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Consiglio di Stato, Sez. V, 30/6/2003 n. 3864
L'affidamento del servizio pubblico ad una società mista appositamente costituita dall'ente locale configura una gestione diretta assimilabile all'affidamento c.d. "in house" di matrice comunitaria.

La prevalenza del capitale pubblico deve essere valutata con riferimento all'insieme dei comuni titolari di partecipazioni sociali nella società mista e non a ciascuno di essi.

Il modulo gestorio dell'affidamento del servizio pubblico ad una società per azioni, a capitale misto, appositamente costituita dall'ente locale, esimendo quest'ultimo dallo svolgimento di una selezione pubblica per la scelta del gestore, va qualificato come gestione diretta del servizio da parte dell'Ente locale (C.S., Sez. V, 19 febbraio 1998, n.192), assimilabile all'affidamento c.d. in house di matrice comunitaria, e che il fondamento della sua attribuzione senza gara dev'essere rinvenuto negli atti costituivi della società ed in quelli di selezione del socio privato, da valersi quali provvedimenti genetici del soggetto giuridico per mezzo del quale (seppur in regime convenzionale) l'ente locale svolge il servizio.
Ne consegue che, se il perfezionamento dell'attribuzione della titolarità del servizio, inquadrabile nel noto schema della fattispecie a formazione progressiva, coincide con l'adozione del provvedimento amministrativo che ne assegna la gestione e con la (spesso contestuale) approvazione della convenzione accessoria, la definizione della presupposta situazione giuridica legittimante l'affidamento diretto non può che individuarsi nella costituzione del soggetto di diritto che autorizza, secondo il ricordato regime, l'attribuzione della titolarità del servizio al di fuori delle regole concorrenziali.
Gli atti di costituzione della società mista o quelli, successivi, di acquisizione della partecipazione da parte di un altro ente locale si rivelano, quindi, i provvedimenti concretamente idonei a sottrarre dal mercato di riferimento la possibilità di accesso alla contrattazione con l'amministrazione che ha optato per quella forma di gestione diretta del servizio, posto che il conferimento della sua titolarità vale quale atto meramente consequenziale rispetto a quelli di formazione della società e, per certi versi, automatico e vincolato in relazione alla presupposta scelta del modulo in questione (C.S., Ad. Gen., 16 maggio 1996 n.3035).
E' proprio con la prima categoria di provvedimenti, in conclusione, che l'ente locale manifesta e cristallizza l'opzione del modulo gestorio considerato, mentre con il successivo atto di affidamento si limita a dare esecuzione (necessitata) alla presupposta scelta organizzativa, di talchè la lesione effettiva ed immediata degli interessi delle imprese che aspirano alla gestione del servizio rimonta all'adozione delle delibere di costituzione della società mista e di selezione del socio privato, tenuto conto del carattere conclusivo della determinazione organizzatoria che implicano.
La peculiare formula gestoria consentita dall'art. 22 c. 3 lett. e) l. n.142/90 autorizza chiaramente, per l'univoca formulazione letterale della previsione relativa alla partecipazione di più soggetti pubblici, l'organizzazione in comune del servizio da parte di diversi enti locali (ovviamente con il concorso di uno o più soci privati di minoranza), sicchè la prevalenza del capitale pubblico va considerata con riferimento all'insieme dei comuni titolari di partecipazioni nel capitale sociale e non a ciascuno di essi (C.S., Sez. V, 30 aprile 2002, n.2298), anche perché, diversamente opinando, la titolarità in capo ad uno solo di una quota superiore al 50% escluderebbe automaticamente, in palese contrasto con la lettera e con la ratio della norma, la stessa possibilità della partecipazione di altri soggetti pubblici alla società.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente

 

decisione

Sul ricorso in appello n. 5509/1998 del 12/06/1998, proposto da: S.C.A R.L. SIR - EUDANIA SOCIETA' ITALIANA DI RISTORAZIONE e S.C.A R.L. CAMST - COOP. ALBERGO MENSA SPETTACOLO TURISMO rappresentate e difese dagli Avv.ti DOMENICO IARIA e VITTORIO CHIERRONI con domicilio eletto in Roma LUNGOTEVERE FLAMINIO 46 presso GIAN MARCO GREZ;

 

contro

- COMUNE DI SESTO FIORENTINO rappresentato e difeso dagli Avv.ti PAOLO STOLZI e ROBERTO CIOCIOLA con domicilio eletto in Roma VIA FLAMINIA N.79 presso ROBERTO CIOCIOLA;

- COMUNE DI CAMPI BISENZIO rappresentato e difeso dall’Avv. ANTON UGO SERRA con domicilio eletto in Roma VIA DELLA VITE 7 presso PIERO D'AMELIO;

- S.P.A. QUALITA' E SERVIZI rappresentata e difesa dall’Avv. FAUSTO FALORNI con domicilio eletto in Roma LUNGOTEVERE FLAMINIO 46 presso GIAN MARCO GREZ;

 

per la riforma

della sentenza del TAR TOSCANA - FIRENZE: Sezione II n. 238/1998, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO DI REFEZIONE SCOLASTICA ;

 

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del COMUNE DI SESTO FIORENTINO, COMUNE DI CAMPI BISENZIO e S.P.A. QUALITA' E SERVIZI;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 15 Aprile 2003, relatore il Consigliere Cons. Carlo Deodato ed uditi, altresì, gli avvocati Iaria, Ciociola, Falorni e D’Amelio su delega dell’avvocato Serra;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

Con la sentenza appellata venivano dichiarati in parte irricevibili ed in parte inammissibili due ricorsi, proposti dalla S.I.R. Eudania – Società Italiana di Ristorazione coop. a r.l. (d’ora innanzi SIR) e dalla C.A.M.S.T. – Cooperativa Albergo Mensa Spettacolo Turismo a r.l. (d’ora innanzi CAMST) dinanzi al T.A.R. della Toscana, intesi ad ottenere l’annullamento delle delibere con le quali i Comuni di Sesto Fiorentino e di Campi Bisenzio avevano dapprima (rispettivamente) costituito la (ed acquisito la partecipazione alla) Qualità e Servizi s.p.a., società mista a prevalente capitale pubblico (con la Pedus Service P. Dusman s.r.l. socio di minoranza), e successivamente affidato direttamente alla stessa il servizio di refezione scolastica delle scuole comunali, con contestuale approvazione della convenzione accessoria al predetto affidamento.

Avverso tale decisione proponevano rituale appello la SIR e la CAMST, denunciando l’erroneità del convincimento espresso dal Tribunale fiorentino circa la tardività dei ricorsi proposti in primo grado, riproponendo le censure dedotte a sostegno di quelli ed invocando la riforma della decisione appellata ed il conseguente annullamento delle delibere inizialmente gravate.

Resistevano i Comuni di Sesto Fiorentino e di Campi Bisenzio e la Qualità e Servizi difendendo la correttezza della statuizione appellata, contestando, nel merito, la fondatezza delle censure riproposte dalle ricorrenti e concludendo per la reiezione dei ricorsi.

Le parti illustravano ulteriormente le loro tesi mediante memorie difensive.

Alla pubblica udienza del 15 aprile 2003 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

1.- Per una compiuta comprensione delle questioni controverse appare necessaria una preliminare ricognizione della complessa vicenda, sostanziale e processuale, dedotta in giudizio.

1.1- Con delibera n.80 del 29.6.1994 il consiglio comunale di Sesto Fiorentino decideva la costituzione di una società per azioni mista a capitale pubblico maggioritario, ai sensi dell’art.22 c.3 lett.e) legge 8 giugno 1990, n.142 (allora vigente), alla quale affidare la gestione del servizio di refezione scolastica ed, al fine di selezionare il partner privato, veniva indetta, con delibera di giunta n.1340 del 24.10.1994, apposita procedura selettiva, alla quale partecipavano, tra le altre, la SIR e la CAMST, che si concludeva con la scelta della Pedus Service quale socio privato di minoranza.

Con successive delibere (n.116 del 6.12.1995 di c.c. e n.370 del 25.3.1996 di g.c.) venivano approvati lo statuto e l’atto costitutivo della Qualità e Servizi, alla quale veniva, poi, affidato il servizio, in regime di convenzione, con la delibera di g.c. n.1663 del 23.12.1996.

Nel frattempo, il Comune di Campi Bisenzio aveva stabilito (con delibera n.102 del 7.6.1996) di acquisire una partecipazione azionaria nella Qualità e Servizi (con conseguente, definitiva ripartizione delle quote nei seguenti termini: 38,08% al Comune di Sesto Fiorentino, 31,46% al Comune di Campi Bisenzio e 30,46% alla Pedus Service), al dichiarato fine di affidare alla stessa il servizio di refezione scolastica, come, infatti, successivamente disposto con delibera di g.c. n.1350 del 31.12.1996.

1.2- Con due distinti ricorsi (registrati ai nn.1114/97 e 1210/97) la SIR e la CAMST impugnavano dinanzi al T.A.R. della Toscana le delibere di g.c. del Comune di Sesto Fiorentino (n.1663 del 23.12.1996) e del Comune di Campi Bisenzio (n.1350 del 31.12.1996), con le quali i predetti enti avevano disposto l’affidamento diretto alla Qualità e Servizi del servizi di refezione scolastica, con contestuale approvazione della convenzione accessoria, e le presupposte delibere con le quali i Comuni in questione avevano, rispettivamente, provveduto a costituire la società mista ed a selezionare il socio privato (Sesto Fiorentino) e ad acquisire una partecipazione nella stessa (Campi Bisenzio).

1.3- Con sentenza n.238/98 in data 3 marzo 1998 il Tribunale toscano dichiarava in parte irricevibili ed in parte inammissibili i suddetti ricorsi, sulla base del decisivo rilievo della portata immediatamente lesiva delle determinazioni (tardivamente gravate) con le quali gli enti resistenti avevano deliberato la costituzione della società mista e l’acquisizione di una quota del suo capitale allo scopo di affidare alla stessa il servizio controverso.

I giudici fiorentini accertavano, in sintesi, la tardività dei ricorsi, nei riguardi delle delibere con le quali erano stati definiti l’assetto giuridico e la composizione soggettiva della società, ed il conseguente difetto di interesse, in conseguenza del consolidamento degli effetti delle predette determinazioni, alla contestazione giudiziale di quelle di affidamento del servizio alla Qualità e Servizi, in quanto meramente consequenziali ai provvedimenti costituivi della società mista, rimasti inoppugnati.

1.4- Le cooperative ricorrenti contestano, anzitutto, la correttezza di tale pronuncia, sostenendo, in sostanza, che la lesione dell’interesse azionato si è concretata con l’affidamento del servizio e non, come erroneamente ritenuto dal T.A.R., con l’adozione delle delibere di costituzione della società, asseritamente inidonee a pregiudicare immediatamente la loro posizione sostanziale, e che, anche qualificando queste ultime come atti immediatamente lesivi, ricorrono più ragioni per la concessione del beneficio della rimessione in termini, espressamente invocato.

1.5- Gli enti e la società appellati difendono, ovviamente, il convincimento espresso dal T.A.R. circa la tardività dei ricorsi originari e ribadiscono la sussistenza dell’onere, nella specie non assolto dalle parti sulle quali incombeva, di immediata impugnazione delle delibere con le quali si è proceduto alla costituzione della società mista, ai sensi dell’art.22 l. n.142/90 (adesso art.113 d. lgs. 18 agosto 2000, n.267), all’espresso fine di affidarle la gestione del servizio a cui le ricorrenti dichiarano di aspirare.

2.- Così ricostruita la vicenda sostanziale e processuale controversa e chiariti i termini della decisiva questione di rito, occorre procedere alla disamina di quest’ultima, principiando dalla qualificazione dell’interesse azionato dalle ricorrenti, dalla conseguente individuazione del pregiudizio lamentato e dell’utilità che, con la proposizione della domanda in esame, si intende conseguire e, in definitiva, dalla definizione dell’azione e delle opzioni amministrative sostanzialmente criticate.

2.1- Ora, dall’esame del ricorso si evince chiaramente che le ricorrenti, quali operatrici nel settore della somministrazione di pasti nonché precedenti gestori, denunciano l’illegittimità dell’affidamento diretto alla società Qualità e Servizi del servizio di refezione scolastica, sostenendo, in sostanza, l’inconfigurabilità in quest’ultimo dei caratteri propri del servizio pubblico locale, assumendo, quindi, l’invalidità dell’utilizzo, per la concessione dell’appalto in questione, del peculiare strumento apprestato dall’art.22 l. n.142/90 e concludendo, in definitiva, per l’insussistenza delle condizioni che autorizzano, secondo gli ordinamenti di riferimento (appalti di forniture o di servizi), l’affidamento della gestione del servizio di refezione scolastica al di fuori della regola della selezione dell’appaltatore con procedura ad evidenza pubblica, (nella specie, illegittimamente pretermessa).

Le ricorrenti si dolgono, quindi, dell’impossibilità di accedere alla contrattazione con i Comuni resistenti in regime di concorrenza ed aspirano, per mezzo dell’annullamento degli atti impugnati e della partecipazione alla gara pubblica conseguentemente indetta, a conseguire l’affidamento del servizio controverso.

2.2- L’individuazione dei provvedimenti che, nella complessa sequenza procedimentale sopra descritta, dovevano essere impugnati immediatamente, pena l’irricevibilità dei ricorsi, va, quindi, compiuta con specifico riferimento alla posizione sostanziale che le stesse cooperative assumono lesa dall’adozione degli atti gravati.

Avuto riguardo all’interesse azionato dalle ricorrenti, vanno, pertanto, qualificati come immediatamente lesivi gli atti che definiscono conclusivamente l’opzione dell’ente locale per il peculiare modulo gestorio dell’affidamento diretto alla società mista, per come regolato ed autorizzato dalla vecchia formulazione dell’art.113 d.lgs. n.267/00, sottraendo al confronto concorrenziale l’attribuzione del servizio e precludendo, dunque, alle imprese interessate di accedere alla relativa contrattazione.

2.3- Tale indagine postula, evidentemente, la definizione dei rapporti, con riferimento al regime previgente, tra la costituzione di una società mista ai sensi dell’art.113 lett.e) d. lgs. n.267/00 ed il conferimento alla stessa della titolarità del servizio locale.

Com’è noto, la disciplina degli affidamenti dei servizi pubblici locali vigente al momento dell’adozione degli atti impugnati (poi sostituita dal nuovo testo dell’art.113 t.u.e.l., introdotto dall’art.35 legge n.448/2001) consentiva l’affidamento diretto del servizio ad una società per azioni, a capitale misto, appositamente costituita dall’ente locale, esimendo quest’ultimo dallo svolgimento di una selezione pubblica per la scelta del gestore.

Nonostante possa convenirsi, in proposito, che tale peculiare modulo gestorio, pur consentendo l’affidamento diretto, imponga, tuttavia, il conferimento formale del servizio alla società (con specifico atto amministrativo che attribuisca a questa la relativa gestione) e la regolamentazione convenzionale dei rapporti conseguenti (con l’approvazione di un contratto di servizio che disciplini l’assetto degli interessi, non solo patrimoniali, coinvolti nell’esecuzione del servizio), si deve, peraltro, rilevare che il modello in questione va qualificato come gestione diretta del servizio da parte dell’Ente locale (C.S., Sez. V, 19 febbraio 1998, n.192), assimilabile all’affidamento c.d. in house di matrice comunitaria, e che il fondamento della sua attribuzione senza gara dev’essere rinvenuto negli atti costituivi della società ed in quelli di selezione del socio privato, da valersi quali provvedimenti genetici del soggetto giuridico per mezzo del quale (seppur in regime convenzionale) l’ente locale svolge il servizio.

Ne consegue che, se il perfezionamento dell’attribuzione della titolarità del servizio, inquadrabile nel noto schema della fattispecie a formazione progressiva, coincide con l’adozione del provvedimento amministrativo che ne assegna la gestione e con la (spesso contestuale) approvazione della convenzione accessoria, la definizione della presupposta situazione giuridica legittimante l’affidamento diretto non può che individuarsi nella costituzione del soggetto di diritto che autorizza, secondo il ricordato regime, l’attribuzione della titolarità del servizio al di fuori delle regole concorrenziali.

Gli atti di costituzione della società mista o quelli, successivi, di acquisizione della partecipazione da parte di un altro ente locale si rivelano, quindi, i provvedimenti concretamente idonei a sottrarre dal mercato di riferimento la possibilità di accesso alla contrattazione con l’amministrazione che ha optato per quella forma di gestione diretta del servizio, posto che il conferimento della sua titolarità vale quale atto meramente consequenziale rispetto a quelli di formazione della società e, per certi versi, automatico e vincolato in relazione alla presupposta scelta del modulo in questione (C.S., Ad. Gen., 16 maggio 1996 n.3035).

E’ proprio con la prima categoria di provvedimenti, in conclusione, che l’ente locale manifesta e cristallizza l’opzione del modulo gestorio considerato, mentre con il successivo atto di affidamento si limita a dare esecuzione (necessitata) alla presupposta scelta organizzativa, di talchè la lesione effettiva ed immediata degli interessi delle imprese che aspirano alla gestione del servizio rimonta all’adozione delle delibere di costituzione della società mista e di selezione del socio privato, tenuto conto del carattere conclusivo della determinazione organizzatoria che implicano.

2.4- Gli atti che le ricorrenti avevano l’onere di impugnare immediatamente sono, dunque, le delibere con le quali i Comuni appellati hanno stabilito (rispettivamente) di costituire la società mista e di acquisirne una partecipazione e non, come vorrebbero le appellanti, i conseguenti provvedimenti di affidamento del servizio e di approvazione della convenzione accessoria, come visto meramente consequenziali ai primi e privi di autonoma portata lesiva.

2.5- Tale conclusione risulta, peraltro, confermata ed avvalorata dall’esame, nel caso di specie, del contenuto dei provvedimenti controversi e della posizione concretamente assunta delle cooperative ricorrenti nell’articolata sequenza procedimentale prima descritta.

Si rivelano, al riguardo, particolarmente significativi gli elementi documentali della ripetuta affermazione, nelle delibere comunali che hanno concorso alla costituzione della società ed alla definizione della sua compagine proprietaria, della preordinazione delle relative determinazioni al successivo affidamento diretto alla Qualità e Servizi del servizio di refezione delle scuole comunali e del concorso della SIR e della CAMST alla procedura indetta dal Comune di Sesto Fiorentino per la selezione del partner privato (con conseguente comunicazione diretta alle stesse dell’esito, per loro sfavorevole, della gara).

Da tali univoci e concordanti indici si ricava chiaramente che i Comuni resistenti hanno esplicitato inequivocabilmente l’intenzione di finalizzare la costituzione della società mista all’unico scopo del successivo conferimento alla stessa della titolarità del servizio in questione, al di fuori di procedure selettive ad evidenza pubblica, e che le cooperative istanti hanno evidentemente avvertito gli effetti sostanziali di quelle determinazioni, avendo addirittura partecipato alla gara per la scelta del socio di minoranza e preso conoscenza del suo risultato.

2.6- Non può, in definitiva, dubitarsi, pur non ricorrendo gli estremi dell’acquiescenza nella ricordata partecipazione alla gara per la scelta del socio, del carattere immediatamente lesivo delle delibere di costituzione della società mista e della contestuale percezione da parte delle odierne ricorrenti degli effetti pregiudizievoli, per la posizione soggettiva successivamente azionata, degli atti genetici del soggetto di diritto cui sarebbe stata affidata la gestione del servizio.

2.7- Vanno, dunque, disattesi tutti gli argomenti intesi a dimostrare il carattere lesivo delle sole determinazioni di affidamento ed a sostenere la conseguente tempestività dei ricorsi originari, che va, invece, negata risultando documentalmente provato (e non contestato) che i ricorsi introduttivi del giudizio di primo grado sono stati notificati tardivamente rispetto alla conoscenza legale (coincidente con l’ultimo giorno della pubblicazione nell’albo pretorio) delle delibere relative alla costituzione della società ed all’acquisizione di una sua quota da parte del Comune di Bisenzio e tempestivamente (ma inutilmente) rispetto alle sole determinazioni di affidamento del servizio alla Qualità e Servizi e di approvazione della relativa convenzione.

3.- Né la portata immediatamente lesiva delle delibere tardivamente impugnate può essere esclusa, come vorrebbero, con altro argomento, le appellanti, sulla base della negazione del carattere di servizio pubblico locale della refezione scolastica e della conseguente inammissibilità dell’affidamento diretto della sua gestione ad una società mista costituita ai sensi dell’art.22 l. n.142/90.

Posto, infatti, che i Comuni resistenti avevano chiarito la loro volontà di valersi di quel modulo organizzatorio per la gestione del servizio in oggetto, non poteva dubitarsi, al momento dell’adozione delle delibere costitutive della società mista, che a quest’ultima sarebbe stato affidato il compito in questione, sicchè, a prescindere dalla correttezza della qualificazione del servizio operata dagli enti, le imprese che avessero voluto contestare la regolarità di tale opzione avrebbero dovuto farlo nei termini di decadenza dall’adozione delle determinazioni (chiaramente lesive dell’interesse all’affidamento del servizio in esito ad una gara pubblica) che, sulla base della definizione della refezione scolastica come servizio pubblico locale, avevano formalizzato quella scelta.

4.- Le conclusioni appena raggiunte non paiono, peraltro, inficiate dall’ulteriore duplice rilievo, svolto dalle appellanti, dell’inutilizzabilità dello strumento apprestato dall’art.22 c.3 lett.e) l. n.142/90, per l’affermata insussistenza del requisito relativo al carattere maggioritario della partecipazione dei singoli Comuni resistenti, e ,dunque, della portata lesiva del solo atto successivo di attribuzione della gestione del servizio.

Anche prescindendo dalla dirimente considerazione che tale censura concerne la legittimità del modulo prescelto, non rilevando in alcun modo sulla lesività dei relativi atti e dovendo, quindi, essere introdotta nel rispetto dei termini ordinari stabiliti per la loro impugnazione, risulta agevole osservare che la peculiare formula gestoria consentita dalla disposizione citata autorizza chiaramente, per l’univoca formulazione letterale della previsione relativa alla partecipazione di più soggetti pubblici, l’organizzazione in comune del servizio da parte di diversi enti locali (ovviamente con il concorso di uno o più soci privati di minoranza), sicchè la prevalenza del capitale pubblico va considerata con riferimento all’insieme dei comuni titolari di partecipazioni nel capitale sociale e non a ciascuno di essi (C.S., Sez. V, 30 aprile 2002, n.2298), anche perché, diversamente opinando, la titolarità in capo ad uno solo di una quota superiore al 50% escluderebbe automaticamente, in palese contrasto con la lettera e con la ratio della norma, la stessa possibilità della partecipazione di altri soggetti pubblici alla società.

5.- Restano da esaminare gli argomenti con i quali le ricorrenti affermano la tempestività dei ricorsi in primo grado, anche nell’ipotesi del riconoscimento dell’onere di immediata impugnazione delle delibere di costituzione della Qualità e Servizi.

5.1- Si assume, innanzitutto, che, anche a voler ritenere immediatamente lesiva la costituzione della società mista, le delibere ritenute tardivamente impugnate si rivelano inidonee, prima dell’omologazione dell’atto costitutivo da parte del Tribunale Civile e della sua conseguente iscrizione nel registro delle imprese, a determinare l’esistenza e l’operatività del nuovo soggetto di diritto, entrambe condizionate ai predetti successivi adempimenti.

La tesi è infondata.

Il controllo di legittimità dell’atto costitutivo riservato al Tribunale Civile e la conseguente sua iscrizione nel registro delle imprese valgono, infatti, secondo il regime previgente dell’omologazione degli atti societari, come mere condizioni di opponibilità ai terzi della costituzione della società (secondo il regime pubblicitario cui ineriscono), ma non ne impediscono l’operatività e non incidono in alcun modo sull’efficacia (quantomeno interna) della manifestazione della volontà negoziale dei soci di formare l’impresa, esclusivamente ascrivibile, nella specie, alle delibere comunali che hanno conclusivamente definito la compagine proprietaria e l’oggetto dell’attività sociale.

Non può, in sintesi, dubitarsi che, anche prima dei predetti controlli e adempimenti, la costituzione della società, per come decisa dai suoi soci pubblici e privati, fosse idonea a produrre immediatamente gli effetti sostanziali lesivi lamentati dalle cooperative ricorrenti, che si risolvono, a ben vedere, nell’estrinsecazione provvedimentale dell’opzione gestoria contestata.

5.2- Viene, da ultimo, invocata la concessione del beneficio della rimessione in termini per errore scusabile, sulla base, tra l’altro, del rilievo dell’omessa indicazione nelle delibere tardivamente impugnate dell’autorità giudiziaria alla quale ricorrere e del termine per proporre impugnazione, in presunta violazione del disposto di cui all’art.3 c.4 della legge 7 agosto 1990. n.241.

Il beneficio invocato non può essere concesso per l’insussistenza dei suoi presupposti.

Premesso, infatti, che l’istituto dell’errore scusabile esige la ricorrenza di una situazione, di fatto o di diritto, di oggettiva incertezza (Cons. Stato, Sez. IV, 20 giugno 1994, n.522) che induca palesemente in errore il soggetto interessato circa l’attualità dell’onere di impugnazione e che non è dato ravvisare, nel caso di specie, il presupposto, esclusivamente idoneo ad ingenerare un affidamento incolpevole circa l’insussistenza del predetto obbligo, della difficoltà, complessità od equivocità della fattispecie controversa (anche tenuto conto della chiarezza delle delibere divenute inoppugnabili in merito alla loro preordinazione al successivo affidamento diretto del servizio alla società mista e della documentata conoscenza da parte delle ricorrenti del relativo contenuto dispositivo), va negata la richiesta rimessione in termini e confermato, quindi, il giudizio di tardività dei ricorsi in primo grado.

Né vale, di contro, allegare l’inosservanza dell’obbligo sancito dall’art.3 c.4 l. n.241/90, posto che l’indicazione del termine e dell’autorità alla quale è possibile ricorrere risulta espressamente prescritta per i soli atti notificati al destinatario e che le delibere in questione non imponevano, per il loro carattere generale e per l’inconfigurabilità di alcuna posizione soggettiva direttamente interessata dai loro effetti sostanziali in capo alle odierne appellanti, l’obbligo della loro comunicazione personale a queste ultime (da valersi quali soggetti di diritto estranei ai rapporti immediatamente regolati dalle determinazioni correttamente sprovviste delle predette informazioni).

Non può, da ultimo, dubitarsi della compatibilità costituzionale della limitazione dell’obbligo informativo in questione ai soli provvedimenti da notificare al destinatario.

Tale disposizione non appare, in particolare, irragionevole né contraria al diritto di difesa, operando una distinzione razionale tra gli atti soggetti a comunicazione individuale (per i quali le esigenze informative circa gli strumenti di tutela azionabili si rivelano più pregnanti) e quelli pubblicati in altre forme e non precludendo o limitando l’efficace attivazione dei rimedi giudiziari contro questi ultimi, che non può ritenersi condizionata dall’indicazione (peraltro ultronea) di elementi che il cittadino è, comunque, tenuto a conoscere con gli strumenti normali di cognizione dell’ordinamento.

Va, quindi, giudicata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale da ultimo sollevata dalle ricorrenti.

6.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, la reiezione dell’appello e la conferma della pronuncia impugnata.

7.- La complessità della questione principalmente dibattuta giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e compensa le spese processuali.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 15 Aprile 2003  con l’intervento dei Sigg.ri:

Alfonso Quaranta         - Presidente

Giuseppe Farina           - Consigliere

Corrado Allegretta       - Consigliere

Francesco D'Ottavi      - Consigliere

Carlo Deodato             - Consigliere Estensore

 

L'ESTENSORE                      IL PRESIDENTE

F.to Carlo Deodato                 F.to Alfonso Quaranta

IL SEGRETARIO

F.to Francesco Cutrupi

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30 giugno 2003

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

F.to Antonio Natale

 

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