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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco - Primo Presidente Aggiunto f.f. -
Dott. RORDORF Renato - Presidente di Sez. -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere -
Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AVVENIRE Società a responsabilità limitata ((OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall'Avvocato LORUSSO Felice Eugenio, presso lo studio del quale in Roma, via Cola di Rienzo n. 271, è elettivamente domiciliata;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI TREPUZZI, in persona del Sindaco pro tempore;
- intimato -
per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 1159, depositata il 28 febbraio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 28 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito l'Avvocato Felice Eugenio Lorusso;
sentito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Fatto
Il Comune di Trepuzzi, con Delib. 13 febbraio 1995, n. 83, aggiudicava in via definitiva alla Coopertativa Avvenire a r.l., in A.T.I. con la Cooperativa Medusa, il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e il relativo contratto prevedeva che il canone annuo sarebbe stato assoggettato a mutamenti in revisione a partire dal secondo anno, con le modalità di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 44.
Nel corso del rapporto l'A.T.I. affidataria presentava note annuali chiedendo la revisione del canone per l'aumento dei prezzi verificatosi anno per anno, e ciò sino alla scadenza del rapporto avvenuta il 20 ottobre 2002, e quantificando il credito complessivo, di cui chiedeva il pagamento, nell'importo degli aumenti maturati nel periodo 1 marzo 1997 - 19 ottobre 2002, per un totale di Euro 203.102,26, IVA compresa.
Nell'inerzia della P.A. la Cooperativa Avvenire proponeva ricorso al TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, che lo accoglieva con sentenza depositata il 28 ottobre 2004, riconoscendo non solo il diritto della ricorrente a vedersi riconosciute le maggiorazioni dovute per il servizio di smaltimento prestato, ma anche ritenendo necessario che il Comune di Trepuzzi si adoperasse per eliminare la norma contenuta nel capitolato speciale (art. 12) che prevedeva il riconoscimento della revisione solo se eccedente l'alea del 10%.
Il TAR riteneva viziata la detta clausola da nullità assoluta originaria per contrasto con il dettato normativo di cui alla L. n. 537 del 1993, art. 6, comma 4, come sostituito dalla L. n. 724 del 1994, art. 44, comma 1, che in materia di revisione prezzi impone, anche nel caso di diversa pattuizione convenuta tra le parti a mezzo di eventuali clausole difformi, la nullità di queste ultime (ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., comma 1).
Avverso questa sentenza proponeva appello il Comune di Trepuzzi, sostenendo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di obblighi di pagamento assunti con patti accessivi al rapporto di concessione.
Costituitosi il contraddittorio, il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con sentenza n. 1159 del 2012, ha declinato la giurisdizione in favore del giudice ordinario sul rilievo che si trattava di una controversia relativa ad un obbligo di pagamento a carico del Comune assunto con patti accessivi al rapporto e quindi rientrante nei casi di esclusione della giurisdizione del giudice amministrativo (art. 133, comma 1, lett. b, del codice del processo amministrativo).
Per la cassazione di questa sentenza la società "Avvenire s.r.l." ha proposto ricorso sulla base di un motivo.
L'intimato Comune di Trepuzzi non ha svolto difese.
Diritto
1. Con l'unico motivo di ricorso, la società ricorrente denuncia la violazione, da parte del Consiglio di Stato, delle norme in tema di riparto di giurisdizione (artt. 7 e 133, comma 1, lettera b, del codice del processo amministrativo; della L. n. 1034 del 1071, art. 5), nonchè eccesso di potere giurisdizionale.
Ad avviso della ricorrente, il Consiglio di Stato avrebbe errato nel ritenere pertinente il precedente costituito dalla sentenza n. 4488 del 2005 della medesima 5^ Sezione, atteso che in quel caso, a differenza di quello attuale, tra le parti era stato pattuito l'adeguamento automatico del canone sicchè non vi era spazio per interventi del potere discrezionale dell'amministrazione.
Nel caso di specie, invece, l'intervento discrezionale e autoritativo del Comune si rendeva necessario posto che il capitolato speciale di appalto andava modificato alla luce della L. n. 537 del 1993, art. 6, comma 4, come modificato dalla L. n. 724 del 1994, art. 44, norma imperativa che, imponendo la revisione prezzi anche in presenza di clausole difformi contenute nei contratti, aveva reso nulla la clausola che consentiva la revisione solo se eccedente l'alea del 10%.
Del resto, osserva la ricorrente, la esclusione dall'ambito della giurisdizione esclusiva delle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, non comportava affatto la previsione di una giurisdizione esclusiva del giudice ordinario in queste ultime ipotesi.
2. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Il Collegio ritiene, infatti, che la decisione del Consiglio di Stato qui impugnata resista alle censure proposte dalla ricorrente.
In proposito, ai fini della individuazione della normativa applicabile, occorre avere riguardo alla data di introduzione del presente giudizio (2003). All'epoca, la disciplina della revisione prezzi nei rapporti continuativi era contenuta nella L. n. 537 del 1993, art. 6, come modificato dalla L. n. 724 del 1994, art. 44, il quale, al comma 4, prevedeva che "tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6" e, al comma 6, devolveva alla giurisdizione amministrativa le controversie derivanti dall'applicazione del medesimo articolo.
Su tale disciplina ha inciso il D.Lgs. n. 80 del 1998, il quale, all'art. 33, stabiliva che "sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla L. 14 novembre 1995, n. 481" (comma 1), con la precisazione, al comma 2, che tali controversie erano, in particolare, quelle aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale (lett. e), e quelle riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona e delle controversie in materia di invalidità (lett. f).
Con sentenza n. 292 del 2000, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1, nella parte in cui istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi, anzichè limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, nonchè dei commi 2 e 3.
La L. n. 205 del 2000, art. 7, ha quindi sostituito il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, prevedendo, al comma, 1, la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla L. 14 novembre 1995, n. 481", e ribadendo, al comma 2, le disposizioni già contenute nelle lett. e) ed f), sopra richiamate.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 204 del 2004, ha poi dichiarato l'illegittimità del presente comma, come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, comma 1, lett. a), nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli" anzichè "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi (...)".
Tale assetto risulta sostanzialmente recepito dal codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104 del 2010) il quale, per quanto qui rileva, all'art. 133, comma 1, lett. c), dispone che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi (...)".
Nella giurisprudenza di questa Corte si è chiarito che in tema di riparto della giurisdizione in materia di concessione di pubblici servizi, anche alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, con la quale è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33 (come modificato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7), deve ritenersi principio pacifico che le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, non attratte nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo perchè riservate alla giurisdizione del giudice ordinario - secondo un criterio di riparto già presente nella L. n. 1034 del 1971, art. 5, comma 2, prima delle modifiche apportate dal citato art. 33, - sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, e cioè quelle nelle quali non venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali; ove, invece si realizzi detta ultima ipotesi, perchè la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sul rapporto sottostante, ovvero la verifica dell'esercizio di poteri discrezionali di cui essa gode nella determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo (Cass., S.U., n. 27333 del 2008; Cass., S.U. n. 20939 del 2011).
2.2. Nella specie, dall'esame degli atti, e segnatamente dalla sentenza di primo grado, emerge che il Comune di Trepuzzi aveva già riconosciuto, in favore della impresa richiedente, la revisione prezzi per gli aumenti verificatisi nel periodo 1 marzo 1996 - 31 agosto 1997. Emerge altresì che proprio sulla base delle valutazioni espresse dal Comune in ordine alla richiesta di revisione prezzi per l'indicato periodo, l'impresa ebbe a sollecitare il Comune al pagamento di una somma determinata (Euro 203.102,26) per il periodo ulteriore di svolgimento dell'attività di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani dal 1 gennaio 1998 alla cessazione del rapporto (19 ottobre 2002).
In realtà, come si desume dalla lettura degli atti, tutte le questioni che, secondo l'assunto della ricorrente, implicavano l'esercizio di potestà discrezionali in capo all'amministrazione, e che quindi avrebbero giustificato la devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, erano state risolte dalla prima delibera del Consiglio comunale n. 106 del 1997, che aveva, appunto, individuato le modalità di adeguamento del canone annuo in sostituzione della clausola nulla del capitolato, che prevedeva, come ricordato dalla ricorrente, una clausola limitativa del riconoscimento della revisione, illegittima perchè in contrasto con la L. n. 537 del 1993, art. 6, comma 4, come modificato dalla L. n. 724 del 1994 , art. 44.
In tale contesto, la giurisdizione in ordine alla richiesta di revisione concernente il canone dovuto per le annualità successive della concessione del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani correttamente è stata ritenuta dal Consiglio di Stato spettante al giudice ordinario, atteso che non erano più in discussione aspetti implicanti l'esercizio di potestà pubbliche, ma unicamente profili inerenti la quantificazione della revisione, già riconosciuta dalla pubblica amministrazione attraverso con il superamento delle clausole del capitolato che a detta revisione ponevano limiti.
Invero, deve ribadirsi che se, di norma, la previsione della revisione configura la posizione della parte concessionaria di un servizio pubblico o che riveste il ruolo di appaltatore di opere o servizi pubblici in termini di interesse legittimo (Cass. S.U., n. 9152 del 2009; Cass., S.U., n. 6016 del 2011), con conseguente devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo, tale devoluzione è configurabile sino al momento in cui il potere della pubblica amministrazione non sia stato esercitato, atteso che da tale momento la posizione del soggetto che detta revisione sollecita viene a configurarsi in termini di diritto soggettivo.
Questa Corte ha, del resto, affermato, con pronuncia emessa in relazione ad appalto di opera pubblica, ma applicabile anche nel caso di concessione di servizio pubblico, che "con riguardo alla revisione del prezzo degli appalti di opere pubbliche, la posizione dell'appaltatore - che è di norma tutelabile davanti al giudice amministrativo, configurandosi come interesse legittimo-acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile davanti al giudice ordinario, solo quando l'amministrazione abbia già adottato un espresso provvedimento attributivo o tenuto un comportamento tale da comportare implicito riconoscimento del relativo diritto. A tale ultimo fine è necessario un comportamento dell'organo deliberativo competente ad esprimere la volontà dell'ente che sia stato preceduto dall'esercizio positivo del potere discrezionale in ordine alla concessione della revisione".
Nella specie, come rilevato, nel rapporto continuativo intercorso tra l'impresa ricorrente e il Comune di Trepuzzi era appunto intervenuto un provvedimento amministrativo che detta revisione aveva riconosciuto.
3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, dovendosi dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario, dinnanzi al quale vanno rimesse le parti.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, non avendo il Comune intimato svolto attività difensiva.
PQM
La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; dichiara la giurisdizione dell'AGO, dinnanzi alla quale rimette le parti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 28 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria
il 29 maggio 2014
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