N. 00153/2012 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 906 del 2011, proposto da:
Ass.I.S.Te S.C.S, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.to Luigi Gili, con domicilio eletto presso l’avv.to Luigi Gili in Torino, via Vela, 29;
contro
A.S.L. To2 - Azienda Sanitaria Locale Torino Nord, in persona del Commissario pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.to Stefano Manni, con domicilio eletto presso l’avv.to Stefano Manni in Torino, via Colli, 4;
nei confronti di
Santa Rita S.C.S., C.M. Service S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite ;
per l'annullamento
della determinazione n. 531/004B/2011 del 22.6.2011, del Direttore della S.C. Economato dell'ASL TO2 di Torino, con la quale sono stati approvati gli atti di gara ed è stato aggiudicato definitivamente il servizio relativo alla gestione delle attività ambulatoriali connesse al trattamento farmacologico di soggetti tossicodipendenti seguiti dal Dipartimento di Patologia delle Dipendenze 2 dell'ASL TO2 (lotto 2) alla cooperativa Santa Rita, nonchè della relativa nota di comunicazione, prot. n. 36011/11 del 23.6.2011;
di ogni altro atto antecedente, preparatorio, presupposto e consequenziale ivi compresi: i verbali di gara ed in particolare i verbali del 3,4 e 28 marzo 2011, nonché i verbali riportanti l'effettiva verbalizzazione dell'anomalia dell'offerta della cooperativa Santa Rita; le note prot. n. 14157/11 del 9.3.2011, prot. n. 28864/11 e prot. n. 28865/11 del 18.5.2011; la nota prot. n. 27126/11 del 10.5.2011 e la nota prot. n. 30723 del 26.5.2011; nonché l'Avviso di Gara, la Lettera di invito, nonché il Capitolato speciale d'appalto, nonché la deliberazione/determinazione a contrarre; della nota prot. 34427/11 del 15.6.2011;
per la conseguente dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato medio tempore
e per la condanna dell'Amministrazione a risarcire i danni;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.S.L. To2 - Azienda Sanitaria Locale Torino Nord;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2012 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Parte ricorrente ha adito l’intestato Tar e impugnato gli atti in epigrafe contestando la procedura negoziata per l’affidamento del servizio di gestione delle attività ambulatoriali e domiciliari connesse al trattamento farmacologico dei soggetti tossicodipendenti indetta dall’amministrazione resistente.
Deduce parte ricorrente i seguenti motivi di ricorso:
Violazione e falsa applicazione, formale, degli artt. 19 punti 2) e 3), 21, punto 13 e 22 del Capitolato Speciale d’Appalto, nonché degli artt. 41 comma 1 lett. c), 42 comma 1 lett. a) del d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i.; violazione del principio della parità di trattamento tra i concorrenti ex art. 2, comma 1, d.lgs. 163/2006; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti ed erronea presupposizione. Contesta parte ricorrente carenze nella documentazione amministrativa presentata dalle concorrenti classificatesi ai primi due posti e l’illegittimità delle integrazioni documentali ammesse dalla stazione appaltante.
Violazione e falsa applicazione sostanziale degli articoli 19 punti 2) e 3), 21 punto 13, 22 del capitolato speciale d’appalto, nonché degli artt. 41 co. 1 lett. c), 42 comma 1 lett. a) del d.lgs. n. 163/2006 e s.m.i.; violazione del principio di parità di trattamento tra i concorrenti ex art. 2 co. 1 d.lgs. 163/2006; eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti ed erronea presupposizione; contesta parte ricorrente che le concorrenti prima e seconda classificate non abbiano documentato né comprovato lo svolgimento di idonei servizi analoghi, prescritti dal bando di gara quale requisito di partecipazione, nonché prodotto le due attestazioni di regolare esecuzione, sempre prescritte dalla legge di gara.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 86, 87, 88 del d.lgs. n. 163/2006; violazione della parità di trattamento tra i concorrenti ex art. 2 co. 1 del d. lgs. 163/2006; eccesso di potere per difetto di istruttoria; contesta parte ricorrente il giudizio di anomalia condotto dalla stazione appaltante.
In subordine:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 commi 1 e 4 della l.r. Piemonte n. 1/2004, dell’art. 5, comma 2 della l. n. 328/2000 e dell’art. 4 co. 2 del d.p.c.m. 30 marzo 2001, nonché dell’art. 11 co. 2 dell’art. 81 co. 2 nonché dell’art. 83 del d.lgs. n. 163/2006; eccesso di potere per difetto di motivazione, manifesta illogicità, arbitrarietà e travisamento dei fatti. Censura parte ricorrente il criterio di aggiudicazione dettato dal bando di gara.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 del Capitolato Speciale di Appalto; violazione dei principi di correttezza, pubblicità, trasparenza e par condicio, di cui all’art. 2 co. 1 e 3 d. lgs. n. 163/2006 e di cui all’art. 1 co. 1 n. 241/1990; si contestano le modalità di apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa.
Si è costituita l’amministrazione resistente contestando in fatto e diritto gli assunti di cui al ricorso. In subordine ha prospettato questione di legittimità costituzionale dell’art. 31 della L.R. Piemonte 1/2004 per violazione dell’art. 117 co. 2 lett. e) della Costituzione.
Alla camera di consiglio del 28.9.2011 l’istanza cautelare è stata accolta, limitatamente al motivo proposto in via subordinata.
All’udienza del 12.1.2012 la causa è stata discussa e decisa nel merito.
DIRITTO
Seguendo l’ordine logico delle censure proposte da parte ricorrente devono essere respinti i primi tre motivi di ricorso, in quanto dedotti in principalità.
Le prime due censure contestano, sia sotto il profilo formale concernente le modalità di attestazione, sia sotto il profilo sostanziale, l’ammissione delle due concorrenti classificatesi ai primi due posti della graduatoria (la ricorrente è infatti risultata terza classificata).
Da un punto di vista sostanziale (secondo motivo di ricorso) parte ricorrente sostiene che entrambe le concorrenti non fossero in possesso del requisito di fatturato specifico prescritto dalla legge di gara e concernente lo “svolgimento di servizi analoghi” a quelli aggiudicati, per determinati importi, nei tre esercizi antecedenti il bando di gara; lamenta inoltre che le medesime ditte non avrebbero prodotto le due referenze ugualmente prescritte dal bando (a mezzo certificati di regolare esecuzione), sempre relative a detti servizi nel periodo di riferimento.
La censura si appalesa infondata in fatto e diritto.
Parte ricorrente si addentra in una minuziosa descrizione della somministrazione del metadone in centri di assistenza per tossicodipendenti, evidenziandone le peculiarità rispetto a prestazioni infermieristiche, sempre comportanti la somministrazione della medesima sostanza, svolte in centri di cura per anziani, per cure palliative, per malati psichiatrici. Come chiaramente esplicitato dal bando, e anche dall’amministrazione in corso di gara, la qualificazione doveva essere comprovata in relazione allo svolgimento di servizi “analoghi” e non necessariamente identici, come finirebbe per verificarsi accogliendo la tesi di parte ricorrente. Al di là della circostanza che l’aggiudicataria, Santa Rita s.c.s., ha indicato tra i servizi resi anche quello presso il castello di Vernone, consistente in somministrazione di metadone proprio presso una comunità terapeutica, la censura è complessivamente infondata appunto perché la legge di gara richiedeva lo svolgimento di servizi analoghi e non identici.
E’ poi destituita di fondamento in fatto la connessa doglianza secondo cui le due concorrenti meglio classificate non avrebbero presentato i prescritti due certificati di regolare esecuzione di servizi analoghi. In particolare, quanto alla concorrente cooperativa Santa Rita, prima classificata, sarebbe stato documentato il solo servizio presso la struttura psichiatrica del Castello di Vernone. In relazione a questa concorrente sono invece state prodotte dall’amministrazione resistente sub. docc. 10,11 e 25 attestazioni di regolare esecuzione di tre servizi previamente dichiarati in gara; l’assunto di cui al ricorso si appalesa quindi infondato.
La ricorrente non vanta perciò ulteriore interesse al vaglio delle attestazioni di regolare esecuzione presentate dalla seconda classificata, essendo la censura avverso la sola posizione della seconda comunque inidonea a scalfire la posizione della prima classificata.
Quanto alle contestazioni circa le modalità di dichiarazione-attestazione dei requisiti (primo motivo di ricorso), censura puramente formale, è sufficiente osservare che i concorrenti hanno autocertificato e dichiarato i requisiti così come previsto dal bando, che tali requisiti, come visto, sono stati sostanzialmente verificati dalla stazione appaltante e che la ricorrente, salvo genericamente censurare la documentazione, non chiarisce neppure quale sarebbe lo specifico documento inidoneo o non veritiero, nè le ragioni di tale inidoneità.
Risulta poi infondata, e anch’essa genericamente sviluppata, la terza censura, che si appunta avverso il giudizio di anomalia. La stazione appaltante qualora, effettuata la verifica di anomalia, ritenga idoneamente giustificata una offerta non ha, infatti, particolari oneri di motivare la ritenuta “non anomalia” e può, per relationem, richiamare le giustificazioni prodotte dal concorrente; inoltre parte ricorrente non ha individuato specifici sintomi di anomalia delle offerte ammesse che sarebbero stati trascurati dalla stazione appaltante. Anche sotto questo profilo la censura pare quindi destituita di fondamento.
Ritiene per contro il collegio fondata la censura dedotta in via subordinata e concernente l’individuazione del criterio di aggiudicazione, indicato dalla legge di gara nel prezzo più basso.
La censura presenta plurimi aspetti e complessità giuridica.
Essa si articola su tre diversi livelli di questioni:
- 1) sussiste controversia tra le parti circa l’applicabilità dell’art. 31 della l.r. Piemonte n. 1/2004, che impone di utilizzare il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alla gara per cui è causa (sostiene l’amministrazione resistente che l’oggetto della gara non sarebbe ricompreso tra i “servizi sociali”, come indicati da tale normativa);
- 2) ove la norma fosse ritenuta applicabile l’ASL resistente sostiene che essa sarebbe stata travolta per abrogazione implicita con l’entrata in vigore degli artt. 4 e 81 del d.lgs. n. 163/2006, codice dei contratti pubblici;
- 3) in subordine l’amministrazione resistente prospetta una questione di legittimità costituzionale della legge regionale piemontese per violazione dell’art. 117 co. 2 lett. e) della Costituzione.
1. Quanto al profilo sub 1) recita la legge regionale Piemonte n. 1 del 2004 all’art. 1:
“1. La Regione, ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione e nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalla legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), detta norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e per il loro esercizio. 2. Ai sensi della presente legge, per interventi e servizi sociali si intendono tutte le attività individuate dall'articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in materia di conferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali, così come previsti dalla L. n. 328/2000, ivi comprese le attività di prevenzione, nonché le prestazioni socio-sanitarie di cui all'articolo 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”.
La legge regionale è quindi destinata a regolare il sistema integrato dei servizi sociali il quale include non solo quelli specificatamente individuati dalla legge n. 328/2000 (dalla quale, come correttamente contestato dalla ASL resistente, i servizi sanitari resterebbero esclusi) ma anche le prestazioni socio-sanitarie, come definite dall’art. 3 septies del d.lgs. 31.12.1992, n. 502.
Quest’ultimo in particolare prevede: “1 Sono da considerare prestazioni sanitarie a rilevanza sociale le prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione personale. Dette prestazioni, di competenza delle aziende unità sanitarie locali ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata medio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'àmbito di strutture residenziali e semiresidenziali. 2. Sono da considerare prestazioni sociali a rilevanza sanitaria tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute. Tali attività…………si esplicano attraverso: …..e) gli interventi, anche di natura economica, atti a favorire l'inserimento sociale di soggetti affetti da disabilità o patologia psicofisica e da dipendenza, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di diritto al lavoro dei disabili;….4. Sono da considerare prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria di cui all'art. 3-septies, comma 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, tutte le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria, le quali attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da H.I.V. e patologie terminali, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative. Tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post-acuta caratterizzate dall'inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell'àmbito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell'impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell'assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell'assistenza…”
Il riportato art. 3 bis ha trovato poi attuazione nel d.p.c.m. 14.2.2001, il quale nuovamente contempla i servizi di assistenza alle dipendenze tra le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale.
Alla luce dei riportati dati normativi deve concludersi che l’assistenza alle tossicodipendenze (come alle dipendenze in generale) rientra nella lata accezione di “servizi sociali ad elevata integrazione sanitaria” e comunque di servizi integrati di assistenza alla persona utilizzata dalla legge regionale piemontese n. 1/2004 per definire il suo ambito di applicazione grazie al duplice rinvio alla legge statale.
Tanto premesso l’art. 31 della medesima legge regionale stabilisce che:“Negli affidamenti relativi ai servizi alla persona, gli enti pubblici procedono all'aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. È esclusa l'aggiudicazione basata esclusivamente sul criterio del prezzo più basso.”
Deve quindi darsi una risposta affermativa al primo dei profili problematici individuati; ne discende, vigente la sovra riportata legge regionale, l’illegittimità del criterio di aggiudicazione scelto dall’amministrazione resistente per la gara in contestazione, ossia quello del prezzo più basso, in quanto posto in violazione del riportato articolo 31; infatti la gara ha ad oggetto servizi di assistenza alla tossicodipendenza, e quindi rientra nel campo di applicazione della legge regionale n. 1/2004.
Passando al profilo sub. 2) deduce parte resistente che la normativa regionale, ove ritenuta applicabile, dovrebbe essere considerata implicitamente abrogata in punto individuazione del criterio di aggiudicazione dagli artt. art. 4 co. 3 e 81 del d.lgs. 163/2006
Correttamente parte ricorrente ha evidenziato che i servizi “sanitari e sociali” rientrano nell’allegato II b) del d.lgs. n. 163/2006 (servizi esclusi) e conseguentemente, ai sensi dell’art. 20 del medesimo decreto (attuativo dell’art. 21 della direttiva 2004/18/CE e relativo allegato), ad essi non trova applicazione (se non per pochissime norme) la disciplina del codice dei contratti; restano certamente escluse dall’applicazione le specifiche previsioni di cui all’art. 81 del codice dei contratti concernenti i criteri di aggiudicazione sicché, al di là del diverso livello delle fonti, non sussiste in radice una puntuale incompatibilità tra normativa regionale e norme statali sopravvenute da cui possa, previo vaglio dei rispettivi ambiti di competenza, desumersi l’abrogazione implicita.
Si passa quindi a valutare il più delicato degli aspetti contestati indicato sub 3).
L’amministrazione resistente paventa una illegittimità costituzionale della legge regionale per invasione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di concorrenza cui si ascrive, in termini generali, l’individuazione dei criteri di aggiudicazione dei contratti pubblici.
La questione deve essere contestualizzata alla luce della giurisprudenza costituzionale sul punto.
La legge regionale in contestazione detta “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”; trattasi quindi di un sistema normativo che interviene in materia di servizi sociali, ivi compresi quelli ad elevata integrazione con prestazioni sanitarie, materia certamente rientrante nelle competenze normative regionali.
Analizzando la giurisprudenza del giudice delle leggi, che più volte ha censurato norme regionali che aspiravano a dettare un microsistema normativo dell’evidenza pubblica, risulta che la Corte ne ha, in linea di principio, ascritto numerosi profili, ivi incluso quello concernente i criteri di aggiudicazione (Corte costituzionale n. 401/2007), alla disciplina della concorrenza (art. 117 co. 2 lett e) della Costituzione) e quindi alla competenza legislativa statale esclusiva.
Tuttavia la soluzione, per la peculiarità del caso di specie, deve essere vagliata in relazione allo specifico punto contestato, considerando che il legislatore regionale ha operato senza contraddire i meccanismi nazionali e comunitari dettati in tema di scelta del contraente ed è intervenuto in ambito di servizi esclusi, indubbiamente settore di confine, in cui la pervasività della materia della concorrenza deliberatamente arretra.
Le norme regionali censurate dal giudice delle leggi nella propria giurisprudenza generalmente aspiravano a dettare una regolamentazione regionalista delle gare pubbliche, o comunque intervenivano in ambiti certamente soggetti alla disciplina integrale del codice dei contratti; tali finalità sono, come visto, avulse dalla legge regionale qui contestata.
Ripecorrendo le indicazioni della Corte Costituzionale si ricava che pacificamente “gli appalti pubblici” non sono considerati una materia tra quelle indicate dalla Carta costituzionale ai fini del riparto delle competenze normative ma piuttosto un sistema ascrivile a più materie, tra le quali certamente una delle più rilevanti è la concorrenza, di pertinenza statale. La nozione costituzionale di concorrenza è stata quindi riempita di contenuto alla luce della disciplina comunitaria, con la contemporanea consapevolezza che, essendo una materia “trasversale”, essa è potenzialmente suscettibile di ingenerare una indebita compressione di ambiti normativi di pertinenza regionale, sicchè le disposizioni volta per volta censurate devono essere vagliate in concreto, alla luce del principio di proporzionalità, e tenuto conto delle possibili integrazioni pro-concorrenziali ascrivibili anche alla disciplina regionale, nonché del concreto intreccio della materia “trasversale” con ulteriori competenze regionali.
Si legge infatti nelle pronunce della Corte: “Questa Corte ha già avuto modo di affermare che i lavori pubblici non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti, di volta in volta, a potestà legislative statali o regionali (sentenza numero 303 del 2003). Non è, dunque, configurabile né una materia relativa ai lavori pubblici nazionali, né tantomeno un ambito materiale afferente al settore dei lavori pubblici di interesse regionale. Tali affermazioni non valgono soltanto per i contratti di appalto di lavori, ma sono estensibili all'intera attività contrattuale della pubblica amministrazione che non può identificarsi in una materia a sé, ma rappresenta, appunto, un'attività che inerisce alle singole materie sulle quali essa si esplica.” (Corte Costituzionale n. 401/2007).
La Corte ha quindi ricondotto la problematica della scelta dei criteri di aggiudicazione nei contratti pubblici alla tutela della concorrenza, evidenziando l’esigenza che l’uniformità del sistema nazionale degli appalti attui l’uniformità del mercato comune perseguita dal diritto comunitario. Inoltre “è necessario riferirsi ai principi di tutela della concorrenza, elaborati dalla giurisprudenza in attuazione del Trattato CE, atteso che le norme comunitarie fungono da norme interposte atte ad integrare il parametro per la valutazione di conformità della normativa regionale all’art. 117, primo comma, Cost. (sentenze n. 62 e n. 102 del 2008). In più, la nozione di “concorrenza” di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – alla quale è riconducibile, come si dirà oltre, la disciplina degli appalti pubblici e della scelta del contraente – non può non riflettere quella operante in ambito comunitario, con la conseguenza che la normativa interna si uniforma a quella comunitaria di cui costituisce attuazione (sentenza n. 401 del 2007)” (Corte Costituzionale n. 314/2009).
Tuttavia “il carattere trasversale della tutela della concorrenza (sentenze n. 401 del 2007, n. 272 del 2004) implica che essa, avendo ad oggetto la disciplina del mercato di riferimento delle attività economiche, può influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle Regioni” (Corte costituzionale n. 430 del 2007), sicchè “detto carattere, al fine di evitare che siano vanificate le competenze delle Regioni, comporta anche che norme regionali riconducibili a queste competenze abbiano effetti pro-concorrenziali. Ciò deve ritenersi ammissibile purché gli effetti, connessi alla specificità dei settori disciplinati, siano indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza (sentenza n. 430 del 2007)”. (Corte Costituzionale n. 431/2007; idem Corte Costituzionale n. 160/2009).
Si rinvengono poi pronunce secondo cui “questa Corte, con la sentenza n. 221 del 2010, ha affermato che la previsione regionale, la quale sancisca la preferenza per il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, <<non è suscettibile di alterare le regole di funzionamento del mercato e, pertanto, non è idonea ad alterare i livelli di tutela della concorrenza fissati dalla legislazione nazionale>>” (Corte Costituzionale n.43/2011; trattavasi per altro di una fattispecie di complessiva disciplina dell’evidenza pubblica).
Per quanto qui rileva il giudice delle leggi ha quindi elaborato un chiaro principio secondo cui le Regioni possono intervenire, in settori dotati di “specificità” e in ambiti di propria competenza, con norme che interferiscono con la disciplina della concorrenza, purchè tale interferenza sia di tipo “indiretto”, “marginale”, “non in contrasto con gli obbiettivi statali di promozione della concorrenza.” L’affermazione, originariamente accompagnata dalla puntualizzazione che l’intervento presupponesse comunque un autonomo titolo di legittimazione regionale, sfuma nella giurisprudenza più recente della Corte (43/2011), che pare evolvere verso una legittimazione regionale tout court ove la soluzione adottata sia pro-concorrenziale.
Anche attestandosi al principio cristallizzato (che consente certamente effetti pro-concorrenziali della normativa regionale, purchè scaturenti da autonomi ambiti di legittimazione in settori specifici) pare al collegio che tale sia proprio la fattispecie in questione.
Come detto la Regione è intervenuta in materia di servizi sociali (di cui si ribadisce la natura di servizi esclusi secondo il codice dei contratti, cui pertanto non è applicabile la puntuale normativa dettata in materia di criteri di aggiudicazione), optando incidentalmente per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; esso rappresenta una scelta certamente pro-concorrenziale, in linea con la legislazione tanto nazionale che comunitaria.
La soluzione riguarda poi in un contesto specifico in cui tanto il legislatore comunitario che quello statale hanno scelto di recedere, ritenendo evidentemente la problematica della concorrenza non necessariamente preminente, se non nei limiti dei principi (pacificamente applicabili anche ai settori esclusi ; ex pluribus Corte di Giustizia in cause C-59/00 Bent Mousten Vestergaard e C-264/03 Commissione contro Francia, e, per il meccanismo dell’interposizione, anche rilevanti per il vaglio di costituzionalità delle leggi). La scelta della regione Piemonte, nel caso di specie, costituisce piana attuazione dei principi comunitari della concorrenza, consentendo al contempo, tramite la preferenza per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di dare rilievo specifico alla qualità del servizio, legittima preoccupazione del legislatore regionale in un delicato ambito di sua competenza; la compressione di simile facoltà di scelta, nel peculiare settore qui considerato, rappresenterebbe, ad avviso del collegio, una violazione del principio di proporzionalità individuato dalla Corte Costituzionale quale parametro di definizione del mobile confine delle competenze normative a fronte di una materia “trasversale”.
Quanto infine alla compatibilità “di principio” della contestata normativa con il diritto comunitario della concorrenza (che si ritiene l’unico possibile filtro di legittimità costituzionale invocabile nel caso di specie) occorre osservare che l’offerta economicamente più vantaggiosa non solo è uno dei criteri dettati dalla disciplina comunitaria ma è anche il criterio per il quale il diritto comunitario manifesta sostanziale favore, posto che risulta più flessibile e stimola la concorrenza, oltre che sul fattore prezzo, anche su quello qualità. Con la sentenza 7.10.2004 in causa C-247/02 Sintesi s.p.a. contro Autorità di vigilanza per i lavori pubblici la Corte di giustizia ha infatti ritenuto che la vecchia disciplina degli appalti dettata dalla legge nazionale italiana n. 109/1994, nella parte in cui limitava il criterio di aggiudicazione della licitazione privata al solo meccanismo del prezzo più basso, violasse le direttiva appalti, precludendo alle amministrazioni di individuare di volta in volta il diverso meccanismo dell’offerta economicamente più vantaggiosa più suscettibile di adattarsi alle specifiche caratteristiche dell’oggetto della gara. E’ infatti noto che il nostro ordinamento, nella disciplina di aggiudicazione dei lavori pubblici, ha a lungo privilegiato il meccanismo di aggiudicazione al prezzo più basso e proprio la primazia del diritto comunitario ha indotto il legislatore nazionale ad ampliare le ipotesi di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa.
Pertanto, benché evidentemente in forza della pervasività dei principi del Trattato UE anche ai settori esclusi, non sarebbero ammissibili scelte legislative regionali deliberatamente anticoncorrenziali (ad esempio previsioni di indiscriminati affidamenti diretti o fiduciari, al di fuori del mercato), in mancanza di una puntuale disciplina della legge statale e comunitaria sul punto, la scelta di un meccanismo ampiamente concorrenziale, anzi del più concorrenziale, in un contesto non primariamente ascrivibile alla problematica della concorrenza non crea attrito di sistema né con i principi del Trattato né con il dettato della legge nazionale né, infine, di carattere costituzionale.
Ritiene pertanto il collegio manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale della l.r. Piemonte n. 1/2004 articolo 31 per violazione della riserva di legge statale in materia di concorrenza dettata dall’art. 117 co. 2 lett. e) della Costituzione, poiché la contestata norma ha una incidenza solo indiretta e contestualmente pro-concorrenziale sull’assetto dell’evidenza pubblica in un ambito specifico.
Ne consegue l’annullamento degli atti di gara in accoglimento del quinto motivo di ricorso (assorbente di ogni interesse alla valutazione del sesto motivo di ricorso), con ripristino dell’originaria posizione della ricorrente, alla quale è data nuova opportunità di partecipare ad una gara indetta conformemente alla normativa applicabile.
Sotto il profilo risarcitorio, anche invocato in ricorso, in capo alla ricorrente non è ravvisabile un danno da perdita di chance di aggiudicazione (integra nell’ambito della nuova gara). Quanto al lamentato danno connesso alle attività prodromiche alla partecipazione, comunque svolte rispetto a questa gara, pare al collegio che esse siano utilmente reimpiegabili in funzione di una nuova gara; in ogni caso l’assoluta peculiarità della vicenda escluderebbe profili di colpa in capo all’amministrazione. Sotto quest’ultimo profilo, anche aderendo alla lettura comunitariamente orientata della nozione di colpa in materia di risarcimento nel settore degli appalti pubblici, non può non evidenziarsi, nel caso di specie, che l’amministrazione non può essere gravata da una indiscriminata forma di responsabilità oggettiva, soprattutto là dove la scelta, ancorchè risultata a posteriori illegittima, non integri un indiscusso vulnus della disciplina comunitaria della concorrenza (l’opzione in favore dell’aggiudicazione all’offerta con prezzo più basso, illegittima per le ragioni esposte, non rappresenta certamente a sua volta una violazione del diritto comunitario in sé).
Stante la complessità della vertenza sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
accoglie il ricorso nei sensi e nei limiti di cui in motivazione;
compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Richard Goso, Presidente FF
Paola Malanetto, Referendario, Estensore
Ariberto Sabino Limongelli, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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