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Avvocato Generale E. Sharpstone, 21/3/2013 n. C-515/11
Accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse - Ambito di applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4/CE.

Ai fini dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, che abroga la direttiva del Consiglio 90/313/CEE, un organo esecutivo è escluso dall'eccezione di cui all'articolo 2, paragrafo 2, prima frase, di detta direttiva, quando adotta disposizioni regolamentari in forza di un'autorizzazione contenuta in una norma sovraordinata di diritto, a meno che la procedura di adozione di tali disposizioni garantisca un diritto di accesso all'informazione ambientale in maniera tale che gli obiettivi della direttiva 2003/4 siano stati conseguiti con modalità analoghe a quelle previste dalla procedura di adozione degli atti legislativi. L'onere della prova in tal senso grava sull'autorità pubblica che intende far valere l'eccezione. Spetta al giudice nazionale verificare che gli obiettivi della direttiva 2003/4 siano stati conseguiti, tenendo conto, in particolare, degli obiettivi di trasparenza e controllo pubblico.

Materia: ambiente / accesso alle informazioni

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

 

ELEANOR SHARPSTON

 

presentate il 21 marzo 2013 (1)

 

Causa C-515/11

 

Deutsche Umwelthilfe eV

 

contro

 

Repubblica federale di Germania

 

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Berlin (Germania)]

 

«Accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse - Ambito di applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4/CE - Determinazione della questione se le autorità pubbliche che adottano disposizioni regolamentari esecutive agiscono nell’esercizio di competenze legislative»

 

1.        Una gerarchia delle norme è una caratteristica abituale dei moderni ordinamenti giuridici. Essa connota l’idea di un ordinamento verticale degli atti giuridici, in cui gli atti di rango inferiore vengono adottati in base alle autorizzazioni contenute in un atto di rango superiore. Di conseguenza, la legislazione primaria emanata nell’ambito di procedure parlamentari e adottata in sede legislativa è completata dalla legislazione derivata (2) adottata dall’esecutivo, in base ad un’autorizzazione conferita da un atto legislativo primario. Nell’adottare tali atti, l’esecutivo è spesso in grado di seguire procedure meno elaborate, rispetto a quelle applicabili alla legislazione primaria (3).

 

2.         Nella domanda pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Berlin (tribunale amministrativo di Berlino, Germania), il giudice nazionale solleva la questione che la Corte non ha risolto nella causa Flachglas Torgau (4) in quanto non rilevante ai fini dell’esito di detta causa e, precisamente, se il potere esecutivo sia un organismo o un’istituzione che agisce nell’esercizio di competenze legislative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4 (5) quando adotta disposizioni regolamentari sulla base di un potere giuridico conferito da norme di autorizzazione contenute nella legislazione primaria.

 

 Normativa

 

 La Convenzione di Aarhus

 

3.        L’Unione europea, gli Stati membri e 19 altri Stati sono parti aderenti alla Convenzione di Aarhus, entrata in vigore il 30 ottobre 2001 (6). La Convenzione si fonda su tre «pilastri» – accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico e accesso alla giustizia. Il preambolo della Convenzione contiene i seguenti considerando:

 

«Riconoscendo che un più ampio accesso alle informazioni e una maggiore partecipazione ai processi decisionali migliorano la qualità delle decisioni e ne rafforzano l’efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consentono di esprimere le sue preoccupazioni, permettendo alle pubbliche autorità di tenerne adeguatamente conto,

 

Mirando in tal modo ad accrescere la responsabilità e la trasparenza nel processo decisionale e a rafforzare il sostegno del pubblico alle decisioni in materia ambientale,

 

Riconoscendo l’opportunità di promuovere la trasparenza in tutti i settori della pubblica amministrazione e invitando gli organi legislativi ad applicare i principi della presente convenzione alle proprie procedure».

 

4.         L’articolo 2, paragrafo 2, della Convezione definisce l’«autorità pubblica», in particolare, come «l’amministrazione pubblica a livello nazionale, regionale o ad altro livello», oltre che come qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia compiti, responsabilità o funzioni pubbliche, in particolare riguardo all’ambiente, ma esclude da tale definizione «gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo».

 

5.         L’articolo 4 della Convenzione, che introduce il primo pilastro, è rubricato «Accesso alle informazioni ambientali». In sostanza, i suoi primi due numeri impongono alle parti contraenti di provvedere affinché le autorità pubbliche, in risposta ad una richiesta di informazioni ambientali, mettano tali informazioni a disposizione del pubblico non appena possibile, senza che il pubblico debba far valere un interesse al riguardo. L’articolo 4, paragrafi 3 e 4, stabilisce determinati motivi in base ai quali tale richiesta può essere respinta. L’articolo 4, paragrafo 4, ultimo comma dispone quanto segue: «I motivi di diniego di cui sopra devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni nonché dell’eventuale attinenza delle informazioni con le emissioni nell’ambiente».

 

6.         L’articolo 8 della convenzione è rubricato «Partecipazione del pubblico all’elaborazione di regolamenti di attuazione e/o strumenti normativi giuridicamente vincolanti di applicazione generale». Esso prevede che le parti contraenti si sforzino di promuovere, in una fase adeguata e quando tutte le alternative sono ancora praticabili, l’effettiva partecipazione del pubblico all’elaborazione di dette misure.

 

 Disposizioni del Trattato

 

7.        L’articolo 289 TFUE concerne gli atti legislativi nel sistema dell’Unione Europea. L’articolo 289, paragrafo 3, sancisce che gli atti giuridici adottati mediante procedura legislativa sono atti legislativi. L’articolo 290 TFUE definisce gli atti delegati e fissa le condizioni e le modalità di controllo sull’adozione di tali atti a livello dell’Unione europea.

 

 La Direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale

 

8.         La direttiva VIA (7) mira ad armonizzare la valutazione degli effetti sull’ambiente che possono verificarsi con la realizzazione di taluni progetti. Ai sensi del sesto considerando «l’autorizzazione di progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente va concessa solo previa valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull’ambiente (omissis). Questa valutazione deve essere fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente e eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato dal progetto».

 

9.         L’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva VIA dispone che tale direttiva non è applicabile ai progetti i cui dettagli siano adottati mediante un atto legislativo nazionale specifico, dal momento che gli obiettivi perseguiti dalla direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, sono raggiunti tramite la procedura legislativa.

 

 La direttiva 2003/4

 

10.       La direttiva 2003/4 abbraccia il primo pilastro della Convenzione di Aarhus, insieme a quelle parti del terzo pilastro che rilevano per l’accesso all’informazione.

 

11.       I considerando primo, quinto, settimo, undicesimo e sedicesimo della direttiva 2003/4 enunciano quanto segue:

 

«(1)      Un rafforzamento dell’accesso del pubblico all’informazione ambientale e la diffusione di tale informazione contribuiscono a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l’ambiente.

 

(omissis)

 

(5)      (omissis) Le disposizioni di diritto comunitario devono essere compatibili con [la convenzione di Aarhus] in vista della sua conclusione da parte della Comunità europea.

 

(omissis)

 

(7)      Le disparità tra le normative vigenti negli Stati membri in tema di accesso all’informazione ambientale in possesso delle autorità pubbliche possono creare disparità di trattamento nella Comunità sotto il profilo dell’accesso a tale informazione o delle condizioni di concorrenza.

 

(omissis)

 

(11) Per tener conto del principio di cui all’articolo 6 del trattato, vale a dire che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente dovrebbero essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie, la definizione di autorità pubbliche dovrebbe essere estesa in modo da comprendere il governo e ogni altra pubblica amministrazione a livello nazionale, regionale o locale, aventi o no responsabilità specifiche per l’ambiente. La definizione dovrebbe peraltro essere estesa fino ad includere altre persone o organismi che assolvono funzioni di pubblica amministrazione connesse con l’ambiente, ai sensi del diritto nazionale, nonché altre persone o organismi che agiscono sotto il loro controllo e aventi responsabilità o funzioni pubbliche connesse con l’ambiente.

 

(omissis)

 

(16) Il diritto all’informazione implica che la divulgazione dell’informazione sia ritenuta un principio generale e che alle autorità pubbliche sia consentito respingere una richiesta di informazione ambientale in casi specifici e chiaramente definiti. Le ragioni di rifiuto dovrebbero essere interpretate in maniera restrittiva, ponderando l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgarle (omissis).

 

(omissis)».

 

12.       L’articolo 1 della direttiva 2003/4 dispone quanto segue:

 

«La presente direttiva ha i seguenti obiettivi:

 

(a)      garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base nonché modalità pratiche per il suo esercizio; e

 

(b)      garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale (omissis)».

 

13.      L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/4 definisce la nozione di «informazione ambientale» come segue:

 

«(omissis) qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente:

 

(a)      lo stato degli elementi dell’ambiente quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, comprese le zone umide, le zone costiere e marine, la biodiversità e le sue componenti, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché l’interazione fra questi elementi;

 

(b)      fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui al punto a);

 

(c)      le misure (compresi i provvedimenti amministrativi) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui ai punti a) e b), nonché le misure o le attività intese a proteggere i suddetti elementi;

 

(omissis)».

 

14.      L’articolo 2, paragrafo 2, definisce la nozione di autorità pubblica come:

 

(a)    il governo o ogni altra amministrazione pubblica, compresi gli organi consultivi pubblici, a livello nazionale, regionale o locale;

 

(omissis)

 

Gli Stati membri possono stabilire che questa definizione non comprende gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali o legislative (omissis)».

 

15.       L’articolo 2, paragrafo 3, definisce la nozione di informazione detenuta da un’autorità pubblica come «l’informazione ambientale che è in suo possesso e che è stata prodotta o ricevuta da detta autorità»;

 

16.       L’articolo 3, paragrafo 1, così dispone:

 

«Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».

 

17.      L’articolo 4 è intitolato «Eccezioni». Esso enuncia, ai punti 1 e 2, le circostanze in cui gli Stati membri possono disporre che una richiesta di informazione ambientale sia respinta. Tali circostanze riflettono le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, della Convenzione di Aarhus (8) L’articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, dispone quanto segue: «I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione».

 

 Diritto nazionale

 

18.       L’Umweltinformationsgesetz (legge sull’informazione relativa all’ambiente, in prosieguo: l’«UIG») ha attuato la direttiva 2003/4 nel diritto federale tedesco.

 

19.       L’articolo 2, paragrafo 1, sub 1, dell’UIG include «il governo e gli altri organi della pubblica amministrazione» tra gli organi tenuti a rilasciare informazioni. Tuttavia, l’articolo 2, paragrafo 1, sub 1, lettera a), esclude espressamente «le supreme autorità federali da tale obbligo, qualora intervengano nell’ambito della legislazione o della formulazione di disposizioni regolamentari [“Rechtsverordnungen”]».

 

20.       La legislazione nazionale (9) conferisce al Ministero federale dell’economia e della tecnologia (in prosieguo: il «Ministero») il potere di adottare regolamenti di modifica del Pkw-Energieverbrauchskennzeichnungsverordnung (in prosieguo: il «regolamento in materia di etichettatura dei consumi energetici delle autovetture»).

 

21.      Il regolamento del 22 agosto 2011 (10) è stato validamente adottato dal Ministero in forza di tali autorizzazioni. Tale regolamento riguarda informazioni da fornire ai consumatori sul consumo di carburante, sulle emissioni di anidride carbonica e sul consumo di energia elettrica di nuove automobili. Esso prescrive che tali informazioni debbano essere fornite al consumatore prima della stipula di un contratto di compravendita, dal momento che siffatte informazioni possono influire sulla decisione di acquisto. Le decisioni dei consumatori sono determinanti per la tipologia di automobili circolanti sulla rete stradale e che emettono anidride carbonica e che, di conseguenza, finiscono per influire sull’aria e sull’atmosfera.

 

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

 

22.      Il 14 ottobre 2010 la Deutsche Umwelthilfe, un’associazione ambientalista, ha sottoposto al Ministero una richiesta ai sensi dell’UIG. In particolare, essa ha chiesto di accedere alle informazioni che l’industria automobilistica tedesca aveva trasmesso al Ministero durante le fasi preparatorie del procedimento che ha portato, a tempo debito, all’adozione del regolamento del 22 agosto 2011.

 

23.      Il Ministero ha respinto la richiesta della Deutsche Umwelthilfe a motivo del fatto che esso aveva agito nell’esercizio di competenze legislative e, pertanto, non era un’autorità pubblica soggetta all’obbligo di fornire informazioni ambientali.

 

24.       La Deutsche Umwelthilfe ha impugnato tale decisione dinanzi al Verwaltungsgericht Berlin, che ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1.      Se l’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, della [direttiva 2003/4/CE] debba essere interpretato nel senso che vi è azione nell’esercizio di competenze legislative anche nel caso di attività svolte da organismi e istituzioni che riguardino l’adozione di norme da parte dell’esecutivo in forza di un’autorizzazione conferita con legge del Parlamento.

 

2.      Nel caso in cui la prima questione debba essere risolta affermativamente, se i suddetti organismi e istituzioni siano esclusi dalla definizione di «autorità pubbliche» o lo siano solo per il periodo che termina con la conclusione del procedimento legislativo».

 

25.       Osservazioni scritte sono state presentate dalla Deutsche Umwelthilfe, dal governo tedesco e dalla Commissione Europea. Tutte le suddette parti hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 17 gennaio 2013.

 

 Questioni preliminari

 

26.      La Commissione ha sollevato tre argomenti, che intendo esaminare prima di entrare nel merito della mia analisi.

 

27.      In primo luogo, la Commissione rileva che prima del Trattato di Lisbona non esisteva una definizione generale di «atto legislativo» a livello dell’Unione europea. Di conseguenza, era possibile argomentare legittimamente che i regolamenti della Commissione erano atti legislativi, in forza del loro contenuto sostanziale. Tuttavia, tale argomentazione non è più possibile alla luce dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE. Se un atto dell’Unione configuri un atto legislativo è ora una questione di forma, piuttosto che di contenuto (11). La Commissione sostiene che, se si dovesse tener conto della qualificazione di un tipo particolare di disposizione regolamentare come atto legislativo o esecutivo in ciascuno Stato membro, la risposta alla domanda se l’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4, sia applicabile, varierebbe da uno Stato membro all’altro.

 

28.       Data la ricca diversità di tradizioni giuridiche e ordinamenti giuridici nei 27 Stati membri, sembra opportuno adottare un orientamento che consenta con maggiore probabilità un’interpretazione uniforme della direttiva (12).

 

29.      In secondo luogo, la Commissione ammette che le informazioni trasmesse dall’industria automobilistica tedesca al Ministero, alle quali la Deutsche Umwelthilfe chiede di avere accesso, costituiscono informazioni ambientali ai sensi dell’articolo 2 paragrafi 1 e 3 della direttiva 2003/4. Essa sostiene, tuttavia, che tale materiale non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, dal momento che non proviene da un’autorità pubblica. La Commissione sostiene, pertanto, che non è necessario rispondere alla prima questione del giudice nazionale.

 

30.       Non condivido tale opinione.

 

31.       Il giudice nazionale non ha ritenuto necessario sottoporre una questione pregiudiziale per sapere se le richieste di informazioni ambientali indirizzate a un’autorità pubblica possano avere per oggetto informazioni fornite a dette autorità da un soggetto privato. A mio parere aveva pienamente diritto a non agire in tal senso.

 

32.      Il rilievo che la Commissione attribuisce alla provenienza delle informazioni di cui trattasi e al fatto che siano presentate da un soggetto privato o da un’autorità pubblica è chiaramente incompatibile con l’articolo 2, paragrafo 3 della direttiva 2003/4, che statuisce che l’informazione detenuta da un’autorità pubblica costituisce «informazione ambientale in suo possesso» se è stata «prodotta o ricevuta da detta autorità». Mentre la prima categoria di informazioni sarà effettivamente (per definizione) prodotta da una «autorità pubblica», non vedo una buona ragione per ritenere che la seconda categoria debba essere limitata alle informazioni ricevute da altre autorità pubbliche. Al contrario, l’interpretazione più naturale indica che la qualità di autore è irrilevante - ciò che rileva è il possesso.

 

33.      In terzo luogo, il giudice nazionale è del parere che, nell’adozione di norme regolamentari ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, sub 1, lettera a), dell’UIG, siano annoverabili tutte le attività aventi un nesso diretto, comprese le consultazioni tra il Ministero e l’industria automobilistica tedesca. La Commissione ritiene che l’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, sub 1, lettera a), dell’UIG fornita dal giudice nazionale sia incompatibile con l’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2003/4 e propone un’interpretazione diversa del diritto nazionale.

 

34.      Ancora una volta, non posso accettare la tesi della Commissione.

 

35.      Risulta da una giurisprudenza costante che la Corte è tenuta, in linea di principio, a fondare il proprio esame sulla descrizione della normativa nazionale fornita nell’ordinanza di rinvio (13).

 

36.      Inoltre, è una caratteristica del procedimento di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE il fatto che spetti al giudice nazionale risolvere la controversia della quale è investito, tenendo conto della pronuncia della Corte (14). Pertanto, spetta al giudice del rinvio valutare la compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione europea. Compito di questa Corte è fornire al giudice nazionale gli elementi che gli consentano di interpretare l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4 e di applicare le proprie disposizioni nazionali (15), non di pronunciarsi sulla compatibilità dell’articolo 2, paragrafo 1, sub 1, lettera a), dell’UIG con tale direttiva. Da ciò deriva che la Corte dovrebbe rispondere alla prima questione del giudice nazionale.

 

 Prima questione

 

37.       Nella sentenza Flachglas Torgau si chiedeva alla Corte se l’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4 sia applicabile ai Ministeri quando partecipano all’iter di adozione della legislazione primaria. La Corte ha affermato che un’interpretazione funzionale è applicabile alla nozione di «organismi o istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze (...) legislative». I ministeri che, in forza del diritto nazionale, hanno il compito di preparare progetti di legge, di presentarli al Parlamento e di partecipare alla procedura legislativa, segnatamente mediante la formulazione di pareri, possono, pertanto, rientrare in tale eccezione (ove lo Stato membro scelga di applicarla).

 

38.      Il caso in esame differisce dalla sentenza Flachglas Torgau. Nella fattispecie, la questione è se le disposizioni regolamentari adottate dall’esecutivo rientrino in tale eccezione.

 

39.       La Deutsche Umwelthilfe sostiene che l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4 deve essere interpretato in senso restrittivo, in modo da escludere la procedura di adozione di siffatte misure. Il governo tedesco, al contrario, considera opportuna un’interpretazione estensiva. La Commissione sostiene che un’interpretazione restrittiva non terrebbe conto dell’approccio funzionale della Corte nella sentenza Flachglas Torgau. Un’interpretazione troppo estensiva, tuttavia, sarebbe in contrasto con il significato della direttiva, interpretato alla luce della Convenzione di Aarhus.

 

40.       Si pone la questione se l’eccezione prevista dall’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4 debba essere interpretata in senso restrittivo o ampio, o se sussista una terza possibilità, per cui talune disposizioni regolamentari, ma non altre, rientrano nell’eccezione. In caso affermativo, ci si chiede come debba essere definita la categoria protetta.

 

41.       La formulazione della direttiva 2003/4 e della Convenzione di Aarhus non precisa in alcun modo se debba ritenersi che gli organi o le istituzioni che adottano disposizioni regolamentari «agiscono nell’esercizio del potere (...) legislativo».

 

42.       Nell’interpretare le eccezioni ad una regola generale, la Corte adotta un approccio restrittivo (16). Pertanto, nella sentenza Flachglas Torgau la Corte ha dichiarato che l’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2003/4 non può essere interpretato nel senso di estendere gli effetti della deroga oltre quanto necessario per assicurare la protezione degli interessi che esso mira a garantire, e che la portata delle deroghe da esso previste deve essere determinata tenendo conto delle finalità di tale direttiva (17). Tale è l’approccio che si dovrebbe chiaramente seguire nel caso di specie.

 

43.      Inoltre, la direttiva 2003/4 deve essere letta tenendo conto degli obiettivi e del sistema della Convenzione di Aarhus (18). Nel caso esistano diversi approcci possibili all’interpretazione di detta direttiva, ritengo preferibile scegliere l’interpretazione che si discosta meno dalla Convenzione (19).

 

44.       Sia la Convenzione, sia la direttiva 2003/4, riflettono la decisione di assicurare una maggiore trasparenza, in particolare, con riguardo alla capacità dei cittadini in responsabilizzare le autorità pubbliche (20). Garantire il diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale è espressamente menzionato come obiettivo nell’articolo 1 della Convenzione (e nell’articolo 1 della direttiva). In termini generali, la trasparenza è utile, sebbene non si preveda una trasparenza illimitata. In particolare, sia la Convenzione, sia la direttiva 2003/4, ammettono che l’obiettivo di assicurare la trasparenza può essere mitigato dalla necessità di consentire alle autorità pubbliche di esercitare le proprie funzioni senza interferenze (21).

 

45.       Data l’importanza attribuita dalla Convenzione alla garanzia di trasparenza, la direttiva 2003/4, ove ambigua, dev’essere interpretata nel senso di promuovere tale obiettivo, piuttosto che adottare un’interpretazione che renderebbe più difficile il conseguimento di tale obiettivo (22).

 

46.      L’articolo 4, paragrafo 1, della Convenzione prevede che, ove richiesto, le autorità pubbliche hanno l’obbligo di mettere a disposizione del pubblico le informazioni ambientali. Tuttavia, nel caso in cui sia applicabile l’eccezione di cui all’articolo 2, punto 2, l’organo o istituzione in questione non rientra nella definizione di «autorità pubblica» e, di conseguenza, non è soggetto a tale obbligo. Esso è, pertanto, sollevato dal compito di valutare se l’accesso alle informazioni richieste possa o debba essere rifiutato sulla base delle eccezioni figuranti nell’articolo 4, paragrafi 3 e 4.

 

47.      Si pone la questione se gli organi o le istituzioni sarebbero ostacolati nell’adozione di disposizioni regolamentari, qualora l’eccezione di carattere generale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva non fosse ad essi applicabile e fossero soggetti al normale obbligo di fornire informazioni entro il limite delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva.

 

48.       Nella sentenza Flachglas Torgau la Corte ha affermato che: «L’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 ha lo scopo di consentire agli Stati membri di stabilire le regole idonee ad assicurare il corretto svolgimento della procedura per l’adozione delle leggi, tenendo conto del fatto che, nei diversi Stati membri, l’informazione dei cittadini è, di regola, sufficientemente assicurata nell’ambito del procedimento legislativo» (23).

 

49.      Alla luce di tale affermazione, la Germania desidera sapere perché la procedura per l’adozione di disposizioni regolamentari non debba essere tutelata dalle stesse garanzie previste per l’adozione della legislazione primaria.

 

50.       È giusto porsi la questione. Nel rispondere, terrò conto dei fattori indicati di seguito.

 

51.      Come la legislazione primaria, le disposizioni regolamentari sono, solitamente, misure che contengono norme vincolanti di portata generale. Le due categorie di norme giuridiche non sono, tuttavia, identiche. Fatto ancora più importante, le procedure che danno origine all’adozione della legislazione primaria e derivata differiscono. In effetti, questa è, in parte, la ragione per cui molti (se non la maggior parte) degli ordinamenti giuridici integrano meccanismi che rendono possibile legiferare a diversi livelli. Le procedure parlamentari di adozione della legislazione primaria richiedono, per loro natura, tempi lunghi. Possono altresì essere rigide. Di conseguenza, un’interruzione nella tempistica può bloccare l’agenda legislativa di un’amministrazione. Sebbene talvolta complesse, le procedure di adozione della legislazione derivata sono, nondimeno, considerevolmente più rapide e flessibili rispetto ad un iter parlamentare completo, consentendo così all’amministrazione di svolgere l’attività normativa in maniera relativamente celere (24). Una caratteristica della procedura di adozione della legislazione derivata è che, in generale, la procedura parlamentare democratica completa risulta meno interessata. I requisiti procedurali per un dibattito parlamentare possono essere minimi (o, di fatto, assenti). In generale, sussistono quindi minore trasparenza e minori opportunità di controllo pubblico.

 

52.       La Germania sostiene che la procedura che ha portato all’adozione del regolamento del 22 agosto 2011 era trasparente. La Deutsche Umwelthilfe sostiene che tale procedura non garantiva un livello di trasparenza e di controllo pubblico comparabile a quello accordato dalla procedura parlamentare di adozione della legislazione primaria.

 

53.      Non sussiste una netta divisione tra ciò che è contemplato dalla legislazione primaria e dagli strumenti di rango inferiore. Le disposizioni regolamentari possono essere utilizzate per introdurre misure controverse. È accaduto che i legislatori abbiano manipolato il proprio ordinamento nazionale ricorrendo all’iter meno trasparente reso possibile dalla legislazione derivata, per attuare scelte politiche difficili lontano dai riflettori del controllo pubblico nella procedura parlamentare (aggiungo subito che non intendo suggerire che questo sia il caso nella fattispecie). Le misure proposte che incidono sull’ambiente possono condurre a posizioni decise a favore o contro le stesse. La Convenzione di Aarhus è volta ad evitare che la legislazione in materia ambientale venga adottata in segreto.

 

54.       Nei limiti in cui le procedure di adozione della legislazione derivata implicano minore trasparenza e minori possibilità di controllo pubblico, ne deriva che un’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4 che estenda l’eccezione prevista per gli organi o le istituzioni «che agiscono nell’esercizio di competenze (...) legislative» a tutte le disposizioni regolamentari, sarebbe in contrasto con il conseguimento degli obiettivi della Convenzione (25).

 

55.       Preferisco dissipare l’ambiguità dell’articolo 2, paragrafo 2, interpretando detta disposizione in modo da assicurare maggiore (piuttosto che minore) trasparenza e, di conseguenza, maggiore (piuttosto che minore) controllo pubblico. Ritengo, pertanto, che si debba partire da una presunzione di esclusione delle disposizioni regolamentari dall’ambito di applicazione dell’eccezione.

 

56.      Aggiungo che la Convenzione stessa prevede espressamente «regolamenti di attuazione e/o strumenti normativi giuridicamente vincolanti di applicazione generale» all’articolo 8, concernente il secondo pilastro (che riguarda la partecipazione del pubblico). Da tale distinzione si evince che, nello schema della Convenzione, l’adozione della legislazione primaria è considerata intrinsecamente diversa rispetto all’adozione di disposizioni regolamentari. Pertanto, è improbabile che l’espressione «che agiscono nell’esercizio di competenze (...) legislative» di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della Convenzione, recepita quasi letteralmente dall’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4, fosse intesa ad includere automaticamente entrambe le attività.

 

57.      Si pone la domanda se l’iter di adozione della legislazione derivata cesserebbe di svolgersi correttamente (26) qualora l’eccezione di carattere generale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, non fosse automaticamente applicabile a tale categoria di norme giuridiche.

 

58.      L’espressione «nell’esercizio di competenze (...) legislative» di cui all’articolo 2, paragrafo 2, si riferisce a un iter fluido. Diverse funzioni preparatorie vengono espletate dall’esecutivo prima che il progetto di testo di un disegno di legge venga discusso nel corso di una sessione parlamentare. Esse possono comprendere la raccolta e la valutazione di informazioni, la definizione di politiche, la redazione di bozze di norme giuridiche, l’elaborazione di pareri legali attinenti all’atto in questione e l’effettuazione di consultazioni. Le informazioni concernenti alcune di tali attività potrebbero effettivamente rientrare in una delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafi 1 o 2 della direttiva 2003/4, assicurando così il necessario livello di protezione nell’ambito della procedura legislativa. Per il resto, ritengo che il potenziale rischio di «interferenze» nell’adozione di disposizioni regolamentari sia il prezzo da pagare in cambio della trasparenza e del controllo pubblico perseguiti dalla Convenzione e dalla direttiva.

 

59.       Sia la Germania sia la Commissione riconoscono che disposizioni costituzionali differenti possono condurre a risultati differenti nei diversi Stati membri. Qualsiasi interpretazione fondata su caratteristiche procedurali specifiche del processo legislativo implica, quindi, il rischio di applicare l’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva, diversamente in tutta l’Unione europea. Ciò sarebbe contrario ad uno dei chiari obiettivi della direttiva 2003/4, come risulta dal settimo considerando, consistente nell’armonizzare le disparità tra le normative vigenti negli Stati membri in tema di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche che, a sua volta, richiede un’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione europea (27).

 

60.      Finora ho parlato di una presunzione di esclusione dell’adozione di disposizioni regolamentari dall’ambito di applicazione dell’eccezione di carattere generale per l’«attività legislativa» di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4. Si pone la questione se detta presunzione sia confutabile e, in caso affermativo, su quale base.

 

61.      Sia il governo tedesco, sia la Commissione, invitano la Corte a stabilire criteri per consentire ai giudici nazionali di determinare se una particolare disposizione regolamentare rientri o meno nell’ambito di applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva (ritengo che, in base a tale suggerimento, essi devono necessariamente ammettere – sebbene implicitamente – che alcune disposizioni regolamentari non devono essere tutelate da tale eccezione).

 

62.       Si pone la questione se sia possibile definire tali criteri.

 

63.       La Commissione sostiene che, nella fattispecie, dovrebbe essere applicabile per analogia la giurisprudenza elaborata dalla Corte relativa all’interpretazione della direttiva VIA (28). Tale giurisprudenza indica, in sostanza, che sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva solo i progetti adottati in dettaglio mediante un atto legislativo specifico, in modo che gli obiettivi della direttiva VIA siano conseguiti per mezzo della procedura legislativa (29). Il governo tedesco è in disaccordo. Esso sostiene che la giurisprudenza concernente la direttiva VIA non può fungere da ausilio ai fini dell’interpretazione dell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4.

 

64.       Non sono convinto che la giurisprudenza relativa alla direttiva VIA possa essere applicata per analogia diretta.

 

65.      La direttiva VIA è applicabile in circostanze particolari, quando una valutazione dell’impatto ambientale viene effettuata in base alle informazioni fornite dal committente in questione. L’ambito di applicazione della direttiva 2003/4 è molto più ampio. Essa prevede uno schema generale, per garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica in uno Stato membro abbia il diritto di accedere all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse senza dover dichiarare il proprio interesse (30). Non ritengo, pertanto, opportuno limitarsi a trasporre l’interpretazione, operata dalla Corte, delle disposizioni molto specifiche della direttiva VIA, al regime generale previsto dalla direttiva 2003/4.

 

66.      Condivido, tuttavia, il parere della Commissione nella misura in cui, nel tentativo di elaborare criteri per stabilire se, in un caso particolare, venga meno la presunzione che le disposizioni regolamentari non formino oggetto dell’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, è indispensabile fare riferimento agli obiettivi della direttiva 2003/4. Ritengo che la trasparenza e la possibilità di un controllo pubblico siano garantite qualora (a) le procedure di adozione di una disposizione regolamentare conseguano gli obiettivi stabiliti dalla Corte, garantendo il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta da un’autorità pubblica e (b) la diffusione e la messa a disposizione al pubblico di tale informazione (31) siano realizzate con modalità comparabili a quelle relative all’adozione della legislazione primaria. In siffatte circostanze, applicare l’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4 non comprometterebbe l’efficacia di detta direttiva. Spetterà al giudice nazionale stabilire se tali criteri siano soddisfatti in un caso specifico e l’onere della prova in tal senso dovrebbe gravare sull’autorità pubblica che intende far valere l’eccezione.

 

67.      Vero è che l’assenza di una regola univoca per stabilire se la procedura di adozione di disposizioni regolamentari rientri, o meno, nell’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, significa che i giudici nazionali dovranno, all’occorrenza, esaminare e confrontare le procedure nazionali di adozione della legislazione primaria e derivata. Nell’esaminare il livello di garanzia assicurato dal diritto nazionale, i giudici nazionali avranno il compito di vigilare sulla trasparenza e la responsabilità prescritte dalla convenzione di Aarhus e dalla direttiva 2003/4. Naturalmente, se lo vorranno, potranno sempre rivolgersi alla Corte per ottenere ulteriori orientamenti, prima di pronunciare la loro sentenza.

 

68.      Naturalmente, il giudice del rinvio non ha ancora intrapreso un’azione in tal senso nella causa in esame. Ove la Corte adotti l’approccio da me proposto, spetterà al giudice nazionale esaminare le procedure previste dalla legislazione nazionale che hanno condotto all’adozione del regolamento del 22 agosto 2011, e accertare se, nell’ambito dell’adozione di tale disposizione regolamentare, siano stati garantiti gli obiettivi di trasparenza e controllo pubblico, in particolare, concedendo accesso all’informazione ricevuta dal Ministero in questione, nonché all’informazione da esso proveniente, ai documenti preparatori e ad eventuali dibattiti parlamentari. Solo qualora il giudice nazionale sia convinto che tale fosse il caso, esso può ammettere l’applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4.

 

69.      Di conseguenza, ritengo che la prima questione sollevata dal giudice nazionale vada risolta nel senso che gli organismi dell’esecutivo, che adottano atti vincolanti in forza di poteri conferiti da un atto parlamentare, siano esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4, a meno che la procedura di adozione di dette disposizioni garantisca un diritto di accesso all’informazione ambientale in maniera tale che gli obiettivi della direttiva 2003/4 siano stati conseguiti con modalità analoghe a quelle previste dalla procedura di adozione degli atti legislativi. L’onere della prova in tal senso grava sull’autorità pubblica che intende far valere l’eccezione. Spetta al giudice nazionale verificare che gli obiettivi della direttiva 2003/4 siano stati conseguiti, tenendo conto, in particolare, degli obiettivi di trasparenza e controllo pubblico.

 

 Seconda questione

 

70.      Qualora la Corte risolvesse la prima questione nel modo da me suggerito, non sarebbe necessario risolvere la seconda questione. Tuttavia, per ragioni di completezza, qualora la Corte intenda rispondere a tale questione, concordo con tutte le parti sul fatto che – applicando il ragionamento svolto dalla Corte nella sentenza Flachglas Torgau (32), l’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 debba essere interpretato nel senso che la facoltà concessa da tale disposizione agli Stati membri, di non considerare come autorità pubbliche gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze legislative, non può più essere esercitata, ove la procedura legislativa di cui trattasi sia conclusa.

 

 Conclusione

 

71.       Alla luce delle considerazioni sin qui esposte propongo alla Corte di risolvere la prima questione proposta dal Verwaltungsgericht Berlin nel modo seguente:

 

Ai fini dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, che abroga la direttiva del Consiglio 90/313/CEE, un organo esecutivo è escluso dall’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, prima frase, di detta direttiva, quando adotta disposizioni regolamentari in forza di un’autorizzazione contenuta in una norma sovraordinata di diritto, a meno che la procedura di adozione di tali disposizioni garantisca un diritto di accesso all’informazione ambientale in maniera tale che gli obiettivi della direttiva 2003/4 siano stati conseguiti con modalità analoghe a quelle previste dalla procedura di adozione degli atti legislativi. L’onere della prova in tal senso grava sull’autorità pubblica che intende far valere l’eccezione. Spetta al giudice nazionale verificare che gli obiettivi della direttiva 2003/4 siano stati conseguiti, tenendo conto, in particolare, degli obiettivi di trasparenza e controllo pubblico.

 

Non è necessario risolvere la seconda questione.

 

 

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1 – Lingua originale: l’inglese.

 

 

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2 – Utilizzerò l’espressione «disposizioni regolamentari» anche nelle presenti conclusioni riferendomi a tali misure.

 

 

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3–      V. infra, paragrafo 51.

 

 

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4–      Sentenza del 14 febbraio 2012, C-204/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34. V. anche paragrafi 47 e 48 delle mie conclusioni relative alla stessa causa.

 

 

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5–      Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, che abroga la direttiva del Consiglio 90/313/CEE (GU L 41, p. 26). La direttiva 90/313, concernente la libertà di accesso all’informazione in materia di ambiente, prevede disposizioni per l’accesso all’informazione ambientale in possesso delle autorità pubbliche a decorrere dal 1° gennaio 1993.

 

 

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6–      La convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus», o la «Convenzione»), è stata sottoscritta il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione del Consiglio 2005/370/CE del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1).

 

 

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7–      Direttiva del Consiglio 85/337/EEC del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40) (in prosieguo: la «direttiva VIA»).

 

 

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8–      V. il punto 5 sopra.

 

 

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9 – L’articolo 1, paragrafi 1, sub 1, 2, sub 2, 3, sub 1 e 3, da sub 3) a sub 5), dell’Energieverbrauchskennzeichnungsgesetz (legge in materia di etichettatura dei consumi energetici, del 30 gennaio 2002, come modificata dal regolamento del 31 ottobre 2006; in prosieguo: l’«EnVKG»).

 

 

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10 – L’Erste Verordnung zur Änderung der Pkw-Energieverbrauchskennzeichnungsverordnung («Primo regolamento che modifica il regolamento in materia di etichettatura dei consumi energetici delle autovetture») del 22 agosto 2011 (in prosieguo: il «regolamento del 22 agosto 2011»).

 

 

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11–      V. il punto 7 sopra.

 

 

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12 – V. il settimo considerando della direttiva 2003/4 e la sentenza Flachglas Torgau, cit. alla nota 4 supra, punto 50. Vedi inoltre, infra, paragrafo 59.

 

 

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13 – Sentenza del 20 ottobre 2005, Ten Kate Holding Musselkanaal e a., C-511/03, Racc. pag. I-8979, punto 25 e giurisprudenza ivi citata.

 

 

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14–      Sentenza del 4 febbraio 2010, Genc, C-14/09, Racc. pag. I-931, punto 31.

 

 

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15–      Sentenza del 26 giugno 2008, Burda, C-284/06, Racc. pag. I-4571, punto 39.

 

 

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16 – V, ad esempio, sentenze dell’11 gennaio 2000, Paesi Bassi e Vander Wal/Commissione, C-174/98 P e C-189/98 P, Racc. pag. I-1, punto 27, nonché 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C-514/07 P, C-528/07 P e C-532/07 P, Racc. pag. I-8533, punto 36, entrambe concernenti l’accesso a documenti. V., inoltre, sentenza 17 giugno 1998, Mecklenburg, C-321/96, Racc. pag. I-3809, punto 25, concernente l’interpretazione degli articoli 2, lettera a), e 3, paragrafo 2, terzo trattino, della direttiva del Consiglio 90/313/CEE (l’antecedente normativo della direttiva 2003/4).

 

 

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17–      V. punto 38 e giurisprudenza ivi citata.

 

 

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18–      V. il quinto considerando della direttiva 2003/4. V. anche sentenza Flachglas Torgau, cit. alla nota 4 supra, punto 30 e giurisprudenza ivi citata.

 

 

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19 – V. paragrafo 42 delle mie conclusioni nella causa Flachglas Torgau.

 

 

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20 – V. i considerando della Convenzione, cit. al paragrafo 3 e, in particolare, il primo considerando della direttiva 2003/4, cit. al paragrafo 11 supra.

 

 

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21 – V. paragrafi 30 e 31 delle mie conclusioni nella causa Flachglas Torgau.

 

 

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22 – V. il sedicesimo considerando della direttiva 2003/4, cit. al paragrafo 11 supra.

 

 

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23–      V. sentenza Flachglas Torgau, cit. supra alla nota 4, punto 43.

 

 

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24 – Nelle sue osservazioni scritte, il governo tedesco precisa che tra il 1949 e il 1994, sono state adottate 15 000 disposizioni regolamentari, mentre durante lo stesso periodo sono stati promulgati 5 000 atti primari.

 

 

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25–      Si veda il secondo considerando della Convenzione, riportato supra, al paragrafo 3.

 

 

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26 – V., con riferimento alle attività giurisdizionali, Svezia e a./API e Commissione, cit. alla nota 16 supra, punti 92 e 93. Tuttavia, non ne discende necessariamente che un diritto a chiedere atti processuali arrecherà pregiudizio automaticamente e in ogni circostanza all’auspicata «atmosfera di serenità» per lo svolgimento del procedimento – v., ad esempio, relativamente alla Corte europea dei diritti dell’uomo, l’articolo 40, paragrafo 2, della Convenzione europea per i diritti dell’uomo.

 

 

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27–      Sentenza del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA, C-344/04, Racc. pag. I-403, punto 27.

 

 

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28 – La Commissione fa riferimento alle sentenze del 18 ottobre 2011, Boxus e Roua, da C-128/09 a C-131/09, C-134/09 e C-135/09, non ancora pubblicate nella Raccolta, e 16 settembre 1999, WWF e a., C-435/97, Racc. pag. I-5613, punto 57.

 

 

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29–      Sentenza del 19 settembre 2000, Linster, C-287/98, Racc. pag. I-6917, punto 51.

 

 

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30–      Sentenza Flachglas Torgau, cit. alla nota 4 supra, punto 31 e giurisprudenza ivi citata.

 

 

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31–      Sentenza Flachglas Torgau, cit. alla nota 4 supra, punto 38. V., anche, paragrafi 30 e 54 delle mie conclusioni relative alla stessa causa.

 

 

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32      Sentenza Flachglas Torgau, già citata alla nota 4 supra, punti 52-58. V. anche paragrafi 66-76 delle mie conclusioni relative alla stessa causa.

 

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