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TAR Lazio, sez. II, 20/5/2013 n. 5036
Nulla osta alla facoltà per le farmacie di esercitare al loro interno attività di estetista per mezzo di personale qualificato ed in possesso dei prescritti requisiti.

La disciplina di riferimento per l'esercizio dell'attività di estetista è dettata dalla l. n. 1 del 1990, dalla l. r. del Lazio n. 33 del 2001 e dai regolamenti comunali. Con riferimento al Comune di Roma, la disciplina è contenuta nel Regolamento Comunale adottato, con delibera n. 42 del 2006, in attuazione della l. regionale n. 33 del 2001, ai sensi della quale i Comuni sono tenuti ad adottare specifici regolamenti volti a disciplinare - tra gli altri e per quanto qui interessa - le caratteristiche, la destinazione d'uso e le superfici minime dei locali impiegati nell'esercizio dell'attività di estetista; le modalità per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di estetista; i requisiti di sicurezza ed igienico-sanitari dei locali nei quali viene svolta l'attività di estetista. L'art. 2 del citato Regolamento stabilisce che l'attività di estetista può essere svolta presso locali destinati ad altre attività, espressamente indicando, tra le altre attività, quella di Acconciatore, di profumeria o di vendita di cosmetici, e prevedendone altresì l'esercizio presso palestre, alberghi, villaggi turistici, centri commerciali, ospedali, comunità, case di cura, case per ferie, studi cinematografici, televisivi ed altre strutture similari. Sebbene la disciplina regolamentare non preveda espressamente la possibilità di esercizio dell'attività di estetista presso le farmacie, non può annettersi a tale mancata previsione valenza ostativa a detta possibilità, dovendo ritenersi l'elenco delle attività presso i cui locali può essere svolta l'attività di estetista di carattere meramente esemplificativo, e non esaustivo, tenuto conto della locuzione di chiusura, ivi contenuta, riferita ad 'altre strutture similari', che attesta la natura non tassativa dell'elencazione ed il carattere aperto della tipologia di attività che possono essere svolte congiuntamente con quella di estetista.

Posto che sia le farmacie che i centri commerciali sono accomunati dalla vendita di farmaci, non si vede per quale ragione solo all'interno dei primi sarebbe consentita l'attività di estetista, e non nelle farmacie, non potendo ravvisarsi alcuna incompatibilità o interferenza tra tale ultima attività e quella sanitaria cui la farmacia è deputata in via principale. Inoltre, la riconosciuta possibilità di esercitare l'attività di estetista all'interno di ospedali, case di cura e di riposo non consente di ritenere ostativa alla possibilità di svolgere l'attività di estetista all'interno dei locali di farmacie la natura prevalentemente sanitaria della relativa attività, in quanto comune alle citate strutture. Se dunque il Regolamento non ritiene che la specificità delle attività svolte all'interno di ospedali, case di cura e di riposo sia ostativa alla possibilità di svolgimento dell'attività di estetista al loro interno, analogamente non può costituire ragione ostativa all'esercizio dell'attività di estetista la similare specificità delle attività delle farmacie ed il preminente interesse pubblico sanitario delle stesse.
Ne consegue che una volta rispettate le condizioni prescritte per l'esercizio dell'attività di estetista - quali la separazione materiale dei locali ed il possesso dei richiesti requisiti igienico-sanitari - nulla osta alla facoltà per le farmacie di esercitare al loro interno attività di estetista per mezzo di personale qualificato ed in possesso dei prescritti requisiti.


Materia: servizio farmaceutico / disciplina

N. 05036/2013 REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8629 del 2012, proposto da:

SOC FARMACIA CASTELFORTE di A. GIANSERRA & M.G. MEDIATI S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Mario Sanino e Gianpaolo Ruggiero, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino sito in Roma, Viale Parioli, 180;

 

contro

ROMA CAPITALE - MUNICIPIO 6^, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Pier Ludovico Patriarca, con domicilio eletto presso Pierludovico Patriarca in Roma, Avvocatura Comune Roma;

ASL 103 - RM/C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Gabriella Mazzoli, Maria Gabriella Tandoi, Barbara Bentivoglio, con domicilio eletto presso Barbara Bentivoglio in Roma, Via Primo Carnera, 1;

 

per l'annullamento

- della nota di Roma Capitale – Municipio 6, del 4 ottobre 2012, recante la comunicazione di inefficacia della SCIA per l’attivita' di estetica presentata dalla ricorrente;

- della nota della Azienda USL Roma C – U.OC. Servizio Igiene, Sanità Pubblica e Medicina dello Sport, del 23 agosto 2012, recante il rigetto della richiesta volta ad ottenere il parere igienico-sanitario per l'avvio dell'attività' commerciale connessa al laboratorio di estetica in farmacia già' autorizzata;

- della deliberazione n. 42 del 13 febbraio 2006 del Consiglio Comunale di Roma recante il ‘Regolamento dell’attività di estetista’;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale - Municipio 6^ e della ASL 103 - RM/C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2013 il Consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Premette in fatto la società ricorrente di avere la titolarità di sede farmaceutica in Roma, vendendo tutti i prodotti autorizzati di cui all’Allegato 9 del D.M. n. 375 del 1988, contenente la tabella per i titolari di farmacia, ivi compresi prodotti cosmetici, e di aver presentato al Municipio VI del Comune di Roma, in data 9 agosto 2012, segnalazione di inizio di attività di estetista da esercitarsi all’interno dei locali della farmacia, contestualmente richiedendo all’Ufficio di Igiene USL RM-C il nulla osta attestante la conformità dei locali destinati all’esercizio dell’attività di estetista.

Con nota del 23 agosto 2012, la ASL RM/C U.O.C. ha esitato l’istanza comunicando di non poter procedere in ordine alla stessa per l’assenza di un esplicito dettato normativo che attribuisca alle farmacie la facoltà di poter svolgere l’attività artigianale di laboratorio di estetica.

Con comunicazione del 4 ottobre 2012 il Municipio VI di Roma Capitale ha comunicato l’inefficacia della SCIA in quanto la normativa vigente non prevede la possibilità di esercitare l’attività di estetica all’interno di una farmacia, richiamando in proposito il parere contrario della ASL RM/C, vincolante per l’attività in questione.

Avverso tali provvedimenti deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

I – Violazione e falsa applicazione della legge regionale del Lazio n. 1 del 1999. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 2, del decreto legge n. 7 del 2007, convertito nella legge n. 40 del 2007, come modificato dall’art. 49, comma 4 ter, del decreto legge n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010. Incompetenza. Eccesso di potere sotto tutte le figure sintomatiche ed in particolare per carenza di istruttoria e difetto ed errata motivazione.

Sostiene parte ricorrente l’illegittimità della comunicazione di inefficacia della SCIA nella parte in cui richiama, quale supporto motivazionale, il parere espresso dalla ASL RM/C, esorbitando quest’ultimo dalle competenze della ASL, limitate all’accertamento della sussistenza dei requisiti igienico-sanitari necessari per l’esercizio dell’attività di estetista, lamentando come tale accertamento circa la rispondenza dei locali alle condizioni prescritte dalla normativa sotto il profilo igienico-sanitario sia stato del tutto omesso, basandosi il gravato parere unicamente sull’assenza di una previsione normativa che attribuisca alle farmacie la facoltà di esercitare attività artigianale di estetica.

Nell’evidenziare parte ricorrente come l’inizio dell’attività di estetista sia subordinata alla mera Segnalazione Certificata di Inizio di Attività ai sensi dell’art. 10, comma 2, del decreto legge n. 7 del 2007, come modificato, sostiene che la valutazione in ordine alla stessa sia rimessa unicamente all’Amministrazione Comunale, con conseguente illegittimità della dichiarazione di inefficacia della SCIA in quanto basata su di un parere riferito ad ambiti estranei alla competenza attribuita alla ASL.

II – Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del Regolamento del Comune di Roma per l’attività di estetista di cui alla Deliberazione del Consiglio Comunale n. 42 del 13 febbraio 2006. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 5 e 7 della legge regionale del Lazio n. 33 del 2001. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per difetto assoluto di motivazione e istruttoria, confusione e perplessità dell’azione amministrativa, illogicità e irrazionalità manifesta, grave sviamento di potere, contraddittorietà.

Nel riferire parte ricorrente come la gravata dichiarazione di inefficacia della SCIA si basi sul rilievo del suo contrasto con il Regolamento Comunale n. 42 del 2006 e dell’assenza di un esplicito dettato normativo che attribuisca alle farmacie la facoltà di esercitare l’attività artigianale di estetica limitandosi la normativa ad indicare i luoghi in cui è possibile l’esercizio di tale attività, contesta che il Regolamento rechi un elenco tassativo delle strutture all’interno delle quali sarebbe consentita tale attività, affermando come la disciplina regolamentare ne consenta l’esercizio in locali a ciò specificamente destinati o all’interno dei quali siano svolte altre e diverse attività, recando, al riguardo, un elenco meramente esemplificativo, come emergerebbe dal ricorso alla locuzione “altre strutture similari”.

Contesta, quindi, parte ricorrente, il rilievo, contenuto nel gravato parere, richiamato dalla dichiarazione di inefficacia della SCIA, secondo cui l’attività di farmacia non potrebbe essere considerata similare alle attività indicate nel Regolamento, sostenendone invece – pur a fronte del fine principale di vendita di farmaci - l’affinità con le strutture ivi indicate, quali ospedali e case di cura.

Errato sarebbe, inoltre, il riferimento ai frequentatori della farmacia, limitandosi la norma regolamentare a stabilire che l’attività venga riservata ai soli frequentatori delle strutture.

III – Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della Deliberazione del Consiglio Comunale n. 42 del 2006. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del decreto legge n. 1 del 2012, dell’art. 3 del decreto legge n. 138 del 2011, dell’art. 12 del decreto legge n. 5 del 2012, dell’art. 10 del decreto legge n. 7 del 2007. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per irragionevolezza, illogicità, sviamento, contraddittorietà.

Ribadito come l’attività di farmacia sia assimilabile a quelle richiamate dall’art. 2, comma 1, lettera b2) del Regolamento Comunale, afferma parte ricorrente il contrasto dei gravati atti con la normativa primaria e secondaria di riferimento che consente lo svolgimento dell’attività di estetista nei locali in cui venga esercitata attività di vendita di cosmetici – come avviene nel caso in esame – ricordando come ai sensi dell’art. 12, comma 4 bis, del decreto legge n. 5 del 2012, sia consentito lo svolgimento dell’attività di estetista unitamente ad altra attività commerciale, a prescindere dal criterio della prevalenza.

Ricorda, inoltre, parte ricorrente la ratio di liberalizzazione delle attività commerciali sottesa alla normativa primaria nel tempo sopravvenuta, precisando che, ai sensi del decreto legge n. 138 del 2011, deve intendersi consentita qualsiasi attività economica privata non espressamente vietata dalla legge, mentre, sulla base del decreto legge n. 201 del 2012, devono intendersi abrogate tutte le norme che impongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, dal che conseguirebbe la necessità di un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che recano limiti o divieti.

Quanto al rilievo, di cui ai gravati atti, secondo cui l’atto autorizzativo della struttura dovrebbe comprendere entrambe le attività, di farmacia e di estetista, sostiene parte ricorrente come l’attività di estetista, sulla base della normativa primaria, è subordinata alla sola SCIA, con conseguente abrogazione, per incompatibilità, della legge regionale del Lazio n. 33 del 2001 che ne subordinava l’avvio ad un’autorizzazione amministrativa.

Il Regolamento Comunale, adottato in attuazione della citata legge regionale non può, quindi, ritenersi efficace nella parte in cui prevede il rilascio di un’autorizzazione amministrativa a far data dall’entrata in vigore del decreto legge n. 7 del 2007.

Peraltro, attraverso l’assenso in ordine alla SCIA, l’attività di estetista verrebbe ad essere esercitata congiuntamente a quella di farmacia.

Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione Comunale eccependo la tardività dell’impugnativa proposta avverso il Regolamento dell’attività di estetista, nonchè l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva in capo alla ricorrente in quanto priva del necessario requisito della qualificazione professionale.

Nel merito delle censure proposte, l’Amministrazione Comunale ne ha sostenuto, con articolate controdeduzioni, l’infondatezza con richiesta di corrispondente pronuncia.

Si è costituita in giudizio anche la Azienda ASL Roma C, eccependo anch’essa, in via preliminare, la carenza di legittimazione attiva in capo alla ricorrente in quanto priva del requisito della qualificazione professionale e sostenendo la legittimità del proprio operato, con riveniente infondatezza del ricorso.

Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha controdedotto a quanto ex adverso sostenuto, insistendo nelle proprio richieste.

Alla Pubblica Udienza del 24 aprile 2013 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti presenti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

 

DIRITTO

1 - Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso la nota del Municipio VI di Roma Capitale recante la comunicazione di inefficacia della Segnalazione Certificata di Inizio Attività presentata dalla ricorrente, titolare di sede farmaceutica, per l’attività di estetica, nonchè avverso la nota della Azienda USL Roma C - le cui motivazioni sono state recepite dalla citata comunicazione di inefficacia della SCIA - recante il rigetto della richiesta volta ad ottenere il parere igienico-sanitario per l'avvio dell'attivita' connessa al laboratorio di estetica in farmacia gia' autorizzata.

Propone, altresì, parte ricorrente azione impugnatoria avverso la deliberazione n. 42 del 13 febbraio 2006 del Consiglio Comunale di Roma, recante l’approvazione del ‘Regolamento dell’attività di estetista’, nella parte in cui – laddove non dovesse essere interpretato nel senso di consentire che l’attività di estetista sia svolta congiuntamente a quella di farmacia – introduce limiti allo svolgimento dell’attività di estetista da parte delle farmacie, in quanto contrastanti con la normativa primaria di riferimento.

2 – In via preliminare, il Collegio è chiamato a pronunciarsi sull’eccezione, formulata dalla resistente Amministrazione Comunale, di tardività dell’azione proposta avverso il citato Regolamento Comunale.

L’eccezione non merita favorevole esame.

Costituisce invero consolidato principio della giurisprudenza amministrativa – quale coerente conseguenza delle regole processuali sottese all’impugnazione in sede amministrativa che impongono, ai fini della sua ammissibilità, la sussistenza di un interesse concreto e attuale discendente dalla lesione arrecata dall’atto impugnato alla sfera giuridica del ricorrente - quello secondo il quale le norme regolamentari devono essere immediatamente ed autonomamente impugnate, in osservanza del termine decadenziale, solo laddove esse siano suscettibili di produrre, in via diretta ed immediata, una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica di un determinato soggetto, mentre, nel caso di volizioni astratte e generali, suscettibili di ripetuta applicazione e che esplichino effetto lesivo solo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo, la norma regolamentare non deve essere oggetto di autonoma impugnazione – la quale sarebbe peraltro inammissibile per difetto di una lesione attuale e concreta - ma deve essere impugnata unitamente al provvedimento applicativo di cui costituisce l'atto presupposto, in quanto solo quest’ultimo rende concreta la lesione degli interessi di cui sono portatori i destinatari, potendo, quindi, le norme regolamentari formare oggetto di censura in occasione dell’impugnazione dell’atto che ne fa applicazione.

In coerente applicazione dell’indicato principio, deve osservarsi che la lesione degli interessi, di cui è portatrice la società ricorrente, discende non già direttamente dal gravato Regolamento Comunale, avente carattere generale ed astratto, ma bensì dagli atti che dello stesso hanno fatto applicazione, che soli sono idonei a conferire alla lesione i caratteri dell'attualità e della concretezza, con la conseguenza che l’azione rivolta avverso tale Regolamento deve essere ritenuta tempestiva.

3 - Parimenti da disattendere è l’ulteriore eccezione, sollevata da entrambe le Amministrazioni resistenti, di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva in capo alla ricorrente, la quale difetterebbe del prescritto requisito del possesso della qualificazione professionale richiesto per l’esercizio dell’attività di estetista.

L’eccezione, pur muovendo dal giusto presupposto secondo cui, per l’esercizio dell’attività di estetista è necessario, ai sensi della legge n. 1 del 1990, il possesso del requisito professionale del diploma e dell’iscrizione ad apposito albo, giunge tuttavia a conclusioni errate laddove ritiene che tale requisito debba essere posseduto dal soggetto che presenta la SCIA..

Ed invero, i requisiti professionali richiesti per l’attività di estetista devono essere posseduti unicamente dai soggetti che in concreto svolgono tale attività e non già dal titolare dei locali nel cui ambito tale attività deve essere esercitata e che, a tale fine, ha presentato la SCIA.

Va inoltre rilevato che parte ricorrente, in sede di presentazione della SCIA, ha specificato le generalità e i requisiti professionali del soggetto che avrebbe svolto l’attività di estetista di cui alla SCIA, dovendo conseguentemente riconoscersi, in capo alla ricorrente, la legittimazione ad agire a fronte della gravata dichiarazione di inefficacia della SCIA, irrilevante essendo che i requisiti prescritti per l’esercizio dell’attività di estetista non siano posseduti dalla ricorrente, ma dal soggetto che in concreto tale attività andrà ad esercitare per effetto della SCIA.

4 – Negativamente delibate le questioni pregiudiziali inerenti la controversia in esame e procedendo alla disamina delle censure ricorsuali proposte, ritiene il Collegio di dover preliminarmente dare conto del contenuto delle gravate determinazioni, avverso le quali tali censure si appuntano, al fine di meglio percepirne la relativa portata.

In tale direzione va precisato che a fronte dell’attivazione della procedura SCIA per l’esercizio di attività di estetista in farmacia già autorizzata e della richiesta di nulla osta igienico-sanitario per l’avvio dell’attività di estetica all’interno della farmacia, la ASL resistente ha negato il nulla osta sul rilievo dell’assenza di un esplicito dettato normativo volto a consentire alle farmacie di svolgere attività artigianale di laboratorio di estetica e della presenza, viceversa, di un dettato normativo che specifica dove tale attività può essere esercitata, riportandosi in proposito alle previsioni contenute nel Regolamento Comunale approvato con delibera n. 42 del 2006, nel dettaglio indicate e declinate con riferimento alla fattispecie in esame.

La SCIA presentata dalla ricorrente è stata dichiarata, con il gravato atto comunale, priva di efficacia sulla base della motivazione secondo cui la legge regionale (invero legge nazionale) n. 1 del 1990 ed il Regolamento di cui alla delibera n. 42 del 2006 non prevedono la possibilità di esercitare l’attività di estetica all’interno di una farmacia, richiamando, a conforto di tale assunto, il parere contrario vincolante reso dalla ASL.

Entrambi i gravati atti – di cui quello comunale è integrato dalle considerazioni contenute nel provvedimento di rigetto di rilascio del nulla osta igienico-sanitario, richiamato dal primo quale atto vincolante confermativo della decisione assunta – risultano illegittimi in quanto basati sull’erroneo rilievo della esistenza di un disposto normativo preclusivo allo svolgimento dell’attività di estetista in appositi locali all’interno di una farmacia.

La disciplina di riferimento per l’esercizio dell’attività di estetista è dettata dalla legge n. 1 del 1990, dalla legge regionale del Lazio n. 33 del 2001 e dai regolamenti comunali.

Con riferimento al Comune di Roma, la disciplina è contenuta nel Regolamento Comunale adottato, con delibera n. 42 del 2006, in attuazione della legge regionale del Lazio n. 33 del 2001, ai sensi della quale i Comuni sono tenuti ad adottare specifici regolamenti volti a disciplinare – tra gli altri e per quanto qui interessa - le caratteristiche, la destinazione d'uso e le superfici minime dei locali impiegati nell'esercizio dell'attività di estetista; le modalità per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di estetista; i requisiti di sicurezza ed igienico-sanitari dei locali nei quali viene svolta l'attività di estetista.

L’art. 2 del citato Regolamento stabilisce che l’attività di estetista può essere svolta presso locali destinati ad altre attività, espressamente indicando, tra le altre attività, quella di Acconciatore, di profumeria o di vendita di cosmetici, e prevedendone altresì l’esercizio presso palestre, alberghi, villaggi turistici, centri commerciali, ospedali, comunità, case di cura, case per ferie, studi cinematografici, televisivi ed altre strutture similari.

Sebbene la disciplina regolamentare non preveda espressamente la possibilità di esercizio dell’attività di estetista presso le farmacie, non può annettersi a tale mancata previsione valenza ostativa a detta possibilità, dovendo ritenersi l’elenco delle attività presso i cui locali può essere svolta l’attività di estetista di carattere meramente esemplificativo, e non esaustivo, tenuto conto della locuzione di chiusura, ivi contenuta, riferita ad ‘altre strutture similari’, che attesta la natura non tassativa dell’elencazione ed il carattere aperto della tipologia di attività che possono essere svolte congiuntamente con quella di estetista.

Il riferimento ad ‘altre strutture similari’ non consente, difatti, di annettere a tale previsione regolamentare carattere circoscritto alle sole attività ivi espressamente indicate, posto che laddove tale fosse stata l’intenzione del normatore non vi sarebbe stata ragione alcuna per inserire siffatta locuzione che, invece, chiaramente depone per il carattere non tassativo dell’elencazione, dovendo pertanto la compatibilità tra lo svolgimento dell’attività di estetista ed altre attività – diverse da quelle esplicitamente indicate – essere accertata di volta in volta, tenuto conto della ratio della norma e dei caratteri di affinità e di similitudine che diverse attività presentino con quelle elencate.

Diversamente da quanto affermato nei gravati provvedimenti non può, dunque, ritenersi che la disciplina regolamentare dettata con riferimento all’attività di estetista sia di per sé ostativa alla possibilità del suo esercizio presso locali siti all’interno di una farmacia, dal momento che la strutturazione della norma, nell’escludere il carattere tassativo dell’elenco delle attività ivi indicate, non consente di tradurre la mancata ricomprensione delle farmacie in tale elenco in una causa ostativa alla possibilità di esercitare al loro interno l’attività di estetista.

Pertanto, se deve convenirsi con quanto affermato nel gravato diniego di nulla osta igienico-sanitario circa l’assenza di un esplicito dettato normativo volto a consentire alle farmacie di svolgere attività artigianale di laboratorio di estetica, deve ritenersi l’erroneità dell’ulteriore affermazione volta a sostenere la presenza di un dettato normativo che nello specificare – implicitamente in senso tassativo - dove tale attività può essere esercitata, ne escluda lo svolgimento presso sedi diverse da quelle elencate, non potendo riconoscersi alla disciplina regolamentare carattere tassativo in ordine alle attività cui affiancare quella di estetista, in quanto radicalmente contrastante con il previsto allargamento, introdotto dalla ricordata locuzione riferita ad altre strutture similari, del novero delle attività che consentono l’esercizio congiunto con quella di estetista.

Parimenti erronea è la motivazione sottesa alla dichiarazione di inefficacia della SCIA, secondo cui la normativa statale e regolamentare non prevederebbero la possibilità di esercitare l’attività di estetica all’interno di una farmacia, dal momento che la mancata espressa previsione di tale possibilità non ne determina l’automatica preclusione, richiedendo la norma, attraverso il richiamo a ‘strutture similari’, uno specifico accertamento in ordine alla compatibilità dello svolgimento dell’attività di estetista all’interno di strutture destinate ad attività diverse da quelle indicate.

Dovendo, quindi, il Regolamento Comunale essere inteso – sulla base di una interpretazione sistematica coerente con la ratio e la lettera dello stesso - nel senso che è consentito l’esercizio dell’attività di estetista presso tutte quelle strutture che, benché non espressamente indicate, presentino analogie o affinità con quelle elencate, i gravati provvedimenti devono essere ritenuti illegittimi nella parte in cui, muovendo dall’erroneo assunto della preclusione, normativamente sancita, allo svolgimento di attività di estetista presso le farmacie, non hanno compiuto alcun accertamento volto alla verifica della riconducibilità delle farmacie alle strutture espressamente indicate dal Regolamento attraverso il riscontro degli indici di compatibilità e similitudine, limitandosi a ritenere erroneamente vietato quanto non espressamente consentito dal Regolamento.

Deve inoltre ritenersi che l’opzione ermeneutica adottata dalle resistenti Amministrazioni – secondo cui è vietato tutto ciò che non è consentito dal Regolamento – contrasti con la ratio di liberalizzazione delle attività commerciali sottesa alla normativa primaria nel tempo sopravvenuta, come dettata dal decreto legge n. 138 del 2011, ai sensi del quale deve intendersi consentita qualsiasi attività economica privata non espressamente vietata dalla legge, e dal decreto legge n. 201 del 2012, sulla cui base devono intendersi abrogate tutte le norme che impongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, con conseguente necessità di adottare un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che recano limiti o divieti.

Chiarita la portata da annettersi alle previsioni regolamentari sulla base di un’interpretazione sistematica che tenga conto sia della ratio che del dato letterale delle stesse, devono essere censurate le ulteriori argomentazioni, ritenute ostative al rilascio del nulla osta igienico-sanitario, contenute nel gravato atto di diniego.

Sotto un primo profilo, viene disconosciuta l’affinità dell’attività di farmacia a quelle di palestra, alberghi, villaggi turistici, centri commerciali, ospedali, comunità, case di cura, case per ferie, studi cinematografici e televisivi in ragione dei frequentatori, sull’assunto che l’attività di estetista esercitata presso tali strutture deve essere destinata ai soli frequentatori delle stesse.

Al riguardo, ritiene il Collegio che la norma regolamentare richiamata nel gravato diniego di nulla osta a sostegno di tale affermazione, come recata dagli artt. 2 e 3, non conduca a ritenere di dover escludere le farmacie dalla possibilità di esercitare, al proprio interno, l’attività di estetista, fermo restando il rispetto delle condizioni ivi previste, quali la rispondenza ai prescritti requisiti igienico-sanitari e l’assenza di accesso diretto dalla pubblica strada.

Se, invero, le farmacie presentano analogie con altre attività commerciali – quali le profumerie ed i centri commerciali – affiancandosi alla vendita di farmaci anche diverse attività, di cui alla apposita tabella merceologia, quali la vendita di cosmetici, non si ravvisano ragioni per escludere la possibilità di esercizio, al loro interno, dell’attività di estetista, altrimenti venendosi ad integrare, a diversamente ritenere, una indebita discriminazione per le farmacie in assenza di valide ragioni giustificatrici, dal momento che anche nei centri commerciali vengono distribuiti prodotti farmaceutici e cosmetici, così venendo accostati l’attività artigianale di estetista ad un’attività di tipo commerciale.

Posto che sia le farmacie che i centri commerciali sono accomunati dalla vendita di farmaci, non si vede per quale ragione solo all’interno dei primi sarebbe consentita l’attività di estetista, e non nelle farmacie, non potendo ravvisarsi alcuna incompatibilità o interferenza tra tale ultima attività e quella sanitaria cui la farmacia è deputata in via principale.

Inoltre, la riconosciuta possibilità di esercitare l’attività di estetista all’interno di ospedali, case di cura e di riposo non consente di ritenere ostativa alla possibilità di svolgere l’attività di estetista all’interno dei locali di farmacie la natura prevalentemente sanitaria della relativa attività, in quanto comune alle citate strutture.

Se dunque il Regolamento non ritiene che la specificità delle attività svolte all’interno di ospedali, case di cura e di riposo sia ostativa alla possibilità di svolgimento dell’attività di estetista al loro interno, analogamente non può costituire ragione ostativa all’esercizio dell’attività di estetista la similare specificità delle attività delle farmacie ed il preminente interesse pubblico sanitario delle stesse.

Ne consegue che una volta rispettate le condizioni prescritte per l’esercizio dell’attività di estetista – quali la separazione materiale dei locali ed il possesso dei richiesti requisiti igienico-sanitari – nulla osta alla facoltà per le farmacie di esercitare al loro interno attività di estetista per mezzo di personale qualificato ed in possesso dei prescritti requisiti.

Con riferimento, inoltre, al rilievo, di cui al gravato diniego di nulla osta igienico-sanitario, secondo cui l’atto autorizzativo della struttura dovrebbe comprendere entrambe le attività, di farmacia e di estetista, deve osservarsi come l’attività di estetista, sulla base della normativa primaria, è subordinata alla sola SCIA, con conseguente abrogazione, per incompatibilità, della legge regionale del Lazio n. 33 del 2001 che ne subordinava l’avvio ad un’autorizzazione amministrativa, in quanto contrastante con le successive previsioni primarie che hanno consentito l’utilizzo della DIA e, successivamente, della SCIA.

Non può, ancora, non rilevare il Collegio, in punto di fatto, che risultano essere stati rilasciati dalle competenti Aziende ASL di Roma nulla osta igienico-sanitari per l’esercizio di attività di estetista all’interno di diverse farmacie, per come emergente dalla documentazione versata al fascicolo di causa da parte ricorrente, con conseguente contraddittorietà dell’azione amministrativa.

4 - In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento dei gravati provvedimenti in quanto in contrasto sia con la portata da annettersi alle pertinenti previsioni contenute nel Regolamento approvato con delibera n. 42 del 2006, secondo l’interpretazione privilegiata dal Collegio, sia con la normativa di riferimento.

In ragione della portata da annettersi alle previsioni del citato Regolamento, secondo l’interpretazione sopra illustrata, può prescindersi dalla disamina delle censure avverso lo stesso proposte, in quanto subordinate all’adozione di una diversa opzione ermeneutica, disattesa dal Collegio, con riveniente improcedibilità delle censure stesse.

5 – Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Roma - Sezione Seconda

definitivamente pronunciando sul ricorso N. 8629/2012 R.G., come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto annulla i gravati provvedimenti di dichiarazione di inefficacia della SCIA e di diniego del nulla osta igienico-sanitario.

Condanna le resistenti Amministrazioni, in solido, al pagamento, a favore della parte ricorrente, delle spese di giudizio che liquida forfettariamente in € 1.500,00 (millecinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Tosti,     Presidente

Elena Stanizzi,            Consigliere, Estensore

Maria Cristina Quiligotti,       Consigliere

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/05/2013

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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