N. 04708/2012REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1946 del 2012, proposto da:
Societa' Consortile a r.l. Generali Appalti Pubblici, (omissis) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Alberto Linguiti e Serafina Frazzingaro, con domicilio eletto presso Alberto Linguiti in Roma, viale G. Mazzini n.55;
contro
Prefettura di Firenze in persona del Prefetto pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.12; Provincia di Caserta - Stazione Unica Appaltante, Comune di Caggiano, Comune di Sessa Aurunca, Provincia di Reggio Calabria - Stazione Unica Appaltante Provinciale, Comune di Locri, Soggetto Attuatore-Commissario Delegato ex art. 1 dell'Opcm n.3868/2010;
nei confronti di
Bono Costruzioni Srl;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE SEZIONE I n. 00347/2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Prefettura di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2012 il Cons. Roberto Capuzzi e uditi per le parti l’avocato Linguiti e l’avvocato dello Stato Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.In primo grado era stato impugnato il provvedimento interdittivo adottato in data 20 aprile 2011 dalla Prefettura di Firenze, ai sensi dell’art. 10, comma 7, lett. a ) e c) del DPR n. 252 del 1998, nei confronti del consorzio (omissis)e altri atti adottati dalle singole stazioni appaltanti in via derivata rispetto al primo provvedimento interdittivo. Ed infatti, stante il carattere tipico della informativa interdittiva così come attribuito dalla Prefettura, che ha richiamato sia la lettera a) che la lettera c) dell’art. 10 sopradetto, le diverse stazioni appaltanti, ricevuta la comunicazione della emissione della informativa stessa, avevano automaticamente escluso il consorzio dalla gara o dall’appalto in corso senza potere esercitare alcun potere valutativo in ordine a tale decisione.
Il consorzio contestava il fatto che le condotte illecite dei consorziati potessero essere prese in considerazione per adottare misure interdittive in capo al consorzio stabile attesa la autonoma struttura d’impresa che il consorzio stabile rappresenta, la previsione di cui all’art. 12 del DPR 252 del 1998 ed alla luce dell’avvenuta e risalente estromissione delle imprese implicate nelle vicende illecite da parte del consorzio e quindi della mancanza di fatti concreti ed attuali desumibili dagli accertamenti prodotti dalla Prefettura idonei a supportare una valutazione di effettiva pericolosità di Gap.
Il Tar respingeva il gravame con ampia motivazione.
Nell’atto di appello, nel reiterare le argomentazioni già svolte in primo grado, il consorzio ribadisce in particolare:
- l’autonomia del consorzio rispetto ai consorziati;
- l’inattualità delle vicende e dei fatti esaminati in quanto anteriori al 2007 e la assoluta estraneità degli attuali organi gestionali rispetto al procedimento giudiziario a suo tempo avviato;
- l’avvenuta estromissione dei soggetti societari coinvolti nelle indagini penali già nel 2008;
- la esistenza, in ragione dei provvedimenti penali e cautelari assunti 10 mesi prima della interdittiva, di ulteriori forme di garanzia a tutela del rischio di infiltrazione mafiosa atteso che le persone e le società coinvolte, erano state messe in condizione di non potere agire se non con il filtro giudiziario;
- la illegittimità del provvedimento interdittivo sotto il profilo della natura tipica che la Prefettura aveva inteso attribuirle.
In particolare l’appellante (omissis)critica le considerazioni del Tar sostenendo che al caso in esame dovrebbe applicarsi l’art. 12 del DPR n.252 del 1998, non potendosi consentire una estensione automatica di accertamenti effettuati, nei confronti di singoli consorziati, all’intero consorzio; ciò, a suo dire, sarebbe frutto di un evidente travisamento dei fatti, prodotto a sua volta dalla incompleta istruttoria svolta.
Infatti al di là dell’affermazione di principio che si legge nella sentenza, non vi sarebbe traccia di “concreti e attuali” tentativi di infiltrazione mafiosa coinvolgenti il consorzio in quanto tale, giacché i fatti accertati nel corso delle indagini che hanno poi portato alla emissione della ordinanza cautelare del Tribunale di Palermo dell’8.6.2010 nei confronti di alcuni malavitosi, ordinanza posta a sostegno principale della informativa a mente della lettera a) comma 7 dell’art. 10 del DPR 252 del 1998,, non solo non hanno riguardato amministratori o organi del (omissis), ma sono relativi ad un arco temporale di molto antecedente al 2007 e privo quindi di alcuna attualità.
2. Le argomentazioni del Tar tuttavia resistono ai rilievi critici dell’appellante.
Correttamente il Tar ha evidenziato che non risponde a verità che, nel caso di specie, le condotte riferite ai consorziati fossero state utilizzate per adottare misure interdittive nei confronti dell’intero consorzio, quasi ad evocare una sorta di indebita responsabilità oggettiva del consorzio.
Infatti l’interdizione adottata dalla Prefettura di Firenze in data 20 aprile 2011 coinvolgeva il consorzio stabile (omissis)e non i singoli consorziati in quanto, dall’ordinanza del Tribunale di Palermo dell’8 giugno 2010, che disponeva, tra l’altro, la custodia cautelare in carcere di 19 persone, tra cui (omissis)e (omissis), risultavano tentativi di infiltrazione mafiosa coinvolgenti il consorzio come tale, anche se emersi nell’ambito di indagini che avevano riguardato alcune consorziate (Agricoltura e Giardinaggio sas di (omissis)& c., Rekos srl, Società Edile Immobiliare Palagio srl).
Si legge infatti nell’ordinanza del Tribunale di Palermo, cui la Prefettura di Firenze si richiama, del “ruolo di cerniera” tra il Consorzio e Cosa Nostra, di costante punto di riferimento per il riciclaggio di denaro di illecita provenienza e per la fittizia intestazione di beni svolto dallo Sbeglia, della sua funzione di dominus e gestore del Consorzio, come garante della partecipazione occulta di esponenti dell’associazione mafiosa e talune imprese del consorzio e ciò pure non ricoprendo lo (omissis) un ruolo formale all’interno del consorzio.
Pertanto, non si è in presenza di accertamenti che hanno riguardato singole imprese consorziate, estesi poi nei loro effetti, in una sorta di responsabilità oggettiva, al consorzio, bensì di fatti di rilevanza penale che coinvolgevano direttamente il consorzio che nei fatti era caduto sotto il controllo di consorterie criminali sia pure attraverso manovratori occulti delle vicende consortili .
In questo senso, anche il riferimento dell’appellante (omissis)all’art. 12 del DPR n. 252 del 1998 appare inconferente giacché tale disposizione attiene ad una diversa situazione fattuale in cui gli accertamenti ex art. 10 DPR n. 252 abbiano riguardato la sola impresa mandante non potendo quindi, in via di derivazione automatica, essere estesi all’intero raggruppamento temporaneo di imprese.
Deve dunque trattarsi, affinché possa operare la ipotesi di cui sopra, di una fattispecie interdittiva che colpisca esclusivamente l’impresa partecipante o consorziata, dalla cui esclusione o sostituzione derivi il ripristino dell’affidabilità del soggetto affidatario. Nei sensi indicati dispone anche l’art. 37, comma 18 del D.Lgs. n. 163 del 2006.
Ma nel caso all’esame, come prima rilevato, l’atto interdittivo colpisce non solo alcune imprese consorziate, ma lo stesso consorzio nella sua interezza ed è motivato in relazione alla radicale infiltrazione mafiosa all’interno della struttura consortile attraverso l’operato dello (omissis), rivestente una funzione occulta, ma sicuramente centrale nel consorzio, come emerge univocamente dal tenore delle intercettazioni telefoniche tra i vari malavitosi raccolte dagli organi inquirenti di Palermo.
3. La appellante insiste molto sul fatto che dal 26 settembre 2008 il consorzio aveva disposto la esclusione delle consorziate sospette e che le stesse, da tale data, mai avrebbero operato o conseguito appalti tramite il consorzio o mai risulterebbero esecutrici di gare in cui aveva partecipato il Gap.
Il Tar si sarebbe limitato a rilevare che tali esclusioni “non erano state adeguatamente formalizzate” e quindi che tale mancata formalizzazione rendesse le esclusioni inopponibili all’esterno. Da qui il consorzio (omissis)inferisce un ulteriore motivo di erroneità della sentenza appellata per carenza di motivazione.
4. Ma anche tale doglianza non è condivisibile.
Invero la ditta Agricoltura e Giardinaggio s.a.s. ha continuato ad essere operativa in seno al consorzio anche dopo la pretesa esclusione del 2008 tant’è che la stazione unica appaltante di Caserta indicava, nella nota 23 marzo 2011, la suddetta impresa come una delle consorziate che detenevano il 10% del capitale sociale.
Sotto altro profilo sembra evidente che, per il ruolo centrale assunto dagli imputati nel procedimento penale di cui è questione, atti di esclusione e sospensione dal consorzio delle società coinvolte nelle vicende penali, non erano potenzialmente idonei a incrinare il legame con le organizzazioni criminali, legame non eludibile con mere deliberazioni formali; ragionevolmente, anche la detenzione in carcere di alcuni imputati nel procedimento penale che avevano svolto ruoli determinanti (occulti o palesi) nel consorzio, al di là della qualificazione formale rivestita, non eliminava la attualità del pericolo di infiltrazione e condizionamento criminale.
Ed infatti, come agevolmente evincibile dalle intercettazioni telefoniche, l’operato dello (omissis)ha determinato una penetrazione radicale in seno al consorzio della organizzazione criminale tale da rendere inverosimile che la custodia in carcere dello stesso o l’estromissione delle società colpite dalle misure di sequestro, potessero produrre l’effetto di sanare completamente una struttura consortile compromessa fortemente con la criminalità organizzata.
Inoltre, esattamente il Tar ha rilevato le ambiguità con cui i richiamati atti di estromissione delle società sono stati assunti, ed infatti, la deliberazione di decadenza e di accettazione di dimissioni di società coinvolte nelle indagini penali, assunta dal Consorzio in data 26 settembre 2008, non era stata formalizzata e resa opponibile all’esterno, tanto da dover essere reiterata, in data successiva all’adozione della interdizione antimafia gravata, con nuova deliberazione in data 4 agosto 2011.
Su tali rilievi non appaiono convincenti le reiterate considerazioni dell’appellante sulla non attualità e concretezza della situazione di possibile condizionamento mafioso del consorzio al momento della interdittiva antimafia atteso che Filippo (omissis) era cessato dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione nel febbraio 2007, si trovava in stato di custodia cautelare insieme allo Sbeglia, le società consorziate di cui si lamentava la connessione con lo (omissis)o il (omissis) rappresentavano una piccola percentuale del consorzio e non partecipavano agli appalti, le stesse società dal giugno-luglio 2010 erano sottoposte a sequestro cautelare da parte della autorità giudiziaria, con nomina di custodi giudiziari in una situazione idonea a creare un ulteriore filtro a paventati rischi di condizionamento malavitoso del consorzio Gap.
5. Ma nel caso in esame, contrariamente all’assunto dell’appellante, sussistevano gli elementi presuntivi ed indiziari ritenuti sufficienti dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato per legittimare la emanazione della impugnata interdittiva in quanto la informativa tipica, tale dovendosi qualificare il provvedimento prefettizio adottato in relazione alla ordinanza cautelare del Tribunale di Palermo ex art. 10, co. 7 lettera a) e c) del DPR 252/1998, non deve provare l’intervenuta infiltrazione o le risultanze pratiche del condizionamento, essendo questi un quid pluris non richiesto, dovendo solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile il tentativo di ingerenza (Cons. Stato, VI n.3491 dell’8.6.2009), o una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di condizionamento sul consorzio da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose, e dell’attualità e concretezza del rischio.
Come è stato rilevato il tentativo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato nella logica delle caratteristiche sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concretizza in fatti univocamente illeciti o in accertate responsabilità penali, potendosi soffermare sulla soglia della intimidazione, della influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite tant’è che, nel quadro indiziario del provvedimento prefettizio, assumono rilievo preponderante non prove, ma fattori induttivi, “di non manifesta infondatezza del giudizio” pronostico, purchè, ragionevole e circostanziato, del Prefetto il quale dispone di un ampio margine di accertamento e apprezzamento, sindacabile in sede giudiziaria solo a fronte di evidenti vizi di valutazione (Sez. III, 30.1.2012 n.444; sez. VI, 15 giugno 2011 , n. 3647).
In tale prospettiva deve valutarsi la circostanza che a capo delle società coinvolte nelle indagini penali siano stati nominati amministratori giudiziari, con la possibile esclusione, nell’attualità, della possibilità di condizionamenti mafiosi.
Come rilevato dal primo giudice il dato non è di per sé decisivo, non garantendo in modo assoluto la rescissione di collegamenti sostanziali tra l’impresa e gli ambienti criminali.
6. Per tali motivi l’appello non merita accoglimento.
7. Spese ed onorari del grado, tuttavia, per la peculiarità della fattispecie, possono essere compensati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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