plano volumetrico del P.d.Z peraltro mai attuato) natura e valenza di variante di aggiornamento (cfr. Cons Stato Sez. V 3073/1998 n.381), tale da essere connotata da un nuovo termine di efficacia, deve allora rilevarsi che il procedimento di formazione della stessa si è concluso senza la necessaria fase di approvazione dei competenti organi regionali e ciò impedisce di configurarla come un nuovo, sostitutivo Piano di Zona.

 

Ove, poi, (come acutamente osservato dal giudice di primo grado) la detta terza variante costituisse solo un azzonamento del precedente PEEP, sarebbe vero che essa non abbisognava di alcun visto regionale, ma pure, però, che la stessa non era connotata da un nuovo termine di efficacia, proprio perché avrebbe agito nell’ambito del preesistente Piano di Zona.( in tal senso, Cons Stato Sez. IV 11/1/1980 n.7).

 

Anche gli addebiti di cui al summenzionato punto b) appaiono correttamente formulati dall’Amministrazione.

 

Il Comune già con nota n.422 del 12/1/1999 contestava formalmente alla Società appellante le inadempienze agli obblighi assunti con la relativa convenzione (la n.799 del 18/7/1986), prima fra tutte la mancata integrale esecuzione delle opere edilizie sul lotto nel termine quinquennale di esecutività della convenzione stessa ( art.6), come evidenziato dalle risultanze dell’apposita istruttoria svolta dall’amministrazione; e sul punto non vengono forniti dalla parte interessata convincenti elementi di giudizio e neppure mezzi di prova idonei a smentire la fondatezza del rilievo.

 

L’appellante, per il vero, contesta l’identificazione del dies a quo dal quale far decorrere il termine quinquennale per l’esecuzione dell’adempimento della completa realizzazione dell’intervento edilizio che, a suo dire, dovrebbe coincidere con il rilascio della concessione edilizia, avvenuto nel 1992, ma neppure tale tesi giova alla sua difesa, emergendo che le opere non sono state completamente realizzate nel termine quinquennale neppure a volerlo far decorrere da tale ultimo evento.

 

In definitiva, nella specie, risultano essersi inverati i presupposti di fatto e di diritto, indicati ai punti sub a) e b), che giustificano legittimamente l’adottata determinazione di decadenza.

 

Rimane da esaminare la censura di carenza di motivazione, dedotta nei confronti della delibera consiliare contestata e della stessa sentenza di primo grado qui gravata..

 

La doglianza non appare condivisibile.

 

Invero, quanto al provvedimento sanzionatorio in contestazione, un’attenta lettura dell’atto consente di rilevare come l’Amministrazione si è data carico di riferire adeguatamente in ordine alla circostanze di fatto che hanno connotato la complessa vicenda e alle ragioni di diritto poste a fondamento della presa determinazione., risultando sufficientemente soddisfatto l’onere di motivazione imposto P.A. dalla legge sul procedimento ( art.3 legge n.241/90) allorquando, in particolare, vengono adottati provvedimenti che incidono negativamente sulla sfera giuridica dei destinatari.

Quanto poi alle statuizioni recate dalla sentenza, le stesse appaiono supportate da un articolato e logico apparato motivazionale che le rende meritevole di piena condivisione.

Conclusivamente la deliberazione consiliare n.45/2001 recante la decadenza di che trattasi si appalesa immune dai vizi di legittimità variamente dedotti dall’appellante.

Passando poi alla pretesa risarcitoria pure avanzata sia in prime cure che in appello, la stessa si appalesa infondata derivativamente dalle considerazioni fin qui esposte

Invero, in assenza, come nella specie, di una accertata illegittimità del provvedimento amministrativo da cui si ritiene far derivare il pregiudizio patrimoniale, si rivela del tutto inconfigurabile la pretesa risarcitoria fatta valere ( cfr Cons Stato Ad. Pl. n.12 del 27/10/2007), ciò in quanto manca sicuramente, fra i parametri evidenziati dalla giurisprudenza per la conformazione della responsabilità ex art. 2034 Cod. civ. a carico della P.A., il colpevole comportamento della stessa Amministrazione pubblica.

In forza delle su estese considerazioni, l’appello, in quanto infondato, va respinto.

Sussistono, peraltro, in relazione alla peculiarità della vicenda, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunziando sull’appello in epigrafe, lo rigetta.

Spese e competenze del presente grado di giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Paolo Numerico, Presidente

Pier Luigi Lodi, Consigliere

Vito Poli, Consigliere

Sergio De Felice, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/09/2010

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