REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione Prima - ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 9117 del 2002 proposto da ACI Italia, in persona del legale rappresentante p.t., ACICONSULT CNP srl in persona del l.r.p.t. e la Compagnia Napoletana Parcheggi srl in persona del l.r.p.t., tutti rappresentato e difeso dall’ avvocato Paolo Di Martino, presso lo studio del quale domicilia in Napoli, Riviera di Chiaia n. 180,
CONTRO
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Edoardo Barone e Giuseppe Tarallo con i quali domicilia in Napoli Palazzo S. Giacomo,
e nei confronti di
ANM Azienda Napoletana Mobilità, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’av. Fiorenzo Liguori e dall’avv. Marina Terrana, domiciliata presso il primo in Napoli alla via del Parco Carelli n. 23,
per l’annullamento
delle deliberazioni del Consiglio Comunale n. 272 del 30 agosto 2002 aventi ad oggetto la costituzione di una società a responsabilità limitata tra il Comune di Napoli e l’ANM spa, ai sensi dell’art. 113 TUEL, così come formulato dall’art. 35 legge finanziaria del 2001, per la gestione di servizi complementari quali la sosta, gli impianti semaforici, i transennamenti, la segnaletica l’infomobilità e la rimozione dei veicoli in sosta d’intralcio e altri interventi contro la sosta vietata, e n. 273 del 30 agosto 2002 avente ad oggetto la integrazione della delibera di proposta al consiglio n. 1536 del 30.4.2002 e altri oggetti, nonché tutti gli atti presupposti e conseguenti, tra i quali delibera di G.C. 1535 del 30 aprile 2002 avente ad oggetto delibera di revoca Giunta n.2337 del 23 ottobre 2001, delibera di G.C. n. 1536 del 30.4.2002 avente ad oggetto la proposta al consiglio di costituire una s.r.l. tra il comune di Napoli e l’ANM, delibera di G.C. n. 2693 del 19.7.2002 di integrazione della delibera di proposta al consiglio n. 1536 del 30.4.2002.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Napoli e dell’Azienda Napoletana Mobilità;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 19 marzo 2003, il Dott. Sergio De Felice;
Uditi i difensori delle parti, come da verbale di causa.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente premette in fatto che, con convenzione n. 66238 del 14.4.1997, le veniva affidato dal comune di Napoli per quattro anni dal 1.2.1997 il servizio di gestione della sosta a pagamento su strade e piazze in zone residenziali e di particolare rilevanza urbanistica, e in zone a traffico limitato, nonché il servizio di gestione dei parcheggi pubblici di superficie e i 2000 posti di parcheggio realizzati dalla società Mededil presso il Centro Direzionale. All’art. 3 della convenzione veniva previsto l’obbligo dell’ACI di costituire una società quale gestore operativo e veniva garantito al comune di Napoli la cessione di almeno il 51% del capitale della costituenda società.
In data 24.4.1997 le società ACI Consult srl e CNP spa (partecipate e controllate integralmente dall’ACI, e poi fusesi tra di loro), costituivano, ai sensi dell’art. 3 suddetto, la “Compagnia Napoletana Parcheggi s.r.l.” (CNAP), alla quale veniva affidato il ruolo di gestore operativo.
Con delibera n. 929 del 15.3.2001 la Giunta Comunale proponeva il perfezionamento della cessione dal gruppo ACI al Comune di Napoli della quota di controllo della struttura operativa CNAP.
Con delibera n. 38 dell’8 aprile 2001 veniva prorogata la convenzione ACI Comune di Napoli al 31.10.2001.
Con delibera di G.C. n. 2337 del 23.10.2001 veniva proposta al Consiglio Comunale l’acquisizione a titolo gratuito della quota di controllo operativo della sosta CNAP srl.
Con delibera di G.M. 2339 del 23.10.2001 la convenzione veniva prorogata al 30 aprile 2002.
Con la delibera di G.C. 1535 del 30 aprile 2002 la Giunta comunale riteneva di voler costituire una nuova società tra il comune di Napoli e l’ANM spa e con delibera in pari data n. 1536 si proponeva al consiglio comunale la costituzione di una s.r.l. ai sensi dell’art. 113 bis del TUEL.
Con delibera n. 1537 la convenzione con l’ACI veniva prorogata al 30.9.2002.
Con delibera di G.C. n. 2693 del 19.7.2002 la Giunta integrava la delibera di proposta al Consiglio n. 1536 del 30.4.2002 e il Consiglio comunale, con delibera n. 272 del 30.8.2002 approvava la proposta della Giunta comunale, manifestando la volontà di costituire una società mista alla quale affidare il predetto servizio.
Avverso gli atti impugnati il ricorrente deduce i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.
Si deduce che il comune ha affidato alla nuova società, partecipata al dieci per cento dal comune e al novanta per cento dall’Azienda Napoletana Mobilità, il servizio a trattativa privata, applicando erroneamente la normativa sui servizi sociali, tra i quali non rientrano certamente quelli affidati nella specie, dovendosi ritenere che solo i servizi sociali siano i servizi non industriali, secondo l’art. 113 bis del TUEL, come formulato dalla legge finanziaria del 2001.
Si deduce la illegittimità di un affidamento diretto alla nuova società mista e la scelta del partner privato senza procedure ad evidenza pubblica, essendo principio pacifico che, anche nella ipotesi in cui si ritenesse il servizio di parcheggio pubblico rientrante nei servizi sociali, come si contesta, la scelta del socio privato dovrebbe avvenire secondo i principi generali.
Si deduce inoltre che la scelta del nuovo gestore è immotivata e contraddittoria, oltre che in violazione dell’art. 7 L.241/1990, in quanto la ricorrente non ha ricevuto comunicazione dell’avvio dei procedimenti di revoca delle delibere n. 929/01 e 2337/01.
L’Azienda Napoletana Mobilità si è costituita con memoria nella quale ha eccepito la tardività del ricorso, in quanto la volontà di costituire la società era stata adottata con delibera in data 30 aprile 2002; nel merito chiede il rigetto del ricorso.
Il comune di Napoli si è costituito ribadendo la legittimità del suo operato e chiedendo il rigetto del ricorso.
DIRITTO
E’ da respingere la eccezione di tardità, in quanto la delibera di Giunta Municipale del 30 aprile 2002, di proposta di costituzione di società mista, assume valenza di atto endoprocedimentale rispetto alla impugnata delibera del Consiglio comunale del 30 agosto 2002, esprimente la volontà di costituzione della predetta società.
Con il primo motivo di censura la ricorrente lamenta violazione di legge, in quanto a mezzo dell’affidamento diretto del servizio pubblico alla nuova società, deciso con la delibera impugnata, il comune ha applicato in maniera errata la normativa in tema di affidamento di servizi privi di rilevanza industriale, introdotta con l’art. 35 della legge n. 448/2001.
Con altro motivo di censura si deduce che, anche ritenendo applicabile la normativa di favore dei servizi privi di rilevanza industriale (in sintesi, ritenendo necessarie le procedure di evidenza pubblica solo per la scelta del partner privato e non anche per la scelta dell’affidamento del servizio, come in caso di servizi di rilevanza industriale), è illegittimo l’affidamento ad una società partecipata per grande maggioranza da un partner privato e scelto senza le procedure di evidenza pubblica.
Le censure sono fondate.
In primo luogo occorre osservare che l’art. 35 della legge 448 del 2001, che ha modificato l’art. 113 del TUEL, prescrive che la erogazione del servizio pubblico di rilevanza industriale avviene con conferimento della titolarità del servizio a società di capitali (non necessariamente miste) da individuarsi attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica (comma 5 nuovo art. 113).
L’art. 35 suddetto, al comma 15, introduce la disciplina per i servizi pubblici privi di rilevanza industriale, prevedendo che la gestione avvenga mediante affidamento diretto anche a (v. lett. c) società di capitali costituite o partecipate dagli enti locali, regolate dal codice civile.
La nuova disciplina prevede infatti la necessità delle procedure per la scelta dell’altro contraente, in generale, per i servizi industriali, già al momento dell’affidamento del servizio, per la individuazione del soggetto gestore, non accontentandosi della concorrenzialità, eventualmente, soltanto al momento della scelta del socio privato, in caso di affidamento a società mista.
Pertanto, ai fini della individuazione della disciplina applicabile, è preliminare distinguere i servizi di rilevanza industriale da quelli privi di rilevanza industriale. Si deve rilevare al riguardo che se è vero che il medesimo art. 35, al comma 16, prevede che il Governo debba adottare le disposizioni necessarie per la individuazione dei servizi di rilevanza industriale, non sembra al collegio che l’emanazione di regolamenti esecutivi ed attuativi statali, secondo un riparto di competenza regolamentare della cui costituzionalità peraltro si dubita alla luce del nuovo Titolo V parte seconda della Costituzione, condizioni la efficacia della nuova disciplina, e ciò sia in relazione alla sostanziale completezza della normativa primaria sia in considerazione dell’origine di tale normativa.
Il Collegio non può esimersi dall’osservare infatti che la nuova disciplina dell’art. 35 L.448/2001 deriva dalla procedura d’infrazione 1999/2184 della Commissione Europea nei confronti dell’Italia, che ha ritenuto che le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali previste dall’art. 22 L.142/1990, e in particolare dalla lettera e), fossero in contrasto con i principi di parità di trattamento, di trasparenza, di non discriminazione e di concorrenza.
Le contestazioni comunitarie in verità non hanno risparmiato neanche la nuova disciplina, visto che la Commissione in data 26.06.2002 ha inviato al Governo italiano, una nuova lettera di costituzione in mora per incompatibilità anche dell’articolo 35 con le direttive comunitarie in materia. In sostanza la Commissione ha ritenuto che l’affidamento diretto sia la eccezione e non la regola, e possa avvenire solo nelle ipotesi derogatorie previste dal Trattato, e sono messi in dubbio gli affidamenti diretti della gestione delle reti, così come la estensione della categoria dei servizi privi di rilevanza industriale, la cui disciplina prevederebbe una minore tutela dei principi della concorrenza.
In sostanza la nuova disciplina nazionale ha anticipato la soglia della necessità del rispetto della concorrenza già al momento di affidamento del servizio, consentendo deroghe al principio generale soltanto in via eccezionale, secondo le previsioni degli Stati membri.
Poiché la regola generale, prevista dall’art. 86 del Trattato UE è che le imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale sono sottoposte alle regole della concorrenza nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento in diritto o in fatto della missione o funzione loro affidata, una deroga nel senso di consentire agli stati membri liberamente il tipo di politica e organizzazione da seguire, può consentirsi soltanto in casi ristretti che si pongono come eccezione al principio generale dell’affidamento su gara.
In questo quadro non appare determinante la definizione della nozione di “industrialità” e in particolare non può, agli scopi rappresentati, e secondo la interpretazione imposta dalla supremazia del diritto comunitario, ritenersi che il requisito della industrialità, (tale è invece il suo senso per lo studioso del diritto commerciale), vada riferito alla trasformazione fisica della materia (art. 2195 c.c.).
Va invece incentrata l’analisi sulla definizione dell’area dei servizi di natura sociale. Ebbene tale area coincide con i servizi di interesse generale le cui funzioni sono principalmente solidaristiche (mense, asili nido, biblioteche, beneficenza pubblica, assistenza sanitaria volontaria, ecc.), consistenti, secondo la definizione datane dall’articolo 128 comma 2 del D.Lgs.112/1998, in quelle <<attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia>>.
Tali servizi, di solito, non realizzano profitti e non si prefiggono di svolgere attività per scopo di lucro (rectius, economica o industriale).
Pertanto, non rientrano, secondo la interpretazione che deriva dal contesto in cui è sorta la nuova disciplina, in questa categoria, i servizi pubblici di parcheggio e in genere quelli in questione (sosta, impianti semaforici, transennamenti, segnaletica, rimozione), che appartengono piuttosto alla tipologia di quelli economico produttivi o industriali, tra i quali vanno ricompresi per esempio il servizio postale, telefonico, ferroviario, elettrico, radiotelevisivo.
Alla stregua di tali considerazioni, è illegittimo l’affidamento diretto del servizio della gestione dei parcheggi e della sosta ad una società di capitali, seppure mista a partecipazione anche comunale, in quanto in tal modo sono violate le regole della concorrenza nella scelta dell’affidatario, prima che nella scelta del partner privato.
Nella specie, infatti, trattasi di affidamento a società costituita in parte dal comune di Napoli e in parte dall’ANM, proveniente da azienda speciale e costituita in società di capitali allo stato attuale interamente in mano del comune di Napoli.
Per completezza, deve osservarsi che, come ha dedotto il ricorrente nella seconda censura, nella specie l’affidamento del servizio è avvenuto direttamente a società a partecipazione minoritaria del comune, e anche il partner privato (Azienda Napoletana Mobilità, partner al novanta per cento), è soggetto formalmente privato, seppure di partecipazione totalitaria pubblica perché del medesimo comune.
Tale ultimo dato, il controllo interamente comunale del partner di maggioranza, non deve però fare trascurare il dato formale del mancato rispetto delle regole della concorrenza anche nella scelta del partner privato, socio al novanta per cento.
Pertanto, anche ove si volesse ritenere applicabile la disciplina in parte derogatoria dei servizi non industriali o sociali (nuovo art. 113 bis TUEL), come invece deve preferibilmente escludersi, la deroga può valere per il segmento dell’affidamento, del rapporto cioè tra ente pubblico e soggetto gestore, ma non anche per il segmento della scelta del partner privato che, secondo i principi giurisprudenziali affermatisi nella vigenza del regime precedente, deve rispettare le regole di evidenza pubblica (nel senso della necessità della gara per la scelta del partner privato, tra tante v. sentenza C. Stato, VI, 1 aprile 2000, n.1885).
Si considerano assorbiti gli altri motivi di censura attinenti al difetto di motivazione e di comunicazione.
Le considerazioni che precedono impongono l’accoglimento del ricorso nei sensi indicati in motivazione.
La condanna al pagamento delle spese di giudizio segue in parte la soccombenza; esse sono liquidate nell’importo in dispositivo fissato. In parte, nei confronti del controinteressato, si ritiene che sussistano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione I, accoglie il ricorso indicato in epigrafe. Condanna il comune di Napoli al pagamento a favore del ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in complessivi euro tremila, comprensivi di spese, diritti ed onorari. Compensa per il resto nei confronti del controinteressato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nelle camere di consiglio del 19 e del 27 marzo 2003, con l’intervento dei Magistrati:
Dott. Giancarlo Coraggio Presidente
Dott.Luigi Domenico Nappi Componente
Dott. Sergio De Felice Componente,est.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 30 aprile 2003
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