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TAR Lombardia, Brescia sez. II, 29/3/2012 n. 555
Il servizio di distribuzione del gas può essere affidato unicamente per ambiti territoriali.

La previsione ex art. 24, c. 4 del d.lgs. n. 93 del 2011, della possibilità di affidare il servizio di distribuzione del gas previa costituzione di ambiti territoriali minimi la cui individuazione era rimessa ad un atto regolamentare (di cui all'art. 46 bis del d.l. n. 159 del 2007) - indicata, peraltro, come unica possibilità ammessa in forza del D.M. 19 gennaio 2011 - è definitivamente divenuta obbligatoria, escludendo ogni possibilità di affidamento del servizio di distribuzione del gas da parte di singoli Comuni. Espressamente riconosciuta, quindi, in regime transitorio, la possibilità di portare a conclusione le procedure per le quali le lettere di invito siano state inviate prima dell'entrata in vigore di tale novella, dopo il 29 giugno 2011, il legislatore ha previsto che nuove gare possano essere indette solo a livello di ambito territoriale minimo, precludendo al singolo Comune la possibilità di bandire una gara autonoma per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas. Ciò ancorchè i decreti ministeriali, attuativi delle disposizioni normative relative alla costituzione degli ambiti, nel caso di specie, siano stati adottati, in parte, solo dopo la pubblicazione del bando. La norma, infatti, a prescindere dai tempi tecnici necessari per l'adozione della disciplina di dettaglio per l'attuazione delle scelte operate dalla legge in ordine al sistema di affidamento della gestione del servizio di distribuzione del gas, inequivocabilmente pone il divieto, nelle more, di procedere all'indizione di autonome gare da parte dei singoli Comuni: in tale periodo, quindi, il servizio dovrà essere garantito dal gestore attuale. Né pare che una tale previsione, dichiaratamente finalizzata al riordino del sistema di distribuzione del gas in un'ottica di perseguimento di un assetto efficiente dei settori della distribuzione e misura dell'energia elettrica in condizioni di economicità e redditività, contenendone gli oneri generali a vantaggio degli utenti finali, possa di per sé ritenersi lesiva dei principi di concorrenza e non discriminazione vigenti nell'ordinamento comunitario.

Materia: gas / affidamento concessione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1655 del 2011, proposto da:

Enel Rete Gas S.p.a., società soggetta a direzione e coordinamento di F2i Reti Italia S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso Elena Pagani in Brescia, via Gramsci, 30;

 

contro

Comune di Bagnolo Cremasco, rappresentato e difeso dall'avv. Federico Randazzo, con domicilio eletto presso Federico Randazzo in Brescia, via XX Settembre, 66;

 

per l'annullamento

- dell’avviso di gara pubblicato dal Comune di Bagnolo Cremasco sulla GUCE del 3 novembre 2011, recante in oggetto “Erogazione di gas e servizi connessi”;

- del disciplinare della procedura di affidamento del servizio di gas naturale a mezzo di rete urbana;

- dei relativi allegati;

- di tutti gli atti della gara relativa all’affidamento di tale servizio;

- di ogni altro atto o provvedimento preordinato, consequenziale o comunque connesso;

nonché

per l’accertamento e la dichiarazione del danno ingiusto subito dalla ricorrente per effetto degli impugnati provvedimenti, da risarcirsi, in via principale, in forma specifica, ovvero, solo in subordine, per equivalente mediante il pagamento di una cirfra a ristoro dei danni subiti e subendi da quantificarsi in corso di causa anche in via equitativa, unitamente ad interessi e rivalutazione monetaria;

e per la condanna

dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno ingiusto subito dalla ricorrente.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bagnolo Cremasco;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2012 il dott. Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con deliberazione del 19 ottobre 2011, il Comune intimato ha provveduto ad indire la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale a mezzo di rete urbana, approvando anche i criteri di valutazione delle offerte.

Ciò nonostante l’entrata in vigore, il 29 giugno 2011, dell’art. 24 del d. lgs. 93/2011, il cui quarto comma prescrive che il servizio di distribuzione del gas sia affidato unicamente per ambiti territoriali di cui all’art. 46 bis, comma 2, del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, come convertito in legge 222/2007.

Con determinazione 246 del 31 ottobre 2011 sono stati approvati gli atti relativi alla gara e più precisamente, il disciplinare di gara, il bando di gara, l’avviso di gara da pubblicare nella GUUE e nella G.U., l’avviso da pubblicarsi sui quotidiani, lo schema di contratto di servizio, ecc., documenti che sono stati consegnati in copia ad Enel Rete Gas s.p.a. (di seguito Enel Rete Gas) in data 9 novembre 2011.

Conseguentemente, il 3 novembre 2011 è stato pubblicato l’avviso di gara sulla GUCE e il 18 gennaio 2012 sono stati approvati gli atti relativi all’aggiudicazione definitiva della gara.

Ritenendo illegittimo il suddetto bando di gara (e, conseguentemente, tutti gli atti successivamente adottati in sua attuazione), Enel Rete Gas lo ha impugnato, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, delle direttive 98/30/CE e 2009/73/CE, dell’art. 24 del d. lgs. 93/2011, dell’art. 46 bis, comma 2, del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 19 gennaio 2011, di determinazione degli ambiti territoriali nel settore della distribuzione del gas e del successivo Decreto del 18 ottobre 2011, nonché dell’art. 66 del d. lgs. 163/2006 e 120 del d. lgs. 104/2010.

Dopo aver speso le proprie ragioni in ordine alla sussistenza della propria legittimazione attiva (seppur essa non abbia partecipato alla gara), in quanto operatore del settore interessato al rinnovo della gara stessa, la ricorrente si è soffermata sulla violazione delle norme sopra calendate e, quindi, del divieto da esse imposto di indire nuove gare per l’affidamento del servizio de quo per singolo Comune e non anche per l’intero ambito territoriale in cui il Comune stesso ricade.

Divieto pienamente operante, secondo la ricorrente, nel caso di specie in ragione dell’avvenuta pubblicazione del bando di gara solo il 3 novembre 2011 e, quindi, ben oltre il termine previsto dalla norma transitoria al fine di ammettere l’applicazione della previgente disciplina, fissato dal legislatore al 29 giugno 2011.

Al fine di sostenere la propria tesi, parte ricorrente ha richiamato, quindi, il precedente rappresentato dalle ordinanze del Consiglio di Stato, sez. V, 30 novembre 2011, nn. 5216 e 5217. Gli atti della procedura di gara in questione sarebbero, inoltre, illegittimi per violazione dell’obbligo di pubblicazione di cui all’art. 66 del d. lgs. 163/2006, in quanto il bando e i suoi allegati non sarebbero stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sui prescritti quotidiani nazionali. Ciò determinerebbe, quantomeno, la non decorrenza dei termini per ricorrere, rispetto ai quali il dies a quo sarebbe espressamente individuato dall’art. 120 del d. lgs 104/2010, dalla data in cui è avvenuta la pubblicazione di cui all’art. 66 comma 8 del d. lgs. 163/2006.

L’Amministrazione comunale, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto una pluralità di profili: la tardività dello stesso, la carenza di legittimazione a ricorrere di Enel Rete Gas, in quanto la stessa non ha mai presentato domanda di partecipazione alla gara censurata, la mancata notificazione del ricorso al gestore uscente.

Nel merito il ricorso sarebbe infondato, in quanto l’art. 24, comma 4 del d. lgs. 93/2011 non impedirebbe ai Comuni di bandire gare singole. A tal proposito parte resistente invoca il precedente di questo Tribunale n. 1170/2001.

Il ricorso avrebbe dovuto, inoltre, essere esteso agli esiti della gara e, in tale occasione, il contenzioso avrebbe dovuto essere allargato ai soggetti che a tale gara hanno partecipato.

Nella propria memoria di replica parte ricorrente ha controdedotto a tutte le eccezioni e sostenuto la propria tesi, ritenendo irrilevante il richiamo operato alla giurisprudenza formatasi attorno al diverso art. 46 bis del d. l. 159/2007.

Alla pubblica udienza del 28 marzo 2012 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva della ricorrente. A tale proposito il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi dalle conclusioni di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 4/11 che ha chiarito come “"la legittimazione del soggetto che impugna la decisione di indire una gara è ammessa nei soli casi in cui questi dimostri, comunque, una adeguata posizione differenziata, costituita, per esempio, dalla titolarità di un rapporto incompatibile con il nuovo affidamento contestato". Pertanto, conformemente all’orientamento fatto proprio dalla sezione V del Consiglio di Stato nella sentenza del 29 febbraio 2012, n. 1187, secondo cui la legittimazione attiva della ricorrente può essere desunta dal fatto che essa ha lamentato “non l'indizione in sé della gara, vantando titoli normativi, amministrativi o contrattuali che ne impedirebbero la celebrazione, bensì la minor ampiezza dell'ambito territoriale all'interno del quale svolgere il servizio che, a suo dire, dovrebbe essere allargato ad un più vasto bacino di utenza comprensivo di altri sei comuni limitrofi a quello capitolino”, anche nel caso di specie l’eccezione non può essere accolta.

È pur vero, infatti, che, in linea di principio, la situazione differenziata può essere ravvisata, in modo certo, solo per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione.

Ciononostante, sono individuate, come possibili ipotesi di legittimazione, in deroga al principio, i casi in cui il soggetto contrasta, in radice, la scelta della stazione appaltante di indire la procedura, l'operatore economico "di settore" contesta un "affidamento diretto" o senza gara, l'operatore manifesta l'intenzione di impugnare una clausola del bando "escludente", in relazione alla illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione.

Nel caso di specie, parte ricorrente censura la possibilità stessa, per il Comune, di bandire la gara, pertanto la mancata partecipazione alla stessa appare perfettamente in linea con la contestata carenza di presupposti per la sua indizione, con la conseguenza che la proposizione del ricorso deve ritenersi ammissibile.

Nel rispetto dell’ordine di trattazione delle questioni proposte - i principi che definiscono il quale sono puntualmente ricordati sempre dalla pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 4/2011 - il Collegio ritiene, quindi, di dover affrontare l’ulteriore questione preliminare attinente all’eccepita tardività del ricorso così notificato.

Anche tale eccezione non può trovare positivo apprezzamento, atteso che, a parere del Collegio, l’obbligo di pubblicazione dell’avviso di gara deve riguardare anche l’affidamento in concessione dei servizi, in quanto precipitato logico del più generale principio comunitario della pubblicità e massima partecipazione.

Ne discende che, poiché l’art. 120 del d.lgs. prevede che il termine decadenziale per l’impugnazione decorra dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è da tale momento che debbono essere computati i trenta giorni utili per la notificazione del ricorso, atteso che tale disposizione, nell’indicare il termine stesso non opera alcuna distinzione, a tale proposito, tra bandi aventi ad oggetto gare d’appalto e bandi riguardanti affidamento di servizi in concessione.

Poiché il Comune resistente non ha mai provveduto alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ma solo a quella sulla GUCE, il ricorso deve, quindi, ritenersi tempestivo per effetto del mancato decorso del termine decadenziale.

Del resto, è pur vero che, a prescindere dall’individuare lo specifico ambito di applicazione dell’art. 66 del d. lgs. 163/2006, con determinazione n. 246 del 31 ottobre 2011, il Comune di Bagnolo Cremasco ha approvato i documenti relativi alla gara per l'affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale nel territorio del Comune stesso e in tale occasione è stato altresì previsto - per soddisfare i principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento richiamati dall'art. 30 del Codice dei contratti – il rispetto di diverse forme di pubblicità e cioè la pubblicazione del bando di gara sulla GUUE, dell’avviso di gara sulla Gazzetta della Repubblica Italiana,dell’avviso per estratto sui quotidiani. In tal modo l'Amministrazione si è essa stessa determinata - e autovincolata - a procedere alla pubblicazione dell'avviso di bando anche sulla G.U.R.I.. Ne consegue che deve trovare applicazione il disposto dell'art. 66 comma 8 del Codice dei contratti, a norma del quale: "Gli effetti giuridici che l'ordinamento connette alla pubblicità in ambito nazionale decorrono dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana".

Ciò appare rilevante sia ai fini della valutazione della tempestività del ricorso, sia, come si vedrà nel prosieguo, per stabilire se si applichi o meno una disposizione nazionale (restando indifferente, sotto il profilo che qui interessa, la circostanza che la fattispecie riguardi una concessione di servizi) (cfr, in tal senso, la sentenza T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 27-10-2011, n. 1596).

Altrettanto infondata appare l’eccezione di inammissibilità connessa alla pretesa mancata notifica del ricorso introduttivo al gestore uscente del servizio di distribuzione del gas.

Invero, come evidenziato da parte ricorrente, il gestore uscente non ha interesse al mantenimento degli atti connessi alla procedura di affidamento impugnata, ma, al contrario, semmai alla loro caducazione che comporterebbe la continuazione della gestione del servizio da parte del medesimo: esso potrebbe, quindi, rivestire, al più, una posizione di cointeressato all’accoglimento del ricorso.

Peraltro il ricorso in esame non mette in discussione il riconoscimento del diritto all’indennizzo per l’eventuale riscatto dell’impianto, per cui anche sotto questo profilo non si ritiene fosse necessaria la notificazione del ricorso al proprietario dell’impianto oggetto di riscatto.

La difesa di parte ricorrente appare condivisibile anche con riferimento alla sostenuta irrilevanza della mancata impugnazione degli atti di gara, resa superflua dall’obiettivo primario perseguito con il ricorso, che è quello di caducare gli atti preordinati all’indizione della gara, con conseguente travolgimento a cascata dei successivi atti attuativi, la cui legittimità non avrebbe che potuto essere contestata per invalidità derivata, non intendendo, la ricorrente, censurare la successiva conduzione della gara.

Ne consegue che la mancata notificazione dei soggetti che hanno partecipato alla gara non può essere rilevante in termini di ammissibilità del ricorso.

Nel merito il ricorso appare fondato, atteso che il bando è stato pubblicato, anche se solo nella GUCE, in data 3 novembre 2011 e, quindi, successivamente al 29 giugno 2011, data individuata per il passaggio al nuovo regime.

Appare opportuno, a tale proposito, ricostruire il quadro normativo di riferimento.

Il quarto comma dell’art. 24 del d. lgs. n. 93 del 2011, così recita: “Gli enti locali che, per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, alla data di entrata in vigore del presente decreto, in caso di procedura di gara aperta, abbiano pubblicato bandi di gara, o, in caso di procedura di gara ristretta, abbiano inviato anche le lettere di invito, includenti in entrambi i casi la definizione dei criteri di valutazione dell'offerta e del valore di rimborso al gestore uscente, e non siano pervenuti all'aggiudicazione dell'impresa vincitrice, possono procedere all'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale secondo le procedure applicabili alla data di indizione della relativa gara. Fatto salvo quanto previsto dal periodo precedente, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le gare per l'affidamento del servizio di distribuzione sono effettuate unicamente per ambiti territoriali di cui all'articolo 46-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222”.

Con tale disposizione, la previsione della possibilità di affidare il servizio di distribuzione del gas previa costituzione di ambiti territoriali minimi la cui individuazione era rimessa ad un atto regolamentare (di cui all’art. 46 bis del d.l. n. 159 del 2007) – indicata, peraltro, come unica possibilità ammessa in forza del D.M. 19 gennaio 2011 (subito tacciato di non conformità alla legge) - è definitivamente divenuta obbligatoria, escludendo ogni possibilità di affidamento del servizio di distribuzione del gas da parte di singoli Comuni.

In tal senso, anche se come obiter dictum, in quanto nel caso di specie la disposizione non era applicabile ratione temporis, questo Tribunale si è già espresso nella sentenza 04 novembre 2011, n. 1516.

Espressamente riconosciuta, quindi, in regime transitorio, la possibilità di portare a conclusione le procedure per le quali le lettere di invito siano state inviate prima dell’entrata in vigore di tale novella, dopo il 29 giugno 2011 deve ritenersi che il legislatore abbia previsto che nuove gare possano essere indette solo a livello di ambito territoriale minimo, precludendo al singolo Comune la possibilità di bandire una gara autonoma per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas.

Ciò ancorchè i decreti ministeriali, attuativi delle disposizioni normative relative alla costituzione degli ambiti, siano stati adottati, in parte, solo dopo la pubblicazione del bando. Secondo l’Amministrazione resistente tale circostanza avrebbe reso inoperante l’obbligo di bandire le gare a livello di ambito territoriale fino all’11 febbraio 2012, data di entrata in vigore dell’ultimo decreto attuativo.

Tale tesi non può essere condivisa. La norma, infatti, a prescindere dai tempi tecnici necessari per l’adozione della disciplina di dettaglio per l’attuazione delle scelte operate dalla legge in ordine al sistema di affidamento della gestione del servizio di distribuzione del gas, inequivocabilmente pone il divieto, nelle more, di procedere all’indizione di autonome gare da parte dei singoli Comuni: in tale periodo, quindi, il servizio dovrà essere garantito dal gestore attuale.

Né pare che una tale previsione, dichiaratamente finalizzata al riordino del sistema di distribuzione del gas in un’ottica di perseguimento di un assetto efficiente dei settori della distribuzione e misura dell'energia elettrica in condizioni di economicità e redditività, contenendone gli oneri generali a vantaggio degli utenti finali, possa di per sé ritenersi lesiva dei principi di concorrenza e non discriminazione vigenti nell’ordinamento comunitario.

Per quanto attiene all’eccepita incostituzionalità della norma che impone il divieto di bandire gare per l’affidamento del servizio di distribuzione ai singoli Comuni per eccesso di delega della norma e conseguente violazione dell’art. 76 della Costituzione, il Collegio, esaminata la pronuncia del TAR Milano n. 539/2012, invocata da parte resistente, non ritiene che le conclusioni cui essa perviene siano talmente stringenti da rendere opportuno un ulteriore rinvio, deducendo la medesima questione, alla Corte Costituzionale ovvero la sospensione del giudizio in attesa della pronuncia del giudice delle leggi.

In ragione di tutto quanto sin qui rappresentato, merita, quindi accoglimento il ricorso in esame, nella parte in cui è preordinato alla caducazione del provvedimento impugnato. Non altrettanto può ritenersi con riferimento alla connessa domanda risarcitoria, la quale risulta essere stata solo genericamente dedotta. Parte ricorrente, infatti, non ha fornito alcun principio di prova in ordine al fatto che l’indizione della gara censurata abbia in qualche modo prodotto un danno concreto, immediato e diretto nei confronti della stessa. Ne consegue la mancanza del presupposto essenziale per il riconoscimento del diritto al risarcimento.

Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la novità della questione controversa e la complessità della stessa.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio, fatto salvo il rimborso, a favore della ricorrente, del contributo unificato dalla stessa anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni,     Presidente

Stefano Tenca,           Consigliere

Mara Bertagnolli,       Primo Referendario, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/03/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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