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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. 3°-ter, composto dai signori
Francesco CORSARO, Presidente,
Linda SANDULLI, Consigliere,
Silvestro Maria RUSSO, Consigliere, relatore,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 10969/2002, proposto dalla ALBACOM s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi MEDUGNO ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Panama n. 12,
CONTRO
l’ENTE PER LE NUOVE TECNOLOGIE, L’ENERGIA E L’AMBIENTE – ENEA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria,
E NEI CONFRONTI
della ERICSSON TELECOMUNICAZIONI s.p.a., corrente in Roma e della AETHRA TELECOMUNICAZIONI s.r.l., corrente in Ancona, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite nel presente giudizio,
PER L’ANNULLAMENTO
della determinazione prot. n. 249/INFO del 21 giugno 2002, pervenuta il successivo giorno 26, con cui l’ente intimato ha comunicato alla Società ricorrente l’esclusione dalla gara per la progettazione, la fornitura e la realizzazione dell’allestimento di dodici sale attrezzate per videocomunicazioni presso i centri ENEA;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del solo ente intimato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza dell’8 maggio 2003 il Cons. dott. Silvestro Maria RUSSO e udito altresì, per le parti costituite, il solo avv. MEDUGNO;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
La ALBACOM s.p.a., corrente in Milano, fu invitata dall’ENEA, con lettera del 17 maggio 2000, alla gara, per appalto-concorso, per la fornitura, la realizzazione e l'allestimento di dodici sale per videocomunicazione per i centri dell’ente, per un importo massimo a base d’asta pari a lire 1.200.000.000, più IVA.
In esito a tale gara, la Commissione giudicatrice aggiudicò provvisoriamente l’ appalto in parola all'ATI costituita dalla Telindus s.p.a. ed altri. Avverso siffatta statuizione, l’ALBACOM s.p.a. si gravò innanzi a questo Giudice e la Sezione, con sentenza n. 2263 del 4 aprile 2001, ne accolse il ricorso, dichiarandone inoltre il diritto all’aggiudicazione. In parziale riforma della sentenza n. 2263/2001, il Consiglio di Stato (sez. VI), con decisione n. 3962 del 17 luglio 2001, respinse sì l’appello proposto dalla Telindus s.p.a., ma escludendo il diritto d’ALBACOM s.p.a. all'aggiudicazione automatica e correlativamente sottoponendone l'offerta alla valutazione dell'anomalia da parte della stazione appaltante. Pertanto, l’ENEA, che con nota del 29 novembre 2001 ha comunicato all'ALBACOM s.p.a. l’aggiudicazione provvisoria di detto appalto, ne ha sottoposto l'offerta al giudizio sull’eventuale anomalia, all’uopo nominando un’apposita Commissione ed invitando ALBACOM s.p.a. a presentare documentazione e giustificazioni.
Dopo varie vicissitudini ed un lungo silenzio, con determinazione prot. n. 249/ INFO del 21 giugno 2002, pervenuta il successivo giorno 26, l’ENEA ha comunicato all’ALBACOM s.p.a. l’esclusione dalla graduatoria della gara de qua, a causa del sub -appalto dell’intera fornitura in parola all’AETHRA s. r.l., corrente in Ancona.
Nei riguardi di tale statuizione, ALBACOM s.p.a. adisce nuovamente questo Giudice con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto: A) – la violazione del giudicato scaturente dalla decisione n. 3962/2001; B) – a tutto concedere, la violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del Dlg 24 luglio 1992 n. 358 e dell’art. 18 della l. 19 marzo 1990 n. 55, nonché l’eccesso di potere per vari profili. Con motivi aggiunti depositati il 27 novembre 2002, la ricorrente, avendo appreso il 21 ottobre 2002 della nota prot. n. 161 del precedente 16 luglio con cui il Direttore generale dell’ENEA ha annullato in autotutela la gara in questione, deduce altresì: C) – l’ incompetenza dell’Autorità emanante; D) – la violazione del giudicato e dell’art. 19 del Dlg 358/1992; E) - l'insussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’autotutela.
Resiste nel presente giudizio l’ente intimato, che eccepisce l’infondatezza della pretesa attorea. Viceversa, le altre Società convenute, pur se ritualmente intimate, non si sono costituite in giudizio.
Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2003, su conforme richiesta del patrono dell'ALBACOM s.p.a., il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1. – La ALBACOM s.p.a., corrente in Milano, impugna innanzi a questo Giudice la sua esclusione, per aver interamente subappaltato a terzi la fornitura oggetto dell’ appalto, dalla gara per la fornitura, la realizzazione e l'allestimento di dodici sale per videocomunicazione per i centri dell’ENEA (importo massimo a base d’asta pari a lire 1.200.000.000, più IVA), nonostante che, in esecuzione della decisione del Consiglio di Stato (sez. VI) n. 3962 del 17 luglio 2001, la stazione appaltante avrebbe dovuto sottoporne l'offerta alla valutazione dell'anomalia.
2. – Ai fini della valutazione dell’ammissibilità dell’impugnazione spiegata, coi motivi aggiunti depositati il 27 novembre 2002 spiegati avverso l’annullamento in autotutela della gara in questione (provvedimento prot. n. 161 del 16 luglio 2002), occorre dapprima, per evidenti ragioni di priorità logica, verificare se le doglianze attoree sulla pretesa esclusione della ricorrente siano, o no, fondate. Tuttavia, il ricorso principale non ha alcun pregio e va disatteso, per le ragioni di cui appresso.
3. – Al riguardo, in ordine al primo mezzo di gravame, giova rammentare che il Consiglio di Stato, nella decisione n. 3962/2001, ha affermato, per quel che qui interessa: A) – la necessità d’attuare nella sola sede amministrativa, e non anche in quella giurisdizionale, la fase di valutazione dell’anomalia dell’offerta attorea; B) – la conseguente ineluttabilità di tale fase, a cura dell’ente intimato in sede di rinnovazione in parte qua del procedimento di gara, con esclusione d’ogni aggiudicazione automatica a favore dell’odierna ricorrente, anche dopo l’annullamento giurisdizionale di quella a suo tempo disposta a favore dell’ATI Telindus s.p.a.
Com’è noto, in sede di riemanazione conseguente al giudicato d'annullamento, la P.A. soccombente è tenuta a riesaminare la questione controversa con un'attenzione tutta particolare, ossia senza apparire eccessivamente prevenuta nei confronti della parte vittoriosa e, quindi, senz’esporla alla prospettiva di giudizi ulteriori. Nondimeno, tale regola va combinata con il principio secondo cui l’attività di rinnovazione, da parte della P.A. stessa, implica pure che questa deve: A) – uniformarsi alle indicazioni rese dal Giudice; B) – determinarsi secondo i limiti impostile dalla rilevanza sostanziale della posizione soggettiva azionata e consolidata in sentenza; C) – prendere diligentemente in esame la situazione controversa nella sua complessiva estensione, valutando non solo i profili oggetto della decisione del Giudice, ma pure quelli comunque rilevanti per provvedere definitivamente sull'oggetto della pretesa; D) – valutare l'effettivo significato e la portata del giudicato, che condizionano e limitano l' effetto conformativo (cfr. Cons. St., V, 13 marzo 2000 n. 1328). Pertanto, si potrà veramente parlare d’effetto preclusivo o decadenziale, scaturente dal giudicato, solo se questo impedisca effettivamente alla P.A. una rinnovazione discrezionale, mentre, se l’atto di riemanazione si fonda su una pluralità di ragioni giustificatrici almeno una delle quali adduca l'esistenza di un motivo ostativo alla pretesa della parte vittoriosa, non sia stata oggetto della pronuncia coperta da giudicato, o non sia comunque da questa esclusa, il giudicato non gli è opponibile (arg. ex Cons. St., V, 6 febbraio 1999 n. 134). In particolare, l’attività di riemanazione non può estendersi oltre ciò che ha effettivamente costituito oggetto della pronuncia, ché, in caso contrario, soggiacerebbe al giudicato e verrebbero così travolte fasi procedimentali o statuizioni della P.A. che non han formato oggetto di sindacato giurisdizionale o che non sono strettamente dipendenti da quelle dichiarate illegittime dal giudicato (cfr. Cons. St., VI, 12 novembre 2002 n. 6250).
Ebbene, da una piana lettura della decisione n. 3962/2001 non rinviene il Collegio né alcuna decadenza ex lege, né tampoco alcuna preclusione jussu judicis in capo all’ente intimato per ogni questione non specificamente apprezzata dal Giudice di prime cure o dal Consiglio di Stato e, in particolare, per quelle inerenti alle ipotesi d’ esclusione della ricorrente dalla gara. Infatti, detta esclusione non solo non è coperta dal giudicato de quo, ma neppure è implicitamente da esso presupposto, né tampoco è da questo inferibile. Sul punto, è già ben noto, in linea di principio, che, se l'atto impugnato è annullato per vizi formali o procedimentali o per ragioni tutt’affatto diverse da quelle successivamente apprezzate in sede di riemanazione, il giudicato non potrà assumere contenuti sostanziali ulteriori a carico della P.A. soccombente, né è consentito al ricorrente vittorioso dilatare il contenuto della decisione fino a comprendervi statuizioni in essa non contemplate, che non siano effetto immediato e diretto della medesima (cfr., da ultimo, Cons. St., VI, 3 aprile 2002 n. 1831; id., IV, 21 agosto 2002 n. 4269). In materia d’appalti pubblici, poi, l’esclusione di un’impresa dalla gara può esser disposta in ogni tempo, anche indipendentemente dall’anomalia, o meno, della sua offerta, quando la stazione appaltante accerti, in modo motivato e rigoroso, che quest’ultima violi la lex specialis della gara stessa o le norme imperative che la regolano, a nulla valendo che ciò avvenga durante il sub-procedimento di valutazione dell’anomalia stessa, se non sono intervenute medio tempore decadenze o preclusioni e se solo in quella sede (come nella specie, ove l’ENEA ha avuto contezza del sub-appalto dell’intera fornitura) ha modo d’apprezzarne il contenuto illegittimo, essendo in tal caso l’esclusione preordinata a garantire la stazione appaltante della serietà dell’offerta e dell’impegno dell’impresa (arg. ex Cons. St., V, 22 maggio 2001 n. 2830).
4. – Non maggior fondatezza ha l’assunto attoreo secondo cui l’impugnata esclusione sarebbe in violazione dell’art. 16, c. 3 del Dlg 24 luglio 1992 n. 358 e dell’art. 18 della l. 19 marzo 1990 n. 55, perché, a suo dire, sarebbero assimilabili al sub-appalto i contratti di fornitura con posa in opera in cui il valore della manodopera impiegata superi quello del materiale fornito e non anche il contrario.
Fermo restando che nel capitolato d'oneri la stazione appaltante richiede al concorrente d’indicare nell'offerta le parti di fornitura che intende eventualmente subappaltare a terzi senza, ovviamente, che ciò implichi una riduzione della responsabilità del fornitore aggiudicatario, alle pubbliche forniture s’applica la disciplina del sub-appalto, di cui al citato art. 18 della l. 55/1990. Ora, nella specie la lex specialis di gara, in virtù della quale l’oggetto prevalente dell’appalto è la fornitura di componenti tecnologici, nulla dice in ordine alla possibilità di sub-appalto.
Deve, quindi, il Collegio valutare i criteri di compatibilità tra il regime ex art. 18 della l. 55/1990, essenzialmente pensato per la regolazione degli appalti di opere e lavori pubblici, con la disciplina del sub-appalto previsto per i contratti di forniture, anzitutto partendo dalla constatazione, evincibile dall’inequivoco dato testuale dell’ art. 16, c. 1 del Dlg 358/1992, dell’impossibilità di un sub-appalto totale, giacché la stazione appaltante può chiedere all’impresa d’«…indicare nell'offerta…» solo «…le parti di fornitura che intende subappaltare…». Né basta: la parzialità del sub-appalto a sua volta discende dalle norme dello stesso Dlg 358/1992 sulla qualificazione tecnico-economica del fornitore, onde rettamente la stazione appaltante esclude la legittimità di un’offerta, quale quella attorea, mercé la quale, pure a prescindere dall'ammissibilità di un subappalto non espressamente autorizzato dalla stazione appaltante, l’impresa (nella specie, la ricorrente) si pone a guisa di mero intermediatore della fornitura appaltata tra l’ENEA e l’effettivo fornitore (nella specie, l’Aethra Telecomunicazioni s.r.l.). Reputa, invero, il Collegio legittima siffatta esclusione, perché la ricorrente ha formulato un'offerta che contempla solo la soluzione del sub-appalto, senza, però, comunque proporre alcun’alternativa o subordinata e, in particolare, la possibilità d'eseguire personalmente il contratto, così impedendo all’ente appaltante la possibilità di verificarne l’effettiva capacità tecnica, né tampoco la reale serietà dell’impegno ad eseguire il contratto (arg. ex Cons. St., V, 11 giugno 1999 n. 439). Sul punto la ricorrente, nell’affermare di non esser diretta produttrice di tutti i macchinari oggetto della fornitura, volutamente confonde l’ordinaria attività d'approvvigionamento, che ogni impresa svolge per l’acquisizione dei fattori della sua produzione, con il sub-appalto a favore di un’impresa terza relativamente non solo all'acquisizione di tutti i macchinari occorrenti, ma soprattutto ad ogni altro aspetto della prestazione dedotta in appalto. Con ciò la ricorrente realizza la fattispecie descrittiva del sub-appalto ex art. 18, c. 12 della l. 55/1990, nella misura in cui l’offerta attorea altro non è che, con alcune marginali differenze, appunto quella a suo tempo proposta dalla Aethra Telecomunicazioni s.r.l. per lo stesso appalto, di talché l’apporto della ricorrente nella prestazione è di fatto nullo o, meglio, di mera intermediazione.
In secondo luogo, sfugge al Collegio la ragione secondo cui, come prospetta la ricorrente, sarebbe inapplicabile agli appalti di forniture l’art. 18, c. 3 della l. 55/ 1990, essendo norma tipica dei lavori pubblici. In realtà, l’art. 18, c. 3, come da ultimo confermato dall’art. 231, lett. u) del DPR 21 dicembre 1999 n. 554, stabilisce che tutte le lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono sì subappaltabili e affidabili in cottimo, ma sempre ferma restando la definizione, mercé regolamento ex art. 17, c. 2 della l. 23 agosto 1988 n. 400, della quota subappaltabile di ciascuna categoria, in ogni caso in misura non superiore al 30%, con ciò intendendo che tale aliquota è comunque quella massima consentita per utilizzare il sub-appalto. L’art. 18, c. 3, pur con i dovuti adattamenti ai vari tipi d’appalto pubblico, esprime un principio che trascende il mero comparto dei lavori pubblici, rispondendo piuttosto all'esigenza generale sottesa alla l. 55/1990, ossia quella d’evitare infiltrazioni mafiose negli appalti attraverso il sub-appalto totale, che, come si vede, è un meccanismo elusivo dell' applicazione rigorosa delle norma sulla scelta del contraente.
5. – Pur se il rigetto dell’impugnazione principale implichi l’inammissibilità dei motivi aggiunti avverso l’annullamento in autotutela dell’intera gara, per difetto dell’ interesse azionato, si può tuttavia prescindere da tali aspetti, giacché anche per questa parte il ricorso in epigrafe è da respingere.
In particolare, quanto al primo motivo aggiunto, per un verso già il Collegio ha fatto presente come le cause d’esclusione dalla gara de qua non fossero coperte da alcun giudicato, né precluse da alcuna decadenza e, per altro verso, detta esclusione è stata disposta non dalla Commissione incaricata del giudizio sull’anomalia che, di fronte all’illegittimità in sé dell’offerta, rettamente ha declinato ogni giudizio tecnico, bensì direttamente dall’ente intimato, cui detta Commissione ha restituito gli atti dell’offerta stessa. In ordine, poi, al secondo motivo aggiunto, anzitutto non ha senso invocare un giudicato che ha per oggetto questioni diverse e, in secondo luogo in disparte la stessa ammissione attorea sull’intervenuta parziale obsolescenza dei materiali da fornire, non sono seriamente revocati in dubbio, da parte della ricorrente, i sopravvenuti fatti della ridefinizione della programmazione dell’ente e della minor dotazione finanziaria, tali da indurlo a riconsiderare interamente l’utilità dell’appalto.
6. – In definitiva, il presente ricorso va rigettato nei termini fin qui esaminati, ma giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione, tra le parti costituite, delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. 3°-ter, respinge il ricorso n. 10969/2002 in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina all’Autorità amministrativa di eseguire la presente sentenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’8 maggio 2003.
Francesco CORSARO, PRESIDENTE
Silvestro Maria RUSSO, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 26 maggio 2003
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