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Consiglio di Stato, Sez. V, 23/11/2010 n. 8147
Sui presupposti che devono sussistere per l'autorizzazione al trasferimento di una sede farmaceutica.

Non sussiste, in capo all'ente locale, il dovere di attivarsi, a seguito di richiesta di trasferimento della sede farmaceutica, mediante adozione di provvedimenti di adeguamento della pianta organica.

Secondo consolidata giurisprudenza, il titolare di una farmacia può scegliere liberamente l'ubicazione del proprio esercizio all'interno dell'area assegnata, tuttavia l'autorità sanitaria può rilasciare la relativa autorizzazione solo nell'ipotesi in cui sussista l'esigenza di assicurare una più efficace e capillare organizzazione del servizio farmaceutico, ovvero può negarla qualora ricorrano circostanze tali da ostacolare l'utilizzo della nuova sede da parte della popolazione di zona, e ciò ai sensi dell'art. 1, c. VII c, della l. n. 475/68, applicabile anche ai successivi trasferimenti. Peraltro, l'art. 1, c. 2, reg. att. emanato con D.P.R. n. 1275/71, il locale indicato per il trasferimento della farmacia deve essere situato ad una distanza dalle altre farmacie non inferiore a 200 metri, in luogo tale da soddisfare le esigenze degli abitanti. L'autorizzazione alla localizzazione di una farmacia nell'ambito della sede non è soggetta solo al vincolo del limite minimo della distanza predetta, ma è legata all'esercizio di un potere discrezionale, per la presenza dell'identica esigenza pubblica che esse norme tendono ad assicurare. L'autorizzazione al trasferimento dell'esercizio di una farmacia in locali ubicati al di fuori dell'ambito territoriale previsto nell'atto istitutivo non consiste, quindi, in una mera presa d'atto della volontà di trasferimento espressa dal titolare della farmacia, con diritto dello stesso ad ottenerlo, ma implica la valutazione in ordine all'esistenza di preminenti ragioni di interesse pubblico relative all'organizzazione territoriale dell'assistenza farmaceutica, tali da giustificare la nuova scelta localizzativa.

Non sussiste il dovere, in capo all'ente locale, di attivarsi a seguito di richiesta di trasferimento della sede farmaceutica, con l'adozione di provvedimenti di adeguamento della pianta organica. La facoltà, concessa al titolare di farmacia, di richiedere siffatto trasferimento, costituisce espressione dei generali diritti di libertà di iniziativa economica e dell'esercizio della professione, ma è tuttavia subordinata all'autorizzazione della competente autorità, che può essere negata per la sussistenza delle ragioni ostative previste dalla legge. E' esente da incostituzionalità la prevista restrizione di detta libertà, anche qualora la stessa comprima la libera iniziativa economica e del lavoro. Posto che la ratio dell'art. 4 della L. n. 475/68 va individuata nella preminenza del pubblico interesse alla presenza ed all'ubicazione del servizio farmaceutico sul territorio, in tal senso si esplica la relativa discrezionalità dell'autorità amministrativa, alla quale è demandato il controllo sulla sussistenza delle condizioni di legge, nei cui confronti il titolare di farmacia è tutelato dai rimedi giurisdizionali offerti nell'ipotesi di un non corretto esercizio del suddetto potere, che non sia conforme alla esigenza di assicurare il servizio in argomento. Il carattere pubblicistico di quest'ultimo legittima, pertanto, le limitazioni contenute nella predetta norma.

Materia: servizio farmaceutico / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5766 del 2003, proposto da:

Filice Eny, Filice Alessandra e Filice Antonio, in qualità di eredi di Lucente Antonia, nonché da Chiappetta Maria Gabriella, nella qualità di direttore responsabile della gestione provvisoria della Farmacia Lucente, rappresentati e difesi dagli avv. Vito Bellini ed Enzo Paolini, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Orazio 3;

 

contro

A.S.L. n. 4 di Cosenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

 

nei confronti di

Comune di Rose, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Anna Fasanella e Angelo Gangi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesca Pulice, in Roma, via Carlo Mirabello n. 7;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sezione I, n. 944 del 2002, di reiezione del ricorso proposto dalla dott. Antonia Lucente contro la deliberazione del Direttore Generale della ASL n. 4 di Cosenza n. 851 dell’8.6.2000, con la quale è stata respinta la domanda di autorizzazione al trasferimento della sede della farmacia di cui era titolare la suddetta all’interno della sede unica del Comune di Rose;

in subordine per la sospensione del giudizio con trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rose;

Vista la memoria prodotta dalle parti appellanti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, nella udienza pubblica del 27.4.2010, il Consigliere Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Faccini e Canonaco, su delega, rispettivamente, degli avv.ti Bellini e Gangi, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato i signori Filice Eny, Filice Alessandra e Filice Antonio, nella qualità di eredi della dott. Antonia Lucente, nonché la sig.ra Chiappetta Maria Gabriella, nella qualità di direttore responsabile della gestione provvisoria della Farmacia Lucente, hanno chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sezione I, n. 944 del 2002, di reiezione del ricorso proposto da Lucente Antonia contro la deliberazione del Direttore Generale della ASL n. 4 di Cosenza n. 851 dell’8.6.2000, con la quale era stata respinta la domanda di autorizzazione al trasferimento della sede della farmacia di cui era titolare la suddetta all’interno della sede unica del Comune di Rose, più precisamente nella Contrada Petraro.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Violazione di legge.

Sarebbe stato violato l’art. 4 della L. n. 475 del 1968, come modificato dall’art. 1 della L. n. 362 del 1971, secondo il quale il trasferimento all’interno della stessa zona può avvenire se il posto sia distante almeno duecento metri da altra farmacia e se è accessibile con gli ordinari mezzi di comunicazione, condizioni nel caso di specie sussistenti.

2.- Travisamento dei fatti.

La A.S.L. n. 4 di Cosenza ed il Comune di Rose non avrebbero tenuto conto della circostanza che, al momento della richiesta di trasferimento, i locali di Via Italia, in cui era situata la farmacia in questione, erano inidonei e non utilizzabili per la somministrazione dei medicinali.

3.- Sviamento di potere.

L’Amministrazione avrebbe in realtà perseguito il fine sviato, coincidente con l’interesse di farmacisti concorrenti.

4.- Ingiustizia manifesta.

Sussisterebbe l’epigrafato vizio perché le norme che consentono il trasferimento permettono di adottare accorgimenti atti a salvaguardare le esigenze degli abitanti che si ritengono pregiudicati. Se si potesse convenire con il provvedimento impugnato il diritto al trasferimento sarebbe sottoposto sine die alla discrezionalità della P.A., in maniera tale da essere sostanzialmente annullato, con contrasto dell’art. 4 della L. n. 475 del 1968, come modificato dall’art. 1 della L. n. 362 del 1971, con gli artt. 3, 35 e 41 della Costituzione.

Con atto depositato il 16.9.2003 si è costituito in giudizio il Comune di Rose, intervenuto in primo grado, che ha contestato la fondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 9.4.2010 le parti ricorrenti hanno ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 27.4.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

 

DIRITTO

1.- Con il ricorso in appello in esame le parti in epigrafe indicate hanno chiesto la riforma della sentenza del T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sezione I, n. 944 del 2002, di reiezione del ricorso proposto da Lucente Antonia contro la deliberazione del Direttore Generale della ASL n. 4 di Cosenza n. 851 dell’8.6.2000 (con la quale era stata respinta la domanda di autorizzazione al trasferimento della sede della farmacia (di cui era titolare la suddetta all’interno della sede unica del Comune di Rose, più precisamente nella Contrada Petraro) nell’assunto che dal provvedimento impugnato si desumeva che il diniego era dovuto alla circostanza che il trasferimento avrebbe reso disagevole per la maggioranza dei cittadini raggiungere il presidio (atteso che nella località Petraro di nuova ubicazione risiedeva una minoranza dei residenti nel Comune) ed il trasferimento della farmacia sarebbe quindi risultato di ostacolo alla fruizione del servizio per la maggioranza della popolazione, potendo comunque farsi fronte alle esigenze evidenziate dalla ricorrente in sede di pianificazione in materia di assistenza farmaceutica.

2.- Innanzi tutto la Sezione rileva che non comporta sopravvenienza di carenza di interesse al ricorso la circostanza, dedotta dalle parti appellanti con memoria depositata il 9.4.2010, che la farmacia de qua è stata venduta, atteso che permane interesse alla declaratoria di illegittimità del provvedimento impugnato quanto meno ai fini dell’eventuale richiesta di risarcimento del danno.

Può infatti ancora sorreggere l'impugnativa l'interesse residuale finalizzato al risarcimento del danno, sia con riferimento agli effetti negativi del provvedimento, diretti o conseguenti a violazione delle regole del giusto procedimento, sia non essendo estranea alla problematica in questione, anche la cosiddetta "pregiudiziale amministrativa (Consiglio Stato, sez. VI, 27 ottobre 2009, n. 6577.

3.- Con il primo motivo di appello è stato prospettato il vizio di violazione dell’art. 4 della L. n. 475 del 1968, come modificato dall’art. 1 della L. n. 362 del 1971, secondo il quale il trasferimento della farmacia nell’ambito della stessa zona farmaceutica assegnata può avvenire a condizione che sussista una distanza di almeno duecento metri da altra farmacia e che la nuova ubicazione sia accessibile con gli ordinari mezzi di comunicazione.

Entrambe dette condizioni nel caso di specie sarebbero state rispettate perché il luogo ove la dante causa degli appellanti intendeva trasferirsi era all’interno della zona farmaceutica ad essa assegnata (l’intero territorio del Comune di Rose), non vi erano altre farmacie entro duecento metri e era posto in ambito altamente urbanizzato, oltre che costituente snodo di strade di collegamento con altre contrade e Comuni.

Inoltre il T.A.R. non avrebbe tratto le dovute conseguenze dalla circostanza che il Comune di Rose non aveva avanzato alcuna richiesta di revisione della pianta organica in ossequio alla ratio di detto art. 4 della L. n. 475 del 1968, che affida la tutela delle esigenze degli abitanti della zona “spogliata” agli Enti preposti (che sono tenuti a chiedere detta revisione al fine di ottenere la istituzione di una nuova farmacia nella zona “spogliata”).

3.1.- Osserva il Collegio innanzi tutto che, sulla base di consolidata giurisprudenza, il titolare di farmacia può di norma scegliere liberamente l'ubicazione del proprio esercizio all'interno dell'area assegnata, ma l'Autorità sanitaria può rilasciare la relativa autorizzazione se sussista l'esigenza di assicurare una più efficace e capillare organizzazione del servizio farmaceutico (Consiglio Stato, sez. IV, 27 febbraio 1996 n. 201) o può negarla se ricorrano particolari circostanze di fatto atte ad ostacolare l'utilizzazione dell'esercizio nella nuova sede da parte della popolazione della zona (Consiglio Stato, sez. V, 13 novembre 2009, n. 7097).

Tale ultima condizione si desume innanzi tutto dal dettato dell'art. 1, VII c., della legge n. 475 del 1968 (secondo il quale ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona), che è applicabile non solo all'atto della prima ubicazione della farmacia ma anche a successivi trasferimenti. In secondo luogo si desume dall'art. 1 del regolamento di attuazione emanato con D.P.R. 21 agosto 1971, n. 1275, che stabilisce, al secondo comma, che il locale indicato per il trasferimento della farmacia deve essere situato ad una distanza dalle altre farmacie non inferiore a 200 metri e comunque in luogo tale da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona.

La giurisprudenza ha evinto da dette norme il principio secondo cui la autorizzazione alla localizzazione di una farmacia nell'ambito della sede non è soggetta solo al vincolo del limite minimo della distanza sopra indicato, ma è legata all'esercizio di un potere discrezionale, che va adeguatamente motivato anche nell'ipotesi di trasferimento di sede, per la presenza dell'identica esigenza pubblica che esse norme tendono ad assicurare (Consiglio Stato, sez. IV, 6 aprile 2004 n. 1848).

L'autorizzazione al trasferimento dell'esercizio di una farmacia in locali ubicati al di fuori dell'ambito territoriale previsto nell'atto istitutivo non consiste quindi in una mera presa d’atto della volontà di trasferimento espressa dal titolare della farmacia, con diritto dello stesso ad ottenerlo e dovere dell’Amministrazione di adeguarsi, ma implica la valutazione in ordine all'esistenza di preminenti ragioni di interesse pubblico attinenti all'organizzazione territoriale dell'assistenza farmaceutica complessivamente considerata, tali da giustificare la nuova scelta localizzativa, alla luce dell'esigenza di assicurare una più efficace e capillare organizzazione del servizio farmaceutico (Consiglio Stato, sez. IV, 27 febbraio 1996 n. 201 e 8 ottobre 1987 n. 597) e trova il proprio limite nelle scelte già compiute in sede di redazione della pianta organica.

Nel caso di specie, l'impugnato provvedimento di diniego appare assistito proprio da ragioni concernenti la corretta erogazione del servizio ai cittadini, laddove evidenzia che le esigenze farmaceutiche della popolazione insediata nel bacino d'utenza non avrebbero potuto trovare corretta soddisfazione perché il trasferimento della farmacia avrebbe reso disagevole per la maggioranza degli abitanti l’accesso al presidio, stante il fatto che nella località Petraro, quella di nuova ubicazione, risiedeva una minoranza dei residenti del Comune.

Ha al riguardo puntualmente osservato il Tribunale che tale argomentazione trovava pieno riscontro nei dati desumibili dalla documentazione in atti, da cui si desumeva che poco meno di tre quarti della popolazione risiedeva in località diverse da quella che avrebbe dovuto essere la nuova ubicazione valliva della farmacia e che sussistevano difficoltà di spostamento della maggior parte dei cittadini per raggiungere il presidio, atteso che alcune contrade poste a monte del centro abitato distano circa venti chilometri dallo stesso, sicché il trasferimento richiesto sarebbe effettivamente risultato di ostacolo alla fruizione del servizio per la maggioranza degli abitanti del Comune.

Pertanto può concludersi che nel caso che occupa, contrariamente a quanto sostenuto nel motivo in esame, erano insussistenti entrambe le condizioni previste dall’art. 4 della L. n. 475 del 1968 per ottenere l’autorizzazione al trasferimento (il diritto al quale non sorgeva automaticamente in capo al richiedente a seguito della relativa richiesta), perché non solo erano inesistenti le finalità di pubblico interesse (maggiore efficienza del servizio in funzione delle esigenze degli abitanti della zona) che consigliassero il richiesto spostamento, ma, al contrario, sussistevano le inverse esigenze, cui si è fatto cenno, che lo sconsigliavano.

Le considerazioni in precedenza svolte circa la ratio delle disposizioni prima indicate esclude che essa sia individuabile nel mero dovere di tutela delle esigenze degli abitanti della zona “spogliata”, che, secondo gli appellanti, incombeva sugli Enti preposti (con obbligo di chiedere la citata revisione al fine di ottenere la istituzione di una nuova farmacia nella zona “spogliata”), atteso che tale tesi presuppone una mera facoltà di presa d’atto dell’Ente locale della volontà di spostamento della farmacia manifestata dal titolare, invece inesistente, sicché essa revisione può essere chiesta solo in base a discrezionale valutazione dell’Amministrazione circa la sussistenza di esigenze di aumento della offerta di servizi farmaceutici alla popolazione di una determinata località.

4.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto travisamento dei fatti perché, al momento della richiesta di trasferimento, i locali di Via Italia, in cui la farmacia de qua era situata, erano inidonei e non utilizzabili per la somministrazione dei medicinali, come da attestato del 5.5.2000, ma sia la A.S.L. n. 4 che il Comune di Rose non avrebbero tenuto nel debito conto della circostanza, sostenendo che invece i locali dovevano essere ritenuti idonei perché la pratica di condono era in itinere.

4.1.- La Sezione rileva la ultroneità del motivo, atteso che l’accoglimento della istanza di trasferimento era, qualunque ne fosse la causa, subordinata alla insussistenza di particolari circostanze di fatto atte ad ostacolare l'utilizzazione dell'esercizio nella nuova sede da parte della popolazione della zona, nel caso di specie, invece presenti.

5.- Con il terzo motivo di appello è stato prospettato il vizio di sviamento di potere, basato sulla affermazione che l’Amministrazione non avrebbe in realtà perseguito il pubblico interesse (da tutelare con una revisione della pianta organica e la istituzione di una farmacia delimitata al centro storico), ma il fine sviato coincidente con l’interesse di farmacisti concorrenti “disturbati dal trasferimento”.

5.1.- Il Collegio valuta la censura inammissibile sia perché è stata proposta per la prima volta in appello (Consiglio Stato, sez. VI, 26 gennaio 2007, n. 289) e sia poiché è basata su una apodittica, generica e non adeguatamente dimostrata affermazione, inidonea a sorreggerla.

Nel giudizio amministrativo non basta, infatti, dedurre genericamente un vizio, ma bisogna precisare il profilo sotto il quale il vizio viene dedotto e, ancora, indicare tutte quelle circostanze dalle quali possa desumersi che il vizio denunciato effettivamente sussiste ed offrire una sufficiente rappresentazione del contesto fattuale su cui il vizio si appunta, pena l'inammissibilità, per genericità, della censura proposta.

6.- Con il quarto motivo di gravame è stata dedotta la sussistenza del vizio di ingiustizia manifesta perché la A.S.L. di cui trattasi non aveva invitato il Comune ad applicare le norme che consentivano il trasferimento e permettevano di adottare accorgimenti atti a salvaguardare le esigenze degli abitanti che si ritenessero pregiudicati. Secondo gli appellanti, se si potesse convenire con il principio, recepito con l’adozione del provvedimento impugnato, che l’Ente locale raggiunto da una domanda di trasferimento può non dar corso alle adeguate valutazioni, come la revisione della pianta organica con istituzione di una altra zona farmaceutica, ed impedire il trasferimento della farmacia, il diritto al trasferimento (pur essendo incomprimibile) sarebbe sottoposto sine die alla discrezionalità della P.A., in maniera tale da essere sostanzialmente annullato, pur essendo la necessità di tutela delle esigenze degli abitanti della zona prevista solo come condizione per la ubicazione di una farmacia di nuova istituzione e non nel caso di trasferimento.

Diversamente opinando sussisterebbe contrasto dell’art. 4 della L. n. 475 del 1968, come modificato dall’art. 1 della L. n. 362 del 1971, nella parte in cui non prevede che la richiesta di trasferimento della farmacia all’interno della zona farmaceutica non possa essere impedita dalla mancata revisione della pianta organica, con gli artt. 3, 35 e 41 della Costituzione.

6.1.- Ribadisce al riguardo la Sezione che, ferma restando la facoltà del titolare di farmacia di scegliere liberamente l'ubicazione del proprio esercizio all'interno dell'area assegnata, l'Autorità sanitaria può autorizzare la relativa autorizzazione se sussista l'esigenza di assicurare una più efficace e capillare organizzazione del servizio farmaceutico e può negarla se ricorrano particolari circostanze di fatto atte ad ostacolare l'utilizzazione dell'esercizio nella nuova sede da parte della popolazione della zona.

Non sussiste quindi il dovere dell’Ente locale di attivarsi a seguito di richiesta di trasferimento per favorire detta libera scelta con l’adozione di provvedimenti di adeguamento della pianta organica, considerato anche che il procedimento di revisione della pianta organica delle farmacie e quello di trasferimento della propria sede farmaceutica si fondano su presupposti del tutto diversi che non interferiscono sulle rispettive conclusioni.

Detta facoltà del titolare di farmacia costituisce sì espressione dei generali diritti di libertà di iniziativa economica e dell'esercizio della professione, ma è tuttavia subordinata all'autorizzazione della competente Autorità, che può essere negata per la sussistenza delle ragioni ostative previste dalla legge (Consiglio Stato, Sez. IV, 7 marzo 1994 n. 217).

Se le restrizioni alla libertà di stabilimento previste nella normativa sono idonee al soddisfacimento di ragioni di interesse generale non può che ritenersi esente da manifesti elementi di incostituzionalità la prevista restrizione di detta libertà, anche se comportante una restrizione della libera iniziativa economica e del lavoro .

Posto che la ratio dell’art. 4 della L. n. 475 del 1968 va individuata nella preminenza del pubblico interesse alla presenza ed all'ubicazione del servizio farmaceutico sul territorio, in tal senso si esplica la relativa discrezionalità dell'Autorità amministrativa, alla quale è demandato il controllo della sussistenza delle condizioni di legge, nei cui confronti il titolare di farmacia è tutelato dai rimedi giurisdizionali offerti nell'ipotesi di un non corretto esercizio del suddetto potere, che non sia cioè conforme alla esigenza di assicurare il servizio in argomento.

Il carattere pubblicistico di quest'ultimo giustifica quindi la specialità della disciplina, legittimando le limitazioni contenute nella norma in questione.

A tanto consegue la impossibilità di positiva valutazione del motivo in esame e la manifesta infondatezza della prospettata questione di costituzionalità.

7.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

8.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in esame.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2010 con l'intervento dei Signori:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Marco Lipari, Consigliere

Aniello Cerreto, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/11/2010

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