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TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 11/2/2011 n. 912
Nelle procedure ad evidenza pubblica le clausole di esclusione, poste dalla legge o dal bando di gara in ordine agli adempimenti cui è tenuto il soggetto partecipante alla gara.

Nelle procedure ad evidenza pubblica le clausole di esclusione, poste dalla legge o dal bando di gara in ordine agli adempimenti cui è tenuto il soggetto partecipante alla gara, sono di stretta interpretazione, sicché deve darsi esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione. Pertanto, nel caso di specie, è legittima l'esclusione del ricorrente dall'asta pubblica per l'aggiudicazione di un locale inserito nel piano di dismissione del patrimonio immobiliare del comune, in quanto il ricorrente aveva provveduto al deposito della cauzione per mezzo di un assegno postale vidimato, contrariamente a quanto precisato nel disciplinare di gara, il quale disponeva in modo tassativo che le cauzioni dovevano essere costituite esclusivamente mediante assegno circolare non trasferibile emesso a favore del Comune, senza dunque lasciare spazio all'utilizzo di mezzi di prestazione cauzionale diversi da quello menzionato, ancorché assimilabili per alcuni specifici aspetti.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 7317 del 2010, proposto da:

Stefano BUONAURIO, rappresentato e difeso dagli Avv. Antonio Minichiello e Luca Marinelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Napoli, alla via Cesario Console n. 3;

 

contro

Comune di Napoli, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti. Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, ed elettivamente domiciliato in Napoli, alla Piazza Municipio, Palazzo S. Giacomo, presso l’Avvocatura Municipale;

 

nei confronti di

- Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. Cesare Graniero, con domicilio eletto presso la Direzione Affari Legali in Napoli, alla Piazza Matteotti, 2;

- Ruggiero Pellicano, n.c.;

- Romeo Gestioni S.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., n.c.;

 

per l'annullamento

1) del verbale dell'asta pubblica relativa al lotto n. 4 del Piano di dismissione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli in data 25/11/2010, Rep. n. 23674, Racc. n. 5944, che ha escluso il ricorrente dalla procedura di vendita del locale sito in Napoli, alla piazza Cavour n. 131, piano terra, int. 5 ed ha contestualmente aggiudicato l’asta a Ruggiero Pellicano;

 

2) del provvedimento di esclusione, di data e numero sconosciuti, eventualmente adottato dal Comune, nonché dell’avviso d’asta pubblicato il 24.10.2010 su “Il Mattino”, nonché del disciplinare di gara approvato con delibera di G.M. del 30.6.2008, n. 904 e pubblicato sui siti internet del Comune di Napoli e della Romeo Gestioni S.p.a., nella parte relativa al deposito cauzionale, se intesi in senso sfavorevole agli interessi del ricorrente;

 

3) del contratto di compravendita eventualmente nelle more stipulato con l’aggiudicatario della procedura.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e di Poste Italiane S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 il dott. Alfredo Storto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Col ricorso in esame Stefano Buonaurio impugna, in uno al presupposto disciplinare di gara, l’esclusione patita nell’asta pubblica svoltasi il 25.11.2010 – per l’aggiudicazione di un locale inserito nel Piano di dismissione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli – per il fatto che la cauzione, prestata mediante deposito di «assegno postale vidimato», sarebbe stata costituita in violazione del Disciplinare il quale, al punto 3, prevede che «le cauzioni dovranno essere costituite esclusivamente mediante assegno circolare non trasferibile emesso a favore del Comune di Napoli».

Il ricorrente censura,

 

A) quanto al verbale di gara: 1) violazione di legge (art. 82 del r.d. 21.12.1933, n. 1736, art. 8 del d.P.R. 14.3.12001, n. 144, art. 3 del Disciplinare di gara, artt. 12 e 13 del Regolamento comunale per l’alienazione dei beni patrimoniali disponibili di cui alla delibera del C.C. 14.4.2003, n. 78, violazione delle condizioni di servizio Bancoposta) e erroneità del presupposto, in quanto l’assegno postale vidimato e quello circolare sarebbero normativamente equiparati quanto ad effetti e disciplina, nel mentre Poste Italiane, nello svolgimento di attività di BancoPosta, sarebbe equiparata alle Banche italiane; 2) contraddittorietà e contrasto coi precedenti, in quanto in altra analoga gara, per l’acquisto da parte del ricorrente di una diversa unità immobiliare in dismissione nello stesso stabile, il Comune avrebbe accettato in pagamento, senza alcuna riserva, un assegno di BancoPosta vidimato;

 

B) in subordine, quanto all’avviso pubblico ed al Disciplinare di gara: violazione sia della normativa di cui alla lettera A), n. 1), che dei principi di massima partecipazione alle gare, in quanto le normative, interpretate in senso restrittivo, imporrebbero ingiustificatamente ai correntisti postali, peraltro in tempi ristretti difficilmente ossequiabili, l’apertura di conti correnti bancari al solo scopo di potervi trarre assegni circolari.

 

Si è difeso il Comune di Napoli sostenendo il carattere vincolato ed inderogabile della prescrizione di gara e, comunque, l’eterogeneità dei titoli di credito in comparazione.

 

Si è costituita anche Poste Italiane S.p.a. in sostanziale adesione alle argomentazioni sviluppate dal ricorrente.

 

Ritiene il Collegio che sussistono i presupposti previsti dagli artt. 60 e 74 c.p.a. per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata posto che il contraddittorio è integro e non devono essere disposti incombenti istruttori, è spirato il termine previsto dalla norma evocata, le parti costituite sono state sentite sul punto, il ricorso introduttivo appare manifestamente infondato.

 

Ed infatti, si deve osservare come, in linea generale, nelle procedure ad evidenza pubblica le clausole di esclusione, poste dalla legge o dal bando in ordine agli adempimenti cui è tenuto il soggetto partecipante alla gara sono di stretta interpretazione, dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l'esigenza della più ampia partecipazione; pertanto le norme di legge e di bando, che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche, devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione (cfr., sul punto, Consiglio Stato, Sez. V, 21 maggio 2010 , n. 3213).

 

Alla luce di tale principio, risulta evidente che la previsione di cui al n. 3 del Disciplinare di gara, in conformità a quanto previsto dall’art. 13 del Regolamento comunale per l’alienazione dei beni patrimoniali disponibili, impone la costituzione dei depositi cauzionali «esclusivamente mediante assegno circolare non trasferibile» e, quindi, in modo tassativo, così da non lasciare spazio all’utilizzo di mezzi di prestazione cauzionale diversi da quello menzionato, ancorché assimilabili per alcuni specifici aspetti.

 

Peraltro, anche a voler effettuare un scrutinio in ordine alla equipollenza dell’assegno circolare e di quello postale vidimato, non si ricava affatto un giudizio di integrale sovrapponibilità dei due mezzi di pagamento.

 

Ed infatti, se è pur vero che l’assegno postale vidimato, al pari di quello circolare – ancorché quest’ultimo sia tratto dal privato e non dall’istituto – garantisce proprio attraverso la vidimazione l’esistenza dei fondi presso il medesimo istituto (rispettivamente artt. 8 d.P.R. 14.3.2001, n. 144 e art. 82 r.d. 21.12.1933, n. 1736, c.d. legge assegni), è anche vero che il primo è sostanzialmente equiparato, ai fini dell’applicazione della complessiva disciplina, all’assegno bancario, piuttosto che a quello circolare.

 

A tal proposito, nei primi studi comparativi dei due istituti si è significativamente affermato che «per gli assegni postali vidimati sembra che la scelta del legislatore sia caduta su una figura nuova, a metà tra gli assegni bancari e quelli circolari».

 

Così, ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. 144/2001, «agli assegni postali vidimati si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sull’assegno bancario» e, cioè, quelle di cui al Titolo primo della legge assegni, rimanendo invece disciplinato l’assegno circolare dal Titolo II del medesimo regio decreto.

 

Inoltre, proprio l’art. 8, comma 2, del d.P.R. 144/2001, dopo aver stabilito che l’assegno postale vidimato è pagabile a vista nel termine massimo di due mesi indicato sul titolo, prevede che nello stesso termine è possibile constatare il rifiuto di pagamento con le modalità previste per l’assegno bancario al fine di esercitare il regresso, con una dizione che lascia intendere come quello di «due mesi» sia configurabile quale termine di presentazione entro il quale è vietato al traente ritirare i fondi presso il trattario, similmente a quanto prescritto, per l’assegno bancario, dall’art. 4, comma 2, della legge sugli assegni.

 

Infine, con riguardo all’azione di regresso per gli assegni bancari e per quelli postali vidimati, la cui disciplina per effetto del D.P.R. n. 144/2001 è divenuta comune, si ricava che la stessa si prescrive in sei mesi decorrenti dallo scadere del termine di presentazione se trattasi dell’azione esercitata dal portatore, ovvero dal giorno del pagamento o della chiamata in giudizio per il pagamento se si tratta dell’azione esercitata da uno degli obbligati di regresso contro i sottoscrittori di grado precedente (art. 75 legge assegni).

 

Nel mentre, ai sensi dell’art. 84, comma 2, della legge assegni, «l’azione contro l'emittente si prescrive nel termine di tre anni dalla emissione», con un effetto di maggiore garanzia che, di per sé, giustifica la previsione del disciplinare di gara in esame in punto di prestazione della cauzione.

 

Né, per altro verso, appaiono accoglibili le censure formulate con riguardo al fatto che, in analoga gara per dismissione di altra unità immobiliare ricadente nello stesso fabbricato, il Comune di Napoli aveva accettato dalla parte ricorrente assegni postali vidimati.

 

Ed infatti, per come risulta proprio dalla produzione documentale effettuata il 24.1.2011 dalla parte ricorrente, nel precedente acquisto evocato nell’impugnativa l’assegno postale vidimato era stato accettato dal Comune (per un importo di € 79.879,75) quale versamento del residuo prezzo di vendita e non anche a titolo di cauzione, unico adempimento, quest’ultimo, per il quale il regolamento comunale ed il disciplinare prevedono come esclusivo mezzo di prestazione l’assegno circolare.

 

Le fattispecie, dunque, non sono comparabili ai fini dell’odierna impugnativa.

 

Manifestamente infondata appare, infine, anche la doglianza che censura un presunto immotivato aggravamento delle condizioni di partecipazione alla gara attraverso l’imposizione dell’apertura di un conto corrente bancario al solo fine di prestare la cauzione nei termini del disciplinare, tenuto conto che, in realtà, la normativa bancaria non impone affatto, ai fini della emissione dell’assegno circolare, anche l’apertura di una linea di conto corrente presso l’istituto traente.

 

Discende da quanto fin qui considerato, l’integrale rigetto del ricorso.

 

Le spese, che possono esser compensate tra Poste Italiane S.p.a. e parte ricorrente, devono essere invece rimborsate da quest’ultima al Comune di Napoli, nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Compensa le spese di lite tra Poste Italiane S.p.a. e Stefano Buonaurio, condannando quest’ultimo a rifonderle al Comune di Napoli nella complessiva misura di € 1.500,00 (millecinquecento), oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., se dovuti, come per legge.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere

Alfredo Storto, Primo Referendario, Estensore

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/02/2011

 

IL SEGRETARIO 

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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