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N. 00191/2014REG.PROV.COLL.
N. 08245/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8245 del 2011, proposto da:
Sogepu S.p.a., in persona del legale rappresentante, in proprio e quale capogruppo A.t.i., rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Lolli, Aristide Police, con domicilio eletto presso Aristide Police, in Roma, via di Villa Sacchetti n. 11; A.t.i. - Ages S.p.a.;
contro
Comune di Umbertide, in persona del Sindaco pro tempore,rappresentato e difeso dall'avvocato Costantino Tessarolo, con domicilio eletto presso Costantino Tessarolo in Roma, via Cola di Rienzo, n. 271;
nei confronti di
Gesenu S.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabrizio Figorilli, con domicilio eletto presso Filippo Degni, in Roma, via Vallombrosa, n. 32;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. UMBRIA – PERUGIA, SEZIONE I, n. 152/2011, resa tra le parti, concernente aggiudicazione appalto raccolta differenziata e richiesta di risarcimento danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Umbertide e di Gesenu S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2013 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Lolli, Tessarolo e Figorilli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’odierno contenzioso trae origine dall’iniziativa giurisdizionale spiegata dall’appellante che dinanzi al Giudice di prime cure contestava gli atti della procedura di gara avente ad oggetto l’affidamento della gestione dei servizi di igiene urbana nell’area comunale di Umbertide, con sistema di aggiudicazione incentrato sull’offerta economicamente più vantaggiosa, avanzando contestualmente richiesta di risarcimento per i danni subiti. Accadeva, infatti, che l’A.T.I. capeggiata dall’odierna appellante, già aggiudicataria provvisoria, venisse esclusa dalla procedura di gara per mancanza del requisito di cui all'art. 23 bis comma 9, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e l'aggiudicazione definitiva fosse disposta a favore della Gesenu S.p.a. Nelle more del giudizio di primo grado il contratto veniva stipulato ed il correlato servizio avviato.
2. La sentenza gravata respingeva il ricorso, rilevando che l’art. 23 bis, comma 9, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, è norma che reca il divieto di acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, come pure di svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, neppure mediante la partecipazione a gare, per le società che, in Italia od all’estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto. Un simile divieto, a giudizio del TAR per l’Umbria, opera per tutta la durata della gestione. L’ultimo periodo del nono comma, frutto della modifica del 2009, avrebbe, però, temperato un simile divieto con una disposizione derogatoria, di diritto transitorio, consentendo ai soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali di concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, avente ad oggetto i servizi da essi forniti. Pertanto, il cuore della controversia veniva individuato dal primo Giudice nella risoluzione del problema ermeneutico rappresentato dal significato attribuibile all’espressione “prima gara successiva alla cessazione del servizio”. Di tale locuzione, osservava, il Collegio di prime cure, sarebbero ammissibili due letture: a) la stessa potrebbe essere apprezzata sul versane soggettivo, ossia in relazione all’impresa-concorrente; b) ovvero su quello oggettivo, riguardando la prima gara indetta dalla stazione appaltante dopo l’introduzione del citato art. 23-bis. Il Giudice di prime cure optava per la prima soluzione, sulla scorta di un’interpretazione teleologica della norma, individuata nell’esigenza di evitare che le società che hanno fornito servizi ad un’Amministrazione ed hanno acquisito esperienza “sul territorio” siano automaticamente estromesse dalle gare per l’affidamento concorrenziale di quei servizi, piuttosto che in quella di elargire a tutti gli affidatari diretti una moratoria generalizzata. Il fine perseguito dal legislatore sarebbe stato quello di impedire che l’esclusione di tali soggetti dalle gare indette dalle Amministrazioni per i servizi da essi già forniti, creasse un’improvvisa soluzione di continuità, foriera di disparità di trattamento alla rovescia, con la cancellazione ex abrupto degli investimenti effettuati specialmente nell’ambito territoriale di riferimento. Pertanto, agli affidatari diretti sarebbe consentito concorrere alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, avente ad oggetto i servizi da essi forniti, svolta su tutto il territorio nazionale, e non solamente, dunque, per lo specifico servizio già affidato (come era previsto ante novella del 2009). Tale soluzione, ispirata ad un’esigenza di rispetto della parità concorrenziale, consentiva al TAR per l’Umbria di prescindere dall’analisi dalla questione, logicamente gradata, del valore da attribuire alla rinnovazione del contratto di Gesenu, e comunque dal verificare l’applicabilità stessa dell’art. 23 bis, comma 9, posto che non si sarebbe comunque in presenza di “una prima gara”. Presupposto fondamentale per ammettere la partecipazione alla gara sarebbe, infatti, a giudizio del Tribunale amministrativo quello che il soggetto non sia più affidatario del servizio oggetto di gara; mentre, appariva indubbio che, al momento in cui era stata bandita la gara, l’affidamento in favore di Gesenu S.p.a. fosse venuto meno.
2.1. Quanto al secondo mezzo di gravame, con cui l’originario ricorrente deduceva la violazione dell’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, il primo Giudice prendeva atto della dichiarazione di carenza di interesse manifestata dalla parte ricorrente nel corso dell’udienza cautelare.
2.2. Quanto, infine, al motivo esperito avverso l’aggiudicazione disposta in favore di Gesenu S.p.a., il TAR per l’Umbria ne rilevava l’inammissibilità per carenza di interesse, poiché l’accertata legittimità dell’esclusione della ricorrente comportava il venir meno dell’interesse a censurare la posizione dell’aggiudicataria, non potendo in ogni caso quest’ultima partecipare ad un’eventuale rinnovazione della gara. In ogni caso, riteneva lo stesso infondato, risultando sufficiente il certificato rilasciato dal Comune di Perugia per la comprova del possesso dei requisiti tecnici dell’originaria controinteressata, in quanto atto fidefaciente, conforme a quanto prescritto dal punto 3.1 della lex specialis di gara e dall’art. 42, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006.
2.3. Esatte queste premesse il primo Giudice respingeva il ricorso proposto da Sogepu S.p.a.
3. Con atto d’appello notificato il 10 ottobre 2011 e depositato il 19 ottobre 2011, Gesenu S.p.a. insiste per l’accoglimento delle richieste avanzate con il ricorso di primo grado, lamentando l’erroneità della sentenza gravata, per le seguenti ragioni: a) l’art. 23 bis, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, nel testo modificato dal d.l. 135/2009, prevedeva che gli affidatari diretti potessero partecipare alla prima gara successiva all’entrata in vigore della norma, così garantendo che nelle more dell’adeguamento del sistema tutti potessero partecipare alle prime gare bandite. Il nuovo testo veniva introdotto con il fine di evitare di favorire il solo candidato locale. L’interpretazione offerta dal TAR, invece, contrasterebbe con l’insegnamento contenuto nella sentenza della Corte Giust. 23 dicembre 2009, C-305/08, secondo il quale l’esclusione a priori da una gara non può essere giustificata con la presenza di finanziamenti pubblici o aiuti di stato. Inoltre, lamenta l’appellante, se fosse corretta l’interpretazione del TAR, stante il necessario presupposto del venir meno dell’affidamento diretto, si genererebbe una situazione particolarmente complicata, poiché l’impresa rischierebbe di uscire dal mercato nel caso in cui non risultasse aggiudicataria della “prima gara”. Inoltre, ritenere che sia presupposto necessario di partecipazione il venir meno dell’affidamento diretto, contrasterebbe con la ratio derogatoria della norma de qua. Pertanto, a giudizio dell’appellante, la diposizione in questione andrebbe letta nel senso che gli affidatari diretti potrebbero partecipare alla tornata di prime gare dopo l’entrata in vigore della norma per i servizi analoghi bandite su tutto il territorio nazionale, mentre non potrebbero partecipare alle seconde gara, se non a seguito del venir meno della condizione di affidatari diretti; b) la situazione dell’appellante e della controinteressata sarebbe stata identica, poiché il Comune di Umbertide, dopo la naturale scadenza del contratto con Gesenu S.p.a. lo avrebbe prorogato illegittimamente sino al 30 giugno 2009, quindi altra proroga veniva rilasciata sino al dicembre 2009 ed ancora sino al 31 dicembre 2010, utilizzando uno strumento, quello della proroga, non consentito secondo la giurisprudenza amministrativa ed equivalente all’affidamento diretto; c) il certificato prodotto da Gesenu S.p.a. proveniente dal Comune di Perugia sarebbe generico e non rispondente al vero, come risulta da altri documenti sempre fidefacienti, quindi sarebbe stato necessario che la stazione appaltante si impegnasse per verificare la situazione reale svolgendo apposita istruttoria.
3.1. Con successiva memoria del 30 novembre 2013, l’appellante, oltre a precisare le proprie deduzioni, propone, in caso di conferma dell’esegesi sposata dal primo Giudice, di rimettere gli atti alla Corte di Giustizia, per verificare la compatibilità del regime transitorio previsto dal citato art. 23-bis comma 9, con i principi di legittimo affidamento, certezza del diritto, ragionevolezza e proporzionalità.
3.2. In sede di memoria di replica Sogepu S.p.a., infine, sottolinea che l’appellata debba essere considerata quale affidataria diretta, come testimonia il testo del citato art. 23-bis comma 9, che ritiene che sia affidatario diretto anche chi gestisce per diposizioni di legge il servizio.
4. Costituitasi in giudizio l’amministrazione comunale invoca la conferma della sentenza gravata, sostenendo la correttezza dell’argomentazione articolata dal primo Giudice e precisando come la facoltà di utilizzare la proroga del servizio de quo fosse stata prevista dallo stesso legislatore, dapprima con l’art. 113, comma 15-bis, d.lgs. 267/2000, quindi, dall’art. 204 comma 2 d.lgs. 152/2006, ed, infine, dal citato art. 23-bis.
4.1. Con memoria del 29 novembre 2013 l’amministrazione comunale indicava quale ulteriore argomento a riprova della propria tesi, la modifica portata dalla la l. 183/2011 al testo dell’art. 23-bis, citato, che avrebbe previsto una disciplina meno rigida, prevedendo che nell’ultimo anno dell’affidamento gli affidatari diretti potessero partecipare alle gare bandite sul territorio nazionale, con norma, però, ratione temporis non applicabile.
5. L’appellata costituitasi in giudizio, chiedeva la conferma della sentenza gravata, della quale faceva mostra, anche con le successive memorie, di condividere le motivazioni, sottolineando come con il consentire alle affidatarie dirette di partecipare alle gare bandite sino al 31 dicembre 2011 su tutto il territorio nazionale si sarebbe assicurato alle stesse un ingiusto vantaggio concorrenziale.
DIRITTO
1. L’appello è parzialmente fondato e merita di essere accolto nei limiti delle seguenti considerazioni.
2. La soluzione della vicenda all’esame del Collegio passa attraverso la corretta articolazione logico-guridica delle questioni proposte dalle parti e tra queste innanzitutto delle ragioni per le quali la fattispecie in esame soggiace alla disciplina di cui all’art. 23-bis, d.l. 112/2008, nel testo ratione temporis vigente. Al tempo della pubblicazione del bando di gara avente ad oggetto l’affidamento della gestione dei servizi di igiene urbana, veniva svolto dall’odierna appellata in ragione delle molteplici proroghe ex lege, richiamate dalla stessa stazione appaltante nei suoi scritti difensivi. Questa circostanza consente di chiarire che attraverso la procedura di gara in questione il servizio pubblico veniva offerto al mercato competitivo. Pertanto, la stessa deve essere considerata come “prima gara” in senso oggettivo, indipendentemente da ciò che si dirà sulla corretta opzione ricostruttiva del comma 9, del citato art. 23-bis. Infatti, la gara suddetta è venuta ad interrompere un periodo nel quale il servizio è stato affidato in ragione di proroghe ex lege al precedente affidatario. Da ciò deriva secondo l’uniforme orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio, che prima della gara di cui si tratta il servizio fosse oggetto di affidamento diretto, risultando irrilevante il titolo (atto amministrativo o atto legislativo) in ragione del quale l’appellata ha continuato ad erogare, all’indomani della naturale scadenza negoziale, il servizio de quo. In questi termini, si può ricordare il recente arresto della Sez. III, del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 3580 del 5 luglio 2013, secondo la quale: “In tema di appalto di forniture e servizi, ai fini dell'applicazione del divieto di cui all'art. 23 bis comma 9 D.L. 25 giugno 2008 n. 112, introdotto dalla L. di conversione 6 agosto 2008 n. 133, all'affidamento senza una procedura competitiva deve essere equiparato il caso in cui ad un affidamento con gara segua, dopo la sua scadenza, un regime di proroga diretta che non trova fondamento nel diritto comunitario, atteso che le proroghe dei contratti affidati con gara sono consentite se già previste ab origine, e comunque entro termini determinati, ma una volta che il contratto scada e si proceda ad una sua proroga senza che essa sia prevista ab origine, o oltre i limiti temporali consentiti, la proroga è da equiparare ad un affidamento senza gara” (conformi Cons. St., Sez. V, 27 aprile 2012, n. 2459; Sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 850). Sia in presenza di una proroga legale, che in presenza di una proroga amministrativa, infatti, si produce l’effetto di sottrarre un bene economicamente contendibile alle dinamiche fisiologiche del mercato. Pertanto, se il regime di proroga ex lege non presenta necessariamente motivi di contrasto con il diritto comunitario nella misura in cui consente l’avvio di un’equilibrata fase di transizione a favore della competizione concorrenziale, lo stesso, però, si presenta con caratteristiche tali da essere equivalente ad un affidamento diretto del servizio, perché consente ad un operatore economico di ottenere un bene della vita diverso da quello oggetto della procedura di gara. Pertanto, nella fattispecie si è in presenza di una situazione nella quale si assiste ad una transizione da un modello di affidamento diretto ad un modello di apertura al mercato concorrenziale in omaggio ai principi contenuti nel comma 1 dell’art. 23-bis, d.l. 112/2008.
3. Esatta questa premessa, occorre approcciarsi all’interpretazione della deroga contenuta nell’ultimo periodo del comma 9, dell’art. 23-bis, d.l. 112/2008, nel testo vigente al 18 gennaio 2011, data del provvedimento di esclusione impugnato in prime cure dall’odierna appellante. Ossia nella versione precedente alle modifiche apportate dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106. La norma in questione prevede che gli affidatari diretti di un servizio pubblico locale: “non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e al socio selezionato ai sensi della lettera b) del comma 2. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti”. In disparte le deroghe soggettive contenute nel penultimo periodo della norma, che nella presenta vicenda non rilevano, va, funditus, esaminata la portata della deroga contenuta nell’ultimo periodo, che secondo la sentenza gravata va letta nel senso che “la prima gara successiva alla cessazione del servizio” va riferita non a quella indetta dalla stazione appaltante a seguito del ricorso al mercato dopo l’abbandono di meccanismi di affidamento diretto, ma quella alla quale l’affidatario diretto partecipa dopo che ha cessato di essere affidatario diretto del servizio. Quindi, secondo il Giudice di prime cure “agli affidatari diretti è consentito concorrere alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, avente ad oggetto i servizi da essi forniti, svolta su tutto il territorio nazionale, e non solamente, dunque, per lo specifico servizio già affidato”. Una simile lettura non appare, però, convincente per molteplici ragioni. La norma, infatti, si rivolge agli affidatari diretti, ossia a quei soggetti che gestiscono un servizio pubblico, acquisito al di fuori di procedure competitive, come già chiarito da questa Sezione, con la pronuncia n. 4840 del 12 settembre 2012, prevedendo una deroga all’impossibilità di partecipare alle procedure di gara, che non avrebbe senso se fosse rivolta a soggetti, che sebbene in passato avessero fruito di affidamenti diretti, non si trovassero al momento del bando in una situazione di tal fatta. Quindi, nel momento in cui il legislatore ha inteso estendere la deroga in questione alla possibilità per gli affidatari diretti di partecipare alle procedure di gara svolte su tutto il territorio nazionale, è venuta meno la possibilità di ancorare la nozione di affidatario diretto allo specifico servizio dallo stesso conseguito senza gara e, conseguentemente, quello di giustificare una lettura della norma orientata a ritenere che il soggetto partecipante alla gara fosse l’ex affidatario diretto. Non va dimenticato, infatti, che la prima stesura della norma de qua era nei seguenti termini: “I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per l’affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio già a loro affidato. In ogni caso, entro la data del 31 dicembre 2010, per l’affidamento dei servizi si procede mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica”. Appare, pertanto, preferibile accedere ad un’interpretazione diversa da quella sposata dal TAR per l’Umbria, che consente agli affidatari diretti, tali essendo al momento della pubblicazione del bando di gara, di partecipare a quelle gare, attraverso le quali la stazione appaltante accede al mercato concorrenziale (in questi termini già Cons. St., Sez. V, 2 febbraio 2012, n. 553). In questo modo il legislatore ha inteso evitare di favorire l’affidatario diretto dello specifico servizio, evitando, al contempo, che le competenze e gli investimenti posti in essere dai soggetti rientranti in questa categoria andassero dispersi, ed ha ampliato il novero degli operatori economici potenzialmente interessati a concorrere per l’acquisizione del servizio. Su questo punto si era già espressa la Sezione con la sentenza 7 febbraio 2012, n. 640, che aveva chiarito che: “L'eccezione di cui all'art. 23 bis comma 9 D.L. 25 giugno 2008 n. 112, a norma del quale "i soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per l'affidamento…."), va intesa nel senso che per le società affidatarie dirette di più servizi la partecipazione alla prima gara per l'affidamento dello stesso servizio già affidato è possibile anche in presenza di altri affidamenti in corso, comunque destinati a nuove anticipate scadenze”.
3.1. Nell’evoluzione del testo normativo la data del 31 dicembre 2010 non è scomparsa, ma ha semplicemente trovato collocazione nel comma 8, lett. e) dell’art. 23-bis, secondo un meccanismo che, come ha già chiarito questa Sezione con la sentenza n. 3668 del 21 giugno 2012, consente di completare il quadro della disciplina applicabile agli affidatari diretti che partecipino alla prima gara successiva alla cessazione del servizio. Quest’ultima sentenza ha, infatti, posto in luce che: “Dopo tale data, perdurando gli affidamenti diretti, tale opzione non può più chiaramente essere esercitata, perché si collegherebbe ad un'illegittima estensione di una, necessariamente "misurata", applicazione di una norma "speciale"in luce del sistema normativo nazionale ed europeo, in quanto derogatoria della apertura concorrenziale e transitoriamente legittimata dai citati principi di gradualità e proporzionalità; tale estensione, oltre la ratio stessa del sistema così delineato, oltrepasserebbe ingiustificatamente il periodo transitorio che modula secondo proporzionalità i rapporti instaurati senza un previo confronto concorrenziale.
Pertanto, dopo il 31 dicembre 2010 i soggetti titolari di posizioni privilegiate non possono più sfruttarle partecipando alle procedure competitive, poiché la quota di mercato detenuta non è stata il frutto di una conquista concorrenziale, ottenuta all'esito di una competizione paritaria con gli altri operatori economici, atteso che l'acquisizione di una o più commesse è avvenuta senza sottoporsi al meccanismo selettivo capace di individuare l'offerta oggettivamente migliore”.
3.2. Da ciò deriva che il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara impugnato dall’odierna appellante è stato illegittimamente adottato in violazione del regime transitorio stabilito dal testo dell’art. 23-bis, d.l. 112/2008, ratione temporis vigente. Pertanto, appare fondato il primo motivo d’appello e conseguentemente non appare rilevante nella presente controversia la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia avanzata dall’appellante.
4. Del pari fondato risulta il secondo motivo d‘appello, con il quale si sostiene che la qualifica di affidataria diretta andava riconosciuta anche all’odierna appellata e sul punto appare sufficiente fare richiamo a quanto sopra esposto in ordine alla valenza dell’affidamento a seguito di proroga ex lege, ma anche all’insegnamento di questa Sezione che con la sentenza n. 2459 del 27 aprile 2012 ha chiarito che: “Ai fini dell'applicazione del divieto di cui all'art. 23 bis comma 9 D.L. 25 giugno 2008 n. 112, introdotto con legge di conversione 6 agosto 2008 n. 133, all'affidamento senza una procedura competitiva deve essere equiparato il caso in cui ad un affidamento con gara segua, dopo la sua scadenza, un regime di proroga diretta che non trovi fondamento nel diritto comunitario, atteso che le proroghe dei contratti affidati con gara sono consentite se già previste ab origine, e comunque entro termini determinati, ma una volta che il contratto scada e si proceda ad una sua proroga senza che essa sia prevista ab origine, o oltre i limiti temporali consentiti, la proroga è da equiparare ad un affidamento senza gara”.
5. Appare, invece, destituito di fondamento il terzo motivo di gravame con il quale l’appellante lamenta la mancata esclusione dell’appellata a causa dell’inidoneità della certificazione proveniente dal Comune di Perugia nel comprovare il possesso rei requisiti tecnici. Appare, infatti, corretta la ricostruzione offerta dal primo Giudice secondo la quale la natura di atto fidefaciente del documento in questione esonera la stazione appaltante in assenza, peraltro, di querela di falso da parte dell’originario ricorrente, di svolgere ulteriori indagini sulla conformità al vero di quanto ivi affermato.
6. Dall’accoglimento dei primi due motivi d’appello deriva la caducazione degli atti impugnati con il ricorso di primo grado e la reviviscenza dell’aggiudicazione provvisoria disposta a favore dell’appellante, il cui subentro, previa declaratoria di inefficacia del contratto, resta condizionato al positivo riscontro dei requisiti, da operarsi dall’amministrazione aggiudicatrice a valle dell’aggiudicazione provvisoria.
7. Infine, non merita di essere accolta la richiesta risarcitoria riproposta in appello. Non risulta, infatti, provata la presenza di una chiara e manifesta violazione di legge imputabile all’amministrazione appellata. Il testo normativo dell’art. 23-bis, d.l. 112/2008, infatti, è stato oggetto a più riprese di molteplici interventi normativi, che non hanno contribuito a far sedimentare una chiara comprensione dello stesso in capo agli operatori del diritto. La stessa giurisprudenza amministrativa, come testimoniato, peraltro, dallo stesso contrasto tra la presente pronuncia e quella appellata, solo a fatica e per successive approssimazioni, è venuta a capo di una trama normativa, che si distingue per la sua oscurità. Ne deriva l’assenza di un fondamentale tassello per ritenere si sia in presenza di una responsabilità extracontrattuale in capo alla p.a. Nella fattispecie, infatti, non solo è rinvenibile un error juris scusante in capo alla p.a., ma non sussistono neppure gli estremi per applicare la più severa disciplina sancita dalla Corte di Giustizia per la responsabilità dello Stato amministatore (Corte Giust., Sez. III, 30 settembre 2010, C-314-09).
8. Nella particolare complessità delle questioni trattate si ravvisano eccezionali ragioni per compensare le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
accoglie in parte l’appello, nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata:
a) annulla gli atti impugnati con il ricorso di primo grado;
b) dichiara l’inefficacia del contratto stipulato tra il Comune di Umbertide e Gesenu S.p.a. a far data dalla notificazione della presente sentenza;
c) respinge la richiesta di risarcimento del danno avanzata da Sogepu S.p.a.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente FF
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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