REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 6931 del 2002, proposto da Jenbacher s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Lubrano, Agnello Fioravante e Giorgio Orrico, elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, via Flaminia 79
contro
l’Azienda Generale Servizi Municipali di Verona s.p.a. (A.G.S.M.), rappresentata e difesa dagli avv. ti Marcello Clarich e Franco Zambelli ed elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, via del Quirinale 26;
Ulstein Italia s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Dori e Cesare Romano Carello, elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, via Silvio Pellico 24;
Rolls – Royce Marine a.s., non costituita in giudizio
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto 4 aprile 2002 n. 1243, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’A.G.S.M. e della Ulstein Italia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 18 marzo 2003 il consigliere Marzio Branca, e uditi Lubrano, Fioravante e Clarich.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe sono stati respinti due ricorsi proposti dalla Jienbacher Energiesystem s.r.l. avverso vari provvedimenti con i quali l’Azienda Generale Servizi Municipalizzati di Verona (in seguito AGSM) ha dichiarato chiusa infruttuosamente la procedura di appalto concorso per la fornitura di impianti di cogenerazione per teleriscaldamento, ed ha successivamente aggiudicato, in esito a trattativa privata, la fornitura alla Ulstein Italia.
Il TAR, in estrema sintesi, ha ritenuto in primo luogo che la ricorrente non potesse dolersi della pretesa illegittimità del provvedimento di chiusura della gara per appalto concorso avendo prestato acquiescenza a tale determinazione. In secondo luogo, le censure dedotte avverso l’aggiudicazione sono state considerate non fondate.
Avverso la decisione la s.r.l. Jienbacher ha proposto appello chiedendone la riforma.
Nel presente giudizio si sono costituiti per resistere al gravame la AGSM e la Ulstein s.p.a.
Alla pubblica udienza del 18 marzo 2003 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appellante rivolge in primo luogo alla sentenza impugnata un addebito di omissione di pronuncia, con riguardo: a) alla violazione da parte di AGSM degli artt. 22 e segg. della legge n. 241 del 1990; b) alla mancanza di un espresso provvedimento di chiusura dell’appalto concorso; c) alla mancata verifica della integrabilità delle offerte prive di alcuni documenti; d) alla mancanza in capo a Ulstein Italia del potere di rappresentare Rolls Royce; e) alla diversa soggettività giuridica delle società Ulstein Italia, Ulstein Bergen e Rolls Royce.
Al riguardo va confermato l’orientamento della giurisprudenza che ritiene inammissibile il vizio di difetto di motivazione della sentenza di primo grado, poiché nel processo amministrativo l’appello ha carattere di gravame e non di rimedio impugnatorio, con la conseguenza che è sufficiente dedurre l’erroneità della motivazione per trasferire al giudice dell’appello l’intera materia del contendere (Cons. St. Sez. V, 3 marzo 2001 n. 1218).
Viene dunque all’esame la contestazione del giudizio di inammissibilità per acquiescenza della doglianza svolta avverso la chiusura della gara, che la AGMS aveva indetto secondo la procedura dell’appalto concorso a norma del d.lgs. n. 158 del 1995.
L’appellante sostiene: a) che l’Amministrazione ha assunto un atteggiamento reticente non effettuando alcuna comunicazione in merito alla sorte dell’appalto concorso, e costringendo l’appellante ad esperire la procedura di accesso ai documenti di cui all’art. 22 e segg. della legge n. 241 del 1990, cui è stata data risposta incompleta; b) che l’Amministrazione non ha mai adottato un provvedimento formale di chiusura della procedimento di gara iniziato con la lettera di invito del 20 gennaio 2000, tale non potendo considerarsi il verbale 27 marzo 2000 con cui la commissione giudicatrice dichiarava chiuso l’appalto concorso per l’assenza di almeno due offerte valide; c) che, in ogni caso tale verbale è stato impugnato nei termini dalla acquisita conoscenza; d) che la presentazione di una nuova offerta da parte dell’appellante su richiesta dell’Amministrazione non è incompatibile con la convinzione che l’appalto concorso non si era ancora concluso, poiché, anche in tale procedura le offerte possono essere modificate, come prevede l’art. 24 comma 3 del d.lgs. n. 158/ 1995, mentre l’art. 15 del d.lgs. n. 358 del 1992 ammette l’integrazione dei documenti componenti l’offerta.
Le esposte censure non possono essere accolte.
Occorre muovere dall’insegnamento della giurisprudenza, secondo cui si ha acquiescenza ad un provvedimento amministrativo nel caso in cui ci si trovi in presenza di comportamenti univoci posti liberamente in essere, che dimostrino la chiara volontà dell’interessato di accettarne gli effetti (Cons. St., Sez. VI, 10 ottobre 2002, n. 5443).
Nella fattispecie la volontà dell’appellante di accettare il fatto che la procedura dell’appalto concorso era stata abbandonata e che l’affidamento della fornitura sarebbe avvenuto in base ad una diversa procedura, è rappresentata dalla partecipazione ad una trattativa dalle modalità incompatibili con lo svolgimento tipico dell’appalto concorso.
Va tenuto presente che il termine per la presentazione delle offerte relative all’appalto concorso era scaduto il 20 marzo 2000, e che la Commissione giudicatrice aveva dichiarato chiusa la relativa procedura il successivo 27 marzo 2000, ma della circostanza all’appellante non fu data formale comunicazione. Tuttavia, in data 14 aprile 2000 pervenne alla Jenbacher l’invito a compilare “in ogni sua parte” un nuovo “foglio dati offerta” in relazione alla medesima fornitura di cogeneratori, in vista di un incontro già fissato per il successivo 18 aprile presso la sede AGSM.
L’appellante sostiene che la richiesta di una nuova offerta, sebbene ulteriormente qualificata dalla compilazione del modulo, il foglio dati, tipico dell’apertura di una nuova procedura, potesse essere interpretata come prosecuzione della procedura di appalto concorso, sulla base del disposto dell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 158/95.
La tesi va disattesa.
La norma, autorizza bensì la presentazione di varianti rispetto al progetto base, ma le diverse soluzioni proposte dalla ditta partecipante debbono essere contenute nell’offerta presentata nel rispetto dei termini prescritti. A tale conclusione si perviene considerando la contestuale disposizione secondo cui la eventuale presentazione di varianti deve essere prevista dal capitolato d’oneri, che deve altresì precisarne le condizioni minime e le modalità di presentazione. Né potrebbe evincersi dall’art. A5 delle “norme amministrative” che AGSM abbia voluto dettare una disciplina diversa, posto che l’obbligo di proporre varianti “in forma materialmente separata dall’offerta base” allude chiaramente ad una operazione unitaria, rappresentata dalla presentazione dell’offerta.
Egualmente non conferente si rivela il richiamo all’art. 15 del d.lgs. n. 358 del 1992, in quanto la disposizione si riferisce alla integrazione della documentazione di cui ai precedenti artt. 11, 12, 13 e 14, che prescrivono i requisiti professionali tecnici e finanzieri delle imprese partecipanti.
Non è contestato, ed emerge dalla documentazione in atti, che all’invio del foglio dati recante la nuova offerta ha fatto seguito un vera e propria trattativa, caratterizzata dalla presentazione di offerte migliorative, da contatti telefonici e incontri.
Emblematico al riguardo il doc. 13 di produzione della parte appellata in primo grado. Si tratta di un fax trasmesso dal M. Artoni della Jenbacher ad AGSM in data 26 aprile 2000 che esordisce: “A seguito di accordi telefonici..”, cui segue la comunicazione del nuovo prezzo offerto per ogni cogeneratore, ridotto rispetto al precedente, di Lire 1.438.900.000, a Lire 1.270.000.000, con richiesta di ulteriore colloquio. Il documento reca una annotazione a mano: “Da non tenere presente (parlato con Artoni) arriva nuova proposta” a firma non leggibile, ma, evidentemente, di incaricato AGSM.
Analogamente, il documento 14 del 3 maggio reca la nuova proposta Jienbacher “a seguito dei colloqui intercorsi in data 02.05.00”, con la quale il prezzo è stato ulteriormente ridotto a 1.190.000.000=.
E’ dunque da chiedersi se sia attendibile la tesi sostenuta dall’appellante che la trattativa intessuta da Jenbacher con la AGSM poteva legittimamente essere scambiata per la prosecuzione dell’appalto concorso, procedura che, secondo l’assunto, non sarebbe mai stata abbandonata fino all’aggiudicazione della fornitura.
Il quesito va risolto negativamente.
Il Collegio non ignora che la procedura dell’appalto concorso è caratterizzata, per concorde riconoscimento della giurisprudenza, da due distinte fasi, delle quali la prima conduce alla scelta del progetto ritenuto più conveniente e la seconda è destinata alla messo a punto del progetto prescelto mediante modifiche o varianti non sostanziali, in modo da renderlo esattamente corrispondente alle esigenze dell’Amministrazione (Cons. St., Sez. V, 22 giugno 2002 n. 3566).
Una tale ricostruzione tuttavia non può attagliarsi alla fattispecie in esame, nella quale l’appellante non solo non aveva nessun valido argomento per ritenere che la offerta presentata per l’appalto concorso era stata giudicata la più conveniente, ma anzi, in presenza di rinnovate richieste da parte dell’Amministrazione di migliorare l’offerta, era in condizioni di stabilire che l’aggiudicazione non era stata effettuata e che vi si sarebbe pervenuti in base ad una trattativa caratterizzata da un ripetuto riesame dell’offerta.
In tale situazione il tentativo dell’appellante di invocare l’assenza, o la mancata legittima formalizzazione, adeguatamente comunicata, di un provvedimento che dichiarasse chiusa la procedura di appalto concorso non riesce a superare l’evidenza del comportamento concludente tenuto da AGSM e dell’adesione ad esso prestata dall’appellante medesima.
Deve respingersi, infine, la tesi secondo cui la riconosciuta acquiescenza sarebbe stata determinata dall’atteggiamento reticente, tenuto da AGSM a partire dal 3 maggio 2000 data della trattativa sull’ultima offerta, tanto da indurre Jenbacher ad esercitare il diritto di accesso, con istanza del 1° settembre 2000, cui oltre tutto, sarebbe stato risposto in maniera incompleta con conseguente onere di una seconda impugnazione.
Ritiene infatti il Collegio che la reticenza dell’Amministrazione, a partire dal 3 maggio, non abbia influito sul comportamento dell’appellante qualificabile come acquiescenza, posto che l’adesione alla trattativa privata si è consumata tra il 18 aprile e lo stesso 3 maggio, e quindi in epoca anteriore all’interruzione dei contatti con AGSM.
La sentenza appellata, pertanto, merita, sul punto, di essere confermata.
Con diverso ordine di censure l’appellante svolge addebiti di omessa pronuncia e di erroneità alla sentenza di primo grado, nella parte in cui ha respinto i motivi di ricorso afferenti alla procedura negoziata, che ha condotto alla stipulazione del contratto di fornitura, ed alla invalidità dello stesso contratto.
Circa le doglianze di omessa pronuncia si rinvia a quanto osservato all’inizio a proposito di identici rilievi sull’altro capo della decisione.
Si assume, dunque, nel merito che: a) la trattativa sarebbe stata condotta con un soggetto, la Ulstein Italia, che non è impresa produttrice di cogeneratori, mentre sarebbe esistito un preciso vincolo in tal senso nel capitolato predisposto per l’appalto concorso; b) non sarebbe stato formalizzato un mandato specifico a condurre la procedura negoziata; c) questa sarebbe stata decisa dal direttore generale che non ne aveva i poteri; d) la scelta è caduta su un’offerta che non era la più conveniente.
Appare opportuno premettere, in proposito, l’insegnamento della giurisprudenza, che afferma come la procedura negoziata senza previo bando, in caso di offerte inappropriate in precedente procedura, è un procedimento autonomo rispetto alla prima gara, nel quale l’Amministrazione “consulta i candidati di propria scelta e negozia con uno o più di essi le condizioni dell’appalto (art. 12, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 158 del 1995)” (Cons. St., Sez. VI, 8 agosto 1999, n. 1018; Sez. V, 24 dicembre 2001 n. 6377).
La normativa di settore, quindi, configura la trattativa privata come procedura caratterizzata dalla libertà delle forme, nella quale assume prevalenza l’esigenza di rispetto dei valori giuridici sostanziali, anche se, in ragione della rilevanza pubblicistica della scelta da compiere, ad essa sono applicabili i principi fondamentali che discendono dai precetti dell’imparzialità e del buon andamento, costituzionalmente garantiti.
Consegue da quanto si è detto che sono inammissibili, per difetto di un valido parametro di riferimento, le doglianze sub a), b), e c) di cui sopra.
Ed infatti, la circostanza che la trattativa sia stata condotta dalla Ulstein Italia, impresa che, non essendo produttrice degli impianti, è però controllata al 100% dalla Ulstein Bergen che li costruisce, rende irrilevante la mancata esibizione in sede di trattativa di una formale procura o di contratto di mandato. La natura informale e autonoma della trattativa privata come mezzo di scelta del contraente, mentre svincolava AGSM dall’osservanza delle forme stabilite per l’appalto concorso, le conferiva la facoltà di ritenere la Ulstein Italia soggetto idoneo a rappresentare la impresa controllante anche senza una formale procura. Sicché, a prescindere dai riflessi sulla validità del contratto, su cui si tornerà più avanti, nessun profilo di eccesso di potere è ravvisabile nella condotta dell’Amministrazione.
A nulla vale appellarsi alla menzione, fatta nella lettera d’intenti del 18 maggio 2000, del capitolato predisposto nel giugno 1999 per l’appalto concorso, sia perché il detto richiamo doveva comunque essere inteso come riferito alle clausole non modificate da successive determinazioni; sia perché la citazione aveva lo scopo di precisare quali “gruppi di cogenerazione” AGSM si impegnava ad acquistare, appunto quelli “conformi” al capitolato.
Ragionamento identico va condotto a proposito della pretesa incompetenza del direttore generale a decidere il ricorso alla trattativa privata. Quale che sia l’interpretazione da preferire della norma statutaria (art. 27, lett. n) sui poteri del detto dirigente, sta di fatto che il consiglio d’amministrazione nella seduta del 25 maggio 2000 ha preso atto delle operazioni che erano state condotte dagli organi della società, facendole proprie. Può dunque affermarsi che la volontà dell’Ente pubblico di contrattare con quel determinato soggetto, e la stessa scelta della modalità con cui è stato selezionato, siano imputabili all’organo dotato del relativo potere.
Risulta non fondata la censura sub d), relativa alla pretesa scelta dell’offerta meno conveniente tra quelle messe a confronto.
L’appellante sostiene che di aver indicato un prezzo per ciascuna unità di Lire 1.190.000.000, mentre il prezzo Ulstein sarebbe superiore perché pari a Lire 1.215.000.000. L’Amministrazione peraltro replica che il prezzo Ulstein comprendeva il costo di smontaggio e rimozione del vecchio motore, mentre l’offerta Jenbacher non includeva tale voce.
L’appellante sostiene, a quanto sembra, (“se una voce non è inserita in una offerta, tale voce non dovrà computarsi ai fini del calcolo del prezzo finale”. atto di appello, pag 23) che anche il suo prezzo avrebbe compreso il costo dello smontaggio.
La documentazione in atti, peraltro, non suffraga tale tesi. Mentre infatti, l’offerta Jenbacher del 18 aprile 2000 (iniziale) prevedeva comunque un onere di smontaggio e smaltimento dei vecchi moduli, di entità variabile a seconda della centrale considerata, il quale, unitamente al “Totale fornitura, collegamenti e supervisione”, andava a formare il “Totale 1 modulo montato”, l’offerta 3 maggio (finale) precisava che il prezzo offerto si riferiva soltanto a “Totale fornitura, collegamenti e supervisione”, ossia alla sola voce base. In altri termini, stante la indentificabilità delle voci di prezzo mediante il riferimento al modulo “foglio dati offerta”, appare certo che l’impegno che Jambacher avrebbe assunto non comprendeva per lo smontaggio alcun onere a proprio carico.
Né può avere un qualche pregio, in senso contrario, l’argomentazione, svolta in memoria, che l’offerta Jenbacher del 18 aprile (iniziale) recava, in corrispondenza della voce di prezzo per “ritiro modulo esistente”, la dicitura “nullo”, se contestualmente non si dà spiegazione alcuna circa la equivalente voce: “Smontaggio e smaltimento vecchi moduli e…”, la quale, come visto più sopra, determina un incremento medio di prezzo di circa 100 milioni.
In altri termini, l’appellante non ha potuto dimostrare che la propria offerta doveva essere considerata più conveniente, neppure facendo ricorso agli oneri di natura fiscale ed al patto di riservato dominio, nulla escludendo che simili aspetti si sarebbero verificati indipendentemente dal soggetto contraente.
Ne consegue che risulta infondata anche la censura di violazione dell’art. 26 del d.lgs. n. 158 del 1995, in riferimento alla nazionalità della Rolls-Royce Marine, essendo la Norvegia Paese estraneo alla Comunità Europea.
Il motivo viene proposto come eccesso di potere per difetto di motivazione, ma il suo fondamento, per ammissione della stessa appellante, dipende dalla possibilità, che non si è verificata, di giudicare più conveniente l’offerta Jenbacher.
Residua l’esame del motivo con il quale si fa rilevare che AGSM avrebbe condotto la trattativa con Ulstein Italia, ma poi ha stipulato il contratto di appalto con Rolls-Royce, senza che la medesima impresa norvegese avesse conferito uno specifico mandato alla detta Ulstein.
A tal fine non sarebbe sufficiente la clausola contrattuale che stabilisce la volontà di Rolls.Royce di avvalersi per la vendita dei manufatti della Ulstein Italia, perché il contratto è stato firmato dall’ing. Baroncini di Ulstein, il quale, pertanto, avrebbe conferito il mandato a sé stesso. In altri termini AGSM avrebbe posto in essere un contratto non idoneo a vincolare Rolls-Royce in quanto invalido.
Tale circostanza assumerebbe rilevanza sia sul versante della valutazione della condotta dei AGSM nella scelta del contraente e quindi nella gestione del pubblico interesse, sia sul piano della sorte del contratto, del quale si chiede contestualmente l’annullamento.
Il ragionamento dell’appellante non può essere seguito.
Va confermata la decisione del TAR nella parte in cui ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in tema di validità del contratto di appalto, in quanto la materia certamente esula dalla procedura di affidamento, che, pacificamente, concerne il procedimento di scelta del contraente.
Ne consegue che l’apprezzamento dei pretesi riflessi dell’eventuale invalidità del contratto sulla legittimità di tale procedura presupporrebbe un accertamento costitutivo che non è possibile condurre in questa sede.
In conclusione l’appello non merita accoglimento e la decisione esime il Collegio dall’esame della domanda di risarcimento del danno.
Le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello in epigrafe;
compensa le spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 marzo 2003 con l'intervento dei magistrati:
Alfonso Quaranta Presidente
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Francesco D’Ottavi Consigliere
Marzio Branca Consigliere est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Marzio Branca f.to Alfonso Quaranta
IL SEGRETARIO
f.to Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16 giugno 2003
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
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