|
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5366 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Soc Coop Coopservice Pa, rappresentata e difesa dagli avv. Massimo Colarizi, Paolo Coli, con domicilio eletto presso Massimo Colarizi in Roma, via Panama, 12;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione civile, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.le dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Istituto di Vigilanza dell'Urbe Spa Ivu Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Passaro, con domicilio eletto presso Fabio Mastrocola in Roma, via G.G. Belli, 39; Soc Centralpol Srl (ricorrente incidentale);
per l'annullamento
- del decreto di aggiudicazione della gara per l’affidamento del servizio di vigilanza armata presso le sedi del Dipartimento della Protezione Civile site in Roma (codice CIG 0370535F23) emanato in data 13.05.2010 n. rep. 3509, comunicato a Coopservice in data 21.05.2010, mediante il quale il Direttore dell’Ufficio Amministrazione e Bilancio del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha disposto: “sono approvate, ai sensi dell’art. 12, comma 1, decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modifiche ed integrazioni, le risultanze delle operazioni di gara per l’affidamento del servizio di vigilanza presso le sedi del Dipartimento della Protezione Civile site in Roma e per effetto di quanto disposto all’art. 1, ai sensi dell’art. 11, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni ed integrazioni la definitiva aggiudicazione della gara all’Istituto Vigilanza dell’Urbe spa;
- della nota prot. DPC/ABI/34054 del 30.04.2010, non conosciuta dalla società esponente se non per la parte dispositiva, mediante la quale la Commissione di Gara della procedura aperta per l’appalto del servizio di vigilanza armata da espletare presso le sedi del Dipartimento della Protezione Civile in Roma ha ritenuto non sussistenti elementi di anomalia nell’offerta presentata in gara dall’Istituto di Vigilanza dell’Urbe spa, ha ritenuto di non escludere dalla procedura il procedimento di verifica della anomalia dell’offerta presentata in gara dalla seconda classificata Centralpol srl iniziato con atto 14.01.2010 prot. n. DPC/ABI/0002856, offerta anch’essa risultata anormalmente bassa ai sensi dell’articolo 86 comma 1 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163;
- di tutti gli atti formati dalla Commissione di Gara e dalla Amministrazione resistente mediante i quali o sul presupposto dei quali si è ritenuta non anomala e affidabile l’offerta presentata dall’istituto di Vigilanza dell’Urbe spa, non si è dato luogo ad esclusione dalla procedura di gara dal medesimo Istituto di Vigilanza dell’Urbe spa, non si è concluso con provvedimento espresso il procedimento di verifica di anomalia nei confronti della seconda migliore offerta iniziato con atto 14.01.2010 n. prot. DPC/ABI/0002856, ai sensi degli articoli da 86 a 88 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163;
- in parte qua, di tutti gli atti da essi presupposti o a essi successivi.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Istituto di Vigilanza dell'Urbe Spa Ivu Spa;
Visto il ricorso incidentale proposto da Istituto di vigilanza dell’Urbe s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2010 il dott. Oberdan Forlenza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato in data 7 giugno 2010, depositato il successivo 16 giugno, la società ricorrente impugna, tra l’altro, il decreto 13 maggio 2010 n. 3509, di aggiudicazione della gara (a seguito di procedura aperta oggetto di bando pubblicato in data 28 ottobre 2009), per l’affidamento del servizio di vigilanza armata presso le sedi del Dipartimento della Protezione civile site in Roma, in favore dell’Istituto vigilanza dell’urbe s.p.a.,
La ricorrente, già affidataria del servizio posto a gara, precisa di essere stata ammessa a partecipare alla procedura aperta, insieme ad altri sei concorrenti, all’esito della verifica della documentazione amministrativa.
Aperte le buste contenenti le offerte economiche dei singoli concorrenti, ed avendo verificato che vi erano due offerte con ribassi superiori alla soglia di anomalia, Coopservice, con propria memoria, chiedeva di attivare il procedimento di verifica e di esclusione delle offerte anormalmente basse. Ciò in quanto, con riferimento al corrispettivo orario posto a base di gara (euro 20,95), sia l’offerta dell’Istituto Urbe, sia l’offerta della Centralpol evidenziavano ribassi superiori alla soglia di anomalia, pari ad un ribasso del 15,5% (rispettivamente 21,29% Urbe e 18,85% Centralpol).
Con nota 23 aprile 2010 prot. DPC/ABI/32065, il Dipartimento della protezione civile “confermava di avere effettuato il calcolo della soglia di anomalia e che erano risultate inferiori a detta soglia le offerte degli Istituti di vigilanza Urbe e Centralpol”, e di avere richiesto giustificazioni alle predette partecipanti.
Con nota 14 maggio 2010, il Dipartimento dava quindi conto della valutazione della Commissione di gara in ordine alla insussistenza di anomalia e della conseguente aggiudicazione definitiva della gara all’Istituto Urbe. Alla nota, era allegato il decreto di approvazione delle operazioni di gara e di affidamento del servizio, dal quale si evince l’esistenza di quattro richieste di giustificazioni, con conseguenti riscontri da parte dell’Istituto Urbe, mentre non si fa cenno al procedimento di verifica di anomalia nei confronti di Centralpol.
Avverso gli atti citati, vengono proposti i seguenti motivi di ricorso:
violazione artt. 86, 87 e 88 d. lgs. n.163/2006; D.M. 8 luglio 2009; violazione della lex specialis della procedura aperta; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto; per travisamento dei fatti, carente e insufficiente istruttoria; omessa, carente, illogica motivazione; ciò in quanto:
a) sia Istituto Urbe sia Centralpol “hanno presentato in gara offerte con una percentuale di ribasso ampiamente superiore alla soglia di anomalia”. Infatti, dovendo il servizio essere svolto mediante impiego di guardie particolari giurate, “il costo medio orario di una guardia particolare giurata inquadrata al IV livello, compresa l’incidenza degli oneri fiscali, è pari ad Euro 21,54, ovverossia 5,05 euro in più rispetto a quanto offerto da Urbe e 4,54 euro in più rispetto a quanto offerto da Centralpol” (in base alle tabelle di cui al D.M. Lavoro 8 luglio 2009);
b) posto che il disciplinare di gara richiede al concorrente una dichiarazione “di applicare a favore dei lavoratori dipendenti condizioni giuridiche e retributive non inferiori a quelle risultanti dai contratti di lavoro e dagli accordi nei luoghi in cui attualmente il concorrente svolge la propria opera, se più favorevoli”, e che il capitolato di gara (art. 13) impone il rispetto di tutte le norme sulle assicurazioni sociali, infortunistiche e di assistenza malattia, ne consegue che le offerte che in sede di gara si attestano su valori inferiori a quelli minimi consentiti, in materia di lavoro, contributiva, assicurativa e fiscale “da un lato devono essere considerate anomale, inaffidabili e contrastanti con la lex specialis di gara, dall’altro evidenziano un contrasto tra quanto dichiarato dal concorrente ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR 445/2000, quanto effettivamente dal concorrente dichiarato in sede di predisposizione e presentazione dell’offerta economica e quanto dal ricorrente prefigurato in relazione alla futura esecuzione del contratto”;
c) più in particolare, quanto all’offerta dell’Istituto Urbe, l’avere indicato “zero”, sotto la voce “scatti”, affermando trattarsi di “assunzioni ex novo”, non corrisponde all’art. 111 CCNL 2 maggio 2006 dipendenti Istituti di vigilanza privata, poiché “gli scatti di anzianità non sono riferiti contrattualmente alla anzianità aziendale, ma al livello di inquadramento posseduto dal dipendente”. Inoltre, in sede di acquisizione dell’azienda dalla Federazione provinciale di Roma dell’associazione nazionale combattenti e reduci – Istituto di vigilanza dell’Urbe in amministrazione straordinaria, (verbale 9 luglio 2009, punto 7), si è disposto che “pur in presenza di un’assunzione ex novo, nonché sulla base delle espresse pattuizioni qui convenute, ai dipendenti verrà riconosciuto da parte dell’acquirente un numero di scatti di anzianità pari a quelli maturati alla data di efficacia della cessione, con esclusione di quelli previsti dagli accordi integrativi non più applicati”. Il che non consente di evidenziare un numero di scatti pari a “zero”, ma una somma “verosimilmente non inferiore a Euro 505,12 su base annua”;
d) sempre nell’offerta dell’Istituto Urbe, non è stato indicato alcun importo a titolo di premio di risultato, laddove il contratto integrativo territoriale di lavoro 16 luglio 2004 (definito espressamente applicabile con il verbale 9 luglio 2009 cit.) all’art. 17, prevede l’obbligatoria corresponsione di un premio di risultato annuale, connesso al risultato aziendale ed alla performance individuale, per un importo massimo pari ad euro 130;
e) l’Istituto Urbe ha indicato un importo per tredicesima mensilità pari ad euro 1263,88, in luogo dell’importo corretto, pari ad euro 1323,46 (59,58 euro in meno del dovuto);
f) l’Istituto Urbe ha indicato un importo per quattordicesima mensilità pari ad Euro 1198,88, in luogo dell’importo corretto, pari ad Euro 1241,14 (42,26 euro in meno del dovuto);
g) viene indicato, quale onere contributivo INPS, un importo inferiore, citando uno “sgravio medio del 20% sui nuovi contratti di lavoro”, che può ricorrere “laddove si prospetti una adibizione al servizio di solo personale inquadrato come lavoratore apprendista”, il che non ricorre nel caso di specie, essendosi peraltro l’Istituto Urbe obbligato ad assumere tutti i dipendenti in carico alla cedente dalla data di efficacia della cessione;
h) non è stato indicato in modo corretto l’importo della quota annua di TFR, che deve essere pari ad Euro 1293,64, in luogo degli indicati Euro 1248,10, e ciò come conseguenza del non avere considerato gli scatti di anzianità nell’importo della retribuzione su cui calcolare il TFR;
i) inoltre, è stata indicata una quota di rivalutazione TFR pari a zero, in violazione dell’art. 2120 cod. civ.;
j) quanto agli oneri assistenziali, l’Istituto Urbe ha indicato per assistenza sanitaria integrativa l’importo di euro 120 su base annua, laddove l’art. 5 del Contratto integrativo territoriale di lavoro indica un importo lordo per ogni iscritto di Euro 207,00;
k) viene evidenziato un costo per rinnovo porto d’armi, a carico del datore di lavoro, di Euro 150,00, in luogo degli euro 180,00 previsto dalla Tabella di cui al DM 8 luglio 2009;
l) non sono evidenziati costi per divisa ed equipaggiamento, assumendo che gli stessi sono “ricevuti in comodato gratuito”, laddove, in sede di cessione, è stato convenuta l’utilizzazione della sede operativa e dei cespiti aziendali a titolo gratuito per un periodo massimo di 12 mesi ( a fronte di un servizio di durata triennale); avrebbero dovuto, quindi, essere calcolati i costi di acquisto divise;
m) non sono stati evidenziati costi “derivanti da disposizioni di legge”, essenzialmente riferiti a quelli necessari per assicurare operatività 24 ore su 24, ritenendo inesattamente che tali costi pertengano all’uso della struttura o di apparecchiature, dichiarando le stesse ricevute in comodato gratuito;
n) non è stato indicato alcun onere in dipendenza della obbligatoria fornitura di buoni pasto, prevista dall’art. 22 del contratto integrativo territoriale di lavoro;
o) l’Istituto Urbe “ha completamente omesso di richiamare qualsivoglia incidenza dell’onere relativo all’IRAP sul costo di prestazione del servizio”;
p) non risulta esatta l’affermazione resa dall’Istituto Urbe in sede di giustificazione, secondo la quale gli accordi sindacali raggiunti in sede di acquisizione del complesso aziendale consentono ulteriori benefici per la sospensione di taluni pagamenti, posto che “non si tratta di una riduzione di costi, ma di un differimento degli stessi”, che saranno corrisposti, previo ricalcolo sulla base degli indici ISTAT di rivalutazione del TFR, contestualmente al pagamento della indennità di cessazione del rapporto di lavoro (v. in particolare, pagg. 33-35 ric. intr.).
Alla luce di quanto esposto, la ricorrente conclude affermando che anche soltanto l’omessa indicazione degli oneri fiscali dovuti a titolo di IRAP, sommata al costo orario dichiarato da Urbe (pur inferiore a quanto dovuto) porterebbe il costo orario ad un livello di 0,5 euro superiore all’offerta da questa formulata in gara. Inoltre “il calcolo dei costi effettivi da sostenersi per la prestazione del servizio porta a concludere che per ogni ora di lavoro prestata nell’appalto in esame, l’Istituto Urbe, adempiendo alle disposizioni normative e contrattuali che si è impegnata in gara a rispettare, registra una perdita secca di almeno 1,10 Euro”, il che “porta ad una perdita nel triennio non inferiore a 207.000,00 Euro.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti (notificato il 21 giugno 2010, dep. il 25 giugno 2010), la ricorrente Coopservice – alla luce degli ulteriori atti ai quali è stato consentito l’accesso – richiamati i motivi esposti nel ricorso introduttivo, ha proposto i seguenti, ulteriori motivi di ricorso:
violazione artt. 86, 87, 88 d. lgs. n. 163/2006; violazione DM 8 luglio 2009; violazione della lex specialis della procedura aperta; eccesso di potere per illogicità, irrazionalità, errore nei presupposti di fatto; travisamento dei fatti; carente e insufficiente istruttoria; omessa, carente, contraddittoria, illogica motivazione; violazione art. 10 l. n. 241/1990.
Con tali motivi si censura variamente l’operato della Commissione (in relazione alle anomalie già singolarmente specificate nel ricorso introduttivo), affermandosi in particolare:
a) la Commissione di gara non ha minimamente valutato (pur essendo tenuta a farlo) il contenuto e gli istituti previsti dal Contratto integrativo territoriale di lavoro 16 luglio 2004;
b) “viene espunta de plano dalla valutazione della Commissione ogni considerazione in ordine alle incidenze IRAP ed IRES sul costo del lavoro”;
c) la Commissione ha “acriticamente recepito le infondate giustificazioni prospettate da Urbe per le voci di costo da essa Urbe indicate in misura inferiore a quella media indicata in Tabella dal Ministero, omettendo qualsivoglia istruttoria o finanche riscontro documentale”.
Si è costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile, la quale (v. nota depositata il 14 luglio 2010) ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, “in quanto contenente censure sostanzialmente meramente ripetitive di quelle già sollevate nel ricorso principale”, ed ha comunque concluso per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.
Si è altresì costituita in giudizio la controinteressata società “Istituto di vigilanza dell’urbe s.p.a”, , che ha depositato memoria in data 21 giugno 2010 ed ha concluso per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza. In particolare, la controinteressata ha evidenziato la fondatezza delle giustificazioni addotte a fronte dell’anomalia, sottolineando che:
- ha ricevuto in comodato gratuito oltre all’immobile, ove è ubicata la sede aziendale, tutti i mobili, le suppellettili, la sede operativa, le dotazioni di sicurezza, le divise e quant’altro già facente capo alla cedente, con cospicua riduzione dei costi;
- non tutto il personale è transitato nella nuova azienda (circa 630 su 900 dipendenti), di modo che la nuova società “si è trovata a poter gestire un personale di minore consistenza e quindi procedere senza alcun indugio ad assumere nuovo personale a condizioni retributive e contributive maggiormente favorevoli”; tali aspetti “influiscono e giustificano ampiamente la possibilità di prospettare tariffe meno onerose rispetto a quelle medie stabilte dalla citata tabella FISE”,
- il parametro delle Tabelle FISE non poteva essere utilizzato per determinare l’anomalia, visto che già l’offerta posta a base d’asta dall’amministrazione era al di sotto del cd. costo medio previsto da dette tabelle per il livello di guardia particolare giurata da adibire al servizio.
L’Istituto di vigilanza Urbe s.p.a. ha inoltre proposto ricorso incidentale (notificato in data 24 giugno 2010, depositato il successivo 25 giugno), con il quale “eccepisce e contesta la mancata esclusione automatica della Coopservice soc. coop. p.a.”, per i seguenti motivi:
violazione art. 74 d. lgs. n. 163/2006; violazione della lex specialis (bando e disciplinare di gara); eccesso di potere per disparità di trattamento e violazione della par condicio; ciò in quanto la Coopservice, pur avendo presentato un’offerta, come prezzo orario unitario di Euro 17,85, quindi inferiore alla tariffa prefettizia pari a Euro 21,84, non ha allegato all’offerta economica una relazione esplicativa come richiesto dall’art. 9 del disciplinare di gara, a pena di esclusione dal confronto.
Con memoria depositata in data 28 giugno 2010, la Coopservice ha chiesto il rigetto del ricorso incidentale, stante la sua infondatezza, ed affermando, in particolare, che “Coopservice ha prodotto nella propria offerta la totalità dei documenti richiesti dalla lex specialis”. Ciò risulta confermato, quanto agli allegati all’offerta economica, dal fatto che la Commissione di gara, nella seduta del 14 dicembre 2009, “attesta, in assenza di rilievi da parte dei presenti (Urbe compresa) la regolarità della documentazione prodotta da tutti i concorrenti, l’inesistenza di qualsivoglia presupposto per l’esclusione di qualcuno di essi”. Inoltre, la Coopservice evidenzia una serie di ragioni (p. 6 ss.) tese a dimostrare come “l’asserita (in realtà insussistente) assenza della relazione esplicativa non avrebbe comunque potuto determinare l’esclusione”.
Con ordinanza 15 luglio 2010 n. 4126, questo Tribunale ha invitato l’amministrazione a considerare le eventuali anomalie dell’offerta dell’impresa aggiudicataria alla luce delle doglianze esposte nel ricorso introduttivo e nelle memorie depositate, ed a riferirne con idonea relazione.
Con decreto 14 settembre 2010 n. 129, è stata inoltre disposta istruttoria, eseguita dall’amministrazione con deposito di documenti in data 12 ottobre 2010, unitamente a relazione volta ad ottemperare a quanto disposto con la citata ordinanza collegiale.
Oltre ad ulteriori memorie depositate dalle parti e presenti in atti, la ricorrente ha depositato ancora:
- memoria in data 21 ottobre 2010, con la quale ha ulteriormente ribadito gli aspetti di anomalia dell’offerta dell’Istituto di vigilanza dell’Urbe;
- ulteriore ricorso per motivi aggiunti (notificato in data 21 ottobre 2010, depositato il successivo 25 ottobre), con il quale si è impugnata la relazione del Capo Dipartimento della protezione civile depositata in data 12 dicembre 2010, avverso la quale si sono riproposti i motivi dedotti con il ricorso originario e ulteriori doglianze (pp. 5-14), vertenti sempre sugli aspetti di anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria e sulla illegittimità delle valutazioni effettuate dall’amministrazione.
La controinteressata Istituto di vigilanza dell’urbe ha depositato memoria in data 21 ottobre 2010, con la quale ha insistito per la fondatezza e quindi l’accoglimento del ricorso incidentale, posto che dalla disposta istruttoria si evince che “Coopservice non ha allegato alla propria offerta economica le giustificazioni (relazione esplicativa) relative alla proposta dalla stessa formulata, così come era espressamente previsto dal disciplinare di gara, all’art. 9”. In particolare, l’amministrazione “non si è proprio avveduta di tale rilevante circostanza e, quindi, ha ammesso la Coopservice, dimenticandosi però che le mancavano le giustificazioni e che . . . avrebbe dovuto procedere alla sua esclusione”.
All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. Il Tribunale, esaminato preliminarmente il ricorso incidentale proposto dall’Istituto vigilanza dell’Urbe, lo respinge, stante la sua infondatezza.
Con tale ricorso, come si è già detto nella esposizione in fatto, la controinteressata e ricorrente incidentale sostiene che illegittimamente la attuale ricorrente Coopservice non è stata esclusa dalla partecipazione alla gara, in quanto ciò avrebbe dovuto essere disposto per violazione dell’art. 9 del disciplinare di gara, poiché Coopservice, pur avendo presentato un’offerta economica contemplante un prezzo unitario inferiore alla tariffa prefettizia, non ha allegato alla stessa una relazione esplicativa, richiesta a pena di esclusione dalla norma citata.
Ed a maggior ragione – secondo la ricorrente incidentale – ciò risulta provato, all’esito dell’istruttoria disposta da questo Tribunale, posto che, tra la documentazione presentata da Coopservice in sede di gara, e depositata in atti dall’amministrazione, tale relazione esplicativa non risulta presente.
La società Coopservice oppone:
- di avere “al pari della totalità degli altri concorrenti, rassegnato in gara la totalità dei documenti richiesti dalla lex specialis” (pag. 2, memoria dep. 28 giugno 2010);
- che non possono essere considerati “vigenti” decreti prefettizi in materia (né del Prefetto di Roma, né di quello di Reggio Emilia, che troverebbe applicazione per la Coopservice), posto che il quadro normativo – dopo la sentenza 13 dicembre 2007 n. C-465/05 della Corte di giustizia delle Comunità Europee – è radicalmente mutato, per effetto del d.l. 8 aprile 2008 n. 59, conv. in l. 6 giugno 2008 n. 101, e del DPR 4 agosto 2008 n. 1543;
- pertanto, venuto meno ogni potere in capo ai Prefetti di assumere atti (le cd. “tariffe di legalità”) che assicurino una sorta di verifica di congruità delle tariffe degli istituti di vigilanza, eventuali provvedimenti di carattere generale con i quali i Prefetti hanno determinato le tariffe di legalità in momento antecedente all’entrata in vigore delle citate modifiche normative, sono divenuti con esse incompatibili e “devono considerarsi, ad ogni effetto, abrogati o comunque non più applicabili”; di modo che “non era “vigente” alcun decreto prefettizio che stabilisse tariffe minime e, dunque, non sussisteva in capo ai concorrenti alcun obbligo di allegazione all’offerta di una relazione esplicativa”.
Orbene, l’art. 9 del disciplinare di gara, dopo aver precisato che “la gara sarà aggiudicata con il criterio dell’offerta più bassa sull’importo a base di gara” (comma 1) e che dovrà essere indicato “un unico prezzo forfettario per la tariffa oraria onnicomprensiva diurna e notturna e festiva diurna e notturna al netto dell’IVA” (comma 2), prevede che “nel caso in cui il prezzo orario unitario offerto fosse inferiore alle tariffe minime stabilite dal vigente decreto prefettizio la società dovrà, altresì, allegare all’offerta economica una relazione esplicativa, a pena di esclusione dal confronto, che indichi, in dettaglio, tutti gli elementi costitutivi dell’offerta al precipuo fine dello scrutinio e dell’apprezzamento, da parte della Commissione proponente l’aggiudicazione, della rimuneratività e dell’affidabilità dell’offerta presentata nel suo complesso” (comma 3).
Su tale genere di clausole, la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3146), ha già avuto modo di osservare che esse rispondono ad esigenze pratiche di accelerazione e semplificazione del procedimento, ma non possono essere intese, pena la loro illegittimità, come prescrizione di un requisito o adempimento a pena di esclusione, atteso che la verifica delle offerte anomale deve avvenire in contraddittorio, dopo la presentazione delle offerte, e deve essere sempre consentito all’offerente di presentare le giustificazioni nel momento in cui si svolge la verifica di anomalia.
Ma, anche a prescindere da tali valutazioni, condivise da questo Tribunale, nel caso di specie, l’applicazione della misura dell’esclusione dal confronto, prevista dall’art. 9, co. 3 del disciplinare di gara, presuppone la sussistenza di tre elementi:
- l’esistenza di un “vigente” decreto prefettizio;
- un prezzo unitario offerto inferiore alle tariffe minime dal decreto previste;
- l’assenza di una relazione esplicativa, a giustificazione dello scostamento ed a tutela dell’affidabilità dell’offerta.
Nel caso di specie, Coopservice indica (v. pag. 6 mem. dep. 28 giugno 2010), come “relazione illustrativa” il documento n. 24 della propria produzione (dep. il 18 giugno 2010, unitamente al ricorso introduttivo), titolato “giustificativo offerta per gara Presidenza del Consiglio dei Ministri”, assumendo dunque che lo stesso sia stato allegato all’offerta economica.
Tuttavia, la documentazione depositata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in ottemperanza all’istruttoria disposta da questo Tribunale, presenta, sotto la dizione “documento n. 33”, una copia della “busta B-offerta economica” della Coopservice, e una dichiarazione del legale rappresentante della medesima del 10 dicembre 2010, in ordine alla tariffa oraria del servizio valevole quale offerta.
A fronte di ciò, nel verbale della Commissione di gara del 14 dicembre 2010, si legge: “Terminato l’esame della documentazione – ritenuta completa e regolare per tutte le offerenti – si procede, per ciascuna di esse, all’apertura del plico contenente l’offerta economica. Viene data lettura delle offerte delle concorrenti, formulata attraverso l’ìndicazione della tariffa oraria onnicomprensiva, al netto dell’IVA, da cui deriva la seguente graduatoria . . . etc.”.
Orbene, dal verbale risulta come la Commissione, aperte le buste contenenti le offerte economiche di tutte le ditte concorrenti, non ha riscontrato particolari carenze documentali (di ciò non vi è traccia nel verbale), né i rappresentanti delle ditte partecipanti, presenti alla seduta, hanno fatto osservazioni o rilievi (anche questi ultimi avrebbero dovuto risultare dal verbale).
Tuttavia, ciò precisato, si osserva che il verbale può prestarsi ad una duplice lettura:
- quella della Coopservice, che sostiene di avere allegato all’offerta economica la relazione esplicativa (depositata in fascicolo unitamente al ricorso introduttivo), di modo che, verosimilmente, occorrerebbe oggi assumerne lo smarrimento, onde spiegare la mancata presenza del documento tra gli atti trasmessi dalla Presidenza del Consiglio; lettura che trova nel difetto di indicazioni contrarie nel verbale, la conferma della regolarità dell’offerta Coopservice;
- quella dell’Istituto dell’Urbe, ricorrente incidentale, che sostiene che il “silenzio” del verbale sul punto, lungi dal costituire una implicita attestazione di regolarità dell’offerta depositata, indica come il Dipartimento di protezione civile “non si è proprio avveduto di tale rilevante circostanza e, quindi, ha ammesso la Coopservice dimenticandosi, però, che le mancavano le giustificazioni e che, a mente dell’art. 9 del Disciplinare di gara, avrebbe dovuto procedere alla sua esclusione”. E potrebbe aggiungersi - laddove si intendesse continuare ad argomentare su questa linea - che tanto non è avvenuto, perché inutile, dato che Coopservice, in virtù del’offerta presentata, non risultava comunque aggiudicataria.
In presenza di quanto rappresentato in verbale, e pur considerando la predetta possibile duplicità di lettura, il Tribunale non può accedere alla prospettazione offerta con il ricorso incidentale, posto che non risulta provato – mancando ogni elemento di ciò nel verbale ed in presenza di una contraria dichiarazione di Coopservice – che quest’ultima non abbia allegato la richiesta relazione illustrativa all’offerta economica.
Ai fini dell’esame del regolare svolgimento delle fasi della gara, anche in ordine alla valutazione delle offerte dei concorrenti ed al riscontro della natura e completezza della documentazione da questi presentata, non può che assumere rilevanza il verbale che descrive le operazioni (e quanto percepito e valutato) della Commissione, nonché quanto eventualmente rappresentato, dedotto o eccepito dai rappresentati delle ditte concorrenti. Di modo che, in difetto di ogni constatazione circa la incompletezza di documentazione, non è possibile ritenere ex post mancante un documento, con gli effetti giuridici da ciò derivanti, e ciò in quanto, una volta aperta la busta ed a distanza di tempo, non è più possibile accertare con sicurezza se un documento fosse mancante fin dal momento dell’apertura, ovvero che lo stesso sia venuto meno successivamente.
Tale criterio interpretativo – che, come appare evidente, si fonda sulla rilevanza attribuita al verbale, quale atto rispecchiante, fino a querela di falso, la realtà di quanto in esso è (ovvero non è) rappresentato – deve ricevere ancora più rigorosa applicazione allorchè occorre verificare, in relazione al dato materiale, il rispetto di una norma (o, come nel caso di specie, di una clausola del bando), la cui violazione comporta effetti pregiudizievoli per l’interessato (in specie, l’esclusione dalla gara).
In altre parole, a fronte del dato documentale offerto dal verbale, che assume rilevanza, come si è detto, anche per ciò che da esso “non risulta”, ed a fronte di una realtà che non può essere irrevocabilmente ritenuta come “immutata” rispetto al momento in cui essa assume rilevanza (e che solo il verbale può registrare nella sua storicità), il giudice non può completare l’insufficienza della prova, superando il dato documentale, con ragionamenti meramente ipotetici o verosimiglianti.
3. A quanto sin qui esposto, occorre peraltro aggiungere che non appare ricorrere, nel caso di specie, nemmeno il primo degli elementi perché possa operare la clausola di esclusione, di cui all’art. 9 del disciplinare di gara, e cioè l’esistenza di un “vigente” decreto prefettizio che stabilisce le tariffe minime dei servizi di vigilanza mediante guardie particolari giurate.
Sul punto, il ricorrente incidentale ha eccepito che Coopservice avrebbe dovuto, in ogni caso, impugnare, nei termini di decadenza, la clausola del disciplinare di gara, essendo essa idonea a “scriminare immediatamente i concorrenti” (v. pagg. 8-9 memoria dep. il 21 ottobre 2010).
L’osservazione è priva di rilevanza. Ed infatti, in disparte ogni considerazione sulla sussistenza (o meno) di un potere del giudice (od anche della stessa amministrazione) di procedere alla disapplicazione della clausola del bando in evidente contrasto con la disciplina comunitaria e nazionale, nel caso di specie ciò che rileva, ai fini dell’operatività della previsione di esclusione, è la presenza dei tre elementi richiesti dall’art. 9, comma 3, e sopra rappresentati.
Ne consegue che, oltre al dato materiale della mancanza della relazione esplicativa, occorre innanzi tutto verificare la sussistenza del primo degli elementi, e cioè l’esistenza di un decreto prefettizio “vigente”, indicante le tariffe minime, che funga da parametro comparativo, perché possa stabilirsi che l’offerta presentata è inferiore alle predette tariffe minime (e quindi si realizzi il secondo degli elementi richiesti dalla norma).
Nel caso di specie, in sostanza, non assume rilevanza se sia legittima la clausola del disciplinare di gara, per il fatto che il Prefetto possa o meno stabilire “tariffe di legalità”, ma solo se la detta clausola possa avere concreta applicazione.
In definitiva, quest’ultima non fornisce una indicazione cogente (il rispetto delle tariffe di legalità), cui i concorrenti devono attenersi (solo in questo senso l’eventuale previsione contrasterebbe con il diritto nazionale e comunitario), ma indica, come parametro valutativo dell’amministrazione, le tariffe prefettizie, e, lungi dal prevedere l’esclusione di quelle offerte che non vi si attengano, chiede solamente che, in caso di discostamento, i partecipanti forniscano chiarimenti, che rendono possibile l’apprezzamento dell’amministrazione, sotto il profilo dell’affidabilità dell’offerta.
Tuttavia, quanto ora chiarito, circa la astratta possibilità per l’amministrazione di assumere un parametro valutativo, può trovare concreta realizzazione solo se il parametro comparativo concretamente individuato è rappresentato – secondo le indicazioni fornite dalla stessa clausola - da un decreto prefettizio “vigente”.
Per tale si deve intendere – trattandosi di atti amministrativi e non di fonti normative – non già un atto “formalmente” esistente, in quanto non espressamente revocato o annullato, bensì un atto “operante” nell’ordinamento giuridico, e quindi un atto “efficace”, un atto, cioè, ancora potenzialmente produttivo di effetti (non essendo in ogni caso qui in discussione la validità dell’atto, che presuppone l’impugnazione dello stesso).
E’ evidente che, con riferimento agli atti amministrativi, il concetto di “vigenza”, tipico delle fonti del diritto, è improprio. Se, comunque, con esso ci si intende riferire ad un atto suscettivo di ricevere applicazione (come è, in potenza, sempre ipotizzabile per la fonte normativa), allora per l’atto amministrativo il concetto di “vigenza” non può che assimilarsi alla suscettività dell’atto di produrre effetti, anche in futuro, allorchè la sua efficacia non si sia esaurita.
Nel caso di specie, peraltro, mancano ambedue i presupposti (formale e sostanziale) perché il decreto prefettizio recante le cd. “tariffe di legalità” possa essere considerato “vigente”. Quanto al primo aspetto (formale), non può considerarsi (ancora) vigente quell’atto amministrativo in ordine al quale siano venute meno - per qualunque ragione inerente il regime delle fonti del diritto - le norme sulle quali l’atto stesso (quanto al suo contenuto prescrittivo) si fonda.
Diversamente opinando, occorrerebbe ritenere che un atto amministrativo (segnatamente un provvedimento amministrativo) sia “vigente”, nonostante siano state abrogate le fonti che ne prevedevano l’adozione (in violazione, quindi, della regola “tempus regit actum”), e che, paradossalmente, esso debba essere considerato vigente fintanto che l’amministrazione che lo ha adottato non agisca in autotutela, eliminandolo (formalmente) dal mondo giuridico.
Quanto al secondo aspetto, è del tutto evidente che un decreto prefettizio recante le cd. “tariffe di legalità” non è più idoneo a produrre gli effetti per i quali esso era stato emanato, non potendo ricevere alcuna cogente applicazione, dopo le modifiche normative intervenute (d.l. n. 59/2008; DPR n. 153/2008).
E ciò indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla legittimità dell’adozione di tali decreti anche prima degli interventi della Corte di giustizia delle Comunità Europee e del legislatore nazionale. E’ noto, infatti, come la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 2008 n. 4273), abbia affermato che nell'ordinamento giuridico italiano non è rinvenibile alcuna specifica disposizione normativa, primaria o secondaria, che autorizzi i Prefetti a fissare, in via preventiva e con caratteri di generalità, tariffe minime ed inderogabili per i servizi di vigilanza, non essendo tali le disposizioni contenute negli art. 9 e 134, r.d. 18 giugno 1931 n. 773, e 257 r.d. 6 maggio 1940 n. 635..
Per tutte le ragioni sin qui esposte, il ricorso incidentale proposto dall’Istituto di vigilanza dell’Urbe s.p.a., deve essere respinto.
4. Il ricorso proposto da Coopservice coop. p.a., è fondato, nei sensi di seguito esposti, e deve essere, pertanto, accolto.
Preliminarmente, il Tribunale deve respingere l’eccezione di inammissibilità proposta dalla amministrazione resistente avverso il primo ricorso per motivi aggiunti, con la quale si sostiene la sostanziale ripetitività delle censure, rispetto al ricorso principale, posto che la stessa non è sorretta da apprezzabile interesse.
Ed infatti, se è vero che il ricorso per motivi aggiunti presenta argomentazioni in sostanza riconducibili ai motivi proposti con il ricorso principale, ampliandone le argomentazioni a sostegno, nondimeno per questo aspetto esso può essere riguardato come memoria (notificata) comportante ampliamento delle argomentazioni difensive, sia pure proposta nella (irrituale) forma del ricorso per motivi aggiunti.
Ciò che rileva, ai fini dell’accoglimento dell’eventuale eccezione di inammissibilità, è se con l’atto notificato si sia ampliato il thema decidendum, in violazione, ad esempio, di un termine decadenziale, ma, non essendo pacificamente ciò verificatosi, l’eccezione non è rilevante.
5. Quanto al merito, con i motivi di ricorso proposti la società istante lamenta, in buona sostanza, come l’amministrazione, in presenza di offerte con ribassi superiori alla soglia di anomalia, non abbia proceduto - nonostante il sub procedimento di verifica avviato - ad un esame puntuale delle singole voci concorrenti a formare il prezzo unitario offerto, esame che avrebbe fatto pervenire all’esclusione di tali offerte.
Prospettate voce per voce le ragioni che avrebbero dovuto far ritenere l’offerta anomala, non giustificata, e perciò da escludere, la ricorrente individua quindi la sussistenza di una pluralità di vizi di legittimità, tra i quali figure sintomatiche di eccesso di potere afferenti al difetto di presupposto di fatto, carente istruttoria, insufficienza di motivazione.
Giova, innanzi tutto, osservare in punto di fatto che:
- con nota 14 gennaio 2010, il Dipartimento di protezione civile avviava la verifica dell’offerta dell’Istituto Urbe, poichè la stessa “è risultata anormalmente bassa”;
- ottenute le giustificazioni dell’aggiudicataria, l’amministrazione ha proceduto a richiedere alla stessa ulteriori chiarimenti, con note 16 febbraio 2010, 18 marzo 2010, 22 aprile 2010;
- non risultano, in atti, documenti comprovanti l’effettuazione della verifica anche nei confronti della Centralpol s.r.l.: solo nella nota 23 aprile 2010 (doc. 7 prod. ricorrente) si legge che “nel caso di esclusione della predetta impresa, con nota prot. n. DPC/ABI/0002856 del 14 gennaio 2010, analoga richiesta di giustificazioni è stata formulata alla Centralpol;
- con nota 30 aprile 2010 (doc. 29 prod. Coopservice, dep. 25 giugno 2010), la Commissione di gara, dopo avere “proceduto ad un riscontro degli elementi obiettivi, come da tabella allegata alla presente, confrontando gli importi analitici dell’offerta in questione, contestualmente ai chiarimenti forniti . . . dalla stessa società, con quelli indicati nella tabella di cui al D.M. Lavoro 9 luglio 2009 sul costo medio orario per il personale dipendente da istituti di vigilanza privata”, ha ritenuto “che l’offerta della società di cui trattasi non possa ritenersi anomala”.
Il giudizio della Commissione di gara, in assenza di ogni esplicitazione, demanda, in buona sostanza, la motivazione a deduzioni da effettuare prendendo atto del confronto delle cifre esposte nella tabella allegata alla nota citata (senza alcun esame critico delle cifre rappresentate, il che deve essere necessariamente considerato quale adesione ai chiarimenti forniti dall’aggiudicataria).
Ciò rende l’atto della commissione ed il provvedimento di approvazione degli atti di gara e di aggiudicazione, che sul punto si riporta pedissequamente all’operato della Commissione, illegittimi sotto il profilo dei dedotti vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria ed insufficienza di motivazione.
Negli atti citati, manca, di fatti, ogni autonoma valutazione della congruità degli elementi che concorrono a formare l’offerta economica e, quindi, ogni valutazione della affidabilità della stessa; né la Commissione, che pure demanda alla tabella comparativa allegata alla nota 30 aprile 2010, fornisce alcun chiarimento in ordine alla congruità di singole voci, che unitariamente considerate portano ad una anomalia dell’offerta
La Commissione, infatti, come è dato rilevare dalla lettura della nota 30 aprile 2010, sopra riportata, si limita ad una apodittica constatazione di assenza di anomalia. Allo stesso modo, il provvedimento finale di approvazione degli atti di gara e di aggiudicazione manca di qualunque valutazione dell’autorità amministrativa emanante.
E’ noto che, in sede di gara di appalto, la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando invece ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile, e dunque se dia o meno affidamento circa la corretta esecuzione del contratto (Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2009 n. 5642). La giurisprudenza ha altresì affermato che il giudizio della stazione appaltante comporta un onere di motivazione solo in caso di valutazione negativa delle giustificazioni, mentre in caso di verifica positiva l’iter logico è arguibile dal rinvio alle giustificazioni fornite dall’offerta sottoposta a verifica, ove queste siano a loro volta plausibili e documentate (Cons. stato, sez. V, 8 luglio 2008 n. 3406) e siano chiaramente condivise dall’amministrazione (Cons. Stato, sez.VI, 20 aprile 2009 n. 2384).
Orbene, la giurisprudenza richiamata, se afferma che l’amministrazione non è tenuta a sovrapporre una propria motivazione a quella che si rappresenta attraverso la lettura dei chiarimenti forniti dall’aggiudicataria, non libera in ogni caso l’amministrazione dall’obbligo di motivazione ex art. 3 l. n. 241/1990, dovendo essa illustrare, anche sinteticamente, le ragioni per le quali ritiene di condividere i chiarimenti forniti, chiarendo sommariamente quegli aspetti che fanno ritenere i chiarimenti plausibili e fondati; essa, dunque, non può limitarsi ad espressioni “di stile” o a adesioni apodittiche.
Nel caso di specie, a fronte di quattro richieste di chiarimenti, l’amministrazione – che pure ha ritenuto necessario redigere una tabella di comparazione delle singole voci dell’offerta con quelle risultanti dal D.M. Lavoro 9 luglio 2009 – non ha fornito, al di là della mera affermazione che “l’offerta non può ritenersi anomala”, alcuna pur sintetica motivazione propria.
6. Quanto sin qui rilevato in ordine alla sussistenza delle citate figure sintomatiche di eccesso di potere, risulta anche dal riscontro delle singole voci evidenziate in tabella, confermandosi in concreto come la Commissione – aderendo acriticamente ai chiarimenti forniti, che non si presentano chiari ed esaustivi – abbia, in definitiva, proceduto ad una valutazione illegittima, in quando effettuata in difetto di presupposto e senza motivata ponderazione critica delle ragioni addotte dalla impresa aggiudicataria.
Né i lamentati profili di eccesso di potere risultano superati dalle ulteriori valutazioni svolte dal Dipartimento della protezione civile, nella relazione 12 ottobre 2010 (di seguito indicata come “relazione”), resa a seguito di ordinanza di questo Tribunale 15 luglio 2010 n. 4126; relazione che, peraltro, non ha comunque natura giuridica di provvedimento autonomo, ma costituisce esclusivamente un contributo di maggiore argomentazione e/o esplicitazione delle motivazioni dei provvedimenti già adottati, reso dall’amministrazione su richiesta del Tribunale.
Occorre innanzi tutto osservare che il disciplinare di gara (art. 6, punto 4.11), così come dedotto dalla ricorrente, impone che vengano applicate in favore dei lavoratori dipendenti “condizioni giuridiche retributive non inferiori a quelle risultanti dai contratti di lavoro e dagli accordi nei luoghi in cui attualmente il concorrente svolge la propria opera, se più favorevoli”; e di tanto il concorrente deve rendere dichiarazione ex DPR n. 445/2000.
Tale previsione non significa affatto, come rappresentato dall’amministrazione nella relazione (pag. 7), che devono essere considerati solamente “gli elementi retributivi di generale applicazione” che “possono farsi rientrare nel concetto di retribuzione minima ex art. 36 Cost e non anche gli istituti ulteriori previsti a favore del lavoratore dai contratti collettivi”. Essa, al contrario, comporta che devono essere ritenuti applicabili (e quindi da valutarsi ai fini della composizione dell’offerta, concorrendo, ove mancanti, a renderne palese l’anomalia) tutti quegli istituti retributivi previsti in favore dei lavoratori dai contratti di lavoro (generali e territoriali) e da eventuali accordi più favorevoli.
L’affermazione dell’amministrazione si pone, dunque, in evidente contrasto con la precisa disposizione del disciplinare di gara da essa stessa adottato, e, in quanto presupposto considerato dall’amministrazione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, ne inficia a tutta evidenza la legittimità.
Né l’esame dei chiarimenti forniti, in relazione a singole voci del prezzo unitario, sono tali da far legittimamente considerare (come ha invece fatto l’amministrazione) superata l’anomalia dell’offerta.
Più specificamente, a fronte della laconicità del giudizio della Commissione di gara, la relazione espone, innanzi tutto, che il minore costo della voce “retribuzione” (risultata inferiore del 3,4 % rispetto al costo medio di cui al D.M. Lavoro 9 luglio 2009), è dovuto al fatto che, nel caso di specie, si è in presenza di cessione di azienda.
In particolare, secondo il Dipartimento, con verbale del 9 luglio 2009, “l’Istituto ha raggiunto l’accordo, con le competenti rappresentanze sindacali, nel rispetto del CCNL di riferimento, di proporre nuove assunzioni a tutti i dipendenti della cedente società . . . e quindi di provvedere ad instaurare con gli stessi rapporti di lavoro ex novo e come tali aventi base retributiva priva degli scatti di anzianità . . . ; conseguentemente, l’amministrazione ha ritenuto coerente che anche la tredicesima e la quattordicesima risultino ridotte rispetto al valore medio indicato nel decreto ministeriale”.
Orbene, nel “verbale di consultazione e accordo” del 9 luglio 2009 (richiamato sub allegati A1 e A2, dal contratto di cessione di azienda: v. in particolare, art. 4), dopo avere convenuto che “il rapporto di lavoro verrà instaurato ex novo” (punto 2), che “tutti i dipendenti verranno assunti con l’attribuzione del livello di inquadramento posseduto alla data di efficacia della cessione del complesso aziendale individuato” (punto 6), si conviene espressamente che “pur in presenza di un’assunzione ex novo, nonché sulla base delle espresse pattuizioni qui convenute, ai dipendenti verrà riconosciuto da parte dell’acquirente un numero di scatti di anzianità pari a quelli maturati alla data di efficacia della cessione, con esclusione di quelli previsti dagli accordi integrativi non più applicati” (punto 7).
Da quanto esposto, consegue che, indipendentemente da ogni valutazione circa la derogabilità dell’art. 2112 c.c., per effetto dell’art. 47, co. 5, l. n. 428/1990, l’Istituto Urbe si era consensualmente obbligato a riconoscere ai dipendenti dei quali si disponeva il trasferimento nell’ambito della propria organizzazione, “gli scatti di anzianità pari quelli maturati”.
Tale obbligazione si traduce in un costo per l’Istituto Urbe che, come tale, avrebbe dovuto essere rappresentato ai fini del calcolo della retribuzione, e quindi del prezzo unitario dell’offerta. Al contrario, non risulta considerata tale circostanza né dall’amministrazione resistente nella relazione, né dalla Commissione di gara, posto che nella tabella allegata alla nota 30 aprile 2010, risulta, alla voce “scatti”, una cifra pari a “zero”. E, per le medesime ragioni, non è stata calcolata l’incidenza degli scatti di anzianità nemmeno ai fini della tredicesima e della quattordicesima mensilità.
Risulta, dunque, fondato quanto dedotto dalla ricorrente e riportato ai punti c), e) ed f) dell’esposizione in fatto. Né la controinteressata ha dimostrato specificamente, in sede di chiarimenti all’amministrazione e in giudizio, come l’instaurazione (parziale) di “effettivi” nuovi rapporti di lavoro, a seguito del mancato transito di tutti i dipendenti della cedente alle dipendenze dell’Istituto Urbe (v. memoria 21 giugno 2010, in cui si precisa essere transitati circa 630 dipendenti su 900), abbia potuto comportare “risparmi” incidenti sulla voce retribuzione e, quindi, sul prezzo unitario in offerta.
Occorre ancora osservare, quanto agli oneri contributivi, come nella tabella allegata alla nota della Commissione 30 aprile 2009, si evidenzia uno “sgravio medio 20% su nuovi contratti di lavoro”. Il Dipartimento della protezione civile afferma nella relazione, punto 3):
- di avere fatto riferimento ai chiarimenti offerti dall’aggiudicataria, ed alle risultanze del verbale di accordo 9 luglio 2009;
- che la riduzione, pari al 19,64% è “in ragione di uno sgravio conseguito grazie all’inquadramento previdenziale” presso INPS, ai sensi del punto 12 dell’accordo 9 luglio 2009;
- che l’amministrazione ha ritenuto applicabili le agevolazioni contributive di cui all’art. 8, co. 4, l. n. 223/1991 e 47, co. 5, l. n. 428/1990, “atteso che l’aggiudicataria rientra nell’unica deroga all’applicazione dell’art. 2112”, e cioè quella prevista dal citato art. 47, co. 5, l. n. 428/1990”, e ciò nonostante le conclusioni contrarie cui sembra pervenire (come ammesso dallo stesso Dipartimento) la circolare INPS 24 giugno 2003 n. 109, anche sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Cassazione ivi citata.
Alla luce di quanto ora esposto, occorre osservare che lo sgravio (riconosciuto dall’amministrazione in sede di gara) non costituisce un dato acquisito (non vi è prova che tale sgravio sia stato riconosciuto dall’ente previdenziale), ma solo una “supposizione”, e quindi una spiegazione offerta ex post dal Dipartimento allo sgravio evidenziato dall’aggiudicataria, posto che quest’ultima, nei chiarimenti forniti all’amministrazione e depositati in atti, non si sofferma particolarmente sui fondamenti normativi di detto sgravio (pur da essa indicato nella nota 18 febbraio 2010).
Orbene, il Tribunale rileva che l’art. 12 dell’accordo prevede semplicemente che “tutto il personale verrà previdenzialmente inquadrato presso l’INPS”. A sua volta, l’art. 47, co. 5, l. n. 428/1990, prevede che, qualora “sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l'articolo 2112 del codice civile, salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore”, mentre l’art. 8, comma 4, l. n. 223/1991, contempla ipotesi estranee al presente caso.
Risulta, quindi, confermata la doglianza esposta dalla società ricorrente e riportata al punto g) dell’esposizione in fatto.
Aggiungasi ancora che altri aspetti delle doglianze della ricorrente risultano confermati dalla relazione, come il costo del rinnovo porto d’armi (sub lett. k) dell’esposizione in fatto e punto 6 della relazione), pur giudicato “ininfluente”; ovvero i costi per attrezzature e strutture (sub lett. i) e m) dell’esposizione in fatto e punto 7 relazione), sebbene si affermi che poiché tali oneri ricadono sul datore di lavoro, che è tenuto a farvi fronte con la propria organizzazione, “l’amministrazione ha ritenuto tali elementi . . . coerenti con il fatturato societario”. Il che non risponde alla specifica doglianza avanzata dalla ricorrente e non sorregge l’esclusione di ogni incidenza sul meccanismo di formazione dell’offerta, e quindi della sua anomalia.
Infine, non vi è alcuna considerazione in merito alla omessa incidenza dell’IRAP, evidenziata dalla ricorrente e riportata al punto o) dell’esposizione in fatto.
Quanto sin qui esposto, conferma, anche con riferimento ai chiarimenti forniti dall’aggiudicataria e fatti propri dall’amministrazione, nonché in riferimento alle ulteriori argomentazioni da questa rappresentate nella relazione 12 ottobre 2010, la sussistenza dei lamentati vizi di eccesso di potere.
Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, dunque, accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Considerata la complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da Coopservice, soc. coop. p.a. (n. 5366/2010 r.g.):
a) accoglie il ricorso proposto da Coopservice soc. coop. p.a. e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;
b) rigetta il ricorso incidentale;
c) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Roberto Politi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/11/2010 |