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TAR Lazio, sez. II, 2/12/2010 n. 35031
Sull'omissione dell'adempimento prescritto dall'art. 79, d.lgs. n. 163/2006, che obbliga di comunicare l'avvenuta aggiudicazione definitiva al secondo classificato prima di stipulare il contratto.

Sulle false dichiarazioni rese in fase di gara e sul giudizio di congruità dell'offerta.

L'omissione dell'adempimento prescritto dall'art. 79, d.lgs. n. 163/2006, che impone di comunicare l'avvenuta aggiudicazione definitiva al secondo classificato prima di stipulare il contratto, non incide sulla legittimità dell'aggiudicazione ma semplicemente sulla decorrenza del termine per l'impugnazione anche in ragione della natura ordinatoria del termine previsto dal citato art. 79 ult. comma.

Le false dichiarazioni rese in fase di gara e rilevanti ai fini dell'adozione delle misure sanzionatorie di cui all'art. 75 dpr 554/99, recepito nell'attuale art. 38 del d.lgs. n. 163/06, sono solo quelle relative al possesso dei requisiti di partecipazione, sia di carattere speciale che di carattere generale; mentre, nel caso di specie, la presunta falsa dichiarazione riguarda soltanto, relativamente all'offerta tecnica, l'impiego di personale rilevante ai fini dell'attribuzione di un maggior punteggio. Peraltro, l'eventuale mancata indicazione, in sede di giustificativi, dei costi relativi ad alcune voci dell'offerta, non costituisce elemento da cui potere dedurre la falsità della dichiarazione contenuta nell'offerta tecnica, potendo piuttosto assumere rilevanza soltanto in seno alla procedura di verifica della congruità complessiva dell'offerta.

Ai sensi dell'art. 86 del d.lgs. n. 163/06, nelle gare indette per l'aggiudicazione di appalti con la P.A., le offerte debbono essere corredate, sin dalla presentazione, delle giustificazioni di cui al successivo art. 87, c. 2, relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l'importo complessivo, e se queste non sono ritenute sufficienti ad escludere l'incongruità dell'offerta, la stazione appaltante provvede a richiedere l'integrazione dei documenti giustificativi, procedendo all'esclusione solo all'esito dell'ulteriore verifica, da svolgersi in contraddittorio con l'impresa interessata; nella valutazione dei giustificativi, l'amministrazione è tenuta a considerare l'affidabilità complessiva dell'offerta, e non già a limitarsi ad aspetti risultanti da singole voci che, in ipotesi, si discostino dai valori medi di mercato. La verifica di congruità dell'offerta, quindi, è espressione di un potere discrezionale del committente, sindacabile entro limiti segnati dalla manifesta illogicità, erroneità o travisamento dei fatti, e si sostanzia in un giudizio globale e sintetico sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme. La sua motivazione, pertanto, non deve essere puntuale ed analitica nel caso di offerta ritenuta congrua, essendo sufficiente che la stessa sia sintetica ed espressa "per relationem" alle giustificazioni rese dall'impresa interessata. Quindi, qualora l'Amministrazione ritenga convincenti le giustificazioni fornite, incombe, sul concorrente che contesta l'aggiudicazione, l'onere di individuare specifici elementi da cui il G.A. possa evincere che la valutazione effettuata dalla P.A. sia manifestamente irragionevole.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5505 del 2010, proposto da:

Soc Archires Srl , in proprio e quale mandataria della costituenda associazione temporanea di imprese con l’impresa Ettore Palmucci, e Impresa Ettore Palmucci, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Fabrizio Cacace, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, v.le G. Mazzini, 25;

 

contro

Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi D'Ottavi, domiciliato presso l’Avvocatura dell’Ente in Roma, via Tempio di Giove, 21;

 

nei confronti di

Soc Impresa Costruzioni Ing. Enrico Pasqualucci Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Salvatore Napolitano e Michele De Cilla, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Zara, 16;

 

per l'annullamento

- della determinazione dirigenziale della Sovrintendenza Comunale - Direzione Gestione Risorse Umane e Infrastrutture n. 314 del 18.03.2010 del Comune Di Roma;

- del contratto di appalto rep. n. 11876 del 20.05.2010 del Comune di Roma;

- dei provvedimenti relativi alla valutazione delle offerte presentate dai concorrenti;

- del verbale di apertura delle offerte economiche e formulazione della graduatoria;

- dei provvedimenti di verifica della congruità dell’offerta presentata dall’aggiudicataria;

-del bando di gara nella parte in cui veniva prevista la mera pubblicazione sull’albo pretorio dell’aggiudicazione;

di ogni altro atto presupposto, antecedente, consequenziale o comunque connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Roma e di Soc Impresa Costruzioni Ing. Enrico Pasqualucci Srl;

Visto il ricorso incidentale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2010 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I ricorrenti hanno impugnato l’aggiudicazione, alla società impresa Costruzioni Ing. Enrico Pasqualucci s.r.l. , della procedura aperta per l’affidamento dei lavori di “Restauro e consolidamento del Grande Emiciclo ai Mercati di Traiano” in Roma, unitamente agli altri atti del procedimento meglio indicati in epigrafe, assumendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

-) violazione dell’art. 79 del codice dei contratti, per non essere stata l’aggiudicazione definitiva comunicata direttamente ai ricorrenti ma soltanto pubblicata sull’albo pretorio;

-) violazione dell’art. 38 del codice dei contratti, per avere l’aggiudicataria falsamente indicato, nell’offerta, l’utilizzazione di un responsabile dei restauri, di due restauratori e di due operai specializzati in restauri, non contenendo i giustificativi l’indicazione delle corrispondenti voci di costo;

-) violazione dell’art. 83 del codice dei contratti, considerato che l’offerta dell’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa perché carente della validazione prescritta relativamente alle pregresse esperienze lavorative in interventi similari ai fini dell’attribuzione del punteggio relativo alla “maggiore esperienza operativa”;

-) violazione dell’art. 86 del codice dei contratti, per non avere la stazione appaltante effettuato una corretta verifica della congruità dell’offerta ;

-) violazione dell’art. 11 del codice dei contratti nella parte in cui non sarebbe stato rispettato il termine minimo previsto tra l’adozione del provvedimento di aggiudicazione e la successiva stipulazione del contratto.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Roma e la società contro interessata ed hanno eccepito, in via preliminare, la tardività dell’impugnazione rispetto alla data di pubblicazione dell’aggiudicazione all’albo pretorio; nel merito hanno rilevato puntualmente l’infondatezza di tutte le censure proposte col ricorso principale.

Con ricorso incidentale, poi, la società contro interessata ha contestato la legittimità dell’ammissione alla gara dei ricorrenti sotto diversi profili; in particolare, è stato rilevato che la polizza fideiussoria presentata da questi sarebbe priva dell’autentica notarile della firma del garante e che non sarebbero state presentate le prescritte validazioni delle pregresse esperienze lavorative del responsabile dei restauri e del capocantiere.

Con ordinanza n. 3235 del 14 luglio 2010 il Tribunale ha respinto la domanda di tutela cautelare.

Alla pubblica udienza del giorno 24 novembre 2010 la causa è stata rimessa in decisione.

 

DIRITTO

Il Collegio ritiene di dovere procedere prioritariamente all’esame delle censure introdotte con il ricorso principale rispetto a quelle introdotte con il ricorso incidentale.

Sebbene, infatti, in via generale, la questione dell'ordine di priorità fra impugnazione principale ed impugnazione incidentale dovrebbe essere risolta alla luce dell'art. 276, comma 2, c.p.c., da ritenersi applicabile anche al processo amministrativo, articolo che impone l'esame prioritario del ricorso incidentale ad efficacia c.d. paralizzante, in quanto volto a negare, ove accolto, la sussistenza delle condizioni dell'azione concernenti la legittimazione ad agire o l'interesse ad agire del ricorrente principale ( cfr. per esempio T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 07 aprile 2009 , n. 3227), è prevalso nella giurisprudenza amministrativa più recente il convincimento che nel processo amministrativo ragioni di economia di giudizio consentono in via generale al giudice di esaminare il ricorso principale con priorità rispetto al ricorso incidentale, secondo il criterio indicato dalla decisione del Cons. Stato, Ad. Plen., 10 novembre 2008, n. 11 (cfr. ad esempio T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 13 aprile 2010 , n. 239).

L’eventuale reiezione del ricorso principale rende infatti improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso incidentale, stante il rapporto di accessorietà del secondo rispetto al primo, cosicchè preliminare appare necessariamente la delibazione del primo, ai fini dell’accertamento della persistenza dell’interesse al ricorso incidentale.

Ciò premesso, il Collegio ritiene, in via preliminare, infondata l’eccezione di tardività del ricorso principale, rispetto alla data della sua pubblicazione, considerato che la mera pubblicazione dell’aggiudicazione sull’albo pretorio, nel sistema previsto dall’art. 79 del codice dei contratti, come modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 53/2010, non può essere ritenuta idonea a determinare la decorrenza del termine di impugnazione in caso di mancata comunicazione dell’aggiudicazione definitiva a tutti gli interessati secondo la prescrizione della citata disposizione normativa.

La tesi è conforme all’orientamento espresso sul punto, di recente, dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, sentenza n. 4483 del 12 luglio 2010) secondo la quale la comunicazione di cui all’art. 79 comma 5 citato costituisce condizione imprescindibile perché il concorrente consegua la piena conoscenza di un elemento essenziale del provvedimento lesivo, e cioè l’identità del soggetto aggiudicatario, cosicchè il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione di una gara da parte di chi ad essa ha partecipato decorre non già dalla pubblicazione della delibera di aggiudicazione definitiva all’albo pretorio, bensì dalla data di piena conoscenza della delibera stessa conseguibile soltanto a mezzo della richiamata comunicazione; mentre la mera pubblicazione della delibera all’albo pretorio costituisce forma di conoscenza legale soltanto per chi, non avendo partecipato alla procedura selettiva, non è direttamente contemplato nell’atto in questione e non è, quindi, destinatario della comunicazione prevista dall’art. 79 comma 5 del codice dei contratti.

In tal senso anche la sentenza del Consiglio Stato , sez. VI, 11 novembre 2008 , n. 5624, secondo la quale, considerato che l'art. 79, comma 5, del codice dei contratti pubblici, approvato con d.lg. n. 163 del 2006, pone a carico della stazione appaltante l'obbligo di comunicare tempestivamente l'aggiudicazione, e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, all'aggiudicatario, al concorrente che segue in graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un'offerta ammessa alla gara, nonché a coloro la cui offerta sia stata esclusa, se hanno proposto impugnazione, ed essendo quindi puntualmente disciplinata la fase di comunicazione dell'atto di aggiudicazione, la legale conoscenza dello stesso non può ricondursi a forme diverse di partecipazione dell'esito del concorso (nella specie l'asserita pubblicazione all'albo).

Superata la questione preliminare relativa alla ricevibilità del ricorso principale, il Collegio viene quindi alla delibazione di tutte le censure introdotte con detto ricorso e ne ravvisa l’infondatezza alla luce delle considerazioni che seguono.

Con il primo motivo di ricorso, si lamenta l’illegittimità degli atti impugnati come conseguenza della mancata comunicazione agli interessati dell’aggiudicazione definitiva, secondo quanto prescritto dall’art. 79 comma 5 del codice dei contratti.

La lagnanza è destituita di ogni fondamento.

Come ripetutamente osservato sul punto dalla giurisprudenza, infatti, l'omissione dell'adempimento prescritto dall'art. 79, d. lg. n. 163 del 2006, che impone di comunicare l'avvenuta aggiudicazione definitiva al secondo classificato prima di stipulare il contratto, non incide sulla legittimità dell'aggiudicazione ma semplicemente sulla decorrenza del termine per l'impugnazione (cfr. di recente T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 19 aprile 2010 , n. 539) anche in ragione della natura ordinatoria del termine previsto dall'art. 79 ult. comma ( cfr. in termini conformi anche T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 18 dicembre 2008 , n. 1761; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 02 aprile 2008 , n. 1800; T.A.R. Valle d'Aosta Aosta, sez. I, 15 febbraio 2008 , n. 14).

Infondato è anche il secondo motivo di censura con il quale i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006 per avere la soc. Pasqualucci dichiarato, con la propria offerta, l’intenzione di utilizzare personale specializzato senza però indicare , nelle giustificazioni allegate all’offerta, i costi relativi a detto personale. La relativa dichiarazione quindi, a dire dei ricorrenti, sarebbe da ritenere falsa, in quanto la mancata indicazione dei costi relativi comproverebbe la diversa volontà dell’aggiudicataria di non utilizzare realmente le figura professionali indicate.

Ricorrerebbe dunque una delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del codice dei contratti , per le ipotesi in cui i concorrenti abbiano reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alla gara stessa, considerato che secondo la giurisprudenza, ai fini dell’applicazione della fattispecie sanzionatoria prevista dal vecchio art. 75 dpr n. 554/1999 (oggi art. 38 citato) rilevano anche ipotesi di false dichiarazioni diverse da quelle riscontrate in esito al procedimento di cui all’art. 10 comma 1 bis della legge n. 109/94 (oggi art. 48 del codice).

L’assunto non può convincere.

In primo luogo perché le false dichiarazioni rese in fase di gara ed eventualmente rilevanti ai fini dell’adozione delle misure sanzionatorie di cui all’art. 75 dpr 554/1999 (recepito nell’art. 38 del codice dei contratti) sono solo quelle relative al possesso di requisiti di partecipazione, sia di carattere speciale che di carattere generale; mentre nella specie la presunta falsa dichiarazione riguarderebbe soltanto, in seno all’offerta tecnica, l’impiego di personale rilevante ai fini dell’attribuzione di un maggior punteggio.

In secondo luogo perché l’eventuale mancata indicazione, in sede di giustificativi, dei costi relativi ad alcune voci dell’offerta non costituisce in alcun modo elemento da cui potere indurre, per ciò stesso, la falsità della dichiarazione contenuta dell’offerta tecnica , potendo piuttosto detto elemento assumere rilevanza soltanto in seno alla procedura di verifica della congruità complessiva dell’offerta. Né sarebbe stata ipotizzabile l'esclusione automatica in base alla ritenuta incompletezza e non esaustività di documenti giustificativi preventivi, atteso che la funzione di questi è solo quella di far avere alla stazione appaltante una prima indicazione relativamente alla congruità del prezzo offerto.

Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti assumono poi che l’impresa Pasqualucci avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara secondo quanto previsto dal punto 7.5 del disciplinare di gara il quale prescriveva, a pena di esclusione, la produzione di determinati elaborati e documenti relativi agli elementi di cui si compone l’offerta tecnica; in particolare il punto 7.5.2 prescriveva la maggiore esperienza operativa del personale impiegato in cantiere, sia tecnico che operativo, stabilendo che l’esperienza dovesse essere “adeguatamente documentata con curricula nonché validata da soggetti idonei e qualificati che ne attestino le pregresse esperienze in interventi similari” e prevedendo poi l’articolazione del punteggio da attribuire per la voce in parola.

Secondo l’assunto dei ricorrenti, in applicazione della citata disposizione del disciplinare, l’impresa Pasqualucci avrebbe dovuto essere esclusa non avendo presentato, per nessuna delle figure impiegate, la prescritta validazione delle pregresse esperienze lavorative.

In proposito osserva il Collegio che la formulazione della disposizione richiamata, del disciplinare di gara, presenta margini di ambiguità così da non integrare i caratteri di specificità e tassatività che devono caratterizzare le prescrizioni di bando che introducano cause di esclusione ulteriori e diverse rispetto a quelle di legge.

Ad una lettura ispirata sia al dato letterale che a canoni di razionalità e logicità, infatti, pare al Collegio che la prescrizione, fissata a pena di esclusione, riguardasse l’utilizzo di personale dotato di pregressa esperienza lavorativa in settori similari, piuttosto che la presentazione della documentazione idonea a comprovare la pregressa esperienza del personale impiegato, prescritta solo al fine dell’attribuzione del punteggio migliorativo.

A fronte delle rilevata incertezza interpretativa, dunque, giammai la stazione appaltante avrebbe potuto sic et simpliciter disporre l’esclusione di concorrenti per la mancata o incompleta presentazione della richiamata documentazione, dovendo piuttosto esercitare i poteri di richiesta di integrazione e chiarimenti che non determinano alcuna violazione del principio della "par condicio" dei concorrenti nella sua effettiva e reale portata sostanziale, dal momento che operano in relazione a situazioni di mera e non imputabile irregolarità a carattere puramente formale, connesse all’imprecisa formulazione della lex specialis.

Nella specie, peraltro, la stazione appaltante non ha ritenuto necessario procedere ad integrazione, considerato che le figura professionali di cui al citato punto 7.5.2 del disciplinare, impiegate dall’impresa Pasqualucci, erano tutte ricoperte da dipendenti interni alla stessa impresa, con conseguente impossibilità di richiedere a terzi la validazione del loro pregresso operato; mentre il ruolo di responsabile dei restauri era ricoperto da soggetto che aveva già svolto la propria attività professionale presso la stessa stazione appaltante, la quale era quindi in possesso della relativa certificazione.

Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti rilevano che, in violazione dell’art. 86 del codice dei contratti, la stazione appaltante non avrebbe proceduto ad effettuare una puntuale verifica della congruità dell’offerta dell’aggiudicataria, sospetta di anomalia, mancando qualsiasi atto che attesti l’espletamento di detta verifica in contraddittorio con l’interessato; e ciò a fronte di giustificativi evidentemente incompleti, come già rilevato con riferimento all’utilizzo del personale specializzato, del quale non viene dato conto in alcun modo.

La censura deve essere disattesa.

Sostanzialmente i ricorrenti pretendono di desumere dalla sinteticità delle attestazioni del responsabile del procedimento in ordine al procedimento di verifica della congruità dell’offerta dell’impresa Pasqualucci, di cui alla nota in data 15 marzo 2010, addirittura il mancato espletamento della verifica; nel merito si limitano invece a contestare la congruità dell’offerta soltanto in ragione della mancata allegazione di giustificativi in ordine ai costi relativi all’utilizzo del personale specializzato di cui sopra.

Ciò detto, osserva il Collegio che l’assunto di parte ricorrente appare apodittico e basato su mere deduzioni ipotetiche.

L'art. 86, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 prevede che nelle gare indette per l'aggiudicazione di appalti con la Pubblica Amministrazione le offerte devono essere corredate, sin dalla presentazione, delle giustificazioni di cui al successivo art. 87 comma 2, relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l'importo complessivo, e se queste non sono ritenute sufficienti ad escludere l'incongruità dell'offerta la stazione appaltante provvede a chiedere di integrare i documenti giustificativi, procedendo all'esclusione solo all'esito dell'ulteriore verifica, da svolgersi in contraddittorio con l'impresa interessata; nella valutazione dei giustificativi, poi, l'amministrazione è tenuta a considerare l'affidabilità complessiva dell'offerta e non limitarsi ad aspetti risultanti da singole voci che, in ipotesi, si discostino dai valori medi di mercato. La verifica di congruità dell'offerta, quindi, è espressione di un potere tecnico discrezionale del committente sindacabile entro limiti prevalentemente segnati dalla manifesta illogicità, erroneità o del travisamento dei fatti, e si sostanzia in un giudizio globale e sintetico sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme.

Proprio in considerazione della descritta natura di detto giudizio, la sua motivazione, mentre deve essere rigorosa ed analitica nel caso di ritenuta anomalia dell’offerta, che ne implichi la esclusione dalla gara, non deve essere altrettanto puntuale ed analitica nel caso di offerta ritenuta congrua, essendo sufficiente in tal caso anche una motivazione sintetica ed espressa “per relationem” alle giustificazioni rese dall’impresa interessata (cfr., in senso conforme, di recente, Consiglio Stato , sez. V, 01 ottobre 2010 , n. 7266).

In quest'ultimo caso quindi, quando l'Amministrazione ritenga convincenti le giustificazioni fornite, non occorre che la determinazione si basi su un'articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni, ma incombe su chi contesta l'aggiudicazione l'onere di individuare specifici elementi da cui il giudice amministrativo possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell'Amministrazione era manifestamente irragionevole.

Non è possibile dunque, come invece fa parte ricorrente, invocare la sinteticità della motivazione del giudizio di congruità dell’offerta per arrivare a desumere il mancato espletamento del procedimento di verifica; né è possibile assumerne la manifesta irragionevolezza limitandosi a dedurre la mancata considerazione di singole voci di costo, considerato il carattere complessivo e globale della valutazione cui la stazione appaltante è chiamata in sede di procedimento di verifica della congruità dell’offerta.

Con l’ultimo motivo di ricorso viene infine richiesta la dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato, sia in considerazione dei ritenuti vizi di legittimità dell’aggiudicazione, sia in ragione della mancata osservanza del termine minimo previsto dall’art. 11 comma 10 del d. lgs. n. 163/2006, per il quale il contratto non può essere stipulato prima di trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Anche detto motivo di censura va disatteso, premesso tutto quanto fin qui esposto in ordine all’infondatezza di tutte le censure spiegate avverso il provvedimento di aggiudicazione.

In proposito si deve ritenere che la violazione della clausola (e del principio) di "stand still", in sé considerata, e cioè senza che concorrano vizi propri dell'aggiudicazione, non comporta l'annullamento dell'aggiudicazione o l'inefficacia del contratto: nel sistema normativo oggi in vigore, a tale conclusione conduce necessariamente l'esegesi dell'art. 121, lett. "c" del c.p.a., a norma del quale "il giudice che annulla l'aggiudicazione", dichiara obbligatoriamente l'inefficacia del contratto, laddove (e dunque solamente se) la violazione dell'art. 11 comma 10 cit. "abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto" e sempre che tale violazione si aggiunga ai vizi propri dell'aggiudicazione, diminuendo le possibilità del ricorrente di ottenere il bene della vita. Coerente con tale ermeneutica è pure l'art. 122 del c.p.a. che disciplina l'inefficacia del contratto nei casi diversi da quelli contemplati dall'art. 121, ma sempre ricollegandola all'annullamento dell'aggiudicazione definitiva.

L'esegesi delle norme nel senso anzindicato è peraltro coerente con l'esigenza di tutela che si pone la direttiva comunitaria di riferimento (direttiva CE 66/2007) e che è stata recepita dal legislatore nazionale: il termine dilatorio è servente alla tutela giudiziale ed all'effettività della pronuncia che accoglie il ricorso per vizi nell'aggiudicazione e dunque, al di fuori di queste ipotesi di tutela, la sua violazione non giustifica l'annullamento dell'aggiudicazione medesima o, tantomeno, la dichiarazione di inefficacia del contratto.

D’altra parte il Consiglio di Stato, sul punto, ha di recente avuto modo di ritenere che l’art. 11, comma 10, del citato D.Lgs. n. 163/2006 è norma di natura sostanziale ed è indirizzato alle stazioni appaltanti (e non già al giudice), non potendo quindi rimandare ad un intervento giudiziale sul contratto per l’ipotesi di sua violazione (cfr. Consiglio Stato , sez. VI, 24 settembre 2010 , n. 7132).

Conclusivamente, il ricorso principale va rigettato in quanto sono infondati tutti i motivi di censura.

Ne deriva, secondo quanto sopra esposto, l’improcedibilità del ricorso incidentale proposto dalla controinteressata per sopravvenuto difetto di interesse.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge; dichiara improcedibile il ricorso incidentale.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che liquida complessivamente in euro 2500,00 (euro duemilacinquecento) in favore del Comune di Roma e euro 2500,00 (euro duemilacinquecento) in favore della società contro interessata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Tosti, Presidente

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

  

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/12/2010

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