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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 17/10/2011 n. 517
Parere in relazione alle modalità di proseguimento delle attività svolte da un organismo partecipato ed all'applicazione agli amministratori dello stesso delle incompatibilità previste dall'art. 8 del D.p.r. n. 168 del 2010.

Materia: società / partecipazione pubblica

Lombardia/517/2011/PAR

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

LA

CORTE DEI CONTI

IN

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA

LOMBARDIA

 

composta dai magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua                                        Presidente

dott. Antonio Caruso                                                Consigliere

dott. Angelo Ferraro                                                 Consigliere

dott. Giancarlo Astegiano                                         Primo Referendario (relatore)

dott. Gianluca Braghò                                               Referendario

dott. Massimo Valero                                               Referendario

dott. Alessandro Napoli                                            Referendario

dott. Laura De Rentiis                                              Referendario

 

*******

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista la nota del 9 novembre 2010 con la quale il Sindaco del Comune di Rosate (MI) ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per la Camera di consiglio del 9 dicembre 2010 per deliberare sulla richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Rosate;

Udito il relatore, Giancarlo Astegiano;

 

PREMESSO CHE

Il Sindaco del Comune di Rosate, con nota in data 9 novembre 2010, dopo aver indicato l’oggetto sociale e le attività svolte dalla società SASOM s.r.l., società a capitale interamente pubblico partecipata da 11 Comuni, ha chiesto alla Sezione un parere in relazione alle modalità di proseguimento delle attività svolte dall’organismo partecipato ed all’applicazione agli amministratori dello stesso delle incompatibilità previste dall’art. 8 del D.p.r. n. 168 del 2010. 

Nella richiesta di parere, il Sindaco ha chiarito che il Comune partecipa, unitamente ad altri 10 Comuni limitrofi, ad una società a capitale interamente pubblico (SASOM srl) alla quale ha affidato direttamente, “secondo il modello dell’in house providing, ricorrendo i requisiti di cui alla lett. c del c. 5 dell’art. 113 del D. Lgs. 267/2000, il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti urbani ed altri servizi locali, i quali, sulla base dei pareri dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, hanno natura strumentale”.

L’ente locale ha messo in luce che “la distribuzione delle quote tra i comuni soci è proporzionale al numero degli abitanti ed il bacino complessivo superiore ai 30.000 abitanti; la società appare quindi in linea con le disposizioni previste dal c. 32 dell’art. 14 del D.L. 78/2010 convertito con L. 122/2010 per consentire agli stessi comuni soci (tutti con popolazione inferiore ai 30.000 ab.) di derogare ai limiti quantitativi in merito al numero di partecipate, posti dallo stesso c. 32”.

In vista della scadenza del 31 dicembre 2011, il Sindaco del Comune di Rosate ha messo in rilievo che è intenzione dei Comuni soci applicare le disposizioni di cui all’art. 23 bis del D.L. 112/2008, convertito dalla legge 133/2008 e modificato con L. 166/2009, ai servizi pubblici locali a rilevanza economica affidata direttamente alla società (ad esempio, raccolta e smaltimento rifiuti urbani).

Al riguardo, considerata positiva “l’esperienza in termini di qualità, economicità e controllo dei servizi resi attraverso l’attuale società partecipata (SASOM srl), i comuni soci vogliono mantenere una propria partecipazione di capitale nella futura società “mista”, introducendo il socio privato secondo i criteri stabiliti dal citato art. 23 bis del D.L. 112/2008”.

Anche per gli altri servizi, di natura strumentale, gli enti locali interessati starebbero valutando “diverse ipotesi che, nel rispetto della normativa vigente, consentano comunque agli enti di mantenere un controllo diretto sulla gestione” e, al riguardo, il Sindaco del Comune di Rosate prospetta due ipotesi chiedendo quale sia l’avviso della Sezione alla possibilità che:

la società che attualmente gestisce i servizi locali venga scissa “in due società distinte a capitale pubblico, entrambe partecipate direttamente dai comuni in proporzione al numero degli abitanti e con un bacino complessivo superiore a 30.000 ab., alle quali poter affidare in maniera distinta lo svolgimento dei servizi locali dei comuni soci:

o          alla prima società verrebbero affidati i servizi di natura strumentale ai sensi e nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 13 del D.L. 223/2006 convertito con L. 248/2006

o          alla seconda, partecipata per il 60% dai comuni in proporzione al numero degli abitanti e per il restante 40% dal socio privato scelto con gara, la gestione di servizi pubblici locali a rilevanza economica ai sensi dell’art. 23 bis del D.L. 112/2008 e s.m.i”.

ovvero

venga mantenuta “la partecipazione diretta nell’unica società esistente (SASOM srl di seguito indicata come capofila, a capitale interamente pubblico e partecipata dai comuni in proporzione al numero degli abitanti con bacino superiore a 30.000 ab.), che su indirizzo specifico dei soci procederebbe alla:

o          Costituzione di una nuova società cui conferire il ramo d’azienda relativo al servizio pubblico locale a rilevanza economica di raccolta rifiuti;

o          Cessione tramite gara della quota del 40% di tale società ad un socio privato, seguendo le modalità di affidamento di cui alla lett. b c. 2 dell’art. 23 bis del D.L. 112/2008 e s.m.i., tenuto conto degli specifici requisiti del socio e delle modalità di espletamento del servizio che i comuni (soci indiretti) si impegneranno ad affidare a seguito della procedura competitiva;

o          Potenziale costituzione di altre società (miste o meno), per la gestione omogenea di servizi locali per conto dei comuni soci, utilizzando le risorse acquisite dalla cessione del 40% della società di cui al punto precedente”.

 

Da ultimo, il Sindaco ha domandato l’avviso della Sezione in relazione all’”eventuale estensione delle incompatibilità previste dall’art. 8 del DPR 168/2010 “Regolamento di attuazione dell’articolo 23-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica”, anche alle società partecipate dagli enti locali, che svolgano esclusivamente servizi strumentali ai sensi e nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 13 del D.L. 223/2006 convertito con L. 248/2006”.

 

OSSERVA CHE

La richiesta di parere in esame è intesa ad avvalersi della facoltà prevista dalla norma  contenuta  nell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la quale dispone che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane possono chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti “pareri in materia di contabilità pubblica”.

            La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze che la legge n. 131 del 2003, recante adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha attribuito alla Corte dei conti.

            In relazione allo specifico quesito formulato dal Sindaco del Comune di Rosate, si osserva quanto segue.

In merito all’ammissibilità della richiesta

Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta di parere all’esame della Sezione rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7 comma ottavo, della legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.

In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.

I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte: 11 febbraio 2009, n. 36).

Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall'ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione.  L'esame e l'analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l'interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell'ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest'ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.

Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva ed oggettiva degli enti in relazione all'attivazione di questa particolare forma di collaborazione, è ormai consolidato l'orientamento che vede nel caso del Comune, il Sindaco o, nel caso di atti di normazione, il Consiglio comunale quale organo che può  proporre la richiesta.

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione contenuta nel co. 8, dell’art. 7 della legge 131 deve essere raccordata con il precedente co. 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma, rese esplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.

Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che, anzi, le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.

Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria della nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico  anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).

Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nella esclusiva competenza dell’autorità che la svolge o di interferenza, in concreto, con competenze di altri organi giurisdizionali.

Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.

Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia, la Sezione osserva che la stessa è ammissibile poiché riguarda l’interpretazione delle disposizioni normative e dei principi inerenti lo svolgimento di attività di pertinenza o di interesse dell’ente locale per il tramite di società di capitali e le modalità di conservazione o dismissione delle partecipazioni societarie.

Il quesito posto dal Sindaco del Comune di Rosate

In via preliminare, la Sezione rileva che ogni decisione relativa al mantenimento od alla dismissione della partecipazione nella società SASOM s.r.l., così come ogni operazione sul capitale della stessa è di esclusiva competenza dell’ente locale poiché attiene al merito dell’azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità dell’ente che, ovviamente, potrà orientare la sua decisione in base alle conclusioni contenute nel presente parere.

In relazione al quesito proposto dal Sindaco del Comune di Rosate assume un rilievo centrale la circostanza che la società SASOM svolga sia attività che rientrano nell’ambito dei servizi pubblici locali che servizi strumentali all’attività degli enti locali.

Si tratta di una questione affrontata dal legislatore con una disciplina netta e, più volte, oggetto di pareri da parte della magistratura contabile.

In sostanza, occorre considerare se vi siano margini di operatività da parte degli enti locali nell’affidamento diretto a società partecipate di servizi di natura strumentale e, più in particolare, se sia possibile o meno procedere all’affidamento degli stessi ad una società che svolga, altresì, altre attività rientranti nella categoria dei servizi pubblici locali a rilevanza economica.

Nel corso degli anni, in assenza di specifici divieti e in presenza di una disciplina normativa non sempre puntuale e soggetta a numerosi cambiamenti, alcuni enti hanno utilizzato lo strumento societario per svolgere funzioni ed attività di loro competenza in modo eterogeneo, senza distinguere fra la gestione di servizi pubblici locali, a rilevanza economica o privi di rilevanza economica, e servizi strumentali.

Se è dubbio che la commistione fra le varie attività fosse ammissibile negli anni scorsi, oggi non lo è sicuramente più perché il legislatore ha dettato regole precise e differenziate per la gestione delle varie funzioni ed attività, stabilendo, altresì, specifiche incompatibilità fra la gestione di attività strumentali che vedono quale destinatario ed interlocutore l’ente locale e le attività a rilevanza economica che presentano un’incidenza sul mercato, sia pure locale.

Al riguardo è acquisito, ormai, che il requisito della strumentalità sussiste “allorquando l’attività che le società sono chiamate a svolgere sia rivolta agli stessi enti promotori o comunque azionisti della società per svolgere le funzioni di supporto di tali amministrazioni pubbliche, secondo l’ordinamento amministrativo” in relazione al perseguimento dei loro fini istituzionali (sul punto si rinvia alla giurisprudenza amministrativa e, per tutte: Cons. Stato, V, 5 marzo 2010, n. 1282 e Cons. Stato, sez. V, 12.6.2009, n. 3766).

In forza di questa precisazione si ritiene che, vista la loro natura e la deroga alle ordinarie procedure di affidamento, le società strumentali non possano svolgere, in relazione alla loro posizione privilegiata, altre attività a favore di altri soggetti pubblici o privati poiché in caso contrario si verificherebbe un’alterazione o comunque una distorsione della concorrenza all’interno del mercato locale di riferimento.

È in tale ottica che si giustifica, del resto, la previsione di cui al secondo comma dell’art. 13 del d.l 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla l.  4 agosto 2006, n. 248, che impone che gli enti locali prevedano per le società strumentali un oggetto sociale esclusivo.

Anche a seguito dell’intervento della Corte costituzionale in relazione al citato art. 13, risulta che l’ambito di operatività delle società strumentali sia limitato e circoscritto allo svolgimento di attività in favore dell’ente locale che le ha costituite (Corte cost. 1° agosto 2008, n. 326).

Inoltre, in base alla previsione legislativa risultante dal citato art. 13 del d.l. n. 223, agli enti locali è precluso lo svolgimento di attività strumentali per il tramite di società che non siano ad oggetto esclusivo. In sostanza non è possibile che la stessa società che opera in house svolga per conto di uno o più enti attività strumentali e gestisca servizi pubblici locali.

In conseguenza del divieto legislativo era onere degli enti locali intervenire entro il 4 gennaio 2010 per adottare soluzioni organizzative che comportassero la reinternalizzazione dei servizi strumentali, ovvero l’affidamento a terzi con gara dei servizi pubblici locali a rilevanza economica o, ancora, la creazione di distinti organismi societari per la gestione in modo separato delle attività strumentali e dei servizi pubblici locali.

E’ indubbio che i soci che detengono partecipazioni in società alle quali siano state affidate contemporaneamente sia attività riconducibili a servizi strumentali e attività riconducibili a servizi pubblici locali a rilevanza economica, come è avvenuto nel caso della SASOM s.r.l., se non hanno ancora provveduto ad eliminare l’anomalia devono provvedere, anche per evitare di incorrere nelle specifiche violazioni previste dal citato art. 13 bis.

Le possibilità di intervento degli enti locali, come si è visto, sono molteplici.

La più semplice è sicuramente quella di riportare i servizi strumentali all’interno dell’ente locale ed applicare alla società che continuerebbe a gestire i servizi pubblici locali la disciplina vigente in materia.

Analogamente, è possibile continuare la gestione dei servizi strumentali per il tramite della società e riportare la gestione del servizio pubblico locale all’interno dell’ente locale che successivamente procederà ad affidarli secondo le modalità previste dalla disciplina di settore.

Se le soluzioni prospettate sopra hanno il pregio della semplicità e linearità, possono scontrarsi con situazioni articolate nelle quali la società interessata è composta, come nel caso di specie, da una pluralità di soci, ed ha la gestione di una pluralità di servizi e attività che, come asserito dal sindaco del Comune di Rosate, vengono gestiti con soddisfazione da parte di tutti gli enti locali.

E’ indubbio che in questi casi è possibile individuare una soluzione più articolata e complessa che garantisca, da una parte, il rispetto della disciplina normativa vigente e, dall’altra, gli interessi degli enti e delle comunità locali ad avere servizi caratterizzati da modalità di gestione nelle quali prevalga l’efficienza e l’economicità.

Le soluzioni astrattamente ipotizzabili che siano conformi all’attuale quadro normativo non sono molte, così come rilevato dallo stesso Sindaco del Comune di Rosate nella richiesta di parere.

Volendo mantenere la gestione associata sia dei servizi strumentali che di quelli pubblici locali a rilevanza economica, la soluzione che sembra la più equilibrata e meno dispendiosa è quella di ricorrere alla scissione societaria prevista e regolamentata dal codice civile.

In questo modo verrebbero a crearsi due distinti organismi: uno destinato a svolgere le attività strumentali e l’altro quelle di servizio pubblico locale. A quest’ultimo risulterebbe applicabile la disciplina specificamente dettata dal legislatore, sia in ordine alle modalità di affidamento che di gestione del servizio, con obbligo per gli enti costituenti di attivarsi per rendere l’affidamento conforme alla previsione normativa citata sopra.

Altre soluzioni che prevedano il mantenimento dell’attuale società con la previsione che la stessa possa costituire altre società per la gestione di alcuni servizi e cedere i rami d’azienda relativi alla gestione dei servizi pubblici locali a società appositamente costituite non sembrano percorribili.

Infatti, tralasciando ogni questione in merito ai limiti di ammissibilità della costituzione di società holding da parte degli enti locali, si tratterebbe di una soluzione inidonea a risolvere il contrasto con il dettato normativo che prevede percorsi distinti e separati per la gestione dei servizi strumentali e di quelli pubblici locali.      

 

P.Q.M.

Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione

 

 

Il Relatore                                                           Il Presidente

(Giancarlo Astegiano)                                               (Nicola Mastropasqua)

 

 

Depositata in Segreteria

17 ottobre 2011

 

Il Direttore della Segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)

 

 

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