HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. III, 14/12/2012 n. 6444
La disciplina dei requisiti e delle modalità di partecipazione, nel caso di appalto avente ad oggetto l'affidamento di servizi che rientrano nell'ambito dell'alleg. II B del d.lgs. 163/2006, è rimessa alla lex specialis.

Sulla possibilità di un'applicazione analogica dell'istituto della cooptazione agli appalti di servizi e di forniture.



Nell'ipotesi di appalto avente ad oggetto l'affidamento di servizi che rientrano nell'ambito dell'allegato II B della Direttiva 2004/18/CE e del corrispondente allegato II B del Codice dei contratti, ai sensi dell'art. 20, in sede di aggiudicazione non trovano applicazione le puntuali disposizioni del Codice, fatta eccezione per gli artt. 65, 68 e 225, ma i principi derivanti dai Trattati e dalle direttive europee. La disciplina dei requisiti e delle modalità di partecipazione è quindi, nei suoi elementi di dettaglio, rimessa essenzialmente alla lex specialis e può legittimamente ispirarsi a criteri di maggiore semplificazione e speditezza procedimentale. Pertanto, nel caso di specie, il tenore letterale dell'avviso pubblico poteva ragionevolmente autorizzare o comunque indurre i partecipanti a rendere dichiarazioni ispirate ad una maggiore sintesi rispetto agli standard consueti, fatto salvo naturalmente il potere-dovere della stazione appaltante di chiedere chiarimenti e procedere ai necessari controlli.

E' controversa la possibilità di esportare l'istituto della cooptazione, già contemplato in origine all'art. 23 del d.lgs. 406/1991, dall'ambito dei lavori, dove è stato disciplinato all'art. 95 co. 2 del d.p.r. 554/1999, cui oggi corrisponde l'art. 92 co. 5 del nuovo d.p.r. 207/2010, a quello dei servizi.
Né può ritenersi che una simile conclusione impedendo alle imprese minori di maturare capacità tecniche diverse ed ulteriori, determini, nel settore dei servizi e delle forniture, un restringimento significativo della partecipazione alle (future) gare e, quindi, un effettivo freno alla concorrenza, in contrasto con i principi del diritto europeo. Infatti il ventaglio delle possibilità, offerte dalla legislazione di derivazione comunitaria nel contesto della collaborazione fra imprese, sia sufficientemente ampio da offrire agli operatori alternative comunque soddisfacenti: si pensi all'avvalimento, che consente il "prestito" dei requisiti di carattere economico, finanziario e tecnico mancanti; o alla associazione temporanea di imprese, che consente di cumulare i requisiti posseduti da ciascuna impresa. Entrambi gli istituti appena richiamati valgono sicuramente ad ampliare la concorrenza e ricevono una disciplina puntuale. I problemi applicativi determinati dalla lacuna normativa confermano come non sia praticabile la via dell'interpretazione analogica o estensiva degli artt. 95 co. 4 del d.p.r. 554/1999 e 92 co. 5 del d.p.r. 207/2010; e che, comunque, anche ammettendo tale interpretazione, si debba fare (necessaria ed) integrale applicazione delle disposizioni appena richiamate e rilevare che, nel caso di specie, le imprese cooptate dal raggruppamento non hanno dimostrato di avere requisiti di esperienza in misura corrispondente alle parti del servizio che avrebbero voluto svolgere.

Materia: appalti / disciplina

N. 06444/2012REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3697 del 2012, proposto da:

Consorzio di Cooperative Sociali Casa della Solidarietà, rappresentato e difeso dall'avv. Massimiliano Brugnoletti, presso il cui studio ha eletto il domicilio in Roma, via Antonio Bertoloni n. 26/B;

 

contro

Ministero dell'Interno- U.T.G. - Prefettura di Roma, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

nei confronti di

Gepsa S.A., in proprio e quale mandataria del RTI con Associazione Culturale Acuarinto e con le cooptate Cofely Italia S.p.a., Synergasia Coop. Soc. Onlus, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Annoni e Andrea Segato, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Udine n. 6;

 

e con l'intervento di

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, sezione I TER n. 3796/2012, resa tra le parti, concernente l’affidamento della gestione del centro di accoglienza richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e di Gepsa S.A.;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2012 il Cons. Hadrian Simonetti e uditi per le parti gli Avvocati Brugnoletti e Segato e l’Avvocato dello Stato Soldano;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. La Prefettura di Roma ha indetto una procedura di gara, ai sensi degli artt. 20 e 27 del Codice dei contratti, per l’affidamento del Centro di Accoglimento Richiedenti Asilo (C.A.R.A.) di Castelnuovo di Porto (RM) della durata di un anno e del valore di euro 10.705.500,00, comprensivi di euro 267.637,50 per i costi della sicurezza, questi ultimi non soggetti a ribasso d’asta.

 

Per quanto più rileva in questa sede, l’avviso pubblico richiedeva ai partecipanti di dichiarare di non trovarsi in alcuna “ delle condizioni di esclusione specificate dall’art. 38, comma 1, del Codice dei contratti” (art. 10 lett. A) e di “essere iscritti, per attività corrispondenti ai servizi da rendere in relazione all’oggetto dell’appalto da affidare con la presente procedura, presso la CCIAA territorialmente competente ovvero essere iscritti negli albi o nei registri secondo la normativa prevista per la propria natura giuridica” (lett. B).

La procedura è stata aggiudicata in favore del RTI guidato da Gepsa.

 

2. Proposto ricorso, integrato con motivi aggiunti, da parte del secondo classificato, il Consorzio Casa della Solidarietà, deducendo numerosi motivi per i quali l’aggiudicatario doveva essere escluso, il Tar lo ha dichiarato improcedibile avendo accolto il ricorso incidentale avanzato da Gepsa.

 

2.1. Con tale impugnazione, altrettanto escludente, Gepsa aveva infatti lamentato la violazione dell’art. 38 del Codice dei contratti e dell’art. 17 della l. 68/1999 per avere il Consorzio Casa della Solidarietà reso dichiarazioni ritenute assolutamente generiche sul possesso dei requisiti di capacità generale.

 

3. Ha proposto il presente appello il Consorzio Casa della Solidarietà censurando la sentenza per violazione dell’avviso pubblico e degli artt. 38 e 46 del Codice dei contratti.

 

3.1. Deduce l’appellante, in particolare, di avere presentato la dichiarazione di partecipazione osservando fedelmente le prescrizioni dell’avviso pubblico e su di essi facendo quindi legittimo affidamento. Con la conseguenza che eventuali incompletezze sarebbero state da imputare alla lex specialis e non al dichiarante, al quale doveva essere consentita semmai l’integrazione della documentazione prodotta, senza procedere all’immediata esclusione.

 

3.2. Ciò posto, ai sensi dell’art. 101 del c.p.a., ha ripresentato le censure già dedotte in primo grado (con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti) sostenendo che il raggruppamento aggiudicatario andasse escluso dalla gara per avere fatto indebito ricorso all’istituto della cooptazione, modalità non prevista nell’avviso pubblico, per carenza dei requisiti minimi di capacità in capo alle cooptate Synergasia e Cofely, per mancanza del’iscrizione camerale in capo alla mandante Acuarinto, per omessa indicazione dei costi relativi alla sicurezza “propri”, per anomalia dell’offerta economica presentata.

 

3.3. Oltre all’annullamento dell’aggiudicazione ha chiesto di subentrare nel contratto medio tempore sottoscritto dalla stazione appaltante (il 16 gennaio 2012), previa pronuncia sulla sua inefficacia ai sensi dell’art. 121 oppure dell’art. 122 c.p.a. In alternativa, ove la tutela in forma specifica non fosse reputata più possibile, ha chiesto e quantificato il risarcimento del danno per equivalente.

 

4. Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Gepsa s.p.a., con articolate memorie difensive, la seconda riproponendo anche il motivo concernente la violazione dell’art. 17 della l. 68/1999 per avere, l’odierna appellante, omesso di dichiarare di essere in regola con le norme che disciplinano il lavoro dei disabili.

 

5. Rinviato al merito l’esame della domanda cautelare, all’udienza pubblica del 26 ottobre 2012, in vista della quale le parti costituite hanno depositato nuove memorie, la causa è passata in decisione.

 

6. Deve esaminarsi preliminarmente il motivo dell’atto di appello con la quale si censura la sentenza di primo grado per avere accolto il ricorso incidentale di Gepsa, pronuncia dalla quale è poi conseguita l’improcedibilità del ricorso principale.

 

6.1. In premessa vale osservare che l’appalto in questione ha ad oggetto l’affidamento di servizi che rientrano nell’ambito dell’allegato II B della Direttiva 2004/18/CE e del corrispondente allegato II B del Codice dei contratti. Con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 20, in sede di aggiudicazione non trovano applicazione le puntuali disposizioni del Codice, fatta eccezione per gli artt. 65, 68 e 225, ma i principi derivanti dai Trattati e dalle direttive europee. La disciplina dei requisiti e delle modalità di partecipazione è quindi, nei suoi elementi di dettaglio, rimessa essenzialmente alla lex specialis e può legittimamente ispirarsi a criteri di maggiore semplificazione e speditezza procedimentale.

 

6.2. Tanto premesso in linea generale, nel caso di specie l’avviso pubblico, pur richiamando l’art. 38 a proposito dei requisiti minimi di partecipazione (art. 10, al principio), non ne riproduceva distintamente le singole disposizioni, badando piuttosto al dato sostanziale, ovvero al fatto che i concorrenti dichiarassero di “non trovarsi in alcuna delle situazioni preclusive della partecipazione alle procedure di affidamento e alla stipula dei relativi contratti contemplate dall’art. 38 del Codice dei contratti” e che, quindi, fossero in regola con i requisiti ivi indicati e, ovviamente, che tale dichiarazione trovasse conforto e riscontro in sede di controllo.

 

6.3. Se questa è la lettura più ragionevole e funzionale dell’avviso pubblico in questione, è determinante osservare come nella vicenda in esame nessuno contesti all’odierna appellante il possesso dei requisiti di capacità generale, ovvero di “moralità” di cui all’art. 38 quanto, piuttosto, la genericità ovvero l’incompletezza delle dichiarazioni rese sul punto.

 

Ebbene, poiché non è in discussione il possesso del requisito ma, semmai, le modalità della sua dimostrazione, reputa il Collegio che il tenore letterale dell’avviso pubblico potesse ragionevolmente autorizzare o comunque indurre i partecipanti a rendere dichiarazioni ispirate ad una maggiore sintesi rispetto agli standard consueti, fatto salvo naturalmente il potere-dovere della stazione appaltante di chiedere chiarimenti e procedere ai necessari controlli.

 

Si vuole quindi sottolineare come sarebbe contraddittorio, se non anche inutilmente vessatorio, sanzionare con l’esclusione automatica modalità di presentazione della dichiarazione sulla cui sufficienza e regolarità il concorrente poteva ragionevolmente fare affidamento, quantunque ad un operatore più esperto e ad un’Amministrazione più esigente, assumendo un parametro differente, quelle stesse modalità potessero apparire incomplete o non sufficientemente dettagliate – a maggior ragione in quanto, come già detto, non è controverso che il requisito da dichiarare fosse in effetti posseduto.

 

6.4. Con la precisazione che le stesse considerazioni si impongono anche per la censura di Gepsa riferita più specificatamente alla violazione dell’art. 17 della l. 68/1999 sul rispetto delle norme che disciplinano il lavoro dei disabili. Poiché infatti tale prescrizione è richiamata dall’art. 38 co. 1 lett. l) del d.lgs. 163/2006, si può affermare che, nel dichiarare la non sussistenza delle condizioni di esclusione specificate dall’art. 38, l’appellante abbia inteso ricomprendere anche il rispetto delle norme sui disabili. Né, giova ribadire, tale rispetto è stato mai contestato nella sostanza.

 

6.5. Ne consegue la fondatezza del motivo di appello il cui accoglimento comporta, in riforma della sentenza impugnata, la reiezione del ricorso incidentale e, quindi, la procedibilità del ricorso principale proposto in primo grado dal Consorzio di cooperative sociali Casa della Solidarietà.

 

7. I motivi di tale ricorso principale, come si è già anticipato, sono stati riproposti in appello ai sensi dell’art. 101 (cfr. atto di appello, pp. 23 e ss).

 

7.1. Con il primo motivo si contesta la legittimità del ricorso all’istituto della cooptazione di cui all’art. 95 del DPR 554/1999 (cui corrisponde ora l’art. 92 del DPR 207/2010) da parte del RTI guidato da Gepsa, sul rilievo che l’avviso pubblico non menzionava tale possibilità, che tale istituto è previsto espressamente solamente per i lavori, che in ogni caso l’aggiudicatario avrebbe confuso l’istituto della cooptazione con quello dell’associazione temporanea di imprese prevedendo che le imprese cooptate partecipassero anche al raggruppamento.

 

7.2. Ha replicato la difesa di Gepsa eccependo la tardività di tale censura, dedotta solamente in primo grado con motivi aggiunti notificati il 29.11.2011 benché fosse già conosciuta, o comunque conoscibile, al momento del ricorso introduttivo e, prima ancora, alla data dell’aggiudicazione definitiva, ovvero l’11.10.2011. Nel merito ne ha contestato la fondatezza.

 

7.3. Così riassunte le contrapposte difese, reputa innanzi tutto il Collegio che l’eccezione di tardività del motivo non sia fondata.

Sebbene sia vero che la questione dell’ammissibilità della cooptazione fosse stata già sollevata in sede di gara nel corso della seduta pubblica del 19.5.2011 di apertura delle buste e che in tale circostanza, come si legge nel verbale prodotto in atti (v. doc. 2 della produzione di Gepsa allegato al ricorso incidentale presentato dinanzi al Tar), il delegato della “Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia”, Pasquale Ribecco, avesse contestato l’applicabilità alla procedura in oggetto dell’istituto della cooptazione; non è tuttavia dimostrato, neppure in via presuntiva, che all’atto dell’aggiudicazione, avvenuta l’11.10.2011, l’ipotetico vizio concernente il ricorso alla cooptazione fosse conosciuto, o comunque conoscibile, in tutti i suoi profili di dettaglio, da parte del Consorzio ricorrente; e come, pertanto, la sua deduzione solamente in occasione dei motivi aggiunti notificati il 29.11.2011 sia stata tardiva, perché sarebbe avvenuta oltre il termine di 30 giorni decorrenti dalla comunicazione dell’aggiudicazione.

Si può infatti ragionevolmente obiettare come fosse già noto il (solo) fatto che Gepsa avesse fatto ricorso a tale istituto, la cui estensione in materia di appalti di servizi è controversa; ma non che si sapesse già attraverso quali modalità l’istituto fosse stato applicato, in particolate non provando, sul presupposto che ciò sia doveroso fare, la corrispondenza tra qualificazioni (esperienze) maturate e parti del servizio che si intendono svolgere.

Ragione per cui il motivo deve ritenersi, almeno in tale seconda parte, ricevibile.

 

7.4. Nel merito della questione, il raggruppamento composto da Gepsa (mandataria) e da Associazione culturale Acuarinto (mandante) ha dichiarato sin nella domanda di partecipazione di voler cooptare le imprese Cofely Italia s.p.a. e Synergasia Coop. Soc. Onlus, precisando che le cooptate avrebbero eseguito complessivamente il 20% delle prestazioni totali.

 

7.4.1. In premessa è assai dubbia la possibilità di esportare l’istituto della cooptazione, già contemplato in origine all’art. 23 del d.lgs. 406/1991, dall’ambito dei lavori, dove è stato disciplinato al citato art. 95 co. 2 del d.p.r. 554/1999 cui oggi corrisponde l’art. 92 co. 5 del nuovo d.p.r. 207/2010, a quello dei servizi.

E’utile riportare per esteso la norma:

 “Se il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono raggruppare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell'importo complessivo dei lavori e che l'ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all'importo dei lavori che saranno ad essa affidati”.

La collocazione di tali disposizioni in un contesto dedicato espressamente agli appalti di lavori e l’insistenza con la quale le disposizioni menzionate per ben tre volte ripetano sempre la parola “lavori”, parrebbero già un chiaro indizio, per una volta, della specialità della previsione.

Ancora, detta previsione si inquadra in un contesto, quello dei lavori per l’appunto, contrassegnato da un sistema di qualificazione dei soggetti esecutori del tutto peculiare, poiché unico e generalizzato (v. art. 40 del d.lgs. 163/2006), basato su categorie e importi in forza dei quali è rilasciata un’attestazione da parte di organismi di diritto privato autorizzati (e controllati) dall’Autorità di Vigilanza (SOA), che dimostra e certifica il possesso dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria. Mentre invece, per gli appalti di servizi e di forniture, quella stessa capacità va provata ogni volta in occasione della singola gara, tenuto anche conto dei requisiti richiesti dalle stazioni appaltanti (v. artt. 41 e 42 del d.lgs. 163/2006)

All’interno del sistema di qualificazione dei lavori pubblici deve essere collocato l’istituto della cd. cooptazione, prevedendosi la possibilità che il singolo concorrente o più concorrenti riuniti associno altre imprese, provviste di una qualificazione SOA ma per categorie ed importi diversi da quelli richiesti dal singolo bando. Sicché l’istituto è chiaramente preordinato a consentire che imprese minori siano associate ad imprese maggiori e che, in questo modo, le prime maturino capacità tecniche diverse rispetto a quelle già possedute, facendo comunque salvo l’interesse della stazione appaltante attraverso l’imposizione della qualificazione dell’intero valore dell’appalto da parte delle seconde (le imprese che associano).

 

7.4.2. Ciò posto, non può non rilevarsi come neppure il nuovo regolamento del 2010, sebbene dettato per tutte le tipologie di appalti, contempli l’istituto della cooptazione con riferimento alle ATI nel settore delle forniture e dei servizi. Sicché, alla luce del dato letterale apparentemente inequivoco, valutato unitamente alle accennate differenze tra il sistema di qualificazione nei lavori e quello vigente per i servizi e le forniture, è ragionevole dubitare della possibilità di un’applicazione analogica delle ricordate disposizioni regolamentari agli appalti di servizi e di forniture.

 

7.4.3. Né può ritenersi che una simile conclusione – che, per le ragioni che a breve saranno esaminate, ha il pregio della chiarezza e della certezza - impedendo alle imprese minori di maturare capacità tecniche diverse ed ulteriori, determini, nel settore dei servizi e delle forniture, un restringimento significativo della partecipazione alle (future) gare e quindi, in ultima analisi, un effettivo freno alla concorrenza, in contrasto con i principi del diritto europeo.

Osserva infatti il Collegio come il ventaglio delle possibilità, offerte dalla legislazione di derivazione comunitaria nel contesto della collaborazione fra imprese, sia sufficientemente ampio da offrire agli operatori alternative comunque soddisfacenti: si pensi all’avvalimento, che consente il “prestito” dei requisiti di carattere economico, finanziario e tecnico mancanti; o alla associazione temporanea di imprese, che consente di cumulare i requisiti posseduti da ciascuna impresa. Entrambi gli istituti appena richiamati valgono sicuramente ad ampliare la concorrenza e ricevono una disciplina puntuale.

 

7.5. Di contro, l’istituto dell’impresa cooptata, nei (non frequenti) casi in cui è stato riconosciuto applicabile ai servizi (v., in termini dubitativi, Cons. St., VI, n. 115/2012), ha subito sollevato il problema di individuare la disciplina ad esso applicabile. Come la vicenda qui in esame dimostra, ci si interroga se l’art. 95 co. 2 del d.p.r. 554/1999, ed ora l’art. 92 co. 4 del d.p.r. 207/2010, debbano o possano essere applicati per intero, sia nella parte in cui stabiliscono per le imprese cooptate il limite quantitativo del 20%, che potranno eseguire, rispetto al totale dell’appalto; che in quella in cui richiedono una corrispondenza tra (quote di) qualificazione e (quote di) esecuzione.

 

7.6. Così riassunto in sintesi il dibattito, il Collegio è dell’avviso che i problemi applicativi determinati dalla lacuna normativa confermino come non sia praticabile la via dell’interpretazione analogica o estensiva degli artt. 95 co. 4 del d.p.r. 554/1999 e 92 co. 5 del d.p.r. 207/2010; e che, comunque, anche ammettendo tale interpretazione, si debba fare (necessaria ed) integrale applicazione delle disposizioni appena richiamate e rilevare che, nel caso di specie le imprese cooptate dal raggruppamento Gepsa non hanno dimostrato di avere requisiti di esperienza in misura corrispondente alle parti del servizio che avrebbero voluto svolgere. Il che è in contrasto proprio con la disciplina della cooptazione che parte appellata ha invocato e, su un piano più generale, non garantisce sufficientemente la stazione appaltante sul buon esito del programma contrattuale nella fase di esecuzione.

 

7.7. In conclusione, quindi, delle due l’una: o l’istituto della cooptazione non è estensibile agli appalti di servizi oppure, qualora lo sia, si impone di fare piena applicazione della disciplina prevista negli artt. 95 co. 4 del d.p.r. 554/1999 e 92 co. 5 del d.p.r. 207/2010, dimostrando di avere una qualificazione (un’esperienza) corrispondente alla quota di servizio che si è dichiarato di volere eseguire.

 

7.8. Ciò posto, nel caso di specie non si sfugge alla conseguente alternativa per la quale: o si ritiene che l’odierna appellata abbia fatto ricorso all’istituto della cooptazione senza che ciò fosse consentito (neppure dalla lex specialis, che nulla prevedeva al riguardo), oppure si ritiene che potesse farlo ma (nel farlo) abbia violato le disposizioni regolamentari che tale istituto disciplinano, a garanzia della stazione appaltante, dal momento che le imprese cooptate non hanno dimostrato di essere qualificate in misura corrispondente alle parti di esecuzione e alle tipologie del servizio loro assegnate.

 

8. Ne consegue che, quanto meno sotto il secondo profilo, l’appello è fondato e con esso il ricorso principale proposto in primo grado avverso l’aggiudicazione disposta in favore del Rti Gepsa che, quindi, deve essere annullata.

 

9. Il Collegio è dispensato, per economia processuale, dall’esaminare approfonditamente gli altri motivi, incentrati sulla mancata iscrizione dell’Associazione Culturale Acuarinto, mandante del RTI guidato da Gepsa, alla Camera di commercio per attività di assistenza sanitaria e assistenza legale, sul presupposto che tale iscrizione non ammettesse equipollenti e quindi costituisse un requisito prescritto a pena di esclusione; sulla mancata indicazione nell’offerta economica dei “propri” costi relativi alla sicurezza, il che sarebbe avvenuto in violazione degli artt. 86 co. 3-bis e 87 co. 4 del Codice dei contratti, oltre che dell’art. 26 co. 6 del d.lgs. 81/2008 (l’appellante richiama, tra gli altri, il precedente di questa Sezione 28.8.2012, n. 4622); sulla contestata congruità dell’offerta risultata aggiudicataria, censurandosi l’esito della verifica di anomalia cui tale offerta è stata sottoposta.

 

10. L’annullamento dell’aggiudicazione, in quanto il RTI Gepsa sarebbe dovuto essere escluso dalla gara per le ragioni sopra indicate, pone il problema della sorte del contratto di appalto sottoscritto il 16.1.2012, di cui il Consorzio appellante ha chiesto che sia dichiarata l’inefficacia al fine di conseguire una tutela in forma specifica della propria pretesa , attraverso il subentro nel rapporto di servizio.

 

10.1. Sostiene a tal fine che si dovrebbe fare applicazione dell’art. 121 co. 1 lett. c), e che quindi ricorrerebbe un’ipotesi di grave violazione, poiché la stazione appaltante avrebbe stipulato il contratto senza rispettare il termine dilatorio di cui all’art. 11 co. 10 ter del d.lgs. 163/2006;

 

10.2. Replica la difesa di Gepsa osservando come quest’ultima disposizione non sia invocabile nel caso di specie, in quanto il ricorso introduttivo dinanzi al Tar, del Consorzio, non era corredato da alcuna domanda cautelare che, invece, fu proposta solamente in un secondo momento, all’atto di presentare motivi aggiunti. .

 

8.3. Così riassunte le contrapposte deduzioni di parte, reputa il Collegio che debba privilegiarsi il dato letterale per il quale il secondo termine dilatorio previsto dall’art. 11 co. 10 ter – che impedisce temporaneamente la stipulazione del contratto - vale solamente nei casi in cui sia “proposto ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare”.

 

Nel caso di specie è infatti pacifico che l’originario ricorso introduttivo notificato il 10.11.2011, tutto incentrato sull’incompletezza e l’incongruità dell’offerta economica del RTI Gepsa, fosse sprovvisto della domanda cautelare e che tale domanda sia stata avanzata solamente dopo, con i motivi aggiunti notificati il 29.11.2011, con i quali sono stati dedotti i vizi relativi alla cooptazione di Cofely e Synargasia e ai requisiti di capacità della mandante Acuarinto.

 

Deve essere ricordato, inoltre, che la procedura in esame era stata oggetto di altre due impugnazioni, su iniziativa di altri concorrenti (Auxilium e Croce Rossa), e che le relative istanze cautelari erano state respinte, dinanzi al Tar, tra la fine di novembre e la metà di dicembre del 2011.

 

Tutto questo per evidenziare come, per un verso, l’odierno appellante non avesse presentato in origine alcuna domanda cautelare che potesse inibire temporaneamente la stazione appaltante alla sottoscrizione del contratto; e, per altro verso, al momento della sottoscrizione del contratto in data 16.1.2012, l’aggiudicazione in favore di Gepsa fosse già passata indenne attraverso ben due camere di consiglio, fissate per l’esame di altrettanti distinti ricorsi proposti da concorrenti diversi.

 

In simile contesto, è assai dubbio che la domanda cautelare tardivamente proposta con l’atto di motivi aggiunti potesse restituire all’odierno appellante il beneficio della sospensione del termine di conclusione del contratto, dopo che a tale effetto di stand still inizialmente la stessa parte aveva rinunciato.

 

Del resto, altrimenti opinando, si darebbe alle difese di parte ricorrente, nelle controversie in materia di appalti, un potere di interdizione (e di ostruzione) in ipotesi paralizzante l’azione amministrativa, laddove si tradurrebbe nella teorica possibilità di rimandare la stipulazione dell’appalto attraverso la presentazione di un numero indeterminato di successive istanze cautelari, finendo così per abusare del meccanismo di tutela preventiva disegnato dal Codice dei contratti in recepimento della direttiva ricorsi del 2007.

In aggiunta a tale rilievo, si deve inoltre tenere conto del fatto che, nella vicenda di specie, i tempi del finanziamento comunitario imponessero la sollecita stipulazione del contratto, come sottolineato dall’Avvocatura nella memoria del 27.3.2012 depositata nel giudizio di primo grado.

 

8.4. Esclusa la violazione dell’art. 11 co. 10 ter del Codice dei contratti, resta da accertare se, alla stregua dell’art. 122 c.p.a., si imponga comunque, per altra via, l’inefficacia del contratto.

La risposta, valutati comparativamente tutti gli elementi della fattispecie in esame, deve essere negativa in considerazione dell’avanzato stato di esecuzione del contratto, che avendo durata annuale volge oramai al termine, e che rende prevalente, anche a beneficio degli utenti del servizio, l’interesse alla sua conservazione.

Ne consegue che la domanda di inefficacia non può essere accolta, il che ai sensi dell’art. 124 c.p.a. preclude la tutela in forma specifica.

 

9. Resta la tutela per equivalente, che il Consorzio appellante ha invocato in via subordinata nell’atto di appello (v. a p. 42-43), e che aveva già richiesto in primo grado con i motivi aggiunti notificati il 29.11.2011 (v. a p. 17).

La domanda è fondata, sul rilievo dell’illegittimità dell’ammissione del RTI Gepsa e della aggiudicazione della gara in suo favore e, una volta respinto il ricorso incidentale di Gepsa, sul presupposto che l’esclusione di tale concorrente avrebbe comportato l’aggiudicazione in favore del Consorzio appellante, risultato secondo classificato in graduatoria.

Dopodiché, in applicazione della giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte di Giustizia, III, 30.9.2010, causa C-314/09), che considera la tutela per equivalente come un succedaneo di quella specifica, in quanto tale sottoposta alle medesime condizioni, non occorre che il Consorzio attore dimostri, e neppure alleghi, la colpa della stazione appaltante.

Quanto alla misura del danno, si distingue in astratto tra danno emergente (spese e costi di partecipazione alla gara) e lucro cessante (mancato utile).

 

In ordine al primo, il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui tale voce andrebbe risarcita solamente in caso di illegittima esclusione, e non anche quando - come nella presente fattispecie - ci si duole della mancata aggiudicazione (v., tra le tante, Cons. St., V, 13.6.2008, n. 2967 e 6 aprile 2009, n. 2143); ciò sulla duplice considerazione che nella liquidazione del lucro cessante “è già ricompresa la remunerazione del capitale impiegato per la partecipazione alla gara”, e che “del resto l’impresa che risulti vincitrice di una gara ed esegua il contratto, non potrebbe mai ottenere, ex se, il rimborso dei costi sostenuti per la partecipazione alla gara”.

 

Quanto al lucro cessante, si va affermando negli ultimi tempi un indirizzo più aderente al canone generale di cui all’art. 2697 c.c., coerentemente con quanto prescritto dall’art. 124 co. 1 c.p.a. (“danno per equivalente, subito e provato), che richiede la prova, a carico dell'impresa ricorrente, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, prova desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2009, n. 842 e 17 ottobre 2008, n. 5098; Tar Lombardia, Milano, sez. I, 11 febbraio 2009, n. 1243; Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2005, n. 1563).

 

Da ultimo si va affermando la convinzione che vada risarcito anche il danno curriculare. Sul presupposto che il fatto stesso di eseguire un appalto pubblico (anche a prescindere dal lucro che l'impresa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante), possa essere comunque fonte di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e quindi la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti (Cons. St., sez. V, 2 febbraio 2008, n. 491), si ammette che l'impresa illegittimamente privata dell'esecuzione di un appalto possa rivendicare anche la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale.

 

Facendo applicazione di tali criteri generali al caso di specie, reputa il Collegio che:

 

1) nulla possa essere liquidato per le spese sostenute per la presentazione dell’offerta;

 

2) il lucro cessante debba essere liquidato assumendo come riferimento, anziché il 10% della base d’asta ribassata, l’utile di impresa indicato e quantificato nell’offerta economica e nelle giustificazioni presentate in sede di gara (v. doc. 14), che è pari ad euro 16.235,25 al mese, da moltiplicare per dodici mesi corrispondenti alla durata annuale del contratto, tenuto anche conto che tale dato non è stato minimamente contestato dalla stazione appaltante;

 

3) il danno curriculare possa essere riconosciuto e liquidato, in via equitativa, in una misura che appare congruo stabilire nel 5% di quanto liquidato per il danno economico al punto precedente.

 

Trattandosi di debito di valore, l’importo capitale così calcolato andrà rivalutato a far data dal giorno della stipulazione del contratto, da parte del RTI Gepsa, sino alla pubblicazione della presente sentenza, applicando l’indice Istat.

 

Dopo la pubblicazione della sentenza il debito si trasformerà in debito di valuta e saranno dovuti gli interessi legali dalla data del deposito sino all’effettivo pagamento.

 

Si osserva infine, incidentalmente, al cospetto di una domanda risarcitoria proposta in questa sede unicamente nei confronti della Stazione appaltante, come il fatto dannoso sia imputabile anche, in una certa misura, al RTI Gepsa che quindi, in teoria, potrebbe essere chiamato a risponderne ai sensi dell’art. 2055 (v. Cons. St., sez. VI, 13 gennaio 2012, n. 115 e 15 ottobre 2012, n. 5279).

 

12. In conclusione, per le ragioni sin qui esposte, l’appello è fondato sia nella parte in cui censura l’accoglimento in primo grado del ricorso incidentale “paralizzante” che quanto alle domande impugnatoria e risarcitoria contenute nei motivi aggiunti notificati il 29.11.2011 . Non lo è invece nella ulteriore domanda di inefficacia del contratto e di subentro.

 

13. Si ravvisano giustificati motivi per compensare le spese tra le parti costituite, tenuto conto dell’esito complessivo dell’appello, delle incertezze ingenerate dalla legge di gara e della relativa novità di alcune delle questioni trattate.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

 

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata:

 

1) respinge il ricorso incidentale e accoglie i motivi aggiunti proposti in primo grado, annullando l’aggiudicazione in favore del RTI Gepsa;

 

2) respinge la domanda di inefficacia del contratto;

 

3) condanna il Ministero dell’Interno a risarcire alla parte appellante i danni nella misura precisata in motivazione, oltre agli accessori.

 

Spese compensate.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dei giorni 26 ottobre e 28 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

 

Roberto Capuzzi, Consigliere

 

Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore

 

Dante D'Alessio, Consigliere

 

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/12/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici