N. 00008/2012REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
1) sul ricorso numero 15 del 2012 del registro dell’adunanza plenaria (n. di registro generale 5393 del 2011), integrato da motivi aggiunti, proposto dal Consorzio Cooperative Costruzioni - CCC società cooperativa, in proprio ed in qualità di capogruppo mandataria dell’a.t.i. costituita con Rillo Costruzioni s.r.l. e Lavori Generali Contestabile s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Nunzio Pinelli e Andrea Abbamonte, con domicilio eletto presso Nunzio Pinelli in Roma, piazza B. Cairoli, n. 2;
contro
Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Consorzio nazionale cooperative di produzione e lavoro "Ciro Menotti", in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Stajano, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via di Villa Albani, n. 12/A;
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. , in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Roma, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, piazza Cavour, n. 17;
Assicoop Ravenna s.p.a.;
2) sul ricorso numero 16 del 2012 del registro dell’adunanza plenaria (n. di registro generale 7800 del 2011), proposto da Cotreco s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Enrico Soprano, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;
contro
RFI Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. , in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Roma, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, piazza Cavour, n. 17;
nei confronti di
Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Consorzio nazionale cooperative di produzione e lavoro "Ciro Menotti", in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Stajano, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via di Villa Albani, n. 12/A;
a.t.i. Toriello Aniello s.r.l.;
per la riforma
quanto al ricorso n. 15 del 2012 (n. 5393 del 2011):
della sentenza breve del T.a.r. Campania – Napoli, sezione VIII, 19 maggio 2011 n. 2785, resa tra le parti,
quanto al ricorso n. 16 del 2012 (n. 7800 del 2011):
della sentenza breve del T.a.r. Campania – Napoli, sezione VIII, 19 maggio 2011 n. 2786, resa tra le parti,
entrambe concernenti ESCLUSIONE DA AGGIUDICAZIONE DI APPALTO DI LAVORI PUBBLICI;
Visti i ricorsi in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, del Consorzio Nazionale Cooperative di produzione e lavoro "Ciro Menotti" e di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
vista l’ordinanza della sezione VI del Consiglio di Stato 5 marzo 2012, n. 1245 con cui l’esame degli appelli è stato deferito all’adunanza plenaria;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2012 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati Abbamonte (anche per delega dell’avvocato Soprano), Pinelli, Roma, e l’avvocato dello Stato D'Ascia;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando di gara regolarmente pubblicato Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (d’ora innanzi RFI) ha indetto una procedura di appalto per la realizzazione di vari sottovia connessi con opere ferroviarie, per un importo complessivo a base di gara di euro 25.498.000, e con termine di presentazione delle offerte fissato al 7 maggio 2009.
2. Il disciplinare di gara prevede a pena di esclusione una dichiarazione sostitutiva in cui il concorrente dichiara, per quel che qui interessa:
1.1.3.9) che non ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali (…);
1.1.3.10) la propria regolarità contributiva nei confronti degli Enti previdenziali e assistenziali, per la cu verifica comunica i seguenti dati: (…).
Nel caso trattasi di consorzi di cui all’art. 34, comma 1, lettera b) e c) del d.lgs. n. 163 del 2006 la dichiarazione di cui al presente punto 1.1.3) deve essere resa, integralmente, dal legale rappresentante del consorzio, nonché da tutti i legali rappresentanti delle imprese consorziate per le quali il consorzio dichiara di partecipare, limitatamente ai punti da 1.1.3.1) a 1.1.3.17).
Al punto 1.1.6) il disciplinare dispone che “la cauzione provvisoria copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario nonché la mancata dimostrazione dei requisiti di idoneità necessari ai fini della partecipazione alla gara”.
3. L’offerta con maggiore ribasso, presentata dall’associazione temporanea di imprese (a.t.i.) Castaldo s.p.a. - So.Ge.L. s.r.l., è stata sottoposta a verifica di anomalia ed esclusa; su tale esclusione pende un diverso contenzioso, ancora in primo grado (r.g. 3639/2010 Tar Lazio – Roma, con udienza di merito celebratasi il 1° dicembre 2011; la decisione non risulta pubblicata alla data del passaggio in decisione della presente causa).
4. Con delibera 25 marzo 2010 n. 20 l’appalto era stato aggiudicato in via definitiva all’a.t.i. Consorzio Ravennate – Rillo Costruzioni s.r.l. – Lavori Generali Contestabile s.r.l.
Tuttavia, nel corso delle verifiche a carico dell’a.t.i. aggiudicataria, RFI ha riscontrato l’esistenza di una irregolarità contributiva in capo alla CO.TR.ECO. s.r.l., indicata quale ditta esecutrice dei lavori dalla AR.CO. Lavori s.c.c., a sua volta indicata come esecutrice dei lavori dall’a.t.i.
RFI ha instaurato il contraddittorio con nota fax del 27 settembre 2010; l’aggiudicataria ha controdedotto con nota 4 ottobre 2010; RFI ha ritenuto tali deduzioni insufficienti e, con nota 25 ottobre 2010, ha comunicato all’a.t.i. aggiudicataria l’esclusione dalla gara, l’annullamento della precedente delibera di aggiudicazione 25 marzo 2010 n. 20 e l’incameramento della cauzione provvisoria (esclusione disposta con delibera 22 ottobre 2010 n. 86 a firma del referente di progetto).
In data 29 ottobre 2010 RFI ha comunicato l’esclusione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, per quanto di competenza.
L’a.t.i. in data 5 novembre 2010 ha inviato a RFI una nota con cui ha chiesto il ritiro del provvedimento di esclusione.
Con nota 19 novembre 2010 la stazione appaltante ha confermato la disposta esclusione.
Con delibera 9 novembre 2010 n. 91 è stata disposta l’aggiudicazione in favore del concorrente che seguiva in graduatoria, l’a.t.i. Consorzio nazionale coop. prod. e lav. Ciro Menotti – Toriello Aniello s.r.l.
5. Contro i provvedimenti relativi all’esclusione dell’a.t.i. Consorzio Ravennate – Rillo Costruzioni s.r.l. – Lavori Generali Contestabile s.r.l. sono stati proposti due distinti ricorsi al Tar Campania – Napoli, il primo da parte del Consorzio Ravennate quale mandatario dell’a.t.i. il secondo da parte di CO.TR.ECO. s.r.l., quest’ultimo diretto anche contro il consequenziale provvedimento dell’Autorità di vigilanza, di iscrizione nel casellario informatico. In entrambi i ricorsi con successivi motivi aggiunti è stato impugnato anche il provvedimento di aggiudicazione in favore dell’a.t.i. Consorzio nazionale coop. prod. e lav. Ciro Menotti – Toriello Aniello s.r.l.
6. Dopo il regolamento di competenza d’ufficio disatteso dalle ordinanze del Cons. St., sez. VI, 25 marzo 2011, nn. 1837 e 1838, i due contenziosi sono stati definiti con le sentenze in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale Campania – Napoli, 19 maggio 2011, nn. 2785 e 2786, che hanno respinto i ricorsi.
7. Ha ritenuto il Tar, con le due sentenze di analogo tenore, che:
a) correttamente l’esclusione è stata disposta sia nei confronti dell’a.t.i. che della singola consorziata priva del requisito della regolarità contributiva; il Consorzio Ravennate ha partecipato alla gara nella qualità di consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro costituito a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, soggetto ammesso ai pubblici appalti ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. b), d.lgs. 12 aprile 2006. n. 163 e dotato di soggettività giuridica autonoma; pur trattandosi di soggetto con struttura ed identità autonoma rispetto a quella delle cooperative consorziate, il possesso dei requisiti generali e morali ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate, dovendosi ritenere cumulabili in capo al consorzio i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 d.lgs. n. 163 del 2006;
b) il consorzio non avrebbe, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti, potuto sostituire la consorziata priva del requisito (motivazione solo della sentenza n. 2785/2011);
c) l’incameramento della cauzione e la segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ben potevano essere disposti dalla stazione appaltante anche per difetto dei requisiti di ordine generale (motivazione solo della sentenza n. 2785/2011);
d) non può dubitarsi dell’esistenza dell’irregolarità contributiva riportata nei documenti unici di regolarità contributiva (d.u.r.c.) acquisiti dalla stazione appaltante (recanti un debito contributivo pari a circa euro 6.000,00); il d.u.r.c. assume la valenza di una dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell’articolo 2700 c.c., facente quindi prova fino a querela di falso; ne consegue che, attesa la natura giuridica del d.u.r.c., non residuava in capo alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso contenute; inoltre, deve escludersi che le stazioni appaltanti debbano in casi del genere svolgere un’apposita istruttoria per verificare l’effettiva entità e gravità delle irregolarità contributive dichiarate esistenti (con la valenza giuridica della pubblica fede) nel predetto documento;
e) quanto al requisito della gravità, nel settore previdenziale, in considerazione dei gravi effetti negativi sui diritti dei lavoratori, sulle finanze pubbliche e sulla concorrenza tra le imprese derivanti dalla mancata osservanza degli obblighi in materia previdenziale, debbono considerarsi “gravi” tutte le inadempienze rispetto a detti obblighi, salvo che non siano riscontrabili adeguate giustificazioni, come, ad esempio, la sussistenza di contenziosi di non agevole e pronta definizione sorti a seguito di verifiche e contestazioni da parte degli organismi previdenziali ovvero la necessità di verificare le condizioni per un condono o per una rateizzazione;
f) in ordine al presunto difetto di motivazione, dall’esame degli atti emerge che la stazione appaltante ha congruamente illustrato la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 38, comma 1, lett. i) d.lgs. n. 163 del 2006 per disporre l’esclusione dalla gara, sia quanto alla definitività dell’accertamento previdenziale, sia quanto alla gravità dell’illecito previdenziale;
g) non rileva infine la regolarizzazione successiva della posizione previdenziale, in quanto l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando irrilevante, pena la vanificazione del principio della par condicio, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva; l’opposta interpretazione avrebbe invero l’effetto deleterio di indebolire l’osservanza della normativa in materia previdenziale, che, al contrario, pur nell’ambito della normativa settoriale sull’espletamento delle gare, si vuol rafforzare; le imprese sarebbero quasi incentivate alla violazione di legge, considerando di poter poi provvedere comodamente alla regolarizzazione, con l’effetto vantaggioso di poter scegliere se farlo o meno in funzione dell’utile risultato dell’aggiudicazione, senza il rischio di pregiudizio per il conseguimento dell’appalto;
h) sono per l’effetto infondati i vizi di illegittimità derivata dell’annotazione nel casellario informatico (motivazione della sola sentenza n. 2786/2011);
i) quanto al vizio dedotto in via autonoma in ordine all’annotazione nel casellario informatico, relativo alla mancata partecipazione al procedimento davanti all’Autorità di vigilanza, nel caso di specie la previa comunicazione del provvedimento di esclusione dalla gara e di annullamento della pregressa aggiudicazione, costituisce ad avviso del Tar equipollente dell’avviso di avvio del procedimento davanti all’Autorità, tanto più che nel disciplinare di gara (pag. 12) era specificamente previsto che l’esito negativo delle verifiche sul possesso dei requisiti autocertificati nei confronti dell’aggiudicatario dell’appalto “comporterà l’adozione del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione definitiva, la escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità di Vigilanza, ai sensi delle vigenti disposizioni” (motivazione della sola sentenza n. 2786/2011);
l) quanto ai presunti errori formali contenuti nella gravata annotazione nel casellario informatico, relativi ai riferimenti normativi ivi indicati e alla presunta assenza di rilievi sulla posizione contributiva alla data del 22 aprile 2009, gli stessi sono insussistenti in quanto: (i) non vi è dubbio che tale annotazione si riferisca al motivo di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. i), tenuto conto del riferimento ai d.u.r.c. rilasciati dai competenti uffici che, evidentemente, attengono al requisito della regolarità contributiva previdenziale ed assistenziale; (ii) dai d.u.r.c. acquisiti dalla stazione appaltante, è risultata irregolare la posizione della CO.TR.ECO. s.r.l. alla data dell’autodichiarazione prodotta a corredo dell’offerta (22 aprile 2009, come risulta dalla documentazione inviata dalla Cassa Edile di Salerno) e alla data di richiesta del d.u.r.c. da parte della stazione appaltante per la stipula del contratto (30 giugno 2010, come emerge dai d.u.r.c. delle Casse Edili di Salerno, L’Aquila ed Avellino) (motivazione della sola sentenza n. 2786/2011).
8. Tali due sentenze hanno formato oggetto di separati appelli, rispettivamente n. 5393/2011 proposto dal Consorzio Ravennate quale mandatario dell’a.t.i., e n. 7800/2011 proposto da CO.TR.ECO. s.r.l..
9. Chiamata la causa all’udienza del 6 dicembre 2011 davanti alla VI Sezione del Consiglio di Stato, la stessa è stata rinviata, su istanza di parte, per esaminare i nuovi atti adottati nelle more dalla stazione appaltante.
Infatti, a causa dei numerosi contenzioni instaurati, la stazione appaltante, con atto di autotutela in data 1 dicembre 2011, ha revocato l’intera procedura.
10. L’atto di revoca, secondo quanto ha dedotto RFI nell’istanza depositata il 10 febbraio 2012, risulta impugnato in primo grado da altri concorrenti, diversi dagli odierni appellanti, e in particolare dalla società ITER e dall’a.t.i. Castaldo - Sogel, da quest’ultima con motivi aggiunti nell’ambito del giudizio r.g. n. 3639/2010 pendente davanti al Tar del Lazio – Roma.
Il ricorso proposto da ITER contro l’atto di revoca pende davanti al Tar Campania – Napoli e l’udienza cautelare risulta fissata per il giorno 22 febbraio 2012.
Alla luce di tali vicende sopravvenute RFI ha depositato in data 10 febbraio 2012 istanza di rinvio della causa.
Le altre parti si sono opposte.
11. Alla pubblica udienza del 14 febbraio 2012 davanti alla VI Sezione, il Collegio non ha accordato il rinvio, ritenendo che il giudizio sulla revoca dell’intera gara non ha carattere pregiudiziale rispetto al presente contenzioso.
12. L’atto di revoca dell’intera gara è stato anche gravato con motivi aggiunti dall’appellante nel ricorso n. 5393/2011.
12.1. RFI ha eccepito l’inammissibilità dei motivi aggiunti proposti per la prima volta in appello contro atti nuovi.
13. A seguito della pubblica udienza del 14 febbraio 2012 la VI Sezione ha reso l’ordinanza n. 1245/2012, con cui ha riunito gli appelli e rimesso l’esame di essi all’adunanza plenaria.
13.1. Osserva l’ordinanza di rimessione che la questione di diritto centrale, che la causa pone, è quella, proposta con entrambi gli appelli, inerente la corretta interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. i), codice appalti.
13.2. Con gli appelli si assume che, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. i), codice appalti, rileverebbero solo le violazioni previdenziali “gravi” e che nella specie non vi era una grave irregolarità contributiva, atteso che si tratterebbe di cifra minima se raffrontata al valore dell’appalto, e che comunque l’irregolarità era stata sanata tempestivamente.
Si invoca quella giurisprudenza secondo cui la valutazione della gravità della violazione contributiva sarebbe rimessa alla stazione appaltante e prescinderebbe da qualunque automatismo discendente dal contenuto del d.u.r.c. [Cons. St., sez. V, 16 settembre 2011, n. 5186; Id., sez. V, 30 settembre 2009, n. 5896; Id., sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4907].
Incongrua sarebbe la motivazione della stazione appaltante in ordine alla gravità della violazione, trattandosi di mero ritardo nel pagamento di soli tre ratei contributivi, saldati dopo pochi giorni rispetto alle scadenze.
13.3. L’ordinanza di rimessione rileva che in ordine alla questione della “gravità” della irregolarità contributiva, rimessa alla valutazione della stazione appaltante, sussiste un contrasto di giurisprudenza.
Secondo la soluzione più rigorosa, ratificata anche dal legislatore con il d.l. n. 70 del 2011 in sede di novella dell’art. 38, codice appalti, la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto [Cons. St., sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5531; sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2284; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 24 agosto 2010, n. 5936; sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1934; sez. V, 19 novembre 2009, n. 7255; sez. V, 19 novembre 2009, n. 5771, ord.; sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458; sez. IV, 10 febbraio 2009, n. 1458; sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5069; sez. V, 23 gennaio 2008, n. 147].
Nello stessa senso è orientata anche l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, secondo cui le stazioni appaltanti sono tenute a prendere atto della certificazione senza poterne in alcun modo sindacare le risultanze dovendosi ascrivere il d.u.r.c. al novero delle dichiarazioni di scienza, assistite da fede pubblica privilegiata ai sensi dell'art. 2700 c.c., e facenti piena prova fino a querela di falso [Autorità, determinazione n. 1/2010].
13.4. Secondo un opposto e contemporaneo (in senso cronologico) orientamento, l’insindacabilità del contenuto formale del d.u.r.c. secondo la disciplina previdenziale, non assume il significato di un’abrogazione implicita del preciso disposto dell’art. 38, codice appalti, nella parte in cui la previsione preclude la partecipazione alle procedure di affidamento di quei soggetti che abbiano “commesso violazioni gravi, definitivamente accertate alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali”.
Il raccordo tra le due discipline, quella previdenziale e quella recata dal codice appalti, pertanto, andrebbe ricercato nella valutazione dell’incidenza di quanto attestato nel d.u.r.c. rispetto alla specifica procedura di affidamento, e tale valutazione, di natura propriamente discrezionale, sarebbe riservata alla stazione appaltante.
Invero, un conto sarebbe la regolarità contributiva formale, rimessa al potere di accertamento e di valutazione dell’istituto previdenziale, un conto la gravità della violazione in materia contributiva e previdenziale, ai fini della partecipazione ad una gara rimessa alla stazione appaltante che, in concreto ed al di fuori di ogni automatismo, dovrebbe per l’appunto valutare la presenza di indici sintomatici della gravità dell’infrazione, tali da giustificare l’estromissione dalla gara; la formale regolarità contributiva sarebbe rimessa al potere di accertamento e di valutazione dell’Istituto previdenziale, mentre la gravità di una violazione in materia contributiva e previdenziale, ai fini della partecipazione ad una gara pubblica, imporrebbe un’ulteriore valutazione affidata alla stazione appaltante [Cons. St., sez. V, 16 settembre 2011, n. 5186; sez. V, 30 giugno 2011, n. 3912; sez. IV, 24 febbraio 2011, n. 1228; sez. V, 3 febbraio 2011, n. 789; sez. V, 11 gennaio 2011, n. 83; sez. V, 27 dicembre 2010, n. 9398; sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6907; sez. V, 30 settembre 2009, n. 5896; sez. VI, 4 agosto 2009, nn. 4905 e 4907].
13.5. Tale contrasto di giurisprudenza risulta espressamente risolto dal legislatore (con il d.l. n. 70/2011) nel senso che la mancanza di d.u.r.c. comporta una presunzione legale di gravità delle violazioni.
Il citato d.l. n. 70/2011, non tocca la lett. i) dell’art. 38 codice appalti, ma inserisce nel comma 2 dell’art. 38 una previsione volta a dare rilevanza al d.u.r.c. e ad escludere ogni discrezionalità della stazione appaltante nella valutazione della gravità delle violazioni previdenziali e assistenziali.
In particolare, ai fini del comma 1, lett. i), dell’art. 38, si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva di cui all'art. 2, comma 2, d.l. 25 settembre 2002, n. 210, convertito in l. 22 novembre 2002, n. 266.
Tale previsione è stata introdotta dal d.l. n. 70/2011 e non è stata toccata dalla l. di conversione, per cui è in vigore dal 14 maggio 2011.
Peraltro la disposizione si applica, ratione temporis, a procedure i cui bandi o avvisi, ovvero, nelle procedure senza bando, inviti, siano successivi al 14 maggio 2011 (art. 4, co. 3, d.l. n. 70/2011).
Non è chiaro, assume l’ordinanza di rimessione, se lo ius superveniens abbia una valenza interpretativa, e dunque retroattiva, o sia invece innovativo.
Da un lato, la disposizione mira a risolvere un contrasto interpretativo, e tanto potrebbe far propendere per la sua portata interpretativa.
Tuttavia, le disposizioni interpretative, per la loro portata retroattiva, devono essere chiaramente riconoscibili come tali, e tanto non emerge con riguardo alla disposizione in commento, per la quale, al contrario, il legislatore la ha dichiarata applicabile solo a procedure i cui bandi siano successivi all’entrata in vigore della disposizione.
13.6. In definitiva, lo ius superveniens, se risolve il contrasto esegetico per il futuro, non lo ha risolto per le procedure di gara anteriori, sicché la soluzione del contrasto stesso è stata rimessa all’esame dell’adunanza plenaria.
13.7. L’ordinanza di rimessione non ha preso posizione a favore di una tesi o dell’altra, ma ha fornito alcuni elementi sull’evoluzione del quadro normativo.
DIRITTO
1. Per la soluzione della questione di diritto rimessa all’esame dell’adunanza plenaria, in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (recante il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, d’ora innanzi “codice appalti” o d.lgs. n. 163 del 2006), giova premettere una breve ricostruzione del quadro normativo.
1.1. L’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, considera causa di esclusione non qualsivoglia violazione in materia di obblighi contributivi, ma solo le <<violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali>>.
1.2. Va evidenziata la differenza rispetto al regime normativo previgente al d.lgs. n. 163 del 2006.
Prima della sua entrata in vigore, vi era un regime differenziato per la valutazione delle infrazioni previdenziali nei diversi settori degli appalti:
a) nel settore dei lavori pubblici, l’art. 75 d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 richiedeva la gravità delle infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici;
b) nel settore dei servizi pubblici e delle forniture pubbliche andavano esclusi dalle gare, in base all’art. 12, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 157 del 1995 e all’art. 11, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 358 del 1992, coloro <<che non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti>>;
c) nei settori speciali si applicavano le cause di esclusione rispettivamente previste per i lavori, i servizi e le forniture nei settori ordinari (art. 22 d.lgs. n. 158 del 1995).
E’ evidente che prima del d.lgs. n. 163 del 2006, per gli appalti di servizi e forniture, nei settori ordinari e speciali, era causa di esclusione qualsivoglia violazione in ordine al pagamento di contributi previdenziali e assistenziali.
Per i lavori nei settori ordinari e speciali, prima del codice appalti, erano causa di esclusione solo le violazioni gravi.
1.3. Nel regime introdotto dal codice appalti, per tutti i tipi di appalti, sia nei settori ordinari che speciali, sono causa di esclusione solo le gravi violazioni previdenziali, definitivamente accertate.
L’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 crea anche una differenza tra la regolarità contributiva richiesta al partecipante alla gara, e la regolarità contributiva richiesta all’aggiudicatario al fine della stipula del contratto.
Infatti, il concorrente può essere escluso solo in presenza di gravi violazioni, definitivamente accertate, sicché le violazioni non gravi, o ancora non definitive, non sono causa di esclusione.
Invece, al fine della stipula del contratto, l’affidatario deve presentare la certificazione di regolarità contributiva ai sensi dell’art. 2 d.l. n. 210 del 2002 (art. 38, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006); tale disposizione, a sua volta, prevede il rilascio del d.u.r.c., documento unico di regolarità contributiva, che attesta contemporaneamente la regolarità contributiva quanto agli obblighi nei confronti dell’I.N.P.S., dell’I.N.A.I.L. e delle Casse edili.
Il d.u.r.c. regolare, poi, è requisito che accompagna l’intera fase di esecuzione del contratto, essendo necessario al fine del pagamento secondo gli stati di avanzamento e al fine del pagamento della rata di saldo dopo il collaudo.
1.4. Per risolvere la questione di diritto rimessa alla plenaria, occorre anche esaminare quali sono i presupposti in presenza dei quali il d.u.r.c. attesta la regolarità contributiva, e quando invece viene attestato che difetta la regolarità contributiva.
Anche su questo punto, si è registrata una evoluzione normativa.
Infatti alla circolare I.N.P.S. 26 luglio 2005 n. 92 e alla circolare I.N.A.I.L. 25 luglio 2005 n. 38 ha fatto seguito il decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 24 ottobre 2007.
Tra le circolari del 2005 e il d.m. del 2007, successivo, non vi è perfetta coincidenza.
Infatti, secondo le suddette circolari:
a) il d.u.r.c. attesta la regolarità contributiva solo se non vi sono inadempienze in atto, sicché anche una inadempienza di lieve entità osta alla dichiarazione di regolarità contributiva;
b) se pende contenzioso amministrativo, il d.u.r.c. attesta la regolarità contributiva solo se il ricorso verte su questioni controverse o interpretative, sia adeguatamente motivato e non sia manifestamente presentato a scopi dilatori o pretestuosi; fuori da queste ipotesi, l’irregolarità contributiva, ancorché sia contestata mediante un contenzioso amministrativo, osta alla dichiarazione di regolarità contributiva.
Il d.m. del 2007 è stato emanato in attuazione dell’art. 1, comma 1176, l. n. 296 del 2006, a tenore del quale << Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti gli istituti previdenziali interessati e le parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di rilascio, i contenuti analitici del documento unico di regolarità contributiva di cui al comma 1175, nonché le tipologie di pregresse irregolarità di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da non considerare ostative al rilascio del documento medesimo. In attesa dell'entrata in vigore del decreto di cui al presente comma sono fatte salve le vigenti disposizioni speciali in materia di certificazione di regolarità contributiva nei settori dell'edilizia e dell'agricoltura>>.
Tale d.m., come si evince dalla sua premessa, disciplina il d.u.r.c. in termini generali, quale che sia lo scopo per cui il d.u.r.c. è richiesto, chiarendosi così un equivoco che poteva insorgere da una esegesi letterale della norma primaria (si legge nel preambolo: <<Considerata l'esigenza di una disciplina uniforme in ordine alle modalità di rilascio ed ai contenuti analitici del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC), sia per la concessione di agevolazione «normative e contributive», sia per gli appalti di lavori servizi e forniture pubbliche che per i lavori privati dell'edilizia, nonché per la fruizione di benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria>>).
Non è perciò dubbio che il d.m. in questione riguarda anche il d.u.r.c. necessario per l’affidamento di appalti pubblici.
Secondo il nuovo d.m.:
a) ai fini specifici della partecipazione a gare di appalto, viene fissata una soglia di <<gravità>> delle violazioni, ritenendosi le violazioni al di sotto di tale soglia di gravità non ostative al rilascio del d.u.r.c.: non si considera, in particolare, grave lo scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento inferiore a 100 euro, fermo restando l’obbligo di versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del d.u.r.c. (art. 8, comma 3, d.m. citato);
b) la pendenza di qualsivoglia contenzioso amministrativo impedisce di ritenere il soggetto in posizione irregolare; fino alla decisione che respinge il ricorso, può essere dichiarata la regolarità contributiva (art. 8, comma 2, lett. a), d.m. citato);
c) non costituisce causa ostativa al rilascio del d.u.r.c. l’aver beneficiato degli aiuti di stato specificati nel d.P.C.M. emanato ai sensi dell’art. 1, comma 1223, l. n. 296 del 2006, sebbene non ancora rimborsati o depositati in un conto bloccato (art. 8, comma 4, d.m. citato).
Sia le previgenti circolari, sia il d.m. ritengono non ostative della dichiarazione di regolarità contributiva le pendenze processuali, fino alla sentenza definitiva.
Dopo il d.m. del 2007, si può affermare che il d.u.r.c. attesta solo le irregolarità contributive <<definitivamente accertate>>, e solo quelle che superano una <<soglia di gravità>>, fissata autonomamente dal citato d.m.
2. Così ricostruito il quadro normativo rilevante per il caso controverso, si deve osservare che, se prima del d.m. del 2007 poteva essere dubbio se vi fosse o meno automatismo nella valutazione di gravità delle violazioni previdenziali da parte della stazione appaltante (v. i casi decisi da Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009 nn. 4905 e 4907), dopo il d.m. del 2007, risulta chiaro che la valutazione di gravità o meno della infrazione previdenziale è riservata agli enti previdenziali.
Invero, se la violazione è ritenuta non grave, il d.u.r.c. viene rilasciato con esito positivo, il contrario accade se la violazione è ritenuta grave.
2.1. Si deve ritenere che la valutazione compiuta dagli enti previdenziali sia vincolante per le stazioni appaltanti e precluda, ad esse, una valutazione autonoma.
Tanto, alla luce delle seguenti considerazioni:
a) gli enti previdenziali sono istituzionalmente e specificamente competenti a valutare la gravità o meno delle violazioni previdenziali;
b) il d.u.r.c. è il documento pubblico che certifica in modo ufficiale la sussistenza o meno della regolarità contributiva, da ascrivere al novero delle dichiarazioni di scienza, assistite da fede pubblica privilegiata ai sensi dell'art. 2700 c.c., e facenti piena prova fino a querela di falso;
c) le stazioni appaltanti non sono gli enti istituzionalmente e specificamente competenti a valutare la gravità o meno delle violazioni previdenziali;
d) il codice degli appalti deve essere letto e interpretato non in una logica di separatezza e autonomia, ma come una parte dell’ordinamento nel suo complesso, e nell’ambito dell’ordinamento giuridico la nozione di “violazione previdenziale grave” non può che essere unitaria e uniforme, e rimessa all’autorità preposta al rispetto delle norme previdenziali; pertanto, l’art. 38, comma 1, lett. i), laddove menziona le “violazioni gravi” delle norme previdenziali, intende riferirsi alla nozione di “violazione previdenziale grave” esistente nell’ambito dell’ordinamento giuridico, e in particolare nello specifico settore previdenziale;
e) ne consegue che le stazioni appaltanti non hanno né la competenza né il potere di valutare caso per caso la gravità della violazione previdenziale, ma devono attenersi alle valutazioni dei competenti enti previdenziali.
2.2. Non può pertanto essere condivisa la prospettazione, riportata nell’ordinanza di rimessione, secondo cui il citato d.m. del 2007 non costituisce atto attuativo del codice appalti, con la conseguenza che la valutazione di gravità compiuta alla luce di tale d.m. non sarebbe automaticamente vincolante per la stazione appaltante.
Infatti, come già osservato, il codice appalti si inserisce, come parte del tutto, in un sistema normativo unitario, sicché le nozioni da esso utilizzate e da esso non definite, - come nel caso della “violazione previdenziale grave” non possono che essere desunte dall’ordinamento giuridico nel suo complesso, e segnatamente dallo specifico settore da cui le nozioni sono tratte e definite.
2.3. Siffatta soluzione, già seguita da numerose decisioni delle sezioni del Consiglio di Stato, nonché dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici relativi a lavori, servizi forniture [Autorità, determinazione n. 1/2010], è stata fatta propria anche dal legislatore nel 2011.
Come ricorda anche l’ordinanza di rimessione, il d.l. n. 70 del 2011, senza modificare formalmente l’art. 38, comma 1, lett. 1, d.lgs. n. 163 del 2006, ha inserito nel comma 2 dell’art. 38 una previsione volta a dare rilevanza al d.u.r.c. e ad escludere ogni discrezionalità della stazione appaltante nella valutazione della gravità delle violazioni previdenziali e assistenziali.
In particolare, ai fini del comma 1, lett. i), dell’art. 38, si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva di cui all'art. 2, comma 2, d.l. 25 settembre 2002, n. 210, convertito in legge 22 novembre 2002, n. 266.
Pertanto dopo la novella legislativa resta definitivamente chiarito che la mancanza di d.u.r.c. comporta una presunzione legale iuris et de iure di gravità delle violazioni previdenziali.
Tale previsione è stata introdotta dal d.l. n. 70 del 2011 e non è stata toccata dalla legge di conversione, per cui è in vigore dal 14 maggio 2011.
E’ vero che disposizione si applica, ratione temporis, a procedure i cui bandi o avvisi, ovvero, nelle procedure senza bando, inviti, siano successivi al 14 maggio 2011 (art. 4, comma 3, d.l. n. 70 del 2011 e che pertanto non riguarda le gare derivanti da bandi pubblicati anteriormente (come è il caso di specie).
Si tratta, peraltro, di una disposizione che si limita a recepire e consolidare un orientamento interpretativo già formatosi in precedenza, e che pertanto si pone in linea di continuità, e non di innovazione, rispetto all’assetto ad essa previgente.
2.4. Si deve in conclusione esprimere il seguente principio di diritto: “ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, anche nel testo vigente anteriormente al d.l. n. 70 del 2011, secondo cui costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni alle norme in materia previdenziale e assistenziale, la nozione di “violazione grave” non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva; ne consegue che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (d.u.r.c.) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto”.
3. Ai sensi dell’art. 99, comma 4, primo periodo, cod. proc. amm., l’adunanza plenaria ritiene di dover decidere l’intera controversia.
4. Nell’ordine logico delle questioni si deve esaminare l’eccezione di inammissibilità, sollevata da RFI, in relazione ai motivi aggiunti proposti avverso l’atto di revoca dell’intera gara, nell’ambito del ricorso n. 5393/2011.
4.1. Essi sono inammissibili.
Ai sensi dell’art. 104, comma 3, cod. proc. amm., in appello sono ammessi i motivi aggiunti solo contro atti o provvedimenti già impugnati in primo grado.
Nel caso di specie i motivi aggiunti sono stati proposti contro un atto del tutto nuovo e frutto di autonomo procedimento di autotutela, che non era stato previamente impugnato davanti al Tar.
5. Con un mezzo di appello proposto solo dall’a.t.i. nel suo complesso (ricorso n. 5393/2011) si ripropongono le censure di primo grado con cui si sosteneva che l’esclusione avrebbe dovuto essere disposta solo nei confronti dell’impresa priva del requisito, e che il Consorzio avrebbe potuto provare in proprio il possesso del requisito, e comunque avrebbe dovuto essere ammesso a sostituire il consorziato privo del requisito.
5.1. Le censure sono infondate.
Correttamente l’esclusione è stata disposta sia nei confronti dell’a.t.i. che della singola consorziata priva del requisito della regolarità contributiva.
Il Consorzio Ravennate ha partecipato alla gara nella qualità di consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro costituito a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, soggetto ammesso ai pubblici appalti ai sensi dell’art. 34, comma, 1, lett. b) d.lgs. 163 del 2006 e dotato di soggettività giuridica autonoma.
Pur trattandosi di soggetto con struttura ed identità autonoma rispetto a quella delle cooperative consorziate, il possesso dei requisiti generali e morali ex art. 38 codice appalti deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate, dovendosi ritenere cumulabili in capo al consorzio i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 codice appalti.
La diversa opzione ermeneutica condurrebbe invero a conseguenze paradossali in quanto le stringenti garanzie di moralità professionale richieste inderogabilmente ai singoli imprenditori potrebbero essere eluse da cooperative che, attraverso la costituzione di un consorzio con autonoma identità, riuscirebbero di fatto ad eseguire lavori e servizi per le pubbliche amministrazioni alle cui gare non sarebbero state singolarmente ammesse.
Nel senso qui seguito è la giurisprudenza secondo cui, mentre i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio (come previsto dall’art. 35 codice appalti), i requisiti generali di partecipazione alla procedura di affidamento previsti dall’art. 38 codice citato devono essere posseduti dalle singole imprese consorziate; se, infatti, in caso di consorzi, tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno schermo di copertura consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti; per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura [Cons. St., sez. V, 15 giugno 2010, n. 3759; Id., sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3765; Id., sez. V, 5 settembre 2005, n. 4477; Id., sez. V, 30 gennaio 2002, n. 507].
Tale principio è stato affermato anche dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, secondo cui “In virtù del particolare rapporto consortile – rapporto organico - esistente in tale tipologia di consorzi, l’articolo 35 d.lgs. n. 163 del 2006 dispone che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere posseduti e comprovati dai consorzi stessi e non dalle singole società consorziate che eseguiranno i lavori, mentre i requisiti di carattere morale devono essere posseduti dal consorzio e da ciascuna delle imprese che partecipano al consorzio stesso” (parere n. 192 del 10 luglio 2008 reso in sede di precontenzioso).
5.2. Neppure può condividersi l’argomentazione secondo cui il consorzio poteva sostituire il soggetto indicato come esecutore dell’appalto.
In attuazione dell’art. 37, comma 7, d.lgs. 163 del 2006 (per evitare la concomitante partecipazione alla gara del consorzio e delle imprese consorziate), la lex specialis di gara imponeva al sodalizio di indicare preventivamente la ditta incaricata per l’esecuzione dell’appalto onde consentire la verifica dei requisiti di ordine generale.
Difatti, il disciplinare di gara onerava le partecipanti di:
- indicare per quali consorziate intendessero partecipare (punto 1.1.3.19, pagina 5);
- dichiarare il possesso dei requisiti di ordine generale in capo alle singole società consorziate (pag. 6), disponendo che “Nel caso trattasi di consorzi di cui all’art. 34, comma 1, lettera b) e c) d.lgs. n. 163 del 2006 la dichiarazione di cui al presente punto 1.1.3) deve esser resa integralmente, dal legale rappresentante del consorzio, nonché da tutti i legali rappresentanti delle imprese consorziate per le quali il Consorzio dichiara di partecipare, limitatamente ai punti da 1.1.3.1) a 1.1.3.17)”: in virtù di tale disposizione, quindi, le singole società consorziate hanno reso la dichiarazione di cui al punto 1.1.3.9) di non aver “commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui è stabilito”.
Ammettere quindi la sostituzione successiva della consorziata, in caso di esito negativo della verifica sul possesso dei requisiti generali, significherebbe eludere le finalità sottese alle menzionate prescrizioni di gara e, di fatto, rendere vano il controllo preventivo ex art. 38, d.lgs. 163 del 2006 in capo alla ditta originariamente indicata nella domanda di partecipazione.
Giova inoltre rammentare sul punto il consolidato orientamento di questo Consesso, in ordine ai limiti entro cui può ammettersi un’a.t.i. “a geometria variabile”, orientamento estensibile alle modifiche soggettive in corso di gara dei consorziati indicati per l’esecuzione dell’appalto.
In particolare, il codice appalti indica i casi tassativi in cui è possibile la modifica soggettiva dell’a.t.i. già aggiudicataria, sempre in caso di vicende patologiche che colpiscono il mandante o il mandatario (art. 37, comma 18 e 19).
Secondo un’interpretazione restrittiva, se ne desume il divieto della modifica della compagine soggettiva in corso di gara o dopo l’aggiudicazione, al di fuori dei casi consentiti. Ciò in quanto con la sottoscrizione del mandato da parte di tutte le componenti dell’a.t.i. la stazione appaltante è posta in grado di conoscere i soggetti con cui andrà a contrattare; consentire una modifica della compagine sarebbe lesiva della par condicio, perché comporterebbe una formazione a geometria variabile, adattabile agli sviluppi della procedura di gara.
Il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche, mira a garantire una conoscenza piena da parte delle amministrazioni aggiudicatrici dei soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti, verifica che non deve essere resa vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere [Cons. St., sez. V, 7 aprile 2006, n. 1903; Cons. St., sez. V, 30 agosto 2006, n. 5081].
La tesi è stata però rimessa in discussione da altre pronunce, secondo cui sarebbe possibile, dopo l’aggiudicazione, il recesso di una o più imprese dell’a.t.i., se quelle rimanenti siano in possesso dei requisiti di qualificazione per le prestazioni oggetto dell’appalto: infatti il divieto legislativo riguarderebbe solo l’aggiunta o la sostituzione di componenti, non anche il venir meno, senza sostituzione, di taluno [Cons. St., sez. IV, 23 luglio 2007, n. 4101].
Si è osservato che il divieto di modificazione soggettiva non ha l'obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento in costanza di procedura di gara. Il rigore di detta disposizione va, infatti, temperato in ragione dello scopo che persegue, che è quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari. Tale essendo, dunque, la funzione di detta disposizione è evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all'aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l'amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell'impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi [Cons. St., sez. VI, 13 maggio 2009, n. 2964].
La tesi più ampia è stata in prosieguo seguita dalla giurisprudenza con alcune puntualizzazioni.
Tale orientamento da un lato, non penalizza la stazione appaltante, non creando incertezze, e dall’altro lato non penalizza le imprese, le cui dinamiche non di rado impongono modificazioni soggettive di consorzi e raggruppamenti, per ragioni che prescindono dalla singola gara, e che non possono precluderne la partecipazione se nessun nocumento ne deriva per la stazione appaltante.
Né si verifica una violazione della par condicio dei concorrenti, perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti.
Tale soluzione va seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva [Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 842].
Nella prospettiva in commento si è osservato anche che il recesso dell'impresa componente di un raggruppamento nel corso della procedura di gara non vale a sanare ex post una situazione di preclusione all'ammissione alla procedura sussistente al momento dell'offerta in ragione della sussistenza di cause di esclusione riguardanti il soggetto recedente, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti; tale tesi è stata seguita, incidentalmente, anche da una decisione dell’adunanza plenaria del 2010 [Cons. St., ad. plen., 15 aprile 2010, n. 2155; Cons. St., sez. V, 10 settembre 2010, n. 6546]; e che una diversa soluzione ermeneutica, che intendesse impedire il controllo sui requisiti di ammissione delle imprese recedenti, consentirebbe l’elusione delle prescrizioni legali che impongono il possesso dei requisiti stessi in capo ai soggetti originariamente facenti parte del raggruppamento all’atto della scadenza dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione [Cons. St., sez. V, 28 settembre 2011, n. 5406].
Alla luce di tale orientamento, che il Collegio condivide, nel caso di specie la sostituzione dell’impresa esecutrice avrebbe sanato ex post il difetto di un requisito di partecipazione, in violazione della par condicio, e pertanto era inammissibile.
6. Con ulteriore mezzo proposto solo dall’a.t.i. si afferma che l’incameramento della cauzione e la segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici potevano essere disposte dalla stazione appaltante solo per difetto dei requisiti speciali e non anche per difetto dei requisiti di ordine generale.
6.1. Il mezzo è infondato.
Anzitutto gli impugnati provvedimenti sono stati legittimamente disposti in esecuzione delle prescrizioni contenute nel disciplinare di gara (pag. 12), non impugnate in parte qua, secondo cui l’esito negativo delle verifiche sul possesso dei requisiti autocertificati nei confronti dell’aggiudicatario dell’appalto avrebbe comportato “l’adozione del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione definitiva, la escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità di Vigilanza, ai sensi delle vigenti disposizioni”.
Inoltre, le deduzioni svolte nel gravame sono destituite di fondamento anche alla luce del prevalente orientamento giurisprudenziale [Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4905; sez. V, 12 febbraio 2007, n. 554; sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5792], secondo cui:
- la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria discende dall'art. 75, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006 e riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, intendendosi per fatto dell'affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali di cui all'art. 38 citato;
- la segnalazione all'Autorità va fatta non solo nel caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine speciale in sede di controllo a campione, ma anche in caso di accertamento negativo sul possesso dei requisiti di ordine generale.
6.2. Con ulteriore mezzo si lamenta che la cauzione non avrebbe potuto essere incamerata perché, dopo le disposte esclusioni, la stazione appaltante ha in via di autotutela revocato l’intera gara.
6.3. Il mezzo va disatteso.
La legittimità di un provvedimento va valutata al momento della sua adozione, irrilevanti essendo fatti successivi. La revoca dell’intera gara in autotutela è un fatto successivo, e peraltro consequenziale alla circostanza delle numerose esclusioni e dei numerosi contenziosi pendenti; essa è del tutto irrilevante e non fa venir meno né la imputabilità al concorrente della causa di esclusione, e dunque l’incameramento della cauzione, né le ragioni legislative sottese all’istituto della cauzione.
7. L’ulteriore mezzo comune a entrambi gli appelli secondo cui nella specie la violazione contributiva non era grave e la stazione appaltante avrebbe dovuto valutare la non gravità, anziché attenersi alle risultanze del d.u.r.c., è stato già in parte esaminato e disatteso nel par. 1 della presente decisione, in sede di esame della questione di diritto rimessa alla plenaria.
7.1. Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell’irregolarità in corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che l’assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell’offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma.
L’impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale a eliminare il contenzioso tra l’impresa e l’ente previdenziale non può comportare ex post il venir meno della causa di esclusione [Cons. St., sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n.5575].
Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, quand’anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento [Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009].
Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell’irregolarità ai fini della singola gara [Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243].
La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte, in definitiva, non é sanato dall'eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell'Amministrazione aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della regolarità contributiva ai fini dell'ammissione alla gara [Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n.104].
7.2. Ora, nel caso di specie, le irregolarità contributive sussistevano al momento della presentazione della domanda di partecipazione e al momento della scadenza del bando (22 aprile 2009 e 7 maggio 2009), risultando l’irregolarità sanata il 26 giugno 2009; altre irregolarità si sono verificate dopo l’aggiudicazione (avvenuta a marzo 2010), e segnatamente al 28 e 30 giugno 2010, regolarizzate in prosieguo.
8. Con ulteriore ordine di censure sollevate solo con l’appello n. 7800/2011 si ripropongono i vizi di invalidità derivata dell’iscrizione dell’esclusione nel casellario informatico.
Il rigetto delle precedenti censure comporta anche il rigetto dei dedotti vizi di invalidità derivata.
9. Vengono infine riproposte (con l’appello n. 7800/2011) le censure autonome, articolate in prime cure, contro l’iscrizione nel casellario informatico.
Si assume che la comunicazione dell’esclusione da parte della stazione appaltante non poteva costituire equipollente dell’avviso di avvio del procedimento di annotazione nel casellario informatico, in relazione al quale andava assicurata la partecipazione dell’interessato.
Si lamenta inoltre che l’annotazione non è in fatto precisa.
9.1. La censura è fondata per quanto di ragione.
L’iscrizione nel caso di specie è avvenuta ai sensi dell’art. 27, c. 2, lett. t), d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, vigente ratione temporis, a tenore del quale vanno iscritte nel casellario informatico <<tutte le altre notizie riguardanti le imprese che, anche indipendentemente dall’esecuzione dei lavori, sono dall’Osservatorio ritenute utili ai fini della tenuta del casellario>>.
In tema di garanzie partecipative relative al procedimento di iscrizione nel casellario informatico, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che esse sono, in linea di principio, sempre dovute, salvo ad ammettere equipollenti quando la segnalazione da parte della stazione appaltante e la conseguente iscrizione sono un atto dovuto [Cons. St., sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3754; Id., 24 dicembre 2009, n. 8720; Id., 4 agosto 2009, n. 4905].
Si è affermato che dell'avvio del procedimento di iscrizione di dati nel casellario informatico presso l'Autorità di vigilanza deve essere notiziato l'interessato, anche quando la trasmissione di atti al casellario, da parte delle stazioni appaltanti, è dovuta in adempimento di disposizioni di legge, attese le conseguenze rilevanti che derivano da tale iscrizione e l'indubbio interesse del soggetto all'esattezza delle iscrizioni. Invero, né dalla legge n. 241/1990, né dal sistema della legislazione sui pubblici appalti, si desume una deroga al principio generale dell'avviso di avvio del procedimento, quanto allo specifico procedimento di iscrizione dei dati nel casellario informatico presso l'Osservatorio. Anzi, una conferma della necessità di garantire la partecipazione (mediante avviso di avvio del procedimento e mediante contraddittorio) nel procedimento di iscrizione di dati e notizie nel casellario informatico si desume proprio dalla determinazione n. 1/2008 dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che ha istituito il casellario informatico per servizi e forniture [Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4905].
A ciò aggiungasi che sia il regolamento di esecuzione del codice appalti, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, sia la delibera n. 1/2010 dell’Autorità di vigilanza, prevedono garanzie partecipative quanto al procedimento di iscrizione nel casellario.
Ora, nel caso di specie, l’iscrizione è avvenuta ai sensi dell’art. 27, comma 2, lett. t) d.P.R. n. 34 del 2000, ossia ha per oggetto una notizia “ritenuta utile” dall’Osservatorio.
Se, da un lato, la comunicazione dell’esclusione da parte della stazione appaltante era un atto dovuto, dall’altro lato l’iscrizione non è avvenuta quale atto consequenziale (art. 27, comma 2, lett. r) che prevede l’iscrizione dell’esclusione), ma previa valutazione di “utilità della notizia” (art. 27, comma 2, lett. t).
Essendo stata eseguita una iscrizione previa valutazione e non una valutazione automatica, andava garantita la partecipazione dell’impresa interessata al procedimento, anche al fine della individuazione delle corrette date a cui era riferita l’irregolarità contributiva.
Per l’effetto va annullata l’iscrizione nel casellario informatico, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’Autorità di vigilanza.
10. In considerazione della complessità delle questioni e delle oscillazioni della giurisprudenza, le spese di lite possono essere interamente compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, e già riuniti:
a) dichiara inammissibili i motivi aggiunti proposti nell’appello n. 15/2012 (5393/2011);
b) respinge l’appello n. 15/2012 (5393/2011);
c) accoglie in parte l’appello n. 16/2012 (7800/2011) e per l’effetto annulla l’impugnato provvedimento di iscrizione nel casellario informatico, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’Autorità;
d) respinge, nel resto, l’appello n. 16/2012 (7800/2011);
e) compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Gaetano Trotta, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Carmine Volpe, Presidente
Alessandro Botto, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Anna Leoni, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2012
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione