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Consiglio di Stato, Sez. V, 14/2/2013 n. 911
Sulla nozione oggettiva di servizio pubblico.

"La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, quella oggettiva, si fonda su due elementi: 1) la preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; 2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità. Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione. A nulla quindi rileva che oggetto dell'affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l'intero servizio dell'igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l'attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell'attività dovuta". Ciò posto, nel caso di specie, risulta palese come le prestazioni oggetto della gara rientrino a pieno titolo nel novero dei servizi pubblici locali, definiti dall'art. 112 del D.Lgs. n. 267/2000 come i servizi che "abbiano per oggetto produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali".

Materia: servizi pubblici / definizione

N. 00911/2013REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1024 del 2012, proposto da:

Società Igiene e Territorio Spa (Sit Spa), rappresentata e difesa dagli avv. Alessandro Picozzi, Carlo Celani, con domicilio eletto presso Alessandro Picozzi in Roma, via dei Condotti 9;

 

contro

Rti Padova Territorio Rifiuti Ecologia - Padova Tre S.r.l. - Savi Servizi S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Stella Richter, Marcello M. Fracanzani, con domicilio eletto presso Paolo Stella Richter in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11; Comune di Sossano, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri N. 5;

 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 01656/2011, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE APPALTO PER SERVIZIO DI RACCOLTA E TRASPORTO RIFIUTI URBANI E ASSIMILATI - MCP

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Rti Padova Territorio Rifiuti Ecologia - Padova Tre S.r.l. - Savi Servizi S.r.l. e di Comune di Sossano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2012 il Cons. Antonio Bianchi e uditi per le parti gli avvocati Celani, Fracanzani e Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con bando di gara pubblicato in data 31.03.2011 il Comune di Sossano indiceva una procedura aperta per l'affidamento del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e assimilati.

 

All'esito della gara l'appalto veniva aggiudicato in via provvisoria alla Società Igiene Territorio (SIT), quale migliore offerente.

 

La società Padova T.R.E, quale mandataria in ATI con la società Savi Servizi, proponeva ricorso al TAR per il Veneto chiedendo l'annullamento della disposta aggiudicazione.

Si costituiva la SIT chiedendo la reiezione del gravame e proponendo altresì ricorso incidentale.

Con sentenza n. 1656/2011 il Tribunale adito respingeva il ricorso incidentale ed accoglieva quello principale.

Avverso detta sentenza S I T ha interposto l'odierno appello, chiedendone l'integrale riforma.

Si è costituita in giudizio Padova T.R.E chiedendo la reiezione del gravame siccome infondato.

Alla pubblica udienza del 26 giugno 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

DIRITTO

1. Con il primo mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove ha qualificato come atto di "ordinaria amministrazione" l'avvalimento cui è ricorsa l'appellata ai fini dell'accesso alla gara d'appalto per cui è causa.

Assume, al riguardo, che per impegnare validamente la società ausiliaria la relativa dichiarazione avrebbe dovuto recare la firma di tutti e tre i membri del Consiglio di Amministrazione o, quantomeno, della sua maggioranza, e non già quella del solo Presidente, al quale sono statutariamente conferiti poteri di ordinaria amministrazione.

A suo dire, infatti, quando il concorrente ricorre all'avvalimento per integrare gli specifici requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto di cui sia carente, in realtà chiederebbe all'azienda ausiliaria di mettere a disposizione tutte le proprie risorse materiali, economiche e gestionali, di talché il vincolo di solidarietà che lega i contraenti ai sensi dell'art. 49, comma IV, del D.Lgs. n. 163/2006 non si limiterebbe allo specifico oggetto del contratto, ma coinvolgerebbe tutte le risorse aziendali dell'ausiliaria: il contratto di avvalimento dovrebbe conseguentemente qualificarsi come atto di straordinaria amministrazione.

 

1.1 La censura non può essere condivisa.

Premette il Collegio, in linea generale, come la riconducibilità del contratto di avvalimento alla categoria degli atti di ordinaria amministrazione piuttosto che a quella degli atti di straordinaria amministrazione, nella assenza di specifiche indicazioni normative, debba necessariamente farsi dipendere dalla tipologia dei requisiti che l'impresa ausiliaria si impegna a mettere a disposizione dell'impresa ausiliata.

Se, infatti, gli atti di ordinaria amministrazione posseggono una valenza di tipo conservativo del patrimonio sociale, mentre quelli di straordinaria amministrazione sono suscettibili per la loro intrinseca rischiosità di diminuirne l'entità economica, è consequenziale che con riferimento all'avvalimento la distinzione vada compiuta tenendo conto dell'importanza, della finalità ovvero della eccezionalità dell'atto compiuto in confronto a quelli che possono considerarsi eventi normali in un'impresa, in rapporto alla natura e all'oggetto sociale della stessa, nonché in relazione ai rapporti che intercorrono tra ausiliaria e ausiliata.

Pertanto, è attraverso l'individuazione del requisito che l'impresa ausiliaria si è impegnata a mettere a disposizione dell'impresa ausiliata che andrà verificato se tale impegno possa in qualche modo comportare il rischio di una diminuzione del patrimonio ovvero alterare l'organizzazione sociale dell'ausiliaria medesima, e quindi rientrare o meno tra gli atti di straordinaria amministrazione.

Ciò posto, osserva il Collegio come nella specie l'impresa ausiliaria, che è totalmente partecipata e controllata dalla società ausiliata, abbia messo a disposizione esclusivamente la propria pregressa esperienza.

Essa non ha, quindi, messo a disposizione mezzi, uomini o altre risorse aziendali, quale ad esempio la propria attestazione SOA, né si è impegnata a svolgere attività in subappalto nell'ambito del servizio pubblico posto a gara.

Se, dunque, l'impegno assunto dall'ausiliaria è rappresentato unicamente dalla messa a disposizione dell'esperienza maturata nel tempo nello specifico ambito del servizio di igiene pubblica, non può ragionevolmente ritenersi che lo stesso possa comportare il rischio di una diminuzione del patrimonio aziendale o un'alterazione dell'organizzazione sociale.

Peraltro, che l'impresa ausiliaria possa legittimamente conferire in avvalimento anche la sola propria referenza maturata in passato non è contestabile, in quanto detta possibilità non trova alcun divieto espresso nella disciplina comunitaria e di diritto interno.

Al riguardo, del resto, la giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di precisare più volte che il ricorso all'avvalimento, avente ad oggetto il fatturato o l'esperienza pregressa è legittimo, atteso che la disciplina dell'art. 49 del Codice dei contratti non pone alcuna limitazione, se non per i requisiti strettamente personali di carattere generale, di cui agli artt. 38 e 39 del Codice stesso.

Correttamente pertanto il primo giudice, nel respingere la censura, ha rilevato che "l'avvalimento (consistente, come si è detto, nel "prestito" del requisito inerente all'attività precedentemente svolta in specifici settori) non comportava a carico dell'ausiliaria alcuna responsabilità economico- finanziaria nei confronti della stazione appaltante collegata con l'esecuzione dell'appalto, sicché, per ciò stesso, non poteva comportare alcun rischio di una diminuzione del patrimonio aziendale o un'alterazione dell'organizzazione sociale: con la conseguenza che la prestazione dell'avvalimento si configurava, nella fattispecie, come attività di ordinaria amministrazione, rientrante nella competenza del presidente- legale rappresentante anche sotto il profilo del valore".

Inconducente, poi, si appalesa il richiamo all'art. 88 del Regolamento attuativo del Codice dei Contratti pubblici.

Se, infatti, l'avvalimento comportasse sempre la messa a disposizione da parte dell'impresa ausiliaria di tutte le proprie risorse materiali, economiche e gestionali,come ritenuto dall'appellante, non avrebbe senso la disposizione in esame laddove prescrive che nel contratto vi sia un'indicazione puntuale e analitica delle risorse e dei mezzi prestati.

 

2. Con il secondo mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove non ha considerato che il legale rappresentate dell'impresa ausiliaria, nel rendere la dichiarazione ai fini del possesso dei requisiti generali di cui all'art. 38 del D. Lgs n. 163/2006, non ha dichiarato un soggetto rilevante, ossia l'Amministrazione di una società incorporata dalla stessa impresa ausiliaria nel 2010.

 

2.1. La censura non può essere condivisa.

Ed invero, se può configurarsi ex art. 38 del Codice degli appalti un obbligo in capo ai concorrenti di dichiarare anche gli amministratori cessati nel triennio precedente, ivi compresi quelli che nel medesimo periodo amministravano società incorporate dalla concorrente prima della pubblicazione del bando di gara, tale obbligo non è rinvenibile nella ipotesi dell'avvalimento di cui all'art. 49 del medesimo Codice.

Infatti, la disposizione in parola stabilisce al riguardo che, in sede di presentazione dell'offerta, il concorrente debba semplicemente allegare "una dichiarazione sottoscritta dall'impresa ausiliaria attestante il possesso da parte di quest'ultima dei requisiti generali di cui all'art. 38".

Ben diverso e ben più stringente, quindi, è il tenore della disposizione di cui all'art. 38 relativamente alla dichiarazione che deve essere resa dai concorrenti in gara, laddove, per questi ultimi, specifica che "in ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell'anno (prima della recente modifica "nel triennio") antecedente la data di pubblicazione del bando di gara ... "

Del resto, la ratio della differente formulazione delle norme in esame va rinvenuta nella diversa posizione dei soggetti coinvolti, poiché ai sensi dell'art. 49, comma 10, solo il concorrente aggiudicatario è chiamato ad eseguire il servizio e solo ad esso è rilasciato il certificato di esecuzione.

Orbene, stante il principio di tipicità e tassatività delle cause di esclusione, non v'è dubbio che la norma recata dall'art. 38, co. 1 lett. C) di cui si controverte, non sia suscettibile di interpretazione tale da introdurre ulteriori e non previste cause ostative.

Ne consegue che all'ausiliario non possano estendersi i rigorosi criteri limitativi propri del concorrente.

Né tale interpretazione restrittiva è peraltro ricavabile dal testo dell'art. 14 del bando il quale, in linea con quanto stabilito dal citato art. 38, prevede la dichiarazione degli amministratori cessati nel triennio precedente per i soli concorrenti.

A ciò aggiungasi, che l'appellante non ha fornito alcuna prova certa che l'ex amministratore della società incorporata dalla società ausiliaria abbia riportato condanne penali rilevanti ai fini dell'invocato art. 38 del Codice dei Contratti.

E tale circostanza, per quanto sarà meglio chiarito nel punto 3 che segue, inibisce in ogni caso la possibilità di disporre l'esclusione di Padova T.R.E dalla gara in via diretta ed autonoma.

 

3. Con il terzo mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove non ha accolto il motivo di impugnazione con cui la stessa ha chiesto in primo grado l'esclusione dalla gara di Padova T.R.E per aver omesso di indicare il nominativo del cedente di un'azienda acquistata nel corso dell'anno 2008, impedendo così il vaglio del possesso dei requisiti di cui all'art. 38 del Codice degli appalti.

 

3.1. La censura non può essere condivisa.

E’ noto come la questione della cessione d'azienda ai fini della dichiarazione ex art. 38 del Codice degli appalti, oggetto di contrastanti indirizzi giurisprudenziali, sia stata di recente risolta dalla Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la decisione n. 10 del 4 maggio 2012.

Con detta decisione, l'Adunanza ha precisato che deve "ritenersi la sussistenza in capo al cessionario dell'onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all'art. 38 comma 1 lett. C) del D. Lgs n. 163 del 2006, anche in riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la cedente nell'ultimo triennio (ora nell'ultimo anno)".

A tanto, la medesima è pervenuta sul presupposto che il contenuto della norma di cui al richiamato art. 38 "già di per sé" comprenda ipotesi non testuali, ma pur sempre ad essa riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono, sicché il soggetto cessato dalla carica sia identificabile quale interno al concorrente, così come "ben può verificarsi.... in ipotesi di cessione di azienda o di ramo d'azienda".

Ciò posto, l'Adunanza ha però precisato che "resta altresì fermo - tenuto conto della non univocità delle norme circa l'onere del cessionario - che in caso di mancata presentazione della dichiarazione e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest'ultima potrà essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l'assenza del requisito in questione".

E ciò in quanto, a ben vedere, lo scopo della preclusione di legge è da individuarsi sicuramente in quello di impedire la partecipazione alle procedure di affidamento dei pubblici appalti, "di soggetti di cui sia accertata la mancanza di rigore comportamentale con riguardo a circostanze gravemente incidenti sull'affidabilità morale e professionale".

Orbene, nella specie, non è stata invocata dall'appellante né tantomeno oggettivamente accertata l'assenza in capo al cedente del requisito in questione, né il bando impone in alcun modo al cessionario di rendere la dichiarazione relativa al requisito di cui all'art. 38 anche in riferimento agli amministratori che hanno operato presso la cedente nell'ultimo triennio (ora nell'ultimo anno).

Ne consegue che l'amministrazione non poteva di certo procedere alla esclusione in via diretta ed automatica della Padova T.R.E, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante.

 

4. Con il quarto mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove ha disatteso il motivo con cui la stessa ha lamentato l'illegittima partecipazione alla gara di Padova T. R. E, in quanto quest'ultima ha omesso l'inclusione della Padova T.R.E Ambiente tra i soggetti garantiti dalla cauzione prestata.

 

4.1. La doglianza è priva di fondamento.

Ed invero, sul punto è appena il caso di osservare che la lex specialis di gara dispone espressamente che la cauzione provvisoria sia prestata ai sensi dell'art. 75 del D.Lgs. n. 163 del 2006, norma che tuttavia non prevede che la cauzione includa anche gli ausiliari.

Né tale obbligo è previsto dal successivo art. 16 del bando ("Garanzie").

Correttamente, pertanto, il primo giudice ha osservato al riguardo che "nessuna disposizione della legge o del bando prevedeva l'obbligo di estendere la cauzione provvisoria ricomprendendo le imprese ausiliarie, né tale obbligo discende dall'art. 49 del DLgs n. 163 del 2006, posto che ivi, dopo aver contemplato un regime di responsabilità solidale tra l'impresa avvalente e quella ausiliaria, si dispone che il contratto di appalto è comunque eseguito dall'impresa avvalente, a nome della quale è rilasciato il certificato di esecuzione dei lavori: ma allora, se lo stesso legislatore individua nell'impresa avvalente l'unico soggetto titolare del contratto di appalto, risulta illogico affermare che l'onere cauzionale deve gravare (anche) su di un soggetto ulteriore e diverso, in ordine al quale rileva solo il rapporto interno con l'avvalente medesimo (ferma restando, come si è detto, la responsabilità solidale dell'ausiliario nei confronti dell'Amministrazione appaltante)".

 

5. Con il quinto ed ultimo mezzo di gravame l'appellante deduce che erroneamente il TAR avrebbe accolto il ricorso proposto da Padova T.R.E, ritenendo che l'appellante stessa, in quanto espressione del Comune di Vicenza e gerente servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, non può partecipare a gare pubbliche per l'acquisizione di ulteriori servizi, per contrasto con l'art. 23 bis, comma 9, del D.L. n. 112/2008.

A suo dire, infatti, mancherebbero nella fattispecie i presupposti oggettivi e soggettivi previsti dal richiamato articolo 23 bis in quanto:

a) sotto il profilo oggettivo l'appalto non riguarderebbe un "servizio pubblico locale";

b) sotto il profilo soggettivo S.I.T. non gestiva in affidamento diretto "servizi pubblici locali" né all'interno dell'ambito territoriale di riferimento dell'appalto de quo, né in alcun altro ambito territoriale.

 

5.1 La censura non può essere condivisa.

Ed invero, con riferimento al primo profilo, va rilevato che l'art. 23 bis, comma 9, del D.L. n. 112/2008, convertito in L. n. 113 del 2008 e modificato dall'art. 15 del D.L. n. 135/2009, nella sostanza, vieta l'acquisizione della gestione di servizi ulteriori, con o senza gara, alle società che gestiscono servizi pubblici locali ad esse affidati senza il rispetto dei principi dell'evidenza pubblica, anche per il tramite di società controllanti o da esse controllate.

La "ratio" della predetta disposizione, come correttamente rilevato dal Tar, va senz'altro ravvisata nell'esigenza di impedire alterazioni del mercato concorrenziale che deriverebbero dalla partecipazione alle gare per l'affidamento di ulteriori servizi pubblici locali di quei soggetti che, in quanto già affidatari diretti di tali servizi nel medesimo o in altri ambiti territoriali, si trovano in una posizione di privilegio acquisita al di fuori dei meccanismi dell'evidenza pubblica.

Se tant'é sotto il profilo funzionale, appare allora irrilevante, sempre come esattamente rilevato dal primo giudice, la modalità di affidamento prescelta dalla stazione appaltante (appalto o concessione), atteso che il divieto posto dal legislatore riguarda genericamente "l'acquisizione" della gestione di servizi ulteriori.

In altri termini, le modalità di remunerazione delle attività, pur idonee a far ascrivere la gara nella categoria dell'appalto anziché in quella della concessione, non possono influire sulla natura delle prestazioni oggetto della procedura in esame.

Al riguardo, peraltro, la giurisprudenza della Sezione ha già avuto modo di precisare che "La nozione di servizio pubblico prescelta dal legislatore, quella oggettiva, si fonda su due elementi: 1) la preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti; 2) la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità (sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6574). Ne consegue che, fermi gli elementi essenziali sopra menzionati, la configurazione del servizio pubblico è compatibile con diversi schemi giuridici e con differenti modalità di remunerazione della prestazione. A nulla quindi rileva che oggetto dell'affidamento fosse soltanto la raccolta dei rifiuti e non l'intero servizio dell'igiene ambientale, così come non rileva che il gestore fosse remunerato dal soggetto aggiudicatore: quel che conta, infatti, è che l'attività del gestore fosse diretta ad una platea indifferenziata di utenti e che esso fosse destinatario di obblighi funzionali alla destinazione al pubblico dell'attività dovuta" (cfr. sentenza n. 1651 del 22.03.2010).

Ciò posto, nel caso di specie risulta palese come le prestazioni oggetto della gara rientrino a pieno titolo nel novero dei servizi pubblici locali, definiti dall'art. 112 del D.Lgs. n. 267/2000 come i servizi che "abbiano per oggetto produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali".

E ciò, in quanto dette prestazioni le quali sono svolte direttamente a favore della cittadinanza e, quindi, da essa immediatamente "percepibili", rientrano a pieno titolo tra quelle ricomprese nel ciclo integrato dei rifiuti per i territori comunali di Sossano, Orgiano e Campiglia dei Berici.

Peraltro, a ulteriore conferma di quanto precisato, è lo stesso bando di gara a rimarcare expressis verbis al punto 3 che "il servizio oggetto del presente bando deve essere considerato ad ogni effetto servizio pubblico e quindi per nessuna ragione potrà essere sospeso o abbandonato".

Del resto, a voler ritenere che la medesima prestazione possa essere considerata servizio pubblico locale o no in dipendenza della tipologia di affidamento prescelta dal titolare del servizio per il suo conferimento (concessione o appalto) e delle modalità individuate per la sua remunerazione (corrispettivo versato dalla stazione appaltante o direttamente dai cittadini - utenti), si giungerebbe alla irragionevole conseguenza che l'ente gestore, in vigenza della clausola escludente in parola stabilita dal legislatore, abbia la possibilità di ampliare o ridurre arbitrariamente lo spettro dei concorrenti legittimati a partecipare alla gara semplicemente scegliendo l'una o l'altra modalità di affidamento.

 

5.2 Con riferimento al secondo profilo (quello soggettivo), poi, va rilevato come dalla documentazione versata in atti emerga che SIT, al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara e per tutta la durata della relativa procedura, svolgesse il servizio di raccolta e di trasporto dei rifiuti solidi urbani in alcuni comuni che hanno costituito il Consorzio per i Servizi di Igiene del Territorio del Bacino Treviso 1 (C. I. T).

Infatti:

- nel citato ambito territoriale la gestione dei rifiuti è affidata alla SAVNO s.r.l., società consortile costituita nel 2001 dalla stessa S.I.T., unitamente ad A. M. A. V. s.p.a. e S. E. S. A. s.p.a.;

- nel 2004 SAVNO affidava a S. I. T., mediante una convenzione, il servizio di raccolta e trasporto rifiuti dei comuni afferenti al CIT;

- nel 2006 S.I.T. usciva dalla compagine sociale di SAVNO cedendo a CIT le proprie quote ma, al contempo, manteneva l'affidamento delle attività de quibis mediante un rinnovo della prefata convenzione per tutto il quinquennio 2006 - 2011;

- nella convenzione tra S.I.T. e SAVNO, relativa alle attività che la prima si impegnava a svolgere nell'ambito territoriale di riferimento, si legge (art. 3) che "il servizio oggetto della presente convenzione è considerato ad ogni effetto un "pubblico servizio" e pertanto per nessun motivo potrà essere sospeso o abbandonato";

- non v'è traccia di alcuna procedura a evidenza pubblica nell'accordo con il quale S.I.T. e SAVNO decidevano di prorogare gli effetti della convenzione del 2004 fino a tutto il 2011.

Orbene, il tenore letterale dell'art. 23 bis, comma 9, citato e soprattutto la sua ratio che è quella, come già precisato, di tutelare la concorrenza, non lasciano adito a dubbi circa l'applicabilità all'appellante del divieto di partecipazione alla gara indetta dal Comune di Sossano.

La norma, infatti, non fa distinzioni in ordine al titolo in forza del quale il servizio pubblico è svolto disponendo, proprio per significare la portata onnicomprensiva e antielusiva del divieto, che debbono essere esclusi tutti quei soggetti che "gestiscono di fatto o per disposizione di legge, di atto amministrativo o per contratto....".

Non basta quindi cedere delle quote societarie, come ha fatto S.I.T vendendo le proprie partecipazioni in SAVNO a CIT, per estendere il proprio raggio d'azione al di fuori del territorio di riferimento, se poi si mantiene il medesimo rapporto in via contrattuale.

 

6. Per le ragioni esposte il ricorso in appello è infondato e, come tale, da respingere.

Sussistono tuttavia motivi, per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese del grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/02/2013

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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