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TAR Liguria, Sez. II, 28/2/2012 n. 347
I soci privati di una società mista affidataria di un servizio pubblico non sono legittimati ad impugnare i provvedimenti che ledono gli interessi della società partecipata.

I soci privati di una società mista affidataria di un servizio pubblico non sono legittimati a proporre autonomi ricorsi contro provvedimenti che ledono gli interessi della società partecipata, atteso che la qualità di socio da essi posseduta non è idonea a individuare e radicare interessi legittimi distinti da quelli della Società, ma solo un interesse di mero fatto all'accoglimento dei ricorsi eventualmente proposti dalla prima. La giurisprudenza amministrativa ha infatti precisato, a questo riguardo, che la società privata di minoranza, e a maggior ragione il socio di quest'ultima, di una società mista partecipata da un comune avente quale scopo sociale la gestione di un servizio pubblico non può essere in alcun modo legittimata ad impugnare in via autonoma gli atti adottati dall'amministrazione comunale, poiché, a differenza di quanto può avvenire nei raggruppamenti temporanei d'imprese, il socio non è legittimato ad agire in giudizio contro atti che ledono interessi della società, essendo la società un soggetto distinto dai soci che ha la disponibilità esclusiva delle posizioni giuridiche facenti capo ad essa. Pertanto, in applicazione di tale principio, nel caso di specie, è inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione attiva.

Materia: società / disciplina

N. 00347/2012 REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 496 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Albenga Green S.r.l. e Green Holding S.p.a., rappresentate e difese dagli avv. Salvatore Pino, Giovanni Mangialardi e Luigi Montarsolo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Genova, via XXV Aprile, 4;

 

contro

Prefettura di Savona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

Comune di Albenga, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Corsica, 2;

 

nei confronti di

Ecoalbenga S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Marson e Paolo Gaggero, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, via Roma, 2;

sul ricorso numero di registro generale 615 del 2011, proposto da:

Ecoalbenga S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Marson e Paolo Gaggero, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, via Roma, 2;

 

contro

Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

Comune di Albenga, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Corsica, 2;

 

nei confronti di

Albenga Green S.r.l.; Green Holding S.p.a.;

 

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 496 del 2011:

del provvedimento prot. n. 657 – Area 1 – Antimafia, in data 11 ottobre 2010, della Prefettura di Savona;

dell’atto n. 84, in data 16 marzo 2011, della Giunta comunale di Albenga;

della determinazione n. 325, in data 8 aprile 2011, del Direttore d’area del Comune di Albenga;

di ogni altro atto preordinato, conseguente e/o connesso al provvedimento impugnato, ancorché non conosciuto, ivi comprese le note prot. 13332 del 24 marzo 2011 e prot. 14481 del 31 marzo 2011;

per l’accertamento dell’obbligo del Comune di Albenga e della Prefettura di Savona di risarcire il danno subito dalla ricorrente

e per la condanna delle predette amministrazioni a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale subito dalla ricorrente in virtù degli atti impugnati;

 

quanto al ricorso n. 615 del 2011:

del provvedimento della Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Savona, prot. n. 657/2010, Area 1 – Antimafia, datato 11 ottobre 2010, avente ad oggetto la “richiesta di informazione ex art. 10 D.P.R. 252/98 Società Ecoalbenga S.p.A. con sede in Albenga, piazza San Michele 17”;

 

della deliberazione n. 84 della Giunta comunale di Albenga, del 16 marzo 2011, avente ad oggetto “servizio di raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti solidi urbani e servizi complementari nel territorio comunale di Albenga – cessazione del rapporto contrattuale con Ecoalbenga S.p.a.”;

 

della determinazione n. 325 del Direttore di Area del Comune di Albenga, cod: AMBD00122011, ripartizione VI, assunta in data 8 aprile 2011 e notificata in data 12 aprile 2011, avente ad oggetto il “servizio di raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti solidi urbani e servizi complementari nel territorio comunale di Albenga – cessazione del rapporto contrattuale con Ecoalbenga S.p.a.”;

 

di tutti gli atti antecedenti, presupposti, preordinati, conseguenti e comunque connessi ai provvedimenti impugnati;

 

nonché, ancora, per l’accertamento

dell’obbligo della Prefettura di Savona e/o del Ministero dell’interno e/o della Presidenza del Consiglio e/o del Comune di Albenga di risarcire il danno subito dalla ricorrente in forza degli atti impugnati e della loro attuazione

e per la condanna degli stessi a risarcire il danno patrimoniale subito dalla ricorrente in relazione agli atti impugnati.

Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Albenga, del Ministero dell’interno e di Ecoalbenga S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2012 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con una successione di contratti stipulati a partire dal 2004, il Comune di Albenga ha affidato il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani a Ecoalbenga S.p.a., partecipata al 52% dal Comune a al 48% da Albenga Green S.r.l., a sua volta partecipata al 79,17% da Green Holding S.p.a.

Da ultimo, con contratto del 1° settembre 2010, era stato disposto l’affidamento del servizio de quo a Ecoalbenga per un periodo di otto mesi, dal 1° maggio al 31 dicembre 2010.

In relazione alla stipula di quest’ultimo contratto, il Comune aveva chiesto alla Prefettura di Savona, con nota del 1° giugno 2010, successivamente integrata con nota del 19 agosto 2010, il rilascio delle informazioni antimafia previste dal d.lgs. n. 490/1994 e dal d.P.R. n. 252/1998.

All’esito dell’istruttoria svolta, la Prefettura comunicava, con nota del 11 ottobre 2010, che “gli accertamenti effettuati presso gli organi competenti hanno consentito di accertare il reato di riciclaggio (art. 648 bis) messo in atto da società facenti capo al sig. G.G., presidente del consiglio di amministrazione della Greeen Holding S.p.A., con sede a Milano, via Cassanese, 45.

Dai precitati accertamenti e della visura camerale della Camera di Commercio, risultano soci della Società Ecoalbenga Spa il Comune di Albenga e la società Albenga Green Srl e che quest’ultima è proprietaria della Green Holding Spa il cui presidente, sig. G.G., in data 20/10/2009 veniva colpito da ordinanza di custodia cautelare e tratto in arresto dalla Guardia di Finanza per diversi reati tra cui quello di riciclaggio (art. 648 bis).

Atteso che tale misura cautelare rientra tra le segnalazioni rilevanti indicate dall’art. 10, comma 7, lett. a) del D.P.R. n. 252/98, si ritiene che nei confronti della società indicata in oggetto risultano sussistere, alla data odierna, gli elementi di cui al comma 2 del precitato articolo del D.P.R. del 3 giugno 1998 n. 252”.

Preso atto dei contenuti di tale nota, il Comune di Albenga – che, nel frattempo, aveva disposto un’ulteriore proroga del servizio, fino all’individuazione del nuovo gestore tramite gara pubblica – decideva, con deliberazione di giunta n. 84 del 16 marzo 2011 e successiva determinazione dirigenziale n. 325 del 8 aprile 2011, l’immediata caducazione del rapporto contrattuale con Ecoalbenga S.p.a.

Avverso i provvedimenti suindicati (informativa antimafia e provvedimenti comunali di cessazione del rapporto), hanno proposto ricorso collettivo (r.g. n. 496 del 2011) Albenga Green S.r.l. e Green Holding S.p.a., deducendo:

 

I) Violazione e falsa applicazione di norme di legge: artt. 3 e 97, Cost.; artt. 3 e 6, l. 7 agosto 1990, n. 241; art. 4, d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490; art. 10, d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252; invalidità derivata. Eccesso di potere: irragionevolezza, illogicità, genericità, violazione del principio di proporzionalità, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà.

 

II) Violazione e falsa applicazione di legge e regolamento: artt. 3, 41 e 97, Cost.; artt. 3, 6, 7, 9, 10 e 21 quinquies, l. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere: contraddittorietà, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità ed irragionevolezza.

 

III) Violazione e falsa applicazione di legge e regolamento: artt. 3, 41 e 97, Cost.; artt. 3 e 6, l. 7 agosto 1990, n. 241; art. 11, d.P.R. n. 252/1998. Eccesso di potere: violazione del principio di proporzionalità, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità ed irragionevolezza.

Sulla scorta dei motivi di gravame così rubricati, le esponenti instano conclusivamente per l’annullamento dei provvedimenti impugnati e per il risarcimento dei danni.

Si sono costituiti in giudizio la Prefettura di Savona e il Comune di Albenga, entrambi eccependo l’inammissibilità del ricorso, per difetto di legittimazione attiva, e la sua infondatezza nel merito.

Si è anche costituita in giudizio Ecoalbenga S.p.a., prendendo posizione, con comparsa di mera forma, per l’accoglimento del ricorso.

Con ricorso per motivi aggiunti successivamente notificato, Albenga Green S.r.l. e Green Holding S.p.a., alla luce della documentazione versata in atti dalla difesa erariale, hanno dedotto le seguenti ulteriori censure:

 

V) Violazione e falsa applicazione di legge e regolamento: artt. 3, 41 e 97, Cost.; artt. 3 e 6, l. 7 agosto 1990, n. 241; art. 11, d.P.R. n. 252/1998. Eccesso di potere: contraddittorietà, perplessità, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità ed irragionevolezza.

Nel prosieguo del giudizio, la difesa delle ricorrenti e la difesa comunale hanno depositato memorie difensive a sostegno delle rispettive argomentazioni.

Con separato ricorso (r.g. n. 615 del 2011), Ecoalbenga S.p.a. ha impugnato i medesimi atti che formano oggetto del primo giudizio, deducendo:

I) Violazione dell’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490. Violazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 252 del 3 giugno 1998. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990.

 

II) Violazione dell’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490. Violazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 252 del 3 giugno 1998. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990.

 

III) Invalidità derivata per illegittimità della nota della Prefettura di Savona, prot. n. 657/2010 Area 1 – Antimafia in data 11 ottobre 2010.

 

IV) Violazione dell’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490. Violazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 252 del 3 giugno 1998. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per contraddittorietà intrinseca ed estrinseca. Violazione dei principi di economicità e buon andamento dell’azione amministrativa. Violazione dell’art. 97 Cost. Invalidità derivata della determinazione del Direttore di Area n. 325 in data 8 aprile 2011 per illegittimità della deliberazione della Giunta comunale n. 84 del 16 marzo 2011.

 

V) Violazione dell’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490. Violazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 252 del 3 giugno 1998. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 7 agosto 1990. Violazione del principio di buon andamento della P.A. Violazione dell’art. 97 Cost. Eccesso di potere per contraddittorietà estrinseca. Illegittimità derivata della determinazione dirigenziale n. 325 del 2011 per invalidità della deliberazione G.M. n. 84 del 2011.

 

VI) Violazione degli artt. 3 e 7 e segg. della legge n. 241 del 7 agosto 1990 e s.m. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione dei principi del contraddittorio e del giusto procedimento. Illegittimità derivata della determinazione dirigenziale n. 325 del 2011 per invalidità della deliberazione G.M. n. 84 del 2011.

 

VII) Incompetenza. Violazione degli artt. 42, 48 e 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 7 agosto 1990 e s.m. Invalidità derivata della determinazione del Direttore di Area n. 325 in data 8 aprile 2011 per illegittimità della deliberazione G.M. n. 84 del 16 marzo 2011.

Ecoalbenga S.p.a. propone, sulla scorta dei motivi di ricorso così rubricati, domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati e di risarcimento dei danni cagionati dall’esecuzione dei medesimi.

Anche in questo giudizio, si sono costituiti l’Amministrazione dell’interno e il Comune di Albenga, contrastando nel merito la fondatezza del ricorso e opponendosi al suo accoglimento.

I due ricorsi, infine, sono stati chiamati all’udienza pubblica del 2 febbraio 2012 e, previa trattazione orale del primo di essi, sono stati ritenuti in decisione.

 

DIRITTO

1) I due ricorsi fanno riferimento alla medesima sequenza provvedimentale ed essendo connessi sotto il profilo oggettivo nonché, parzialmente, sotto quello soggettivo, si prestano ad essere riuniti d’ufficio, ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm.

 

2) Quanto al primo ricorso (r.g. n. 496 del 2011), si appalesa fondata l’eccezione di inammissibilità concordemente proposta dalla difesa erariale e del Comune di Albenga.

L’azione giurisdizionale avverso l’informativa antimafia e i conseguenti provvedimenti comunali che hanno disposto la cessazione del rapporto contrattuale con Ecoalbenga S.p.a. è stata congiuntamente proposta, infatti, da Albenga Green S.r.l. e da Green Holding S.p.a.

La prima è il socio privato della Società mista Ecoalbenga, affidataria del servizio di smaltimento R.S.U. nel territorio comunale; la seconda controlla Albenga Green, possedendone la maggioranza delle quote.

Tali soggetti, peraltro, non sono legittimati a proporre autonomi ricorsi contro provvedimenti che ledono gli interessi della Società partecipata, atteso che la qualità di socio da essi posseduta non è idonea a individuare e radicare interessi legittimi distinti da quelli della Società, ma solo un interesse di mero fatto all’accoglimento dei ricorsi eventualmente proposti dalla prima.

Ha precisato la giurisprudenza amministrativa, a questo riguardo, che la società privata di minoranza, e a maggior ragione il socio di quest'ultima, di una società mista partecipata da un comune avente quale scopo sociale la gestione di un servizio pubblico non può essere in alcun modo legittimata ad impugnare in via autonoma gli atti adottati dall'amministrazione comunale, poiché, a differenza di quanto può avvenire nei raggruppamenti temporanei d'imprese, il socio non è legittimato ad agire in giudizio contro atti che ledono interessi della società, essendo la società un soggetto distinto dai soci che ha la disponibilità esclusiva delle posizioni giuridiche facenti capo ad essa (cfr., ex multis, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 19 ottobre 2006, n. 815).

In applicazione di tale principio, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per difetto di legittimazione attiva.

Tale conclusione si impone anche per quanto concerne l’impugnazione dell’informativa antimafia, atteso che tale atto, contrariamente a quanto prospettato da parte ricorrente, riguarda esclusivamente la posizione di Ecoalbenga e il rapporto contrattuale che lega tale Società al Comune.

Fermo restando che le odierne ricorrenti, in ogni caso, non avrebbero interesse ad impugnare atti che incidono direttamente sul rapporto contrattuale predetto, riflettendosi solo in via indiretta sulla posizione del socio privato e della sua controllante.

 

3) Quanto al secondo ricorso (r.g. n. 615 del 2011), proposto da Ecoalbenga S.p.a., la difesa comunale eccepisce preliminarmente la carenza di interesse all’impugnazione di atti che, riguardando la sola proroga del contratto fino al 31 dicembre 2010, avevano esaurito la propria efficacia al momento della notificazione del gravame giurisdizionale.

L’eccezione non può essere condivisa in quanto, essendo il rapporto tra il Comune di Albenga ed Ecoalbenga proseguito oltre il termine di scadenza suindicato, in forza di ulteriore proroga, i provvedimenti comunali impugnati e l’informativa antimafia che ne costituiva presupposto hanno inciso effettivamente su un rapporto contrattuale in essere, ledendo in modo diretto e immediato l’interesse dell’affidataria del servizio.

 

4) Nel merito, le censure dedotte con il primo motivo di ricorso investono direttamente l’informativa antimafia la quale sarebbe viziata sotto il profilo dell’errore sui presupposti e del travisamento fattuale, poiché l’ipotesi delittuosa ivi contemplata (riciclaggio), in realtà, non sarebbe mai stata contestata al signor G.G., precedente presidente della Green Holding S.p.a.

In effetti, sia l’ordinanza di custodia cautelare in carcere sia il decreto di rinvio a giudizio non contestavano al G. il reato di riciclaggio, ma l’associazione per delinquere finalizzata a commettere plurimi delitti, tra cui quello di riciclaggio di denaro di provenienza illecita.

E’ anche vero che la disposizione applicata nella fattispecie (l’art. 10, comma 7, lett. a), del d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252) non annovera l’associazione per delinquere semplice tra le ipotesi sintomatiche ex lege di tentativi di infiltrazione mafiosa e che, in generale, le misure cautelari o che dispongono il giudizio, per giustificare l’applicazione della norma citata, devono essere correlate alle figure di reato ivi elencate (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 marzo 2005, n. 1039).

Nel caso in esame, però, la pedissequa applicazione di tale principio porterebbe a risultati assurdi e apertamente contrastanti con le finalità che la norma persegue.

Infatti, non è ragionevole ritenere che, mentre l’autonoma imputazione per il delitto di riciclaggio, indipendentemente dalla gravità della fattispecie concreta, costituisca sintomo ex lege di un tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata, tale presupposto non si debba ravvisare nel caso di reato associativo finalizzato a commettere una pluralità di delitti di riciclaggio, essendo quest’ultima ipotesi intrinsecamente caratterizzata da un potenziale di pericolosità superiore a quello che si riscontra nel caso di delitto singolo.

Tanto più che al precedente presidente della Green Holding non si contestava la mera partecipazione all’associazione per delinquere, ma veniva attribuita la qualifica di “promotore e capo dell’associazione”, quale “dominus indiscusso” del gruppo industriale.

In conclusione, la censurata informativa antimafia ha correttamente messo in luce elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa, in coerenza con le conseguenze che la norma applicata consente, e si sottrae, perciò, alle censure di legittimità dedotte con il primo motivo di ricorso.

 

5) In secondo luogo, l’esponente denuncia l’indebita estensione del potere di accertamento esercitato nella fattispecie dalla Prefettura la quale, investita di una richiesta di informazioni antimafia relative alla posizione di Ecoalbenga S.p.a., non avrebbe potuto compiere verifiche relative agli amministratori dei soci di minoranza di tale Società.

Il potere esercitato nella fattispecie, però, trovava legittimo fondamento nel disposto dell’art. 10, comma 8, del d.P.R. n. 252/1998, in forza del quale “la prefettura competente estende gli accertamenti pure ai soggetti, residenti nel territorio dello Stato, che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell'impresa”.

La tesi di parte ricorrente, secondo cui l’estensione soggettiva degli accertamenti ex comma 8 cit. sarebbe consentita nel solo caso delle “informative atipiche” di cui alla lettera c) del comma 7, e non anche di quelle tipiche di cui alla lettera a) della medesima disposizione, non è confortata da alcun elemento letterale del disposto legislativo e, soprattutto, contrasta con la ratio di prevenzione effettiva che impronta l’istituto dell’informativa antimafia e che impone, al fine di evitare facili elusioni della normativa, di estendere gli accertamenti anche ai soggetti, eventualmente diversi dagli organi di vertice dell’impresa, che siano capaci di influenzarne gli indirizzi e le scelte gestionali.

Anche sotto tale profilo, pertanto, l’atto della Prefettura appare immune dai vizi di legittimità dedotti da parte ricorrente.

 

6) I motivi di ricorso dal terzo al settimo investono i provvedimenti con cui il Comune di Albenga, in ragione dei contenuti dell’informativa antimafia, ha deciso di caducare il rapporto contrattuale in essere con Ecoalbenga S.p.a.

Il primo di essi riguarda il vizio di illegittimità derivata e deve essere immediatamente disatteso, stante la riscontata infondatezza delle censure di legittimità svolte avverso l’atto presupposto.

 

7) Con il quarto motivo, l’esponente denuncia la violazione dei principi di buona amministrazione ed economicità dell’azione amministrativa, in ragione del fatto che il Comune di Albenga, discostandosi dalle indicazioni contenute nel parere legale che aveva ritenuto di acquisire, si è risolto a disporre l’immediata cessazione del rapporto contrattuale con Ecoalbenga, anziché consultare la Prefettura per un definitivo chiarimento, come avrebbero imposto l’asserita confusione della situazione e i contenuti perplessi della stessa nota prefettizia.

La prospettazione di parte ricorrente appare priva di pregio giuridico, dovendo la legittimità dell’azione amministrativa essere valutata in rapporto ai vincoli che derivano dalle prescrizioni di legge e di regolamento, non sulla base della conformità alle linee di condotta suggerite dai consulenti liberamente scelti dall’amministrazione.

Equivale a dire che l’eventuale scostamento rispetto ai suggerimenti formulati dal consulente (peraltro, nella fattispecie, formulati in via meramente prudenziale dal professionista legale scelto dal Comune) non può refluire sul provvedimento amministrativo conseguentemente adottato, configurandosi quale autonomo vizio di legittimità dello stesso.

Da un punto di vista sostanziale, si rileva come il Comune, avendo accertato il carattere direttamente interdittivo della nota prefettizia, si sia correttamente risolto a disporre la cessazione del rapporto contrattuale in essere, evitando ulteriori lungaggini che, alla luce del contenuto obiettivamente non perplesso delle informazioni ricevute, sarebbero risultate superflue.

 

8) La ricorrente denuncia quindi, con il quinto motivo di gravame, la carenza di motivazione degli impugnati provvedimenti comunali, posto che la caducazione del rapporto contrattuale in corso, nel caso di informativa negativa sopravvenuta alla stipulazione del contratto, non costituirebbe un atto necessitato, ma il frutto di una scelta discrezionale dell’amministrazione, ed avrebbe pertanto richiesto valutazioni concrete in punto interesse pubblico alla prosecuzione del rapporto, di cui gli atti impugnati non recano traccia.

L’argomentazione di parte ricorrente capovolge i termini della questione.

Ha precisato la giurisprudenza amministrativa, infatti, che, a fronte di un’informazione ad effetto direttamente interdittivo, le determinazioni in ordine alla recisione dei rapporti contrattuali con l’impresa colpita dall’informativa hanno carattere vincolato, anche nel caso in cui la causa di decadenza sopravvenga alla stipulazione del contratto ed all’avvio dell’esecuzione, potendosi fare solamente eccezione per i casi in cui l’amministrazione, attraverso una valutazione di convenienza relativa al tempo di esecuzione del contratto e alla difficoltà di trovare un nuovo contraente, ritenga opportuno, nell’interesse pubblico, garantire la prosecuzione del rapporto in corso (Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 2006, n. 4135; idem, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7619).

Solo in questi ultimi casi, l’amministrazione è tenuta a corredare il provvedimento di ampia motivazione che valga a comprovare le eccezionali circostanze che giustificano il mantenimento del contratto.

Nell’opposto caso in cui, in assenza di tali circostanze, non si ravvisino ragioni per vanificare la portata dell’informazione interdittiva, i provvedimenti che recidono il rapporto contrattuale sono sufficientemente motivati con il rinvio all’informazione stessa.

Ne deriva l’insussistenza, nel caso in esame, di un particolare onere motivazionale, non avendo l’amministrazione ritenuto che le circostanze del caso concreto facessero emergere un particolare interesse pubblico al mantenimento del rapporto contrattuale con Ecoalbenga.

 

9) Con il sesto motivo di ricorso, l’esponente si duole del proprio mancato coinvolgimento procedimentale, da ritenersi dovuto in ragione della confusione del quadro di riferimento e della natura conseguentemente non vincolata dei provvedimenti comunali che hanno caducato il rapporto contrattuale.

La giurisprudenza, peraltro, è univocamente orientata nel senso di escludere, in simili fattispecie, la necessità di comunicazione dell’avvio del procedimento, atteso che, in presenza di un’informativa antimafia sfavorevole, i consequenziali provvedimenti che incidono sull’affidamento di un pubblico servizio sono fortemente caratterizzati nei contenuti e intrinsecamente connotati dall’urgenza del provvedere (cfr., fra le ultime, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 31 gennaio 2008, n. 447 e T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 17 luglio 2007, n. 991).

La natura tipicamente interdittiva dell’informativa di cui si controverte nel presente giudizio, resa palese dal suo tenore letterale e riconosciuta dalla stessa ricorrente (cfr. pag. 15 ricorso), smentisce le affermazioni inerenti la confusione del quadro di riferimento, circostanza che avrebbe imposto una deroga ai principi sopra richiamati.

 

10) Con il settimo e ultimo motivo di ricorso, l’esponente denuncia il vizio di incompetenza, sostenendo che sarebbe spettato al Consiglio comunale (ovvero, in subordine, al dirigente), e non alla Giunta, adottare il provvedimento consequenziale all’informativa prefettizia.

La censura può essere esaminata per ultima, rispettando l’ordine di esposizione dei motivi di ricorso, in quanto l’esame prioritario della censura di incompetenza è imposto, di norma, dall’esigenza di non vincolare al giudicato un soggetto che non è stato posto in grado di partecipare al processo, mentre, nel presente caso, la questione posta investe la competenza degli organi di un medesimo soggetto giuridico (il Comune) che è stato ritualmente evocato nel giudizio ed ha potuto esercitare appieno le proprie difese (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 8 gennaio 2011, n. 10 e 8 luglio 2010, n. 2479).

Ciò premesso, la censura appare inammissibile per carenza di interesse in quanto, considerando la doverosità del provvedimento adottato dalla Giunta comunale e l’infondatezza dei già esaminati rilievi di legittimità riferiti al merito dello stesso, la riedizione del potere amministrativo da parte dell’organo eventualmente individuato come competente non potrebbe che sfociare nel’adozione di identico provvedimento (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 8 novembre 2005, n. 18695).

E’ opportuno soggiungere che, sebbene la contestata decisione configurasse un atto di chiara natura gestionale, quindi rimesso all’esclusiva competenza dirigenziale, l’atto di indirizzo adottato nella fattispecie dalla giunta non ha vincolato il dirigente né ha inciso sulla legittimità della determinazione successivamente assunta dallo stesso, non configurandosi quest’ultima come attuazione della deliberazione dell’organo collegiale, bensì direttamente degli obblighi derivanti ex lege dall’informazione antimafia tipica.

 

11) Il ricorso n. 615 del 2011, in conclusione, è infondato e deve esser respinto, anche per quanto concerne, ovviamente, l’istanza risarcitoria fondata sulla pretesa illegittimità degli atti impugnati.

 

12) Le spese dei giudizi riuniti seguono la soccombenza e sono equamente liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previamente riuniti, dichiara inammissibile il ricorso n. 496/2011, con i motivi aggiunti, e respinge il ricorso n. 615/2011.

Condanna Albenga Green S.r.l. e Green Holding S.p.a., in solido fra loro, a rifondere alle amministrazioni resistenti (Ministero dell’interno e Comune di Albenga) le spese di lite che liquida forfetariamente nell’importo di € 1.500, oltre accessori di legge, per ognuna di esse.

Condanna Ecoalbenga S.p.a. a rifondere alle amministrazioni resistenti (Ministero dell’interno e Comune di Albenga) le spese di lite che liquida forfetariamente nell’importo di € 1.500, oltre accessori di legge, per ognuna di esse.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Enzo Di Sciascio, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Richard Goso, Primo Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/02/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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