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Consiglio di Stato, Sez. V, 30/11/2012 n. 6110
Sulla legittimità della delibera con cui l'ATO ha disposto che il gestore subentrante del servizio idrico integrato corrispondesse a quello uscente un indennizzo pari al valore contabile netto residuo.

E' legittima la delibera con cui l'ATO ha disposto che il gestore subentrante del servizio idrico integrato corrispondesse a quello uscente un indennizzo pari al valore contabile netto residuo degli impianti strumentali allo svolgimento del servizio, non potendosi applicare l'art. 13 del d.P.R. n. 902/1986, con il quale si è fissato il criterio di commisurazione dell'indennizzo in caso di anticipata cessazione del servizio al valore industriale residuo, sul rilievo che tali disposizioni normative concernono il riscatto del servizio dal privato gestore all'ente pubblico concedente, cosicché lo stesso non è invocabile, nel caso di specie, in cui il primo è una società partecipata pubblica "la cui gestione era fin dall'inizio a termine, anche se poi è stata prorogata più volte". Il criterio del valore industriale determinerebbe, infatti, un'ingiustificata plusvalenza a favore del gestore uscente, il quale non ha costruito gli impianti, ma li ha incamerati nel proprio patrimonio sociale a titolo di conferimento. Il che ha evidentemente condotto all'iscrizione nell'attivo di bilancio di tale posta patrimoniale, sulla quale è stato poi effettuato l'ammortamento. Ne consegue che l'indennizzo dovuto per la cessazione della gestione non può che essere parametrato al netto contabile residuo, e cioè all'intero ciclo economico dell'ammortamento, non potutosi concludere a causa della cessazione anticipata del servizio.

Materia: acqua / servizio idrico integrato

N. 06110/2012REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1476 del 2012, proposto da:

Salso Servizi s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via del Mascherino 72;

 

contro

Agenzia territoriale dell’Emilia Romagna per i servizi idrici e rifiuti - Atersir, già Autorità di Ambito Territoriale di Parma (Ato 2 - Parma), rappresentata e difesa dagli avv. Franco Mastragostino, Maria Chiara Lista e Adriano Giuffrè, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via dei Gracchi, 39;

 

nei confronti di

Emiliambiente s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Adriano Giuffré, Massimo Rutigliano, con domicilio eletto presso Adriano Giuffrè in Roma, via dei Gracchi, 39;

 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - SEZ. STACCATA DI PARMA, SEZIONE I, n. 00004/2012, resa tra le parti, concernente affidamento gestione servizio idrico integrato nel comune di Salsomaggiore terme

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Atersir ed Emiliambiente Spa, quest’ultimo contenente appello incidentale;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2012 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Zoppolato e Francesca Giuffrè, per delega dell'Avvocato Adriano Giuffrè;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. La vicenda oggetto del presente giudizio trae origine dal passaggio della gestione del servizio idrico integrato per il Comune di Salsomaggiore Terme dalla Salso Servizi s.p.a. a Emiliambiente s.p.a. con decorrenza 1 gennaio 2011, in virtù di delibera di affidamento a quest’ultima dell’Autorità d’ambito territoriale n. 2 di Parma n. 13 del 22 dicembre 2010.

Con tale delibera l’AATO disponeva che il gestore subentrante corrispondesse a quello uscente un indennizzo pari al valore contabile netto residuo degli impianti strumentali allo svolgimento del servizio.

Da qui l’impugnativa davanti al TAR Emilia Romagna, sez. staccata di Parma, della Salso Servizi, la quale contestava il criterio in questione, sostenendo in contrario che in luogo dello stesso dovesse applicarsi quello previsto dall’art. 36 della convenzione in virtù della quale aveva svolto il servizio e cioè il “valore industriale residuo”, da calcolarsi in base alla legislazione vigente all’epoca della sottoscrizione della convenzione e cioè secondo il disposto dell’art. 13 d.P.R. n. 902/1986 (“Approvazione del nuovo regolamento delle aziende di servizi dipendenti dagli enti locali”).

Venivano inoltre censurati i criteri di computo del canone dovuto a proprio favore da Emiliambiente, per l’ipotesi di trasformazione di società patrimoniale ex art. 113, comma 13, t.u.e.l. titolare dell’infrastruttura acquedottistica, nonché l’affidamento diretto del servizio al medesimo gestore subentrante.

Per quanto qui ancora di interesse, in relazione ai motivi dell’appello principale, il TAR adito ha ritenuto infondata la prima delle suddette censure, sul rilievo che il predetto regolamento concernesse l’esercizio del diritto di riscatto dei beni di proprietà dei gestori privati di pubblici servizi finalizzato all’assunzione diretta del servizio da parte dell’ente riscattante ed a compensare il soggetto riscattato dell’interruzione forzosa del servizio e che pertanto non fosse applicabile nel caso di specie, stante la natura di società a partecipazione pubblica della Salso Servizi e dell’affidamento sin dall’origine a termine, sebbene prorogato, del servizio.

 

2. Nel presente appello quest’ultima sostiene che la questione sarebbe sottratta alla giurisdizione del giudice amministrativo e devoluta, giusto il disposto dell’art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm., al giudice ordinario, in quanto concernente “indennità, canoni ed altri corrispettivi”, a prescindere dal fatto che l’avversata interpretazione dell’amministrazione concedente in ordine alla clausola convenzionale regolante l’indennizzo in favore del gestore uscente sia stata esternata a mezzo di atto amministrativo.

L’appellante prospetta un ulteriore motivo di carenza di potestas decidendi del giudice amministrativo, in ragione della clausola compromissoria contenuta nell’art. 42 della convenzione.

Nel merito rileva che il TAR è incorso in errore nel ritenere legittima la delibera impugnata, benché la stessa avesse arbitrariamente ridotto l’indennizzo dovuto dal gestore subentrante in forza dell’art. 36 della convenzione sopra citato e dell’art. 13 d.P.R. n. 902/1986 (“Approvazione del nuovo regolamento delle aziende di servizi dipendenti dagli enti locali”). In particolare, critica l’assunto secondo cui il criterio del valore industriale residuo sarebbe operante solo in caso di riscatto del servizio e che nel caso di specie dovrebbe aversi riguardo al metodo “normalizzato” di cui al d.m. 1 agosto 1996 (“Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”).

A quest’ultimo riguardo, adduce che:

 

- la ridetta clausola convenzionale contenente un preciso richiamo ad un concetto normativo e cioè quello di valore industriale residuo, sicché ad essa va data l’interpretazione letterale conseguente;

 

- non è decisivo del fatto che il che il più volte menzionato art. 13 riguardi la fattispecie del riscatto del servizio, visto che, per la commisurazione dell’indennizzo in tale specifica ipotesi, il criterio in questione concorre con quello dei contributi pubblici e del mancato profitto, ai sensi dell’art. 24, comma 4, lett. a) – c), r.d. n. 2578/1925 (“Approvazione del testo unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle provincie”), cosicché ne costituisce solo un elemento;

 

- la disciplina di settore, data dagli artt. 172, comma 5, e 204, comma 4, del testo unico dell’ambiente di cui al d.lgs. n. 152/2006, operano, relativamente ad ogni ipotesi di scadenza del servizio idrico integrato, un espresso richiamo alle previsioni convenzionali;

 

- il d.m. 1 agosto 1996, richiamato invece dal TAR, concerne la determinazione della tariffa del servizio idrico, per cui esso non è pertinente al caso di specie.

 

L’appellante deduce quindi un profilo di extrapetizione della sentenza di primo grado, per avere asserito che il regime demaniale della rete acquedottistica osterebbe in ogni caso alla quantificazione dell’indennizzo secondo criteri che tengano conto del loro valore, in assenza di eccezione delle controparti sul punto, osservando comunque in contrario che tali impianti sono stati oggetto di conferimento nel proprio capitale sociale.

 

3. Si sono costituite Emiliambiente e l’Agenzia territoriale dell’Emilia Romagna per i servizi idrici e rifiuti – ATESIR, subentrata in universum ius all’AATO 2 di Parma, la prima formulando appello incidentale.

 

Ciascuna per quanto di interesse o entrambe hanno formulato le seguenti eccezioni:

 

- difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, già sollevato in primo grado, sulla controversia concernente l’indennizzo al gestore uscente appellante principale;

 

- difetto di legittimazione di Salso Servizi ad impugnare la delibera n. 13/2010, in quanto concernente i rapporti tra autorità d’ambito e gestore subentrante;

 

- inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di rappresentanza dell’amministratore delegato di Salso Servizi, Achille Capelli, a rilasciare procure alle liti, essendo a ciò statutariamente titolato il presidente del consiglio d’amministrazione;

 

- novità dell’eccezione di difetto di competenza in favore degli arbitri, in virtù della clausola compromissoria contenuta nell’art. 42 della convenzione, che in ogni caso sostiene essere riferita esclusivamente alle controversie relative alla gestione del servizio.

 

3.1 Va peraltro precisato che la Atesir si oppone all’eccezione di difetto di giurisdizione, sottolineando al riguardo come in primo grado sia stata la stessa appellante ad invocare la giurisdizione del giudice amministrativo, del resto da lei medesima adito, in ragione del fatto che la contestazione in cui si sostanzia il I motivo del ricorso attiene all’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’autorità concedente nella determinazione dell’indennizzo al gestore uscente (avendo l’odierna appellante addotto sul punto specifico le pronunce delle Sezioni unite della Cassazione 26 gennaio 2011, n. 1771 e della Sez. IV, di questo Consiglio di Stato, 20 luglio 2009, n. 4577).

 

3.2 Nel merito, sia la Emiliambiente che la Atesir assumono che del tutto correttamente il TAR abbia fatto riferimento al criterio del valore contabile netto, in quanto utilizzato, in base alla disciplina di settore, per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato e per il riconoscimento dell’indennizzo al gestore uscente, pena altrimenti l’attribuzione a Salso Servizi di una plusvalenza patrimoniale priva di giustificazione.

 

4. Così sintetizzate le posizioni delle parti, in conformità a quanto stabilito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio nella sentenza 4 giugno 2011, n. 10, assume carattere pregiudiziale la questione di giurisdizione, sollevata dalla Salso Servizi, pur avendo la stessa adito questo plesso giurisdizionale in primo grado.

 

4.1 Sul punto, in memoria di replica l’odierna appellante principale ha precisato le ragioni di una simile condotta, evidenziando che alla base della prospettazione del ricorso di primo grado vi era lo scorretto esercizio di un potere discrezionale, quale concretizzatosi nella delibera impugnata, per avere l’AATO imposto al gestore subentrante di corrispondere a quello uscente un indennizzo in misura inferiore a quello convenzionalmente stabito. Quindi, ha precisato di avere sollevato in appello la questione di giurisdizione a fronte della qualificazione data dal TAR alla domanda, in quanto afferente “al criterio per la determinazione dell’indennizzo”.

 

4.2 Per quanto suggestiva la spiegazione qui offerta non convince.

 

La Salso Servizi si è infatti assai spesa in primo grado per sostenere la giurisdizione del giudice amministrativo.

 

Come ben evidenziato dall’Atersir, nella memoria l’odierna appellante aveva argomentato in modo puntuale le ragioni per le quali aveva adito il TAR, sottolineando di avere proposto censure concernente l’esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione concedente nella determinazione dell’indennizzo per la cessazione del servizio.

 

In conseguenza di ciò, il Giudice di primo grado ha correttamente colto il petitum sostanziale alla base dell’impugnativa, consistente nella contestazione nei confronti dell’esercizio di un potere discrezionale in contrasto con clausole convenzionali intercorrenti tra le stesse parti, senza alcuno stravolgimento della prospettazione in essa contenuta.

 

Tanto precisato, una simile condotta processuale è certamente da stigmatizzare ed ha dato luogo a pronunce di inammissibilità dell’eccezione, in applicazione del principio del divieto di abuso del processo (tra queste si cita la pronuncia di questa Sezione in data 7 febbraio 2012, n. 656).

 

4.3 In ogni caso, l’eccezione è anche infondata.

 

Ancora una volta sovviene un recente precedente di questa Sezione (sentenza 6 luglio 2012 n. 3963) nel quale si è ribadito il principio ripetutamente espresso anche dalla Sezioni unite della Cassazione (solo per citare le più recenti pronunce: ordinanza del 25 novembre 2011, n. 24902; sentenza del 24 giugno 2011, n. 13903), secondo cui spettano alla giurisdizione ordinaria quelle controversie in materia di concessione amministrativa che abbiano contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della pubblica amministrazione, restando per contro devolute alla giurisdizione amministrativa quelle che coinvolgano l'esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione del canone, dell'indennità o di altri corrispettivi.

Il che è proprio quanto avvenuto nel caso di specie con la delibera impugnata dalla Salso Servizi in primo grado.

 

5. L’eccezione di competenza arbitrale è del pari inammissibile.

Avendo la Salso Servizi adito il giudice amministrativo, la stessa ha infatti tenuto un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi della clausola compromissoria contenuta nella convenzione intercorrente con l’autorità d’ambito, tacitamente rinunciandovi e dunque precludendosi irrimediabilmente la possibilità di farla valere nei confronti della controparte (in termini si richiama la sentenza della Cassazione, sez. III, 5 dicembre 2003, n. 18643).

 

6. Con riguardo all’eccezione di difetto di rappresentanza, va dato atto che l’appellante principale ha prodotto verbale di assemblea straordinaria in data 6 luglio 2012 nella quale si è deliberato lo scioglimento e la messa in liquidazione della Salso Servizi, contestualmente conferendo mandato al liquidatore, dott. Carlo Baldi, in relazione al presente contenzioso, “di proseguire l’iniziativa”.

Il Collegio reputa che con tale delibera sia stato in ogni caso sanato, in via retroattiva, giusto anche il disposto dell’art. 182, comma 2, cod. proc. civ., il difetto di rappresentanza originario.

 

7. Venendo al merito, occorre premettere che l’odierna appellante invoca a suo favore l’applicazione dell’art. 13 del d.P.R. n. 902/1986, cui suppone sia riferito il richiamo “alle leggi vigenti” contenuto nell’art. 36 della citata convenzione, con la quale si è fissato il criterio di commisurazione dell’indennizzo in caso di anticipata cessazione del servizio al valore industriale residuo. Il quale valore è dato, giusto il disposto ora richiamato e quello di norma primaria di cui all’art. 24, comma 4, lett. a), r.d. n. 2578/1925, dal costo di costruzione a nuovo degli impianti, al netto del deperimento, calcolato al momento del subentro.

Il valore contabile netto ha invece riferimento al costo storico dei medesimi cespiti iscritti a bilancio, al netto degli ammortamenti effettuati.

 

7.1 Il TAR ha disatteso l’assunto di parte ricorrente, sul rilievo che tali disposizioni normative concernono il riscatto del servizio dal privato gestore all’ente pubblico concedente, cosicché lo stesso non è invocabile nel caso di specie, in cui il primo è una società partecipata pubblica “la cui gestione era fin dall’inizio a termine, anche se poi è stata prorogata più volte”.

 

8. L’avviso del Giudice di primo grado è corretto, ma va meglio precisato.

 

E’ infatti giusto porre l’accento sul fatto, dedotto dalla stessa Salso Servizi, di essere una società a partecipazione pubblica, costituita con apporto al capitale sociale dell’infrastruttura acquedottistica impiegata per il servizio idrico svolto.

La circostanza è decisiva nell’escludere l’applicabilità del criterio convenzionale formalmente contenuto nell’art. 36 più volte ricordato.

Ciò in virtù del fatto che il criterio del valore industriale determinerebbe, come puntualmente osservato dalle appellate, un’ingiustificata plusvalenza a favore del gestore uscente.

La Salso, infatti, non ha costruito gli impianti, ma li ha incamerati nel proprio patrimonio sociale a titolo di conferimento. Il che ha evidentemente condotto all’iscrizione nell’attivo di bilancio di tale posta patrimoniale, sulla quale è stato poi effettuato l’ammortamento. Ne consegue che l’indennizzo dovuto per la cessazione della gestione non può che essere parametrato al netto contabile residuo, e cioè all’intero ciclo economico dell’ammortamento, non potutosi concludere a causa della cessazione anticipata del servizio.

Per contro, il valore industriale residuo si pone quale logico criterio indennitario in ipotesi di municipalizzazione del servizio, come giustamente ravvisato dal TAR, ossia in caso di assunzione diretta da parte dell’ente pubblico titolare dello stesso e conseguente acquisizione coattiva dell’infrastruttura ad esso servente, realizzata dal privato gestore riscattato. In altri termini, tale criterio funge da compensazione del costo economico sostenuto dal gestore privato per la costruzione degli impianti e presuppone che tale attività costruttiva sia stata effettivamente svolta, senza tuttavia che se ne siano potuti ricavare i profitti attesi, a causa dell’assunzione del servizio in capo all’autorità amministrativa concedente.

 

9. Alla stregua di tali considerazioni va interpretata la clausola convenzionale in contestazione, la cui formulazione letterale va evidentemente ricondotta ad un tralatizio ed acritico recepimento di formulari utilizzati per tale tipologia di servizio, risultando la tesi qui fatta valere conforme al precetto di buona fede ex art. 1366 cod. civ., in quanto realizzatrice di un equilibrato contemperamento degli interessi patrimoniali delle parti contraenti.

 

10. L’appello principale deve dunque essere respinto, mentre va dichiarato improcedibile l’appello incidentale, conseguendone la conferma della sentenza di primo grado.

 

Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, non essendovi motivo per discostarsi dal criterio in questione, benché le questioni dedotte in questo giudizio presentino aspetti di novità e complessità, a causa del comportamento tenuto dalla Salso Servizi, come sopra evidenziato a proposito dell’eccezione di difetto di giurisdizione.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così provvede:

 

- respinge l’appello principale;

 

- dichiara improcedibile l’appello incidentale;

 

per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado;

 

condanna l’appellante Salso Servizi s.p.a. a rifondere alle appellate le spese del presente giudizio, liquidate in € 4.000,00, oltre agli accessori di legge, in favore di ciascuna parte.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Marzio Branca, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/11/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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