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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 5271 del 2009, proposto da Federfarma Napoli e Federfar.Na S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., e Alessandro Grilli, rappresentati e difesi dagli Avv. Dario Alessandro Ricciardi e Antonello Caretti e con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Napoli, via S.Domenico al C.so Europa,18;
contro
Comune di Quarto in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Clara Improta e con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via V.Cuoco, n.15;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del bando di gara di cui alla Determina del 23/7/2009 avente ad oggetto l'affidamento della gestione, unica e pluriennale (20 anni), delle due farmacie comunali di nuova istituzione.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione del Comune di Quarto;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.2518 del 2009 di accoglimento della domanda di sospensione e di fissazione dell’udienza pubblica per il 17/12/2009;
Vista la documentazione depositata dal Comune di Quarto;
Vista la memoria depositata da parte ricorrente con contestuali motivi aggiunti per l’annullamento del verbale del 16/9/2009 con il quale è stata disposta l’esclusione delle ricorrenti;
Visti gli atti depositati all’udienza pubblica;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato Relatore all’udienza pubblica del giorno 17/12/2009 il Consigliere Gabriele Nunziata e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Espongono in fatto gli odierni ricorrenti, tra cui Federfarma Napoli che assume di essere associazione sindacale dei titolari di farmacia della Provincia di Napoli cui aderiscono 768 associati, che con il bando impugnato è stata indetta una selezione per l’affidamento della gestione di due farmacie comunali di nuova istituzione, individuate ai numeri 4 e 10 della nuova pianta organica, richiedendosi che le domande dovessero comporsi di tre distinte buste contenenti: a) i documenti amministrativi; b) il progetto tecnico; c) l’offerta economica. Quanto al progetto tecnico di cui alla lettera b), i partecipanti avrebbero dovuto indicare i locali per l’ubicazione, con superficie utile commerciale non inferiore a 150 mq. Secondo i ricorrenti, il bando sarebbe stato incongruo nella misura in cui avrebbe limitato il numero dei partecipanti in ragione del poco tempo a disposizione, atteso che la pubblicazione è avvenuta il 17 agosto e la scadenza era stata fissata per il 15 settembre e che le aziende specializzate riaprono solo a settembre dopo le ferie estive, nonché nella misura in cui è stata prevista un’unica gestione per le due farmacie anziché ammettere la possibilità di concorrere all’assegnazione di una sola di esse.
Il Comune di Quarto si è costituito per sottolineare la natura di pubblico servizio del servizio farmaceutico e per replicare ai singoli motivi di censura.
Con successivi motivi aggiunti è stato poi richiesto l’annullamento del verbale del 16/9/2009 con il quale è stata disposta l’esclusione delle ricorrenti.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2009 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
1.Con il ricorso in esame i ricorrenti lamentano la violazione del favor partecipationis, della par condicio nella misura in cui è stata prevista una gestione unica, del principio dell’alternatività di cui all’art.112 del R.D. n.1265/1934, nonché l’incongruenza della richiesta di requisiti tecnico-professionali in termini di abilitazione e prestazione del servizio e dell’esclusione di concorrenti che si trovino in situazioni di collegamento di cui all’art.2359 c.c.
2. In via preliminare va rimarcato che la Sezione, già in altre circostanze (cfr. 14.4.2009, n.1966; 26.5.2008, n.5022), sulla materia in questione ha avuto occasione di richiamare i principi costituzionali e comunitari secondo i quali la concorrenza deve essere tutelata come bene in sé, in quanto assicurante in modo automatico il miglior equilibrio del mercato e la massima soddisfazione dell’interesse dei consumatori; viceversa, restringere la concorrenza a pochi operatori che usufruirebbero di un’ingiustificata posizione di oligopolio ed introdurre contingenti volti a creare un’ingiustificata barriera all’entrata di nuovi soggetti equivarrebbe ad eludere il favor dell’attuale “costituzione economica” per il regime di concorrenza in quanto, per definizione, meglio rispondente alle esigenze della generalità, ciò per tacere della progressiva liberalizzazione del settore nel rispetto della libera prestazione dei servizi e nell’ambito della adeguata distribuzione del servizio farmaceutico sul territorio, ove il cittadino deve essere adeguatamente garantito in virtù degli interessi in gioco, tra i quali non può trovare spazio quello di differire il più possibile l’apertura di nuove farmacie ad esclusivo vantaggio di chi già opera sul territorio.
2.1 Peraltro, come evidenziato dalla giurisprudenza (Cons. Stato, A.P., ord.za 30.3.2000, n.1), le farmacie, anche quelle di cui sono titolari soggetti privati, fanno parte dell’organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, nel senso che ne costituiscono parte integrante in ragione della loro capillarità e del loro obbligo di erogare i farmaci agli assistiti ed a chiunque intenda acquistarli e di non interrompere lo svolgimento del servizio soggetto ad ampi poteri di vigilanza e di controllo dell’Amministrazione (Cons. Stato, V, 21.6.2005, n. 3268).
Nel caso delle farmacie private o comunali, esse in verità svolgono tale servizio sotto forma di un’impresa commerciale organizzata a tale scopo, privata o pubblica secondo il soggetto titolare della c.d. autorizzazione all’apertura della farmacia. La particolarità della farmacia comunale risiede nel fatto che, appartenendo ad un soggetto che è un ente pubblico e non un privato imprenditore, può assumersi il compito di assicurare alla collettività quelle modalità di servizio che, in quanto poco redditizie, sarebbero trascurate dai privati (T.A.R. Campania, Salerno, I, 22.2.2006, n.198; T.A.R. Umbria, 16.2.2000, n.142). In un settore in cui preminente è l’interesse della popolazione e le farmacie private sono assoggettate al regime pubblicistico, la posizione soggettiva del farmacista che prospetti la violazione del principio della libera concorrenza deve essere ricondotta alla categoria degli interessi legittimi, essendo in ogni caso l’interesse del privato concomitante, concorrente e subordinato ad un corretto assetto della rete di distribuzione dei farmaci all’utenza.
2.2 L’esame della normativa di settore non può prescindere poi dall’art.10 della Legge n.362/1991 che, modificando il primo comma dell’art.9 della Legge n.475/1961, ha precisato che “le farmacie di cui sono titolari i Comuni possono essere gestite, ai sensi della legge 8 giugno 1990 n. 142, nelle seguenti forme :
a) in economia;
b) a mezzo di azienda speciale;
c) a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari;
d) a mezzo di società di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestano servizio presso le farmacie di cui il Comune abbia la titolarità”.
Rispetto a quest’ultima previsione si è registrato il tentativo di ampliamento della rosa dei soggetti attraverso l’art. 12 della Legge n.498/1992 n. 498, che ha contemplato la possibilità di costituire società anche con soggetti diversi da farmacisti dipendenti; tuttavia tale disposizione è stata superata dall’art. 274, comma 1, lett. w) del Decr. Legisl. n.267/2000 che ha soppresso i commi 1, 3, 4, 5, 7 e 8 del citato articolo. La previsione derogatoria contenuta nell’art. 12 della Legge n.498/1992 è stata, tuttavia, riprodotta nell’art. 116 del Testo Unico n.267/2000, ove si ammette la possibilità di costituire, per l’esercizio di servizi pubblici, “apposite società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga a disposizioni di legge specifiche” precisando che “Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all’eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedure di evidenza pubblica”. L’interpretazione di siffatta disposizione, in quanto contenuta in un Testo Unico meramente compilativo, va orientata nel senso di non limitare la deroga al solo vincolo della proprietà pubblica maggioritaria, ma di estenderla alla individuazione dei requisiti soggettivi dei soci di società di gestione delle farmacie comunali.
2.3 D’altra parte, nella materia dei servizi pubblici degli Enti locali, l’art.22 della Legge n.142/1990 stabilisce che i Comuni e le Province possono gestire i servizi pubblici in economia, in concessione a terzi, a mezzo di azienda speciale (per la gestione di servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale), a mezzo di istituzione (per l’esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale) e a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico locale. Successivamente si è pervenuti alla previsione di cui all’art.113 del Decr. Legisl. n.267/2000, secondo il quale i servizi pubblici possono essere gestiti (lett. e) mediante società per azioni, o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio, nonché (lett. f) a mezzo di società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria a norma dell’art.116. Con l’art. 35 della Legge n.448/2001 il citato art.113 è stato sostituito con due nuovi articoli (113 e 113-bis), introducendosi la distinzione tra servizi pubblici locali di rilevanza industriale (art. 113) e servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale (art. 113-bis); ancora con il D.L. n.269/2003 convertito nella Legge n.326/2003 il Legislatore, con norma peraltro censurata parzialmente dalla Corte Costituzionale con sentenza n.272/2004, ha eliminato la distinzione tra servizi pubblici locali a rilevanza industriale e non, sostituendola con quella fra servizi pubblici locali “con rilevanza economica” e servizi pubblici locali “privi di rilevanza economica”, precisando, che la disciplina delle modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative della disciplina di settore.
3. Il Collegio ritiene che in ogni caso vada riconosciuta la piena ammissibilità della scissione tra titolarità e gestione trattandosi, in questo caso, di gestione di farmacia comunale e non di farmacie private per le quali, invece, vale il divieto di cui all’art. 12, comma 11, della Legge n.457/1968 che non consente al titolare di farmacia privata di affidarne la gestione a terzi. La Sezione è ben cosciente che la stessa Legge n.244/2007, con l’art.3, commi 27-32, allo scopo di tutelare la concorrenza ed il mercato ha sancito il divieto per le Pubbliche Amministrazioni di costituire società aventi per oggetto la produzione di beni e servizi che non siano strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. E’ altrettanto pacifico che la distribuzione dei farmaci è una finalità espressa del Servizio Sanitario Nazionale e costituisce un parametro per i livelli essenziali di assistenza: in sostanza l’esercizio dell’attività di assistenza farmaceutica rappresenta un cardine della materia del diritto alla salute, garantito ed assicurato dallo Stato e dalle Regioni ed al quale i Comuni concorrono allorché intendono esercitare il diritto di prelazione, ossia la facoltà loro riconosciuta di gestire le farmacie comunali, attraverso lo strumento giuridico-organizzativo ritenuto più idoneo allo scopo. Con la pronuncia n.167/2008 i Giudici di Palazzo Spada hanno in proposito riconosciuto la legittimità dell’operazione di gestione integrata delle farmacie comunali attraverso l’istituzione di un Ente consortile; nel caso dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale di cui all’art. 113-bis del Decr. Legisl. n.267/2000, l’affidamento è possibile in favore di “società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche”.
3.1 Ora, nell’ottica del diritto comunitario, questo affidamento integra gli estremi di una concessione di servizi, come tale non conforme agli artt.43 e 49 del Trattato di Roma non tanto sotto il profilo della scelta del socio privato che avviene attraverso procedure di evidenza pubblica, quanto piuttosto per il fatto che si consente ad una società mista non rientrante nell’orbita decisionale dell’Amministrazione concedente di risultare concessionario diretto del servizio pur in assenza di una procedura di evidenza pubblica; quando il concessionario è anche Amministrazione aggiudicatrice per cui, senza ricorrere al mercato, provvede con le proprie risorse e strutture interne che, sebbene giuridicamente distinte dal medesimo, agiscono “prevalentemente” per suo conto e sono sottoposte ad un “controllo analogo” a quello esercitato sulle proprie strutture, è possibile far ricorso all’affidamento “in house”, che come è noto è subordinato ai due presupposti del controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e della realizzazione della maggior parte dell’attività della società in favore dell’ente di appartenenza, assumendo così rilievo le note restrizioni formulate dalla Corte di Giustizia secondo la quale il “controllo analogo” consiste nell’influenza determinante non solo degli obiettivi, ma anche delle decisioni importanti della società “in house”.
I giudici comunitari, dopo aver ideato questo modulo organizzatorio che aveva spinto molte Amministrazioni ad affidare direttamente servizi e/o lavori a soggetti a partecipazione pubblica, in violazione di regole di concorrenza, ha provveduto ad interpretare in maniera sempre più restrittiva i presupposti essenziali dell’istituto, limitandone sempre più l’operatività; resta la palese difficoltà di accertare la sussistenza di un rapporto di dipendenza azionisti-amministratori che appare configurabile nel caso di collegamento funzionale tra Comune e azienda speciale, ma non quando gli organi sociali, come il consiglio di amministrazione, possono assumere le decisioni di gestione della società in piena autonomia nei confronti degli azionisti-amministrazioni aggiudicatici. Inoltre la giurisprudenza comunitaria è dell’avviso che una società totalmente partecipata da una pluralità di enti pubblici possa rendersi affidataria di prestazioni da parte di tutti i suddetti enti, compresi quelli la cui partecipazione azionaria è del tutto marginale, mentre i giudici nazionali hanno affermato che è necessario che una specifica disposizione legislativa ammetta espressamente la legittimità degli affidamenti “in house” non essendo sufficiente che un ente pubblico detenga l’intera partecipazione azionaria di una società ed eserciti su di essa il “controllo analogo” come delineato dal giudice comunitario.
3.2 Per altro verso va ricordato quanto affermato di recente (Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Puglia, Parere 27.2.2008, n.3) circa la necessità che la gestione delle farmacie comunali da parte degli Enti locali venga collocata in una modalità gestoria “in nome e per conto” del Servizio Sanitario Nazionale, come tale non riconducibile né all’ambito dei servizi di interesse generale nella definizione comunitaria, né alla disciplina sui servizi pubblici locali secondo l’ordinamento italiano; piuttosto deve ritenersi che l’attività di gestione delle farmacie comunali costituisca esercizio di un servizio pubblico, trattandosi di un’attività rivolta a fini sociali ai sensi dell’art.112 del Decr. Legisl. n.267/2000 che consente agli Enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di provvedere alla gestione dei servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
4. Ciò premesso al fine di una corretta impostazione della vicenda di cui al presente ricorso, il Collegio ritiene, in ordine alla censura attinente la presunta violazione del “favor partecipationis”, di sottolineare come la portata delle singole clausole che comminano l’esclusione in termini generali e onnicomprensivi vada valutata alla stregua dell’interesse che la norma violata è destinata a presidiare, per cui, ove non sia ravvisabile la lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante, va accordata la preferenza al “favor partecipationis” (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, V, 15.5.2008, n.4511; T.A.R. Lazio, Roma, I, 27.7.2006, n.6583; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 1.12.2005, n.2088; 10.5.2005, n.399; Cons. Stato, V, 10.11.2003, n.7134; 4.4.2002, n.1857; 16.1.2002, n.226). Peraltro la stessa Amministrazione ha un precipuo interesse al più specifico obiettivo di un confronto più ampio possibile tra i partecipanti, dando applicazione alle indicazioni secondo cui, per esempio, il mancato rispetto delle formalità richieste dal bando per dar luogo ad esclusione dalla selezione deve essere interpretato in base al comune canone di ragionevolezza e comunque senza incidere sulla “par condicio”, beninteso che i principi del “favor partecipationis” e del “dovere di soccorso” comunque recedono a fronte di una specifica disposizione della legge di gara che prevede determinate clausole di esclusione. Sulla scia di importanti pronunce della Corte di Giustizia CE (n.299 del 14.10.2004, n. 210 del 14.12.2004; n. 463 del 13.5.2003), ormai si ritiene che l'Amministrazione non può restringere il numero dei partecipanti alle gare fino al punto da non assicurare una reale concorrenza fra gli stessi, sicché la stazione appaltante, che può ovviamente elevare la soglia dei requisiti di partecipazione quando deve assicurarsi un livello qualitativo adeguato nell'esecuzione delle prestazioni oggetto dell'appalto, deve tuttavia farlo procedendo ad un equo bilanciamento dei diversi interessi, non relegando ad un ruolo marginale la tutela della concorrenza e il favor partecipationis (T.A.R. Puglia, Lecce, I, 6.12.07, n. 4181), ciò anche in relazione al disposto dell'art. 42, comma 3, del D. Lgs. n.163/06 (riproduttivo dell'art. 44, comma 3, Direttiva CE 31.3.05 18/04/CE), secondo cui le informazioni sulla capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori dei servizi "non possono eccedere l'oggetto dell'appalto".
In disparte la considerazione del Comune circa l’avvenuta pubblicità del bando sin dal 25 luglio, per come accertato dalla documentazione depositata dall’Amministrazione in previsione dell’udienza pubblica, alla gara per l’affidamento della gestione di due farmacie comunali di nuova istituzione in questione hanno poi partecipato sette soggetti, per cui è stata garantita una reale concorrenza e si è fatto salvo l’interesse della stazione appaltante ad un confronto più ampio possibile fra i partecipanti.
4.1 Ad avviso del Collegio, avuto riguardo alle censure spiegate sul punto dai ricorrenti, la necessità di definire una disciplina della gara che, quanto alle condizioni per parteciparvi, realizzi un ragionevole equilibrio fra le opposte esigenze, da un lato, di escludere una penalizzante frammentazione e, dall’altro, di evitare gestioni del servizio che, in quanto esclusivamente calibrate su dimensioni molto grandi, non tengano nel giusto conto il dato della presenza di significative esperienze professionali anche a livello locale, può giustificarsi con l’esigenza di privilegiare una gestione unitaria anche per quel che riguarda, ad esempio, gli acquisti dei farmaci e l’individuazione dei locali.
E’ innegabile poi che la fissazione di requisiti di partecipazione i quali precludano, alla maggior parte delle imprese di settore, anche di medie dimensioni, di concorrere alle gare bandite sia pur, eventualmente, in forma associata, se per un verso può appunto reputarsi espressione del tentativo di sfuggire al predetto rischio di gestioni “spezzettate” - rischio, peraltro, cui può in buona parte ovviarsi già favorendo le partecipazioni aggregate -, per altro verso rende concreto quello, altrettanto temibile, di determinare eccessive barriere all'entrata di nuovi soggetti nel relativo mercato, dando appunto allo stesso, anche addirittura sul piano nazionale, una struttura chiaramente oligopolistica. Non può dunque ritenersi in alcuna misura azzerato il principio secondo cui la facoltà delle stazioni appaltanti di richiedere nel bando di gara requisiti di partecipazione e di qualificazione ulteriori rispetto a quelli espressamente stabiliti dalla legge trova un limite nel principio di proporzionalità e ragionevolezza, nonché nel divieto di inutile aggravamento del procedimento di cui all'art. 1, comma 2, della Legge n.241/1990 (cfr. Cons. Stato, IV, 28.4.2008, n.1860; T.A.R. Liguria, II, 23.6.2005, n.940), atteso che l'adeguatezza e proporzionalità dei requisiti richiesti dal bando vanno valutate con riguardo non al mero importo dell'appalto, ma al suo oggetto ed alle sue specifiche peculiarità (T.A.R. Liguria, II, 27.5.2009, n.1238).
5. Quanto agli ulteriori motivi di ricorso, la Sezione, richiamando in parte quanto dianzi esposto in via preliminare, osserva che il servizio farmaceutico, qualificato come pubblico servizio, viene espletato sia da soggetti pubblici (in ospedali e presidi sanitari) tra cui i Comuni (nelle farmacie comunali), sia da soggetti laureati in farmacia (nelle farmacie private). La legge prevede che ogni Comune debba avere una pianta organica delle farmacie, nella quale devono essere indicati il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse (art. 2 della legge 2.4.68 n. 475); sulla base della pianta organica si realizza l'affidamento delle farmacie ai privati cittadini iscritti all'albo professionale dei farmacisti (art. 4 della legge n. 362 del 1991) od ai Comuni (art. 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968).
Nell'ambito della pianta organica, che rappresenta, quindi, lo strumento di pianificazione territoriale del settore, ai Comuni è riconosciuto il diritto di prelazione sul 50% delle sedi farmaceutiche che si rendono vacanti o di nuova istituzione e delle quali essi possono assumere la titolarità per la gestione secondo le norme dei servizi pubblici locali (riportate in via generale nell'art. 22 della legge 8 giugno 1990 n. 142) e, in particolare, in economia, a mezzo di azienda speciale municipale, a mezzo di consorzi tra Comuni, ovvero mediante società di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti dipendenti comunali (art. 9, comma 1, della Legge 2.4.68 n. 475, come modificato dall'art. 10 della Legge 8.11.91 n. 362).
In origine erano previste soltanto la costituzione delle aziende speciali e le gestioni in economia in base al R.D. 15 ottobre 1925 n. 2578, mentre lo strumento delle società di capitali a prevalente capitale pubblico è stato introdotto soltanto con la relativamente recente Legge 8 giugno 1990 n. 142. Invero il Legislatore ha, dapprima, previsto la possibilità di costituire società per azioni tra il Comune ed i farmacisti in servizio presso la farmacia di cui il Comune avesse acquisito la titolarità (art. 9 della legge n. 475 del 1968, come modificato dall'art. 10 della legge n. 362 del 1991) e, successivamente, ha previsto la costituzione di società per azioni anche con prevalente capitale privato e senza predeterminazione legale dei soci (art. 113 del Decr. Legisl. n.267/2000). In particolare, l'art. 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498 aveva previsto che, per l'esercizio del servizio farmaceutico, i Comuni potevano costituire società per azioni senza il vincolo di carattere generale della proprietà maggioritaria di cui all'art. 22, comma 3, lett. e, della legge n. 142/90 ed anche in deroga alle limitazioni previste nel ricordato art. 9, comma 1, lett. d, della legge n. 475/68 e successive modifiche (società per azioni. esclusivamente tra Comune e farmacisti in servizio presso le farmacie comunali), e, cioè, senza più la predeterminazione legale dei soci. Successivamente, detto art. 12 è stato abrogato dall'art. 274 del Decr. Legisl. n.267/2000 in quanto la norma suddetta è risultata superata dalle nuove disposizioni in tema di gestione dei servizi pubblici locali (tra i quali rientra pacificamente anche quello farmaceutico), che hanno introdotto, in via generale, la possibilità della gestione dei servizi pubblici mediante lo strumento della società per azioni, senza più il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria "anche in deroga a disposizioni di legge specifiche" (originario art. 113, comma 1, lett. f - poi divenuto art. 113-bis ad opera dell'art. 35, comma 15, della legge 28.12.2001 n. 448 - e art. 116 del t.u. n. 267/200 predetto). L'art. 116, comma 1, del T.U. n. 267/2000 è stato successivamente modificato dall'art. 2-ter del D.L. 27.12.2000 n. 392, convertito nella Legge 28 febbraio 2001 n. 26, che ha specificato che la già attribuita facoltà di deroga riguardava (non più le disposizioni di legge, ma) i "vincoli derivanti da disposizioni di legge specifiche". Per effetto della ricostruita faticosa normativa, si può concludere che il servizio pubblico delle farmacie comunali può ora essere gestito anche a mezzo di società per azioni sia a prevalente capitale pubblico che a maggioranza di capitale privato, e quindi con capitale pubblico minoritario, senza più alcuna limitazione in ordine alla scelta dei soci che possono essere (anche) soggetti diversi dai farmacisti dipendenti.
5.1 Quanto alle farmacie private, l'art. 7 della Legge n. 362/1991 prevede che la titolarità dell'esercizio è riservata o a un farmacista titolare (della sede farmaceutica), ovvero a società di persone e a società cooperative che abbiano come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia e di cui siano soci farmacisti con determinati requisiti (iscritti all'albo e in possesso del requisito della idoneità in un concorso a sedi farmaceutiche); ciascuna società può essere titolare dell'esercizio di una sola farmacia e ciascun farmacista può partecipare a una sola di dette società. Il successivo art. 8 prevede poi che la partecipazione a dette società è incompatibile con qualsiasi attività svolta nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica dei farmaci, con la posizione di titolare di altra farmacia, con ogni rapporto di lavoro pubblico e privato.
In verità va rilevato, al riguardo, che con sentenza 24 luglio 2003 n. 275, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. a), della Legge n.362/1991 per contrasto con gli artt. 3 e 32 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali è incompatibile con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
La Corte Costituzionale ha ritenuto che la mancata estensione del suddetto divieto, posto a tutela dell'interesse generale alla salute, alla gestione delle farmacie comunali è del tutto irragionevole, specie ove si consideri che la sua funzione risulta essere palesemente rivolta ad evitare situazioni di conflitto di interesse (nei gestori di farmacie), che possano nascere dalla cointeressenza in attività, il cui intreccio possa risultare pregiudizievole per l'interesse pubblico che presiede all'intero servizio pubblico delle farmacie: situazioni queste, oggi ordinariamente ipotizzabili anche nel socio, non più necessariamente farmacista dipendente, dell'Ente Pubblico. Conseguentemente oggi tale divieto deve necessariamente ritenersi operante anche nei confronti dei soci delle società di gestione delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei parametri costituzionali di riferimento; la formulazione del citato art. 8, indicativa e comprensiva delle varie incompatibilità concernenti i singoli farmacisti, ha chiaramente la "ratio" di rendere applicabile anche nei confronti dei partecipanti alle società di persone o alle società cooperative a responsabilità limitata le incompatibilità per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie, già disseminate in numerose disposizioni di legge.
6. In ordine ai relativi motivi di censura di cui in ricorso, il Collegio rammenta che secondo l'art. 102 del R.D. n.1265/1934 "L'esercizio della farmacia non può essere cumulato con quello di altre professioni o arti sanitarie"; a sua volta il successivo art. 112 così dispone riguardo all'autorizzazione ad aprire ed esercitare una farmacia: "É vietato il cumulo di due o più autorizzazioni in una sola persona. Chi sia già autorizzato all'esercizio di una farmacia può concorrere all'esercizio di un'altra; ma decade di diritto dalla prima autorizzazione, quando, ottenuta la seconda, non vi rinunzi con dichiarazione notificata al Prefetto entro dieci giorni dalla partecipazione del risultato del concorso. Nel caso di rinuncia l'autorizzazione è data ai concorrenti successivi in ordine di graduatoria, e, in mancanza, è bandito un nuovo concorso".
La disposizione è informata al principio della cosiddetta "alternatività", volto a scongiurare la possibilità che un soggetto possa divenire, contemporaneamente, titolare di più esercizi farmaceutici, principio al quale si dà attuazione mediante l'imposizione della scelta tra la conservazione della sede per la quale è già autorizzato e l'opzione per quella conseguita all'esito del concorso.
La norma articola l'operatività del divieto non nel senso di impedire a chi sia già titolare di una farmacia la possibilità di partecipare al concorso, ma nel senso di imporre una scelta definitiva tra due sedi, quella già in titolarità e quella conseguita con il superamento del concorso, nell'ottica della ricerca di un equilibrio tra il diritto del farmacista di migliorare la propria situazione professionale e l'esigenza di un'equa distribuzione delle sedi, al fine di garantire che il maggior numero possibile di farmacisti possa accedere alla titolarità degli esercizi farmaceutici.
Al fine, peraltro, di una sollecita definizione delle procedure concorsuali, l'art. 112 del R. D. n. 1265/1934 assegna al vincitore un termine breve per far conoscere le sue determinazioni ed attribuisce al suo comportamento inerte un valore legale tipico: entro dieci giorni dalla conoscenza dei risultati del concorso, se l'interessato non rinuncia espressamente alla farmacia oggetto del concorso, tale suo comportamento deve intendersi come accettazione tacita della nuova sede, con la conseguente decadenza "ope legis" dalla farmacia di cui è già titolare (T.A.R. Sardegna, 6.5.1988, n. 335). Ove, invece, la sede farmaceutica messa a concorso sia rinunciata, "l'autorizzazione è data", ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 112, "ai concorrenti successivi in ordine di graduatoria e, in mancanza, è bandito un nuovo concorso".
6.1 Il Collegio ritiene, ai fini dell’accoglimento del ricorso, che in questa sede rileva il regime d'incompatibilità previsto dal citato art. 112, il quale esprime un principio di carattere generale in tema di gestione di farmacie private e non comunali, inteso ad evitare conflitti di interesse nonché a garantire il corretto svolgimento del servizio farmaceutico, di rilievo fondamentale per la tutela del diritto alla salute (oggi sancito dall'art. 32 della Costituzione), la cui validità ed osservanza risulta egualmente necessaria anche con riferimento alle società ed ai soci delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei criteri enunciati dalla Corte Costituzionale con la precitata sentenza n. 275 del 2003 .
Come dedotto dai ricorrenti con richiamo a giurisprudenza (T.A.R. Puglia, Bari, I, 17.4.2007, n.1085) che qui si ritiene di condividere, la ratio sottesa all'art. 112 R. D. n. 1265 del 1934 è, infatti, a maggior ragione valida nell'attuale contesto storico economico, in cui gli interessi afferenti alla commercializzazione ed alla distribuzione dei farmaci hanno assunto dimensioni molto più ampie rispetto a quelle ipotizzate dal Legislatore del 1934; in applicazione dei principi rivenienti dagli artt. 3 e 32 della Costituzione, nonché di quelli sanciti dalla Corte Costituzionale con la menzionata sentenza n. 275/2003, s'impone, pertanto, un'interpretazione dell'art. 112 di natura evolutivo-sostanziale e costituzionalmente orientata, intesa a superare il limite meramente formalistico della norma assai risalente nel tempo. Risulterebbe, invero, del tutto irragionevole un'interpretazione della norma in esame ancorata al mero dato formale, e, quindi, nel senso di escludere la figura del socio di società di gestione delle farmacie comunali dall'applicabilità del cosiddetto "divieto di cumulo" di più esercizi farmaceutici.
6.2 Per tali medesimi motivi, prescindendo da questioni di carattere applicativo, si ritiene che il ricorso meriti accoglimento sotto l’ulteriore profilo dell’illegittima esclusione di concorrenti che si trovassero in una situazione di collegamento di cui all’art.2359 c.c.; in proposito l’art.38, comma 1, del Decr. Legisl. n.163/2006 contempla ora, a seguito del D.L. n.135/2009 convertito in Legge n.166/2009, una lett. m)quater che subordina l’esclusione solo all’accertamento che la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale. Anche a questo proposito appare irragionevole avallare una interpretazione, ormai superata, di esclusione sistematica sul presupposto della semplice esistenza di un rapporto di controllo, senza che dunque di appuri quale impatto abbia avuto tale rapporto sul rispettivo comportamento nell’ambito della procedura di aggiudicazione.
7. Per questi motivi il Tribunale ritiene che il ricorso vada accolto con conseguente annullamento del bando oggetto di impugnazione, il che esonera il Collegio dall’esame dei motivi aggiunti per come relativi a fase successiva della procedura.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA – Sede di Napoli – V^ Sezione – accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 17 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:
Antonio Onorato, Presidente
Andrea Pannone, Consigliere
Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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