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Consiglio di Stato, Sez. V, 9/5/2003 n. 2457
Sulla funzione del bando di gara e del capitolato speciale.

Il bando di gara e il capitolato speciale assolvono una funzione di disciplina speciale della singola procedura concorsuale, il primo determinando l'oggetto, i criteri di aggiudicazione e le altre modalità di svolgimento della gara nonché le norme speciali applicabili nel caso di specie, il secondo definendo nel dettaglio gli obblighi delle parti ed in particolare quelli dell'aggiudicatario.

Materia: appalti / bando di gara

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6533/2002 proposto dalla Pellegrini s.p.a in persona del suo legale rappresentante rappresentata e difesa dagli avv. ti Massimiliano Brugnoletti e Vincenzo Avorio ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Via Bertoloni n. 26/B;

 

contro

la Gemeaz Cusin s.r.l. e la Serist s.p.a., in persona dei legali rappresentanti, in Associazione di imprese, rappresentate e difese dagli avv.ti Giustino Ciampoli, Maurizio Boifava e Ugo Ferrari ed elettivamente domiciliate presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Pier Antonio Micheli n. 78,

 

e nei confronti

della Azienda Ospedaliera “Istituti Clinici di Perfezionamento” in persona del suo legale rappresentante rappresentata e difesa dagli avv. ti Enrico Romanelli e Rocco Mangia, ed elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giulio Cesare n. 14, presso lo studio del primo;

dell’Ospedale Maggiore di Milano non costituitosi;

 

per l'annullamento

della sentenza n. 2661/2002 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione quinta;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Società appellate e dell’Azienda Ospedaliera “Istituti Clinici di Perfezionamento” ed i ricorsi incidentali proposti da entrambe le parti costituite;

Vista l’ordinanza n. 3577/2002 con la quale è stata accolta la domanda di sospensione della sentenza appellata;

Visto il dispositivo di sentenza n. 36 del 28.01.2003;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il cons. Goffredo Zaccardi;

Uditi alla pubblica udienza del giorno 28 gennaio 2003 gli avv.ti Brugnoletti, Romanelli e V. Ferrari.

 

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

1) Dati per noti i fatti di causa per come rappresentati analiticamente nelle memorie delle parti, appare utile al Collegio, per una migliore comprensione della questione posta con l’appello qui in esame, precisare alcune circostanze di fatto: a) con deliberazione n. 97 del 13 febbraio 2001 gli Istituti Clinici di Perfezionamento (ICP) hanno indetto una gara per appalto concorso ai sensi dell’art. 6, comma primo , lett. c) del D. Lvo 17 marzo 1995 n. 157(157/95) per l’affidamento, per un periodo di cinque anni, del servizio di ristorazione occorrente ai due presidi ospedalieri di via Commenda n. 12 e di via Castelvetro n. 32. L’appalto era comprensivo dei lavori di ristrutturazione dei locali e degli impianti nonché di riqualificazione tecnologica delle attrezzature macchinari ed arredi. Nel presidio ospedaliero di via Commenda dovevano, altresì, essere prodotti anche i pasti per l’Ospedale Maggiore di Milano con sede in via Sforza n. 28; b) il bando di gara, del 3 marzo 2001 al punto 3) ha individuato come oggetto della gara il servizio di ristorazione presso i presidi ospedalieri suindicati comprensivo “dei lavori di ristrutturazione in entrambi i presidi ospedalieri, dei locali attualmente adibiti al servizio” nonché di riqualificazione tecnologica degli impianti, attrezzature ed arredi. Lo stesso bando ha indicato come criterio di aggiudicazione quello contemplato dall’art. 23, comma primo, lett. b) del D.Lvo 157/95 senza peraltro indicare che erano ammesse varianti al progetto dell’Amministrazione e con quali requisiti minimi, a tenore dell’art. 24, commi primo e secondo, del ripetuto D.Lvo 157/95; c) il capitolato speciale adottato per la gara di cui trattasi nel punto III “modalità di realizzazione del servizio “all’art. 1, lett. a), recante gli obblighi a carico delle ditte partecipanti ha precisato che la” ditta appaltatrice dovrà provvedere a proprie cura e spese: alla ristrutturazione adeguamento dei locali e impianti attualmente destinati al servizio ristorazione nonché alla riqualificazione tecnologica delle attrezzature macchinari arredi utensileria varia e, in genere, a tutto quanto occorrente per l’espletamento del servizio, dei due presidi ospedalieri “L. Mangiagalli” di via Commenda 12 e “V. Buzzi” di via Castelvetro 32 ove hanno sede i due centri di cottura”, d) il progetto preliminare predisposto dall’Amministrazione individua le aree con riferimento a due tavole recanti lo stato di fatto determinando così dimensionalmente (per complessivi 2.165 mq. secondo le valutazioni di parte appellante) l’area su cui dovevano essere realizzati i lavori di ristrutturazione e gli altri interventi richiesti.

2) Sulla base di questi elementi di fatto risultanti documentalmente il Collegio ritiene che nel caso di specie non è dubbio che l’Amministrazione appaltante abbia inteso escludere varianti in ordine alla dimensione delle aree sottoposte alla ristrutturazione indicata dalla stessa Amministrazione nel progetto preliminare predisposto per la gara di cui trattasi. E’ decisiva in proposito la circostanza che sia il bando di gara che il capitolato speciale siano stati univoci nell’indicare che i locali da ristrutturare erano quelli adibiti al servizio al momento di indizione della gara e non altri. I due atti qui ricordati assolvono una funzione di disciplina speciale della singola procedura concorsuale, il primo determinando l’oggetto, i criteri di aggiudicazione e le altre modalità di svolgimento della gara nonché le norme speciali applicabili nel caso di specie, il secondo definendo nel dettaglio gli obblighi delle parti ed in particolare quelli dell’aggiudicatario. Stante la formulazione sullo specifico aspetto che qui interessa dei due provvedimenti fondamentali di disciplina della gara in esame si deve ritenere che le altre indicazioni contenute negli atti di gara, nei quali non è stata ripetuta la precisazione in ordine alla necessità di riferire le ristrutturazioni ai soli locali già adibiti al servizio di ristorazione, non siano significative di una volontà diversa ma semplicemente espressivi in modo sintetico della stessa nozione fatta propria dall’Amministrazione con il bando di gara e con il capitolato speciale.

Alla stregua di queste considerazioni l’offerta presentata dalla Società attuale appellante, che ha ritenuto di includere nella progettazione delle aree da ristrutturare anche una superficie di circa 250 mq., doveva essere esclusa ed è pertanto corretta la statuizione sul punto del primo giudice.

2) Sono, peraltro, infondate le censure mosse con l’atto di appello alla decisione in parola: a) non ha pregio il riferimento all’allegato C. “Procedure ristrette” al D.Lvo 157/95 nel quale al punto 7 è previsto, quale contenuto dei bandi tipo, che sia precisato l’“eventuale divieto di varianti”. Se si tiene presente la chiara formulazione dell’art. 24, primo e secondo comma del D.Lvo 157/95, che impone alle Amministrazioni aggiudicatici di indicare nel bando di gara se sono ammesse varianti ed in tal caso fa obbligo di prevedere nel capitolato speciale i requisiti minimi che le varianti ammesse devono presentare, non può assumere un rilievo decisivo la previsione contenuta nello schema allegato al D. Lvo 157/95 relativa ai bandi tipo; b) né ha fondamento la censura diretta ad evidenziare che la stessa Amministrazione con nota del 10 luglio 2001 (cfr. doc. n. 8 della produzione in atti della Società appellante nel giudizio di primo grado) in risposta ad un quesito rivolto da un partecipante avrebbe ammesso la facoltà di presentare varianti. Il quesito era, infatti, diretto a conoscere se il progetto preliminare era vincolante ovvero se era consentito “cambiare la disposizione planimetrica di alcune aree, e quindi ridefinire i costi ad esse collegati”. La risposta dell’Amministrazione ha chiarito che il progetto preliminare non era vincolante e poteva essere oggetto di varianti “nel rispetto della normativa e dei vincoli vigenti”. Con tale formulazione si poneva in risalto, correttamente, che una diversa organizzazione degli spazi era consentita nell’esercizio dello sforzo progettuale richiesto alle imprese partecipanti ma ciò poteva avvenire solo nel rispetto dei vincoli posti dall’ordinamento ed anche, con evidenza, dal bando e dal capitolato speciale e, quindi, rimanendo ferma la entità degli spazi messi a disposizione. E’ anche significativo sul punto che la medesima Amministrazione, in risposta ad altro quesito con cui si chiedeva di sapere se per l’allestimento di spogliatoi per il personale fossero utilizzabili aree presso l’Ospedale Maggiore, abbia coerentemente affermato che “le ditte invitate sono pregate di considerare unicamente l’area di progetto messa a disposizione presso il presidio Mangiagalli (cfr. nota 1° agosto 2001 doc. n. 9 della produzione in atti citata). Con tale risposta, se si chiariva che non vi erano aree disponibili presso l’Ospedale Maggiore da destinare alle finalità richieste, si ribadiva anche che le aree a disposizione erano solo quelle indicate negli atti fondamentali della gara stessa presso il presidio di via Mangiagalli; c) la censura diretta a sostenere che essendo la progettazione preliminare una mera traccia da seguire nelle successive fasi della progettazione sarebbe stato possibile modificare le dimensioni delle opere da realizzare rispetto alle indicazioni del progetto preliminare non può essere condivisa.

Da un lato tale impostazione urta contro le specifiche indicazioni degli atti di gara che si sono soprariportate e che, come si è visto, imponevano il rispetto delle dimensioni dell’intervento previsto così come individuate nel progetto preliminare e nei relativi allegati grafici. Da altra angolazione si deve considerare che gli schemi grafici e le sezioni schematiche a corredo della progettazione preliminare devono permettere, a tenore dell’art. 16 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e dell’art. 22, comma primo, lett. a) del DPR 21 dicembre 1999 n. 554, la individuazione di massima di tutte le caratteristiche spaziali, tipologiche, funzionali e tecnologiche delle opere da realizzare. Nel caso di specie, come si è osservato in precedenza, la dimensione dell’intervento era stata individuata con riguardo alla consistenza attuale delle superfici destinate alla ristorazione pari a circa 2.165 mq. secondo la stessa Società appellante, non poteva, pertanto, procedersi ad una significativa modifica di tale dimensione utilizzando spazi non messi a disposizione dall’Amministrazione nella fase iniziale della gara. Ciò per oltre un decimo della superficie complessiva con alterazione sostanziale del confronto concorrenziale tra le imprese partecipanti alla procedura.

Del resto la Commissione Giudicatrice si era avveduta della anomalia della proposta progettuale della Pellegrini s.p.a. (verbale n. 3 del 26 settembre 2001) ed aveva richiesto all’Amministrazione di comunicare la disponibilità o meno dell’area “esterna al fabbricato che ospita l’attuale centro cottura”. L’Amministrazione “portavoce il Dr. Tranquilli” Presidente della Commissione Giudicatrice ha tuttavia ritenuto che si potesse proseguire nell’esame della proposta presentata dalla Pellegrini s.p.a.(cfr. verbale n. 4 del 2 ottobre 2001).

La procedura seguita è palesemente illegittima.

In primo luogo la Commissione Giudicatrice non avrebbe dovuto chiedere alcunché perché era chiaro sin dal bando di gara che locali esterni al fabbricato non potessero essere utilizzati.

In secondo luogo la stessa richiesta all’Amministrazione è fuorviante, non si chiede infatti se l’area in questione possa  essere utilizzata dalla Società attuale appellante ma si “informa” l’Amministrazione dell’utilizzo dell’area” ad ogni conseguente effetto” e si chiede “in particolare” solo se l’area sia disponibile oppure sia destinata ad altri fini. Si considera così per presupposta la possibilità di inserire nel progetto in questione l’area di cui trattasi.

In terzo luogo non è acquisito al fascicolo di causa un atto formale proveniente dal Direttore Generale o quantomeno dal Direttore amministrativo degli Istituti Clinici di Perfezionamento che attesti la disponibilità dell’area in questione ma vi è solo l’assicurazione del Presidente della Commissione Giudicatrice. In quarto luogo era evidente nel caso di specie la violazione delle regole di parità di condizioni tra i partecipanti alla gara, il progetto tecnico della Pellegrini s.p.a. poteva avvalersi di una area per gli interventi notevolmente più ampia mentre gli altri concorrenti non avevano potuto realizzare i propri progetti nella stessa condizione per aver seguito correttamente le indicazioni del bando e del capitolato speciale. Quantomeno sarebbe stato necessario consentire a tutti i concorrenti di riformulare le offerte tenendo conto dell’elemento nuovo riaprendo i termini a tal fine assegnati dall’Amministrazione. La violazione della parità di trattamento dei partecipanti alla gara è evidente.

Infine si deve puntualizzare che l’area ulteriore di cui si è consentita l’utilizzazione alla Società attuale appellante era occupata da serbatoi di combustibile in precedenza impiegati per il riscaldamento degli edifici. Da ciò consegue che i lavori da realizzare su tale area non erano solo di mera ristrutturazione ma anche di bonifica e risanamento della nuova area senza che della effettuazione di lavori di questa tipologia si fosse fornita alcuna indicazione nel bando di gara e nel capitolato speciale. Anche da tale profilo emerge la sostanziale diversità dell’oggetto dell’appalto che si veniva a consentire in modo illegittimo.

3) Parimenti da disattendere è l’ulteriore profilo di censura con cui parte appellante sostiene che è connaturata al metodo di gara dell’appalto concorso la possibilità di apportare varianti al progetto predisposto dall’Amministrazione aggiudicatrice. L’assunto, in sé condivisibile, necessita però di una precisazione attinente alla fattispecie qui in esame. La modifica degli elementi di fatto posti dall’Amministrazione alla base del confronto concorrenziale richiesto con l’indizione di un appalto concorso (nel caso che ci occupa un incremento del 10% delle superfici da ristrutturare) non integra una variante al progetto predisposto dall’Amministrazione quanto piuttosto una modifica dello stesso nella dimensione fisica dell’intervento progettato. La nozione di variante in senso tecnico implica, logicamente prima che giuridicamente, che si operi su presupposti di fatto certi e definiti, indicati ai partecipanti al confronto concorrenziale preventivamente ed in modo chiaro così che sia consentito esplicare la capacità progettuale di ciascuno sulla base di eguali condizioni. E’, quindi, escluso che nel caso di specie potessero essere apportate significative modifiche dimensionali all’intervento da realizzare da parte dei partecipanti alla gara. Sarebbe stata necessaria una espressa previsione nel bando di gara, a tenore dell’art. 23 del D. L.vo 157/1995, che abilitasse i concorrenti a prevedere nei progetti l’utilizzo di aree dei presidi in questione anche se non adibite al servizio di ristorazione con l’individuazione delle aree eventualmente utilizzabili e dei lavori richiesti per il loro impiego.

La circostanza poi che anche la Società appellata avesse previsto nella sua progettazione esecutiva uno sconfinamento (limitato alla realizzazione di un vano montacarichi) in una porzione della stessa area ulteriore di cui la Società appellante ha ritenuto di avvalersi nella progettazione non appare al Collegio decisiva. Ciò sia perché l’intervento previsto dalla Società attuale appellata per come risultante dagli atti di causa è agevolmente modificabile a richiesta dell’Amministrazione sia perché una modifica di così scarso rilievo può essere ammessa in spazi individuati in via “di massima” negli elaborati grafici con l’indicazione (per quanto concerne il presidio Mangiagalli) di “circa 1500 mq.”. Del tutto diverso è, invece, l’impiego di una superficie notevolmente più ampia di quella assegnata dall’Amministrazione.

L’appello va, pertanto respinto.

4) Rimane da precisare ancora che con deliberazione n. 1852 del 31 dicembre 2002 gli Istituti Clinici di Perfezionamento, in attesa della definizione del presente giudizio, hanno affidato in via temporanea e con espressa riserva di provvedere nuovamente in esito alla pronuncia della Sezione sull’appello qui in esame, alla Pellegrini s.p.a. il solo servizio di ristorazione senza alcun effetto esecutivo del contratto stipulato a suo tempo dopo l’aggiudicazione della gara alla Società medesima. Ritiene, pertanto, il Collegio che nessun ostacolo si frapponga al ristoro in forma specifica della posizione della Società appellata che potrà, quindi, eseguire il contratto per una durata quinquennale con decorrenza dalla adozione degli atti consequenziali alla presente pronuncia. Rimangono senza esito le censure di parte appellante contro il capo della sentenza di primo grado che ha riconosciuto il risarcimento del danno in forma di reintegrazione specifica in favore della Società attuale appellata. Nel caso che ci occupa l’Amministrazione ha manifestato l’intenzione di aggiudicare i lavori in esito al presente giudizio e la reintegrazione della posizione dell’Associazione di imprese appellata può trovare piena soddisfazione su tale presupposto di fatto.

5) E’ utile precisare, infine, con riguardo ad alcune osservazioni svolte dalle parti in ordine alla pregiudizialità del giudizio instaurato sia dalla Società appellante che dalle Società appellate per l’annullamento della deliberazione n. 434 del 25 marzo 2002, di revoca in via di autotutela della aggiudicazione intervenuta con l’atto impugnato in primo grado, che nessun rapporto di pregiudizialità è ravvisabile nella specie. E’, a ben vedere, il presente giudizio ad assumere un carattere di pregiudizialità rispetto a quello indicato dalle parti: è evidente infatti che l’annullamento della deliberazione n. 2032 del 31 dicembre 2001 di aggiudicazione alla Pellegrini s.p.a. della gara di cui trattasi disposto con la sentenza appellata e consolidatosi con la presente statuizione elimina ogni interesse alla ulteriore vicenda processuale relativa all’annullamento dello stesso atto in sede di autotutela. Non vi è, pertanto, alcuna ragione di sospendere il presente giudizio.

6) Sussistono ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

 

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,definitivamente pronunciando sul ricorso in appello indicato in epigrafe lo rigetta con conferma della sentenza appellata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2003 con l’intervento di:

Agostino Elefante                     Presidente

Corrado Allegretta                   consigliere

Goffredo Zaccardi                    consigliere est.

Claudio Marchitiello                 consigliere

Marzio Branca                         consigliere

 

L’ESTENSORE                      IL PRESIDENTE

f.to Goffredo Zaccardi              f.to Agostino Elefante

IL SEGRETARIO

f.to Antonietta Fancello

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 9 Maggio 2003

(Art. 55, L. 27/4/1982, N. 186)

IL DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

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