REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 6290 del 2009, proposto da:
Infocert S.p.A., Webkorner S.r.l., rappresentati e difesi dall'avv. Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso Benedetto Giovanni Carbone in Roma, via degli Scipioni N.288;
contro
Regione Toscana, rappresentato e difeso dagli avv. Lucia Bora, Luciana Caso, con domicilio eletto presso Pasquale Mosca in Roma, corso D'Italia N.102;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 00417/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.a.r. Toscana, Firenze, sezione I, n. 00417/2009, resa tra le parti e concernente L’ESCLUSIONE DA GARA PER FORNITURA DI SISTEMA DI GESTIONE ARCHIVIO - RISARCIMENTO DANNI..
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Toscana;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2009 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Avv.ti B. Carbone e P. Mossa per delega di L. Bora.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stata respinto il ricorso proposto dalla InfoCert. S.p.a. per l’annullamento del decreto della Regione Toscana, Giunta Regionale, Direzione Generale Organizzazione e sistema Informativo del 16 aprile 2008 n. 1781 recante “Annullamento parziale del decreto n. 3588 del 17.07.2007. Esclusione della società Infocert SpA dalla partecipazione alla gara Fornitura di un sistema per la gestione di archivio in ambito RTRT comprendente la conservazione a lungo termine per archivi digitali”. La ricorrente, inoltre, aveva domandato che fosse disposta la riammissione alla gara o, eventualmente, il risarcimento del danno per equivalente commisurato alla perdita di chance, ed anche tali domande, conseguentemente, sono state rigettate.
Va brevemente ricordato che alla gara ha partecipato, inizialmente, Infocamere, Società consortile informatica delle Camere di Commercio italiane per azioni, preposta alla gestione della banca dati delle stesse ma operativa anche in regime di concorrenza.
La Regione Toscana con decreto n. 2566 del 15 maggio 2007 ha ammesso Infocamere con riserva, in attesa del parere del Consiglio di Stato richiesto dalla stessa Regione sulla interpretazione da fornire all’art. 13 del D.L. n. 223 del 2006, recante il divieto imposto alle società strumentali di svolgere attività per soggetti diversi da quello che ne detiene il capitale.
Medio tempore Infocamere, tenendo conto della innovazione portata dalla disposizione anzidetta, ha avviato lo scorporo di tutte le attività esterne svolte al di fuori del sistema camerale e ha costituito una nuova società denominata InfoCert cui ha devoluto quel ramo di azienda, in attesa di una sua collocazione sul mercato e ne ha chiesto il subentro nella gara, concesso dalla Regione.
Il Consiglio di Stato ha reso il parere richiesto, ritenendo che anche le Camere di Commercio rientrino nel concetto di amministrazione locale di cui all’art. 13 del D.L. n. 223, per cui la Regione Toscana ha comunicato l’avvio del procedimento di annullamento dell’ammissione alla gara della società ricorrente, e successivamente,con il decreto n. 1781 del 16 aprile 2008, ha annullato l’ammissione alla procedura della società InfoCert.
Come accennato, Info.Cert ha impugnato il provvedimento di esclusione, ma il TAR ha respinto il ricorso, osservando, in estrema sintesi, che il presupposto previsto dalla norma sopra citata dell’essersi in presenza di società in mano pubblica costituite o partecipate dagli enti “per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività”, esisteva per la società Infocamere (e sul punto c’è accordo anche di parte ricorrente: pag. 11 ricorso) ma esiste anche per InfoCert, che è società per azioni con unico socio il cui intero capitale è posseduto da Infocamere (cfr. doc. 9 di Regione Toscana) ed a cui infatti è stato trasferito da quest’ultima società il relativo ramo di azienda. La semplice interposizione di uno schermo societario non pare idonea a far venir meno la sostanza del fenomeno, cioè il fatto che siamo in presenza della società strumentale delle camere di commercio.
Info.Cert s.p.a. ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza, previa sospensione dell’efficacia.
La Regione Toscana si è costituita in giudizio sostenendo l’infondatezza del gravame.
Alla camera di consiglio dell’11 settembre 2009 l’appellante ha rinunciato alla domanda cautelare e di ciò ha dato atto la Sezione con ordinanza n. 4608 del 2009.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Alla pubblica udienza del 24 novembre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La censura mossa alla sentenza, sia pure articolata su diversi profili, è sostanzialmente unitaria, e consiste nell’addebito di errata applicazione dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito nella l. 4 agosto 2006 n. 248.
Si sostiene che i divieti, imposti dalla norma alle società a capitale interamente o parzialmente pubblico, di prestare attività per soggetti diversi dall’ente che le ha costituite, nonché di assumere partecipazioni finanziarie in altre società, riguardano le società strumentali, ossia quelle che svolgono servizi per conto di un ente pubblico in quanto funzionali alle attività di competenza del medesimo.
La qualifica di società strumentale non potrebbe essere attribuita all’appellante, tenuto conto della vicenda che ne ha determinato la costituzione nonché dell’oggetto sociale desumibile dallo statuto.
Si osserva che se, sia pure con qualche riserva, Infocamere s.p.a., originaria partecipante alla gara, poteva considerarsi società strumentale delle Camere di commercio italiane, che ne detengono l’intero capitale sociale, e per conto delle quali la società svolgeva ( e svolge) l’organizzazione e la gestione di un sistema informativo nazionale di atti e informazioni in possesso delle camere di commercio, la stessa qualificazione non potrebbe riguardare InfoCert S.p.a., odierna appellante, costituita mediante scorporo del ramo di azienda riguardante tutte le attività di elaborazione e gestione dati e consulenza informatica che in precedenza erano svolte da Infocamere in aggiunta ai compiti propriamente strumentali appena ricordati.
InfoCert, infatti – si aggiunge - è stata costituita in applicazione del disposto di cui al comma 3 del ricordato art. 13, a mente del quale “al fine di assicurare l’effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tal fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società da collocare sul mercato….”.
L’appellante, poi, contesta il passo della sentenza con il quale si afferma che il divieto imposto alle società strumentali di operare con soggetti diversi deve ritenersi operante anche nelle ipotesi in cui vi sia una partecipazione soltanto mediata da parte di soggetti pubblici, poiché la distorsione della concorrenza connesso alla riduzione del rischio di impresa non viene meno a causa della interposizione di uno schermo societario all’impiego di fondi pubblici.
Secondo l’appellante, infatti, la giurisprudenza amministrativa più recente avrebbe riconosciuto che lo scorporo delle attività non consentite tramite costituzione di una società separata, destinata ad agire sul libero mercato, rappresenta una garanzia sufficiente del rispetto del principio di libera concorrenza (TAR Liguria n. 39 del 2009, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 215 del 2009, Sez. V, n. 1256 del 2009), pervenendo alla conclusione che il divieto di cui all’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 non opera nei confronti di tutte le società comunque partecipate da amministrazioni pubbliche, ma solo di quelle che hanno come oggetto esclusivo la produzione di beni o servizi strumentali all’attività dell’ente pubblico.
La lettura della disposizione in esame seguita dalla giurisprudenza – si osserva ancora – avrebbe anche il merito di garantirne la compatibilità con i principi affermati dalla Corte di Giustizia della CE, che riconoscono il diritto degli enti pubblici di svolgere attività imprenditoriale e di concorrere nelle procedure ad evidenza pubblica mediante società partecipate.
La sentenza viene anche censurata nella parte in cui ha negato, sulla base del parere reso sul punto dal Consiglio di Stato, l’illegittimità dell’applicazione dell’art. 13 alle Camere di commercio, sebbene la disposizione si riferisca alle sole amministrazioni pubbliche locali.
L’appellante ha poi ribadito le proprie censure con memoria depositata in vista dell’udienza pubblica, documentando, fra l’altro, che, medio tempore, Infocamere aveva ceduto la proprietà di InfoCert ad un Trust, con il compito di gestire tale partecipazione e di procedere, “a tempo debito”, ad una conveniente collocazione della medesima sul mercato rimettendo il ricavato ad Infocamere.
La memoria, inoltre, cita una recente sentenza del TAR Piemonte (n. 2074 del 2009), emessa in un giudizio che vedeva proprio la InfoCert nella posizione di controinteressata in quanto aggiudicataria di un appalto di servizi informatici, e conclusasi con il rigetto del ricorso. La sentenza ha ritenuto che il divieto di cui all’art. 13, più volte citato, non possa applicarsi ad InfoCert perché la società non ha funzioni strumentali né in favore delle Camere di commercio né di Infocamere, per cui il soggetto sarebbe espressione della facoltà dell’Amministrazione pubblica di competere sul mercato della prestazione di servizi di interesse generale senza determinare alterazioni del libero giuoco della concorrenza.
2.1.Il Collegio non condivide le argomentazioni svolte dall’appellante.
In punto di fatto risulta che Infocamere s.p.a. è una società strumentale delle Camere di commercio italiane e che ad essa si applica il divieto di cui all’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 240 del 2006, di svolgere attività per enti diversi da quello che la ha costituita e di partecipare ad altre società ed enti.
Il dato, invero, è stato nuovamente oggetto di contestazione nell’atto di appello, facendo leva sulla formulazione dalla citata disposizione, che menziona le amministrazioni pubbliche locali, locuzione che sarebbe da riferire esclusivamente agli enti pubblici locali territoriali, come anche attesterebbero disposizioni legislative di diverse regioni.
Sul punto, tuttavia, si è espresso in senso opposto, nel corso della vicenda in esame, il Consiglio di Stato Sez. III con il parere n. 322 del 2007, la cui motivazione non ha formato oggetto di apprezzabili contestazioni e dalla quale, pertanto, il Collegio non ha motivo discostarsi. Nello stesso senso depone, d’altra parte, il comportamento posto in essere da Infocamere, che nel luglio del 2007, proprio in relazione a quanto disposto dall’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, ha realizzato lo scorporo in favore di InfoCert del ramo di azienda costituito dalle attività estranee al vincolo di strumentalità con l’Ente affidante.
2.2. Tanto premesso, nella vertenza in esame occorre stabilire se: a) risulti violato il divieto imposto dal già citato art. 13, alle società strumentali, nella specie a Infocamere, di “partecipare ad altre società o enti”, e se, pertanto, risulti legittima la impugnata esclusione di InfoCert per violazione del suddetto divieto; b) se il conferimento delle attività non consentite ad una diversa società interamente partecipata dalla società strumentale, mediante lo scorporo di un ramo di azienda, sia idoneo a sottrarre la società affidataria, nella specie InfoCert, al divieto di svolgere prestazioni per enti diversi partecipando ad una gara in regime di libera competizione concorrenziale.
Al quesito sub a) deve rispondersi in senso affermativo, ossia nel senso che la fattispecie in esame pone in evidenza una operazione societaria posta in essere nel luglio 2007 da Infocamere, società consortile di informatica delle Camere di Commercio italiane per azioni, consistente nella sottoscrizione di un incremento di capitale di InfoCert pari a 16.500 azioni da 1.000 euro ciascuna, consolidando in capo all’unico azionista Infocamere un capitale complessivo di 23.000,00.
E poiché, come già rilevato, Infocamere doveva qualificarsi come società strumentale delle Camere di Commercio italiane, il divieto in questione risulta palesemente violato. Ne consegue che Infocamere era sprovvista di titolo legittimo per chiedere che Infocert subentrasse in sua vece alla gara indetta dalla Regione Toscana, posto che il difetto di legittimazione di Infocamere a causa della struttura della composizione societaria, come rilevato nel provvedimento impugnato, non poteva non trasmettersi alla posizione della società partecipata.
Le considerazioni anzidette, invero, presenterebbero valore assorbente, e condurrebbero al rigetto dell’appello.
E’ opportuno tuttavia richiamare brevemente il fondamento sostanziale del divieto di partecipazione ad altre società imposto dall’art. 13 alle società strumentali.
La questione viene esaminata compiutamente dalla sentenza del TAR Piemonte n. 2074 del 2009, citata nella memoria dell’appellante, che, facendo tesoro delle argomentazioni svolte dalla decisione del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4080 del 2008, nonché del parere della Sezione II n. 456 del 2007, ha messo a fuoco le ragioni per le quali la società strumentale rappresenti una turbativa del libero giuoco della concorrenza.
“Si è sottolineato il rischio – si espone condivisibilmente nella sentenza - che si creino particolari situazioni di privilegio per alcune imprese, quando queste ultime usufruiscano, sostanzialmente, di un aiuto di Stato, vale a dire di una provvidenza economica pubblica atta a diminuirne o coprirne i costi.
Il privilegio economico non necessariamente si concretizza nel contributo o sussidio diretto o nell’agevolazione fiscale o contributiva, ma anche garantendo una posizione di mercato avvantaggiata rispetto alle altre imprese.
Anche in questo senso, il privilegio non necessariamente si realizza introducendo limiti e condizioni alla partecipazione delle imprese concorrenti, ma anche, ed in maniera più sofisticata, garantendo all’impresa una partecipazione certa al mercato cui appartiene, garantendo, in sostanza, l’acquisizione sicura di contratti il cui provento sia in grado di coprire, se non tutte, la maggior parte delle spese generali; in sintesi: un minimo garantito (ecco il senso delle limitazioni ad operare sul mercato di imprese strumentali agli enti costituenti).
Non è necessario che ciò determini profitto, purché l’impresa derivi da tali contratti quanto è sufficiente a garantire e mantenere l’apparato aziendale.
In una tale situazione, è fin troppo evidente che ogni ulteriore acquisizione contrattuale potrà avvenire offrendo sul mercato condizioni concorrenziali, poiché l’impresa non deve imputare al nuovo contratto anche la parte di costi generali già coperta, ma solo il costo diretto di produzione. Gli ulteriori contratti, sostanzialmente, diventano più che marginali e permettono o la realizzazione di un profitto maggiore rispetto all’ordinaria economia aziendale del settore, ovvero di offrire sul mercato prezzi innaturalmente più bassi, perché non gravati dall’ammortamento delle spese generali.
Nell’uno o nell’altro caso, il meccanismo del minimo garantito altera la par condicio delle imprese in maniera ancora più grave perché con riflessi anche sul mercato dei contratti privati. L’impresa beneficiaria di questa sorta di minimo garantito, infatti, è competitiva non solo nelle gare pubbliche, ma anche rispetto ai committenti privati, sicché, in definitiva, un tale sistema diviene in sé assai più pericoloso e distorcente di una semplice elusione del sistema delle gare.
Potenzialmente ciò induce ed incoraggia il capitalismo di Stato e conduce alla espulsione delle imprese private marginali.”.
Di tali effetti distorsivi della libera concorrenza, dunque, si è dato carico il d.l. n. 223 del 2006, non solo vietando (e obbligando le società strumentali a dismettere) le attività diverse da quelle classificabili come strumentali rispetto alle finalità proprie dell’ente pubblico, ma anche vietando la partecipazione delle società strumentali ad altre società, correttamente ritenendo che l’alterazione della libera concorrenza avrebbe potuto realizzarsi anche in via mediata, ossia fruendo dei vantaggi del minimo garantito attraverso l’investimento del capitale di una società strumentale in altro soggetto societario costituito con finalità neppure indirettamente strumentali, ma anzi intrinsecamente imprenditoriali.
La Corte costituzionale nella nota sentenza n. 326 del 2008 in tema di presunta illegittimità dell’art. 13 del d.l. c.d. Bersani, a proposito del divieto imposto alle società strumentali di detenere partecipazioni in altre società o enti, ha affermato: “Esso è complementare rispetto alle altre disposizioni considerate. É volto, infatti, a evitare che le società in questione svolgano indirettamente, attraverso proprie partecipazioni o articolazioni, le attività loro precluse. La disposizione impugnata vieta loro non di detenere qualsiasi partecipazione o di aderire a qualsiasi ente, ma solo di detenere partecipazioni in società o enti che operino in settori preclusi alle società stesse.”.
2.3. Le esposte considerazioni consentono di affermare, con riguardo al quesito sub b), che InfoCert, in quanto società costituita con capitale interamente sottoscritto da Infocamere, società strumentale dell’Unioncamere, non era legittimata a partecipare alla gara bandita dalla Regione Toscana.
Occorre tuttavia esaminare le argomentazioni svolte dall’appellante a sostegno della tesi opposta, imperniati sul fatto che InfoCert non sia, essa stessa, società strumentale di Unioncamere o di Infocamere.
La circostanza è del tutto irrilevante.
Infocert non può partecipare a gare in regime di libera concorrenza perché impiega un capitale appartenente ad una società cui è precluso – in osservanza del principio di par condicio, consacrato nel d.l. Bersani e poi esteso dalla legge finanziaria n. 244 del 2007 – concorrere con soggetti che non possono beneficiare di analoga situazione di privilegio, secondo quanto rappresentato sopra dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa.
2.4. L’appellante, a tale riguardo, oppone che:
A) troverebbe ormai largo credito nella giurisprudenza amministrativa la tesi che il divieto imposto dall’art. 13 del c.d. decreto Bersani alle società costituite o partecipate dagli enti locali di operare per soggetti diversi da quello di riferimento riguarda solo le società strumentali e non è applicabile alle società anche esse a capitale pubblico riconducibili a moduli paritetici ove il ruolo degli enti territoriali non si differenzia da quello dell’azionista di una qualunque società per azioni (da ultimo TAR Lazio, Sezione III-ter, 6 novembre 2009 n. 10891, e altre ricordate sopra);
B) il divieto di operare per soggetti terzi rispetto all’ente di riferimento non potrebbe essere applicato alle società che sono state costituite, come l’appellante, mediante scorporo del ramo di azienda che concerneva le attività non consentite, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 13. Risulterebbe illogica la previsione di una società cui sarebbe impedito l’accesso alle pubbliche gare (TAR Liguria n. 39 del 2009, TAR Piemonte, n. 2074 del 2009 già citata);
C) quando il legislatore ha inteso sanzionare anche la partecipazione indiretta del capitale pubblico lo ha fatto espressamente, e a tale proposito si cita l’art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007 che vietava alle amministrazioni pubbliche di costituire e partecipare, sia direttamente che indirettamente, alle società diverse dalle strumentali. Si fa notare, peraltro, che, “significativamente”, le parole “o indirettamente” sono stato ora abrogate dall’art. 71, comma 1, lett. b) della legge 18 giugno 2009 n. 69.
2.5.1. Le suddette tesi non inducono il Collegio ad un giudizio di fondatezza dell’appello.
Quanto al motivo sub A), l’orientamento giurisprudenziale che distingue tra attività imprenditoriali extra moenia delle società strumentali, vietate dall’art. 13 del d.l. Bersani e dalla legge finanziaria 2008, art. 3, comma 27, e gestione di servizi pubblici mediante società costituite o partecipate dall’ente pubblico, si fonda sulle stesse disposizioni appena citate, e pertanto, non può che essere condiviso.
Il richiamo a tale distinzione, tuttavia, non si attaglia al problema che si pone nella presente controversia, nella quale, come già detto, si discute della partecipazione ad una gara per l’acquisizione di un appalto presso ente diverso da quello di riferimento da parte di una società costituita con il capitale di una società strumentale delle Camere di commercio italiane.
La giurisprudenza citata afferma che gli enti pubblici, e quindi anche le Camere di commercio, possono impiegare propri capitali per costituire società al fine di ottenere l’affidamento di servizi di utilità generale, concorrendo liberamente in una gara ad evidenza pubblica; ma dice altresì che tale iniziativa non può essere perseguita mediante l’utilizzazione del capitale di una società strumentale, perché in tal modo verrebbe ad essere eluso, sia pure indirettamente, come ha insegnato la Corte costituzionale, il divieto di svolgere attività diverse da quelle espressamente consentite a soggetti che godono del beneficio del minimo garantito, come detto sopra.
2.5.2. Con il motivo sub B) l’appellante intende far leva sul dato che lo scorporo mediante costituzione di una diversa società, per la gestione delle attività non più consentite alla società strumentale, è testualmente previsto dall’art. 13, comma 3. Tale nuova società sarebbe evidentemente estranea ad ogni attività strumentale e, come tale, non potrebbe soggiacere al divieto di prestazioni extra moenia, risultando altrimenti illogica la creazione di un soggetto imprenditoriale che non possa esercitare le capacità giuridiche per le quali è stato costituito.
La tesi risulta accolta dalla sentenza del TAR Piemonte n. 2074 del 2009, nella quale si attribuisce anche rilievo alla circostanza che la disposizione originaria, recante l’obbligo di collocare sul mercato la società neo istituita entro un certo termine, è stata poi modificata con soppressione dell’obbligo anzidetto (art. 1. comma 720, della legge 27 dicembre 2006 n. 906).
Ad avviso del Collegio l’argomento non è idoneo a sovvertire l’impianto fondamentale della normativa in questione, che persegue l’obiettivo di impedire l’alterazione della libera concorrenza vietando agli organismi societari di tipo strumentale di concorrere sul mercato per svolgere prestazioni presso enti diversi da quello di riferimento, non solo in via diretta ma anche attraverso partecipazione ad altre società o enti.
Occorre riflettere, infatti, che se fosse ammessa la costituzione del nuovo organismo societario ad opera della società strumentale scorporante mediante impiego del proprio capitale, risulterebbe palesemente violato il divieto imposto alle società strumentali di partecipare ad altre società ed enti, sancito dal comma 1 dell’art. 13. L’apparente antinomia invero, appare agevolmente superabile interpretando la norma che prevede lo scorporo nell’unico senso logicamente coerente con l’obbligo di dismissione, ossia come volta a promuovere una operazione che, nella creazione dell’organismo destinato a gestire le attività dismesse, non comporti l’intervento finanziario dell’ente strumentale, come invece è avvenuto nella fattispecie in esame.
In altri termini sarà l’ente di riferimento, vale a dire, nelle specie, le Camere di commercio italiane per azioni ad assumere l’iniziativa di costituire, senza coinvolgimento della società strumentale, il nuovo soggetto societario mediante il quale si intende concorrere alla acquisizione di appalti per lo svolgimento di servizi di interesse generale.
E’ poi da aggiungere che l’obbligo di cedere a terzi le società e le partecipazioni vietate, abrogato dalla legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 720, della legge 27 dicembre 2006 n. 906), è stato ripristinato dalla legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007 n. 244, art. 3 comma 29), che ha anche stabilito per l’adempimento un termine più volte prorogato, da ultimo dall’art. 71, comma 1, lett. e) della legge 18 giugno 2009 n. 69.
Ed è in vista di tale obbligatorio trasferimento che Incocamere ha proceduto nel luglio del 2008 ad un atto costitutivo di Trust ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ratificata dalla Repubblica Italiana in forza della legge 16 ottobre 1989 n. 364, conferendo alla “San Paolo Fiduciaria s.p.a. le proprie partecipazioni in Infocert.
Tale evoluzione degli assetti societari di Infocamere e di InfoCert, non dedotta come motivo di appello, ma menzionata nella sola memoria, non può essere presa in esame ai fini della decisione, tenuto anche conto che non sembra incidere significativamente sui termini della vertenza.
2.5.3. Il terzo argomento, basato sulla necessità che una limitazione della capacità operativa di un soggetto societario sia stabilita da una specifica previsione legislativa, come è accaduto ad opera dell’art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007, per le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sembra non tenere conto che l’art. 13, comma 1, costituisce appunto la fonte normativa di rango primario che impone la contestata limitazione alla libertà imprenditoriale.
3. In conclusione l’appello deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura indicata del dispositivo.
P.Q.M.
rigetta l’appello in epigrafe;
condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della Regione Toscana e ne liquida l’importo in euro 5.000,00 oltre I.V.A. e C.P.A;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2009 con l'intervento dei Signori:
Stefano Baccarini, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Adolfo Metro, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/02/2010
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