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AS1075 – AFFIDAMENTO IN VIA DIRETTA A CINECA DI SERVIZI NEL CAMPO DELL'INFORMATICA RELATIVI AL SISTEMA UNIVERSITARIO, DELLA RICERCA E SCOLASTICO
Roma, 27 agosto 2013
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
In risposta al quesito posto da codesto Ministero (di seguito, MIUR o il Ministero) in data 9 luglio 2013 in ottemperanza alla richiesta della Seconda Sezione del Consiglio di Stato, di cui alla deliberazione n. 18/2013 del 12 marzo 2013, di acquisire, tra l’altro, l’avviso dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, Autorità) circa la legittimità dell’affidamento diretto, secondo il modello dell’in house, di prestazioni di servizio nel campo dell’informatica concernenti i sistemi dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, a favore del Consorzio Interuniversitario Cineca (di seguito, Cineca o il Consorzio), l’Autorità nella sua adunanza del 31 luglio 2013, ha inteso rilevare quanto segue.
In via preliminare, si ricorda che l’attività del consorzio Cineca, nonché della società controllata Kion S.p.A., è stata già esaminata dall’Autorità nell’ambito della segnalazione AS755 adottata in data 10 settembre 2010 ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287. In tale occasione, l’Autorità ha sollevato delle perplessità circa le modifiche apportate allo Statuto di Cineca, approvato con Decreto Ministeriale del 14 maggio 2010, che consentivano lo svolgimento di attività “anche con carattere di impresa”, nonché più in generale con riguardo alle diverse problematiche concorrenziali esistenti nel mercato dell’elaborazione e della fornitura di software per la gestione informatizzata delle segreterie studenti nelle Università italiane. In particolare, si segnalava la contrarietà ai principi di tutela della concorrenza e del libero mercato della prassi, adottata da un sempre crescente numero di Università,
consorziate e non consorziate, di acquisire da Cineca e, per tramite di questa, dalla società interamente controllata Kion, la fornitura dei software gestionali e dei relativi servizi di assistenza, in assenza di una qualsivoglia forma di confronto concorrenziale. L’affidamento avveniva sempre a titolo oneroso, a prescindere dalla partecipazione o meno al consorzio e, di conseguenza, dal versamento del contributo associativo a Cineca. A tale proposito, l’Autorità – non ritenendo possibile invocare la figura dell’in house providing, non ricorrendo gli stringenti requisiti di legittimità cui è subordinata – evidenziava che le Università pubbliche sono tenute al rispetto delle regole e dei principi dell’evidenza pubblica laddove decidano di esternalizzare i propri servizi, rivolgendosi a soggetti terzi che esercitino un’attività di carattere imprenditoriale, anche in considerazione del fatto che la fornitura di licenze software e la prestazione dei relativi servizi di assistenza e manutenzione costituisce attività tipicamente economica. Ciò premesso, la richiesta in esame verte sulla legittimità dell’affidamento in via diretta, secondo il modello dell’in house, da parte del MIUR a Cineca di alcuni servizi attinenti ai settori dell’Università, della Ricerca e Scolastico.
Come noto, secondo consolidata giurisprudenza, la legittimità di un affidamento in house richiede la sussistenza dei requisiti cumulativi del controllo analogo e dell’attività prevalentemente svolta a favore dell’ente/i affidante/i1. Solo in presenza di tali requisiti – i quali, determinando una deroga alle regole generali dell’evidenza pubblica, vanno pertanto interpretati restrittivamente – si può ritenere che l’ente in house non si configuri come un soggetto terzo rispetto all’amministrazione controllante, bensì alla stregua di uno dei servizi interni all’amministrazione stessa.
Quanto al primo requisito, ai fini della configurabilità del controllo analogo, la giurisprudenza ha chiarito che la partecipazione pubblica totalitaria costituisce requisito imprescindibile per poter procedere agli affidamenti in house2.
La sussistenza del controllo analogo viene esclusa in presenza di una compagine societaria composta anche da capitale privato. Infatti, la partecipazione, seppur minoritaria, di un’impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice esclude che tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello che svolge sui propri servizi.
Inoltre, più di recente la giurisprudenza ha chiarito che il controllo analogo può essere esercitato non solo individualmente, ma anche congiuntamente da una pluralità di enti pubblici, c.d. in house frazionato, purché sia effettivo3. Ciò al fine di evitare che una presenza meramente formale nella compagine dell’ente affidatario possa determinare una elusione della normativa europea in materia di appalti, dispensando le amministrazioni aggiudicatrici dagli obblighi di gara.
Tuttavia, la partecipazione pubblica totalitaria è condizione necessaria, ma non sufficiente, essendo necessari strumenti di controllo da parte dell’ente affidante più incisivi di quelli previsti dal diritto civile, occorrendo che lo stesso eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni rilevanti del soggetto4. Tra questi, in particolare, la società non deve aver acquisito una vocazione commerciale che renda precario il controllo dell’ente pubblico e che risulti tra l’altro dall’ampliamento dell’oggetto sociale, dall’apertura obbligatoria della società a breve termine ad altri capitali, dall’espansione territoriale dell’attività a tutta l’Italia e all’estero5. Quanto al requisito dell’attività prevalente, come noto, tale requisito richiede che la società aggiudicataria svolga la parte più importante della propria attività con gli enti pubblici che la controllano. Tale requisito, interpretato in un’accezione restrittiva nella giurisprudenza, si intende soddisfatto quando l’affidatario non fornisca i suoi servizi a soggetti diversi dall’ente controllante, anche se pubblici, ovvero li fornisca ad altri soggetti in misura quantitativamente irrisoria e qualitativamente irrilevante sulle strategie aziendali6.
Nel caso in esame, si rileva che, in base alle informazioni acquisite dall’Autorità, e confermate dal Consorzio, nel luglio 2013 è stato portato a termine un processo di fusione per incorporazione dei consorzi Cilea – Consorzio Interuniversitario Lombardo per l’elaborazione Automatica e Caspur – Consorzio Interuniversitario per le applicazioni di supercalcolo per Università e Ricerca in Cineca. Tale processo di accorpamento – avviato su impulso del MIUR con D.M. n. 71 del 16 aprile 2012 e volto al perseguimento di finalità di razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa e della spesa pubblica – ha determinato l’ingresso nella compagine consortile di nuovi soggetti, tra cui figurano gli atenei di Roma Tor Vergata, Roma Foro Italico, Foggia, Milano, Milano Bocconi, Milano Cattolica del Sacro Cuore, IULM, Palermo e Viterbo Tuscia. Sulla base delle informazioni fornite da Cineca, tale processo di accorpamento è effettivo a partire dal 22 luglio 2013.
Pertanto, appare evidente come la nuova configurazione del consorzio Cineca a seguito della fusione per incorporazione – che contempla la presenza di alcuni istituti universitari aventi natura giuridica privata, tra cui ad esempio l’Università Commerciale Luigi Bocconi7 oppure lo IULM8 – risulta, impregiudicate le valutazioni circa la sussistenza dell’ulteriore requisito dell’attività prevalente, ostativo alla sussistenza del requisito della partecipazione pubblica totalitaria e pertanto alla legittimità di un affidamento diretto da parte del MIUR secondo il modello dell’in house.
Il presente parere sarà pubblicato sul Bollettino di cui all’articolo 26 della legge n. 287/90. Eventuali esigenze di riservatezza dovranno essere manifestate all’Autorità entro dieci giorni dal ricevimento del presente parere, precisandone i motivi.
IL PRESIDENTE
Giovanni Pitruzzella
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1 [Cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 18 novembre 1999, C-107-98, Teckal. ]
2 [Cfr., tra le altre, Corte di Giustizia, sentenza dell’11 maggio 2006, C-340/04, Carbotermo; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, decisione del 3 marzo 2008, n.1.]
3 [Cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 13 novembre 2008, C-324/07, Coditel Brabant SA; Corte di Giustizia, sentenza del 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord, par. 30-31, dove si legge che “ove più autorità pubbliche facciano ricorso ad un’entità comune ai fini dell’adempimento di un compito comune di servizio pubblico, non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale su tale entità; ciononostante, il controllo esercitato su quest’ultima non può fondarsi soltanto sul potere di controllo dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza nel capitale dell’entità in questione, e ciò perché, in caso contrario, verrebbe svuotata di significato la nozione stessa di controllo congiunto. L’eventualità che un’amministrazione aggiudicatrice abbia, nell’ambito di un’entità affidataria posseduta in comune, una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità di partecipare al controllo di tale entità aprirebbe la strada ad un’elusione dell’applicazione delle norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o di concessioni di servizi, dal momento che una presenza puramente formale nella compagine di tale entità o in un organo comune incaricato della direzione della stessa dispenserebbe detta amministrazione aggiudicatrice dall’obbligo di avviare una procedura di gara d’appalto secondo le norme dell’Unione, nonostante essa non prenda parte in alcun modo all’esercizio del «controllo analogo» sull’entità in questione.”.]
4 [Corte di Giustizia, Carbotermo, cit.; Corte di Giustizia, sentenza del 10 novembre 2005, causa C-458/03 Parking Brixen GmbH, p.65.]
5 [Corte di Giustizia, Parking Brixen GmbH, cit.; Corte di Giustizia, sentenza del 10 novembre 2005, C-29/04 – Modling oCommissione/Austria.]
6 [Cfr. C.G.A. 4 settembre 2007 n. 719; Corte di Giustizia, Parking Brixen, cit; Corte di Giustizia, Carbotermo, p. 62; Corte di Giustizia,Coditel Brabant SA. ]
7 [Si richiama al riguardo l’art. 1 “Origine, istituzione e fonti normative” dello Statuto dell’Università Bocconi, il quale prevede che “1.1. La libera Università Commerciale “Luigi Bocconi” di Milano, fondata da Ferdinando Bocconi, con statuto approvato con R.D. 29 settembre 1902, è una Università legalmente riconosciuta, avente personalità giuridica ed autonomia didattica, scientifica, amministrativa, organizzativa e disciplinare come assicurato dall’Art. 33 della Costituzione e a norma dell’Art. 1 del Testo Unico delle leggi sull’istruzione superiore, approvato con R.D. 31 agosto 1933, n. 1592 e successive modificazioni ed integrazioni. L’Università’ non ha fini di lucro. Essa è finanziata prevalentemente con i proventi derivanti dall’attività svolta ed è gestita da un Consiglio di Amministrazione i cui componenti sono nominati prevalentemente da soggetti privati.”]
8 [L’art. 3, par. 2 dello Statuto dello IULM, rubricato “Enti promotori e fonti di finanziamento” prevede che “Le fonti di finanziamento della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM sono costituite da tasse e contributi degli studenti, da redditi conseguenti a convenzioni, donazioni, legati e beni patrimoniali di sua proprietà nonché da trasferimenti dello Stato e di altri soggetti pubblici e privati che, in ragione del loro apporto finanziario possono entrare a far parte del Consiglio di Amministrazione complessivamente con non più di tre componenti”.] |