HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. V, 11/2/2014 n. 664
Sulla condizione che deve sussistere affinchè i contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l'adempimento di un servizio pubblico loro comune possono sottrarsi al diritto comunitario.

L'adesione postuma da parte di un'amministrazione pubblica agli esiti di una procedura di gara alla quale sia risultata estranea, indetta sulla scorta di una convenzione alla quale non aveva aderito,viola i principi generali di evidenza pubblica.

I contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l'adempimento di un servizio pubblico loro comune possono sottrarsi al diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici solo alla condizione - tra le altre - di non porre un prestatore privato in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti.

L'adesione postuma da parte di un'amministrazione pubblica agli esiti di una procedura di gara alla quale sia risultata estranea, indetta sulla scorta di una convenzione alla quale non aveva aderito, integra violazione dei principi generali di evidenza pubblica di derivazione comunitaria e di stampo nazionale, che impediscono l'affidamento di una fornitura senza una procedura individuale o collettiva di cui sia stato parte, formalmente e sostanzialmente, il soggetto affidante.

Materia: servizi pubblici / disciplina

N. 00664/2014REG.PROV.COLL.

 

N. 02901/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2901 del 2013, proposto dal Cns - Consorzio Nazionale Servizi - Societa' Cooperativa e dal Consorzio Formula Ambiente - Società Cooperativa Sociale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dagli avv. Massimo Massa e Marcello Vignolo, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense 104;

contro

Sitek S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Matilde Mura, con domicilio eletto presso Giovanni Contu in Roma, via Massimi 154;

 

nei confronti di

Cisa - Consorzio Intercomunale Salvaguardia Ambientale, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Avino Murgia, con domicilio eletto presso Anna Maria Manfredi in Roma, viale Parioli 41; Comune di Serramanna;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA, SEZIONE I, n. 222/2013, resa tra le parti, concernente appalto per l'affidamento del servizio di gestione del servizio di igiene urbana.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Sitek S.r.l. e del Cisa - Consorzio Intercomunale Salvaguardia Ambientale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2013 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Massa, Pafundi per delega di Mura, ed Avino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il Comune di Serramanna è componente, insieme ad altri, del Consorzio Intercomunale di Salvaguardia Ambientale (d’ora in avanti, il CISA) costituito, ai sensi dell’art. 31 del T.U.E.L., per la gestione di servizi pubblici, tra i quali anche la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti per i Comuni consorziati e per quelli che ne facciano richiesta (art. 3, comma 1, lett. c, dello Statuto).

Nell’anno 2011 il CISA bandiva una gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana nei territori di quattro dei Comuni consorziati (Serrenti, Samatzai, Nuraminis e Villasor), fissando, quale importo a base d’asta, la somma di €. 4.250.000,00. Il Capitolato speciale d’appalto prevedeva la possibilità di estendere il servizio anche agli altri Comuni, consorziati e non, che ne avessero fatto richiesta.

A seguito della procedura il contratto, della durata di tre anni (dal 1°.01.2012 al 31.12.2014), era stato affidato al Consorzio Nazionale Servizi (d’ora in avanti, il CNS), il quale a sua volta aveva indicato quale esecutore delle prestazioni la propria consociata Consorzio Formula Ambiente.

Presso il Comune di Serramanna il servizio di igiene urbana e raccolta differenziata veniva allora svolto dalla Sitek S.r.l., l’attuale appellata, in virtù di affidamenti effettuati mediante ordinanze contingibili e urgenti.

Lo stesso Comune, tuttavia, con deliberazione n. 25 del 31 luglio 2012 stabiliva di trasferire le funzioni relative alla gestione del servizio di igiene urbana nel proprio territorio al Consorzio.

E quest’ultimo CISA, con provvedimento n. 246 del 28 settembre 2012, decideva di affidare al CNS (il quale svolgeva la raccolta dei rifiuti presso altri Comuni consorziati in virtù della gara espletata nel 2011) anche il servizio in questione, con decorrenza dal 1° ottobre 2012 al 31 dicembre 2014, mediante procedura negoziata ai sensi dell’art. 57, comma 5, lett. a), del codice dei contratti pubblici.

La SITEK con ricorso al T.A.R. per la Sardegna chiedeva l’annullamento di tale ultimo affidamento.

Venivano altresì impugnate la deliberazione n. 25 del 31 luglio 2012, di trasferimento delle funzioni relative alla gestione del servizio dal Comune di Serramanna al CISA, e la delibera della Giunta comunale n. 99 del 20 settembre 2012.

Con decreto presidenziale del 29 settembre 2012 l’istanza cautelare formulata dalla ricorrente veniva accolta, e, per l’effetto, sospesa l’efficacia del provvedimento di affidamento del servizio comunale al CNS.

Con successivo atto di motivi aggiunti la SITEK, oltre ad introdurre ulteriori motivi d’impugnazione dei provvedimenti già gravati con il ricorso principale, impugnava anche l’ordinanza contingibile ed urgente n. 18/2012 del 30 settembre 2012 con la quale il Sindaco di Serramanna, all’indomani del decreto presidenziale cautelare appena detto, aveva affidato il servizio di igiene urbana, dal 1° al 31 ottobre 2012, al Consorzio Formula Ambiente.

Resistevano al ricorso il CNS, il Comune di Serramanna ed il CISA, concludendo per la sua declaratoria di irricevibilità od inammissibilità ovvero per il suo rigetto nel merito.

All’esito del giudizio di primo grado il T.A.R., con la sentenza in epigrafe, accoglieva il gravame, ritenendo che l’affidamento al CNS del servizio di igiene urbana nel territorio di Serramanna costituisse un affidamento diretto disposto in violazione degli articoli 2 e 57 del codice dei contratti pubblici, in ragione della indeterminatezza delle clausole di estensione previste nel capitolato speciale relativo alla gara bandita dal CISA nel 2011.

Da qui l’annullamento del provvedimento del CISA n. 246 del 28.09.2012.

Veniva altresì annullata l’ordinanza contingibile ed urgente del 30 settembre 2012 con la quale il Sindaco di Serramanna aveva affidato al Consorzio Formula Ambiente, dal 1°.10.2012 al 31.10.2012, lo svolgimento dei servizi precedentemente svolti da SITEK, siccome elusiva del decreto cautelare emesso dal T.A.R. il giorno precedente.

Dal Tribunale veniva invece esclusa l’illegittimità della delibera consiliare n. 25/2012 e della deliberazione giuntale n. 20/2012, con le quali il Comune si era limitato all’incensurabile scelta di trasferire al CISA le competenze relative al servizio di igiene urbana (servizio che avrebbe però dovuto essere affidato dal CISA solo dietro regolare procedura di gara).

Seguiva l’appello avverso tale decisione da parte del CNS e del Consorzio Formula Ambiente.

Le appellanti contestavano la correttezza della sentenza del Giudice di primo grado, difendendo la legittimità dell’affidamento del servizio nel territorio di Serramanna disposto dal CISA in favore del CNS.

Si costituivano nel nuovo grado di giudizio il CISA, in posizione adesiva all’appello, e l’originaria ricorrente, che dal canto suo vi si opponeva, deducendone l’infondatezza.

All’udienza pubblica del 3 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

1          La Sezione deve preliminarmente dare atto che la sentenza di primo grado non ha formato oggetto d’appello, rispettivamente, né nella parte reiettiva dell’impugnativa della SITEK avverso la scelta del Comune di Serramanna di trasferire al CISA le competenze relative al servizio di igiene urbana, né nella parte in cui il T.A.R. ha annullato l’ordinanza sindacale del 30 settembre 2012 siccome elusiva del decreto cautelare del giorno precedente.

Con riferimento ai capi appena detti la sentenza del Tribunale risulta pertanto diventata definitiva.

2          Il presente grado di giudizio si concentra dunque sulla problematica della legittimità dell’affidamento diretto operato dal Consorzio CISA in favore del CNS del servizio di igiene urbana nel territorio di Serramanna.

L’appello è infondato.

3          Le tesi difensive delle originarie parti resistenti sono state così riassunte dal T.A.R.:

a) l’affidamento del servizio nel Comune di Serramanna al CNS, intervenuto dopo la stipula del contratto di appalto avente ad oggetto l’esecuzione del servizio nei quattro Comuni di Nuraminis, Samatzai, Villasor e Serrenti, troverebbe fondamento nel preesistente accordo ex art. 31 del testo unico enti locali, da cui è originato il Consorzio Intercomunale che ha bandito la gara nel 2011;

b) il capitolato speciale d’appalto, parte integrante del contratto sottoscritto tra CISA e CNS, prevede la possibilità di una successiva estensione dell’oggetto dei servizi, mediante adesione dei Comuni - aderenti al CISA e non - che ne avessero fatto richiesta in futuro;

c) infine, il CISA afferma la sussistenza, nel caso in esame, dei requisiti richiesti dall’art. 57, comma 5, lett. a), del codice dei contratti pubblici, per l’affidamento di servizi complementari mediante procedura negoziata senza previa indizione del bando, espletata in concreto «al solo scopo di individuare il corrispettivo dovuto per l’estensione del servizio sulla base dei prezzi unitari offerti nel corso della gara».

A fronte di tali assunti il primo Giudice con la sentenza in epigrafe ha fatto però notare :

-           che l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture deve rispettare i principi di derivazione comunitaria, espressamente sanciti anche dall’art. 2 d.lgs. n. 163/2006, di libera concorrenza, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità;

-           che ciò implica la necessità che dalla singola lex specialis possa chiaramente evincersi l’oggetto della relativa gara, ossia le prestazioni richieste dalla stazione appaltante, le quali devono essere determinate ovvero determinabili in base ai criteri indicati dalla stessa lex, nonché l’importo posto a base d’asta;

-           che in tanto possono essere inserite nel bando di gara clausole che prevedano l’eventuale successiva estensione del servizio appaltato, includendo prestazioni ulteriori rispetto a quelle affidande, in quanto la loro previsione non conduca ad incertezza circa il contenuto del successivo contratto, e pertanto sia destinata a soggetti comunque nominativamente indicati nella lex specialis, e per un importo contrattuale massimo determinato, o almeno determinabile;

-           che le clausole di estensione previste nel caso di specie, nel capitolato speciale relativo alla gara bandita dal CISA nel 2011, non sono dotate dei necessari requisiti di determinatezza: e questo sia dal punto di vista soggettivo, poiché l’art. 1 del capitolato, nel disporre che il servizio oggetto dell’appalto debba essere esercitato nell’ambito dei Comuni “richiedenti tale servizio e in quelli che eventualmente lo richiederanno”, apre del tutto genericamente a qualsiasi Comune; sia dal punto di vista del valore della commessa, poiché, mentre l’art. 10 fissa l’importo a base di gara «per le prestazioni per tre anni di cui al presente Capitolato» in €. 4.250.000,00, nessuna indicazione è invece reperibile circa il valore che l’affidamento (il canone) potrebbe assumere in virtù dell’eventuale successiva adesione di nuovi Comuni;

-           che, per conseguenza, l’applicazione di una siffatta clausola di estensione è idonea a dar luogo ad una serie indefinita di affidamenti diretti, senza alcun termine di riferimento sotto il profilo dell’ammontare economico e della entità del servizio, con evidente violazione delle norme in materia di evidenza pubblica e del principio comunitario di concorrenza;

-           che pertanto l’impugnato affidamento al CNS del servizio di igiene urbana nel territorio di Serramanna costituisce un affidamento diretto disposto in violazione degli articoli 2 e 57 del codice dei contratti pubblici, in quanto adottato al di fuori delle ipotesi tassative nelle quali la legge consente la deroga ai principi sopra menzionati;

-           che l’affidamento non potrebbe essere giustificato, in particolare, richiamando il disposto dell’art. 57 cit., comma 5, lett. a), in tema di lavori/servizi complementari, poiché non ricorrerebbe alcuna delle condizioni prescritte da tale norma;

-           che nel caso in esame, invocandosi il preesistente accordo tra i Comuni consorziati ex art. 31 del d.lgs. n. 267/2000, si è esteso il contratto precedentemente stipulato tra alcuni di essi e l’appaltatore (all’esito di una gara d’appalto dall’oggetto appunto limitato ai Comuni indicati nel citato art. 2 del capitolato speciale ed all’importo massimo di cui all’art. 10) ad altri consorziati, originariamente non destinatari del servizio, con il risultato finale di porre l’impresa interessata in una condizione di indebito vantaggio rispetto alle concorrenti in violazione delle regole sull’evidenza pubblica.

4          La Sezione è dell’avviso che questa impostazione meriti conferma.

5          Occorre in primo luogo sgombrare il campo dai richiami fatti dalle originarie convenute alla giurisprudenza comunitaria.

5a        Il primo Giudice ha già spiegato con chiarezza le ragioni per le quali la difesa della legittimità dell’affidamento in discussione non può giovarsi della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 9 giugno 2009 in causa C-480/06, resa in relazione ad una fattispecie ben diversa da quella qui sub judice.

Allora la città di Amburgo aveva concluso, con quattro Landkreise della Bassa Sassonia, un contratto in virtù del quale la prima si impegnava a smaltire i rifiuti dei secondi presso l’impianto di termovalorizzazione a sua disposizione. E la Corte, con la propria pronuncia, si è espressa soltanto sulla legittimità di un tale accordo, e non sul rapporto tra la città di Amburgo ed il soggetto privato gestore dell’impianto di termovalorizzazione (cfr. il par. 31 della sua sentenza).

Quanto a quest’ultimo, inoltre, il T.A.R. ha bene osservato come dalla lettura della sentenza si desuma che la città di Amburgo aveva affidato la gestione dell’impianto di trattamento dei rifiuti per l’intera capacità del relativo termovalorizzatore, prevedendo cioè sin dall’origine quale oggetto del servizio anche lo smaltimento dei rifiuti provenienti dai quattro Landkreise (par. 38). Sicché nella vicenda non si era verificata un’estensione ai Landkreise di un servizio originariamente affidato per la sola città di Amburgo, bensì l’indizione di una gara avente ad oggetto sin dall’inizio la gestione dei rifiuti prodotti, oltre che nel capoluogo, anche nei Landkreise.

Ad integrazione di quanto precede non è superfluo sottolineare, infine, come nell’occasione la Corte fosse pervenuta ad una valutazione positiva dell’accordo sottoposto al suo esame dopo avere constatato che lo stesso “non prevede né pregiudica l’aggiudicazione degli appalti eventualmente necessari per la costruzione e la gestione dell’impianto di trattamento dei rifiuti” (par. 44), e dopo essersi puntualmente richiamata al principio della parità di trattamento degli interessati di cui alla direttiva 92/50, con la conseguente necessità che nessun impresa privata venga “posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti” (par. 47).

5b        Il Giudice di prime cure ha pure rammentato che la Corte di Giustizia, più di recente (Grande sezione, 19 dicembre 2012, C-159/11), con riferimento ad un’ipotesi di accordo tra Amministrazioni pubbliche italiane, ha enunciato il seguente principio: «il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici osta ad una normativa nazionale che autorizzi la stipulazione, senza previa gara, di un contratto mediante il quale taluni enti pubblici istituiscono tra loro una cooperazione, nel caso in cui […] tale contratto non abbia il fine di garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune agli enti medesimi, non sia retto unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico, oppure sia tale da porre un prestatore privato in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti» (con la contestuale precisazione, vale ricordarlo, che i contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico loro comune possono sottrarsi all’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici soltanto qualora tutti i suddetti criteri siano soddisfatti: cfr. il par. 36 della sentenza).

Lo stesso T.A.R. ha fatto indi notare che nella fattispecie dell’odierno giudizio sussisteva l’ultima delle condizioni ostative indicate, poiché, in nome del preesistente accordo tra i Comuni consorziati ex art. 31 del d.lgs. 267/2000, il contratto precedentemente stipulato tra alcuni di essi e l’appaltatore era stato esteso ad altri enti consorziati, originariamente non destinatari del servizio, così ponendo appunto il privato in una condizione di indebito vantaggio rispetto alle imprese concorrenti, in violazione delle regole sull’evidenza pubblica.

5c        Vale infine osservare che il quadro della giurisprudenza comunitaria in materia si è arricchito, da ultimo, con la decisione della Quinta Sezione della stessa Corte del 13 giugno 2013 (causa C 386/11), in cui i principi dianzi esposti sono stati ribaditi.

5d        La Sezione, per le ragioni illustrate, deve quindi confermare che la giurisprudenza comunitaria non offre alcuna copertura all’affidamento in discussione per il mero fatto del suo ricollegarsi ad una forma di cooperazione tra enti pubblici. Semmai, proprio i principi ribaditi dalla giurisprudenza appena passata in rassegna (e segnatamente quello per cui i contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di un servizio pubblico loro comune possono sottrarsi al diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici solo alla condizione – tra le altre - di non porre un prestatore privato in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti) valgono nel senso di orientare la decisione della presente controversia, come si vedrà, verso l’illegittimità dell’affidamento.

5e        Né giova richiamare in senso contrario le decisioni di questa Sezione nn. 8059/2010 e 5495/2011. Con queste è stata infatti esaminata una problematica giuridica distinta, trattandosi allora di stabilire se, in un altro contesto (dove un gruppo di Comuni, affiancatosi ad un primo nucleo di enti - avente quello di Lanusei a capofila - che aveva stipulato una convenzione e indetto una gara, aveva in seguito aderito alla relativa convenzione, approvando il capitolato d’oneri e l’accordo per la gestione del servizio interessato), gli atti aggiuntivi intervenuti integrassero o meno un “affidamento diretto”, e quindi un’illegittima partecipazione dell’impresa beneficiaria ad altra gara ai sensi dell’art. 23-bis del decreto-legge 23 giugno 2008, n. 112. E la Sezione, avuto riguardo alla specificità della relativa vicenda, ha concluso nel senso che non si potesse parlare, in tal caso, “di un’ipotesi di affidamento diretto ma di accordo organizzativo tra enti, il quale non rientra nell’ambito di applicazione del divieto delineato dal citato art. 23-bis”.

Da ciò la non sovrapponibilità delle materie del rispettivo contendere.

6          L’affidamento oggetto del corrente giudizio è stato giustificato, come si è visto, richiamando, da un lato, la clausola del capitolato speciale, parte integrante del contratto sottoscritto tra CISA e CNS, che prevedeva la possibilità di una successiva estensione dell’oggetto dei servizi, mediante adesione dei Comuni che in futuro ne avessero fatto richiesta; dall’altro, la previsione dell’art. 57, comma 5, lett. a), del Codice dei contratti pubblici, per l’affidamento di servizi complementari mediante procedura negoziata senza previa indizione del bando.

6a        Con riferimento alla prima di tali due giustificazioni, la Sezione non può non condividere le ragioni che hanno indotto il Giudice locale ad escludere che la suddetta clausola di estensione, stante la sua indeterminatezza, potesse sorreggere l’affidamento oggetto di scrutinio.

La clausola risulta difatti indeterminata tanto sotto il profilo della sua portata soggettiva (gli enti pubblici che avrebbero potuto avvalersene) quanto rispetto a quello del valore economico della ventilata estensione, con il risultato finale, ben colto dal T.A.R., della sua idoneità “a dar luogoad una serie indefinita di affidamenti diretti, senza alcun termine di riferimento sotto il profilo dell’ammontare economico e della entità del servizio con evidente violazione delle norme in materia di evidenza pubblica, nonché del principio comunitario di concorrenza.”

6b        Per quanto riguarda la portata soggettiva della clausola, il capitolato a base della gara stabiliva, nel suo art. 1, che il servizio del cui affidamento si discute avrebbe dovuto essere prestato “nei comuni richiedenti tale servizio e in quelli che eventualmente lo richiederanno”.

L’appellante non sviluppa censure specifiche avverso l’enunciazione di principio che gli enti pubblici contemplati dalla clausola di estensione avrebbero dovuto essere determinati, ossia trovare nella stessa clausola un’identificazione certa.

6b1      Assume, però, che la portata soggettiva della clausola non sarebbe stata generica, come ritenuto dal primo Giudice, poiché la clausola medesima non avrebbe potuto essere intesa, in realtà, se non come applicabile – unicamente - agli altri Comuni consorziati.

Una simile lettura non trova tuttavia riscontro nella formulazione del capitolato, che è del tutto ampia quanto, appunto, generica.

Si deve poi tenere adeguato conto del fatto che lo Statuto del CISA, all’art. 3, nell’enumerare le funzioni ed i servizi affidabili al Consorzio, proprio con riferimento al servizio di cui si tratta (comma 1, lett. c) ammetteva che lo stesso avrebbe potuto essere prestato “per i Comuni consorziati e per quelli che ne facciano richiesta” (cfr. del resto anche il comma 5 dello stesso articolo), così attribuendo all’azione del Consorzio nel settore una possibilità di proiezione esterna tendenzialmente illimitata.

Orbene, questa lata previsione statutaria non può mancare di riflettersi sull’interpretazione della clausola del capitolato in rilievo – peraltro, già ex se quanto mai ampia - imponendo perciò di ricusare l’interpretazione propostane da parte appellante.

6b2      Né la parte può essere seguita allorché assume che la clausola, in omaggio al principio di conservazione, avrebbe dovuto comunque essere ricondotta entro i confini della più ristretta interpretazione che è stata qui appena disattesa. La ragione prima, infatti, dell’invalidità della clausola, che la rende inidonea a giustificare l’affidamento, risiede nella sua indeterminatezza: e poiché tale vizio la investe integralmente, non può che inficiarla irrimediabilmente in toto.

6c        Il primo Giudice ha fondatamente censurato il capitolato speciale anche per la mancanza di sufficienti previsioni in ordine ai contenuti economici della pur ventilata estensione del servizio.

L’adesione di nuovi Comuni era prevista dall’art. 13 del capitolato quale causa di variazione del canone di appalto convenuto, da determinare comunque “sulla base dei prezzi stabiliti nel presente capitolato”.

Ora, con il presente appello si fa appunto leva sulla circostanza che la lex specialis prevedeva pur sempre dei prezzi unitari, cui il citato art. 13 attribuiva valore di parametro per l’adeguamento del canone in caso di adesione di nuovi enti. E viene ricordato che i detti prezzi unitari erano stati puntualmente applicati da CISA e CNS, in concreto, per determinare i costi del servizio nel Comune di Serramanna.

Il fatto è, però, che l’esistenza dei suddetti prezzi unitari non toglie che la clausola estensiva di cui si tratta lasciasse del tutto indeterminato il valore economico complessivo delle estensioni contrattuali da essa prefigurate.

Il valore dei servizi oggetto dell’eventuale estensione non era stato, infatti, in alcun modo preventivamente stabilito (come confermano i docc.ti 9-12 della produzione del CISA), diversamente da quanto era avvenuto per i servizi specificamente messi in gara.

La lex specialis non offriva indicazioni in ordine alle consistenze che l’affidamento avrebbe potuto assumere in virtù della successiva adesione di nuovi Comuni, essendo essa carente di termini di riferimento non solo sotto il profilo dell’ammontare economico, ma anche sotto quello dell’entità oggettiva del servizio da assicurare nei bacini territoriali teatro dell’eventuale estensione.

Sicché non è condivisibile l’assunto di parte appellante che le imprese interessate alla gara del 2011 sarebbero state in grado di conoscere perfettamente, ex ante, sia i possibili margini di variazione del servizio che sarebbero derivati dall’estensione a nuovi Comuni, sia le corrispondenti variazioni del compenso contrattuale che la stessa estensione avrebbe implicato.

Come è stato obiettato, già l’indeterminatezza del numero e dell’identità dei Comuni autorizzati all’adesione valeva a rendere indeterminato l’ammontare economico dell’appalto, sancendo la possibilità di un suo imprecisato incremento. D’altra parte, il capitolato della gara del 2011, non identificando i termini e connotati dell’eventuale estensione, non offriva alcun dato atto a far comprendere la portata delle dimensioni del servizio che avrebbe dovuto essere disimpegnato presso i Comuni eventuali aderenti, e quindi la misura dell’impegno che la loro adesione avrebbe richiesto (sì da permettere alle imprese di decidere su basi razionali se partecipare alla gara, e a quali condizioni economiche). Senza dire, infine, che la possibilità che venissero condotte trattative individuali, in merito a tutto ciò, da parte dei singoli enti, amplificava ulteriormente l’incertezza già messa in risalto.

6d        In definitiva, sebbene una clausola estensiva quale quella in esame in tanto possa essere ammessa, in quanto soddisfi i requisiti, in primis di determinatezza, prescritti per i soggetti e l’oggetto della procedura cui essa accede, la disciplina del caso concreto manca di dare una sufficiente definizione dell’oggetto “aggiuntivo” del contratto - ossia, dell’incremento di commessa e, di riflesso, di canone - suscettibile di scaturire dalle adesioni da essa contemplate, con evidente violazione delle norme dell’evidenza pubblica e dei principi comunitari di libera concorrenza, trasparenza e pubblicità.

Si conferma allora fondato il rilievo dell’originaria ricorrente che la logica sottesa ai provvedimenti impugnati avrebbe consentito all’impresa vincitrice di una sola gara di rendersi per ciò stesso affidataria diretta di una serie potenzialmente illimitata di servizi.

Ne consegue che la clausola della quale ci si è occupati non è in grado di offrire alcuna giustificazione giuridica all’affidamento oggetto d’impugnativa.

La gara a suo tempo svolta, in altre parole, può sorreggere l’affidamento del servizio al suo vincitore solo entro l’ambito del bacino territoriale ab origine delimitato dalla lex specialis (v. l’art. 2 capitolato). Ogni affidamento all’esterno di tale area, invece, integra un affidamento estraneo alla precedente procedura e quindi nuovo, la cui legittimità richiede di essere autonomamente valutata alla luce del Codice.

7          Per quanto precede, non potendo l’affidamento in causa trovare giustificazione nella clausola di estensione della quale si è detto, non resta che da verificare se lo stesso possa rinvenire il proprio fondamento nell’art. 57 del Codice (non essendo consentito estendere il catalogo delle tassative ipotesi in cui la legge ammette il ricorso alla trattativa privata).

7a        In proposito, dagli atti si evince che il CISA, nel disporre l’affidamento, ha inteso fare applicazione proprio della previsione della lett. a) del comma 5 del predetto articolo (in tal senso depongono, in particolare, i docc.ti 8 e, soprattutto, 13 della sua produzione di prime cure). Va pertanto disatteso l’assunto dell’appellante che l’Amministrazione avesse richiamato all’uopo il detto comma 5 nella sua interezza, e con ciò anche, quindi, la sua lett. b).

7b        Ciò posto, è evidente come il legale di parte appellante non possa essere ammesso a modificare la motivazione spesa dall’Amministrazione, e segnatamente il titolo giuridico da essa posto a base dell’affidamento in contestazione, sostituendo la lett. b) del comma 5 alla lett. a) di cui il CISA ha fatto invece applicazione (come la sua difesa ha del resto confermato anche in questa sede: cfr. la pag. 6 della sua memoria).

7c        Né ha pregio l’addebito di ultrapetizione mosso al primo Giudice.

L’appellante ha riferito la propria doglianza all’affermazione giudiziale dell’insussistenza in concreto delle condizioni per l’applicazione della lett. a), comma 5, art. cit., considerazione che il T.A.R. avrebbe fatto inammissibilmente d’ufficio, in carenza di una corrispondente censura dell’originaria ricorrente.

In contrario va però osservato che nei motivi aggiunti di primo grado una censura siffatta poteva giudicarsi inclusa (pur se dedotta senza approfondimenti), in quanto la SITEK, nel dedurre che quello conferito dal CISA era un servizio radicalmente nuovo che avrebbe richiesto una nuova gara ad evidenza pubblica, aveva anche contestato con chiarezza la configurabilità della generalità delle condizioni contemplate dall’art. 57 (“Si rammenta, invero, che l’art. 57 del codice … consente ad una stazione appaltante di affidare un appalto mediante procedura negoziata senza pubblicazione di bando …in presenza di determinati e precisi presupposti, nessuno dei quali, tuttavia, sussiste nel caso di specie”) : contestazione la quale non poteva non essere esaminata dal T.A.R. anche alla luce del fatto che l’affidamento impugnato si basava, come si è detto, proprio sul comma 5, lett. a), dello stesso articolo.

7d        Tutto ciò posto, non occorrono molte parole per lumeggiare l’arbitrarietà della qualificazione del servizio in controversia in termini di complementarità, come sarebbe occorso ai fini della suddetta lett. a), trattandosi di un servizio della stessa tipologia di quello dedotto ab origine in contratto, e non di una prestazione distinta suscettibile di essere letta in chiave completiva della precedente. E parimenti evidente è l’improponibilità dell’idea che la necessità del preteso “servizio complementare” fosse scaturita da una “circostanza imprevista”.

Onde la sentenza in epigrafe merita conferma anche da questa angolazione.

8          Per le ragioni esposte, in conclusione, l’appello risulta infondato e deve essere respinto (cfr. del resto C.d.S., V, 13 novembre 2009, n. 7103, nel senso che l'adesione postuma da parte di un'Amministrazione pubblica agli esiti di una procedura di gara alla quale sia risultata estranea, indetta sulla scorta di una convenzione alla quale non aveva aderito, integra violazione dei principi generali di evidenza pubblica di derivazione comunitaria e di stampo nazionale, che impediscono l'affidamento di una fornitura senza una procedura individuale o collettiva di cui sia stato parte, formalmente e sostanzialmente, il soggetto affidante).

Data la peculiarità della fattispecie, si rinvengono però ragioni tali da giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali del presente grado.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese processuali del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe,          Presidente

Manfredo Atzeni,       Consigliere

Sabato Malinconico,   Consigliere

Nicola Gaviano,         Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero,     Consigliere

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/02/2014

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici