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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi in appello nn. 5578/2002 e 5579/2002, proposti:
a) quanto all’appello n. 5578/2002: dal Comune di SANT’AGATA SUL SANTERNO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Lucio IANNOTTA e Cesare CATURANI e presso il primo elettivamente domiciliato in Roma, via Cola di Rienzo 111,
CONTRO
ITALGAS – Società Italiana per il Gas – s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano D’ERCOLE, Luigi MEDUGNO e Luca NANNI e presso il secondo elettivamente domiciliata in Roma, via Panama 12,
e nei confronti
del Consorzio A.M.I. – Azienda Multiservizi Intercomunale di Imola - in persona del legale rappresentante p.t., non costituitosi in giudizio;
***
b) quanto all’appello n. 5579/2002: dal Consorzio A.M.I. – Azienda Multiservizi Intercomunale di Imola - in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo Emanuele GALLO, Alberto ROMANO e Cesare CATURANI e presso il secondo elettivamente domiciliato in Roma, lungotevere Marzio 3,
CONTRO
ITALGAS – Società Italiana per il Gas – s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata,
e nei confronti
dal Comune di SANT’AGATA SUL SANTERNO, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio,
per l’annullamento
della sentenza del TAR dell’Emilia Romagna, sede di Bologna, Sezione II, 7 giugno 2002, n. 23 (dispositivo 21 maggio 2002);
visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio, nei due ricorsi, della società appellata;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
viste le ordinanze della Sezione 22 ottobre 2002, nn. 4595 e 4629;
relatore, alla pubblica udienza del 14 marzo 2003, il Cons. Paolo BUONVINO; uditi, per le parti, gli avv.ti ROMANO, IANNOTTA, MEDUGNO e NANNI;
visto il dispositivo n. 124 del 22 marzo 2003.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
1) Con la sentenza appellata il TAR ha:
a) riunito i ricorsi:
a.1) n. 1660/1998, proposto dalla società Italgas s.p.a. per l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di Sant’Agata sul Santerno 16 giugno 1998, n. 22, avente ad oggetto il “preavviso di riscatto relativo alla concessione relativa all’impianto di distribuzione gas metano alla ditta ITALGAS s.p.a.”, nonché degli atti presupposti, ivi inclusa la delibera 7 luglio 1995, n. 29, di adesione del Comune stesso al Consorzio A.M.I.;
a.2) n. 1602/2000, proposto dalla stessa società per l’annullamento della deliberazione consiliare n. 53 del 20 ottobre 2000, di riscatto definitivo del servizio di distribuzione gas nel territorio comunale e prosecuzione dello steso mediante il Consorzio A.M.I., nonché della deliberazione 28 settembre 2000, n. 47, relativa alla determinazione dell’indennità di riscatto; erano impugnati anche gli atti presupposti di cui al precedente ricorso n. 1660/98.
b) ha accolto il ricorso n. 1602//2000 e dichiarato improcedibile quello n. 1660/1998.
Il TAR ha ritenuto che la disciplina di cui al d.lgs. n. 164 del 2000 abbia comportato l’abrogazione implicita dell’istituto, con la stessa incompatibile, del riscatto anticipato disciplinato dal r.d. n. 2578/1925, in tal senso aderendo all’orientamento espresso nella decisione di questo Consiglio n. 902/2000 e non ostando a tale conclusione la specificità della fattispecie.
2) Dopo averne impugnato il dispositivo con separati appelli, gli appellanti Consorzio A.M.I. e Comune di Sant’Agata sul Santerno hanno tempestivamente svolto riservati motivi avverso la sentenza, una volta pubblicatane la motivazione.
Deducono, in particolare, l’erroneità dell’impugnata decisione in quanto la peculiarità della fattispecie (adesione del Comune al Consorzio Multiservizi A.M.I. del 1995 – non tempestivamente impugnata – seguita dal preavviso di riscatto n. 22 dell’11 giugno 1998 e, quindi, in un momento comunque antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000) avrebbe legittimato il riscatto, in quanto la volontà dell’Ente di avvalersi del Consorzio stesso si sarebbe perfezionata in un momento sicuramente anteriore rispetto a quello di entrata in vigore della novella normativa.
Resiste la società Italgas che, nella proprie difese, insiste per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
DIRITTO
1) Gli appelli in epigrafe (nn. 5578/2002 e 5579/2002), in quanto proposti avverso un’unica sentenza, debbono essere riuniti.
Appare utile premettere, in linea di fatto, che il Comune appellante, con deliberazione 7 luglio 1995, n. 29, ha aderito al Consorzio A.M.I., Azienda Multiservizi Intercomunale di Imola, costituito ai sensi degli artt. 23 e 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, per l’esercizio, a favore dei Comuni consorziati, di una pluralità di servizi pubblici, tra i quali rientrava quello di trasporto, trattamento, distribuzione e vendita di gas per qualsiasi uso.
Successivamente, ai sensi degli artt. 24 e 25 del r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, il Comune ha notificato alla società ITALGAS s.p.a. il preavviso di riscatto, giusta la deliberazione consiliare 11 giugno 1998, n. 22.
Tali deliberazioni sono state impugnate dalla società ITALGAS s.p.a. innanzi al TAR con ricorso n. 1660/1998, dichiarato, con la sentenza qui appellata, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Quindi il Comune ha deliberato di esercitare il diritto di riscatto con deliberazione n. 53 del 20 ottobre 2000, impugnata innanzi al TAR (unitamente alla delibera n. 47 del 28 settembre 2000, avente ad oggetto la determinazione dell’indennità di riscatto) con il ricorso n. 1602/2000, accolto con la sentenza qui appellata.
2) Deducono il Comune e il Consorzio appellanti l’erroneità della sentenza anzitutto laddove non avrebbe debitamente considerato il fatto che nella specie l’opzione per l’affidamento diretto del servizio di distribuzione del gas al Consorzio stesso da parte del Comune sarebbe intervenuta ben prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 164 del 23 maggio 2000; sicché il riscatto – ancorché abbia avuto luogo dopo l’entrata in vigore di tale decreto – non avrebbe rappresentato altro che un provvedimento attuativo della scelta dell’ente locale di riorganizzare in via diretta il servizio in parola, già compiutamente prefigurata e precostituita in un momento in cui la stessa era perfettamente valida e legittima.
Sul punto, deducono, ancora, gli appellanti che i consorzi-azienda - quale l’A.M.I. - nel contesto della legge n. 142/1990, vigente al momento dell’adesione, sarebbero strumenti di gestione costituiti e partecipati dai Comuni unicamente in ragione dell’espletamento dei propri servizi pubblici; si tratterebbe, quindi, di servizi “dedicati”, vale a dire appositamente operanti per la gestione di pubblici servizi, sicché non sarebbe possibile all’ente locale aderirvi senza, per ciò stesso, affidare ad esso la gestione dei propri servizi pubblici rientranti nell’oggetto consortile, neppure occorrendo, a tal fine, un vero e proprio atto di affidamento; con la conseguenza che al momento dell’entrata in vigore della novella normativa del 2000 l’affidamento del servizio gas, da parte del Comune, al Consorzio, avrebbe dovuto ritenersi già operativo e non tempestivamente impugnato, sebbene a suo tempo portato a conoscenza della società appellata.
3) Tali doglianze non possono essere condivise.
Con decisioni n. 902 del 15 febbraio 2002 e n. 3455 del 25 giugno 2002, la Sezione ha già espresso il proprio orientamento in merito al venir meno – a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000 – della potestà di riscatto di cui all’art. 24 del r.d. n. 2578 del 1925 per quanto attiene al servizio di distribuzione del gas.
Da tale orientamento, che il Collegio richiama e fa proprio, non vi è ragione di discostarsi, pur in presenza delle peculiarità della presente controversia, come sopra evidenziate dagli appellanti.
Il d.lgs. n. 164/2000 è entrato in vigore, infatti, in un momento in cui la procedura volta al riscatto e al correlato affidamento diretto non si era ancora perfezionata.
Nella specie, invero, la stipula della convenzione con il Consorzio e la deliberazione consiliare ad essa preordinata costituiscono solo atti prodromici rispetto al concreto affidamento del servizio.
Fino a che si protrae, infatti, la gestione del servizio da parte del concessionario sulla base di un atto concessorio pienamente valido ed efficace, eventuali determinazioni volte a modificare gli assetti gestionali mediante la sostituzione del concessionario stesso con un nuovo gestore – ancorché di natura pubblicistica, quale il consorzio-azienda - assumono carattere meramente preparatorio e privo di ogni efficacia attuale, salva quella nei rapporti interni tra il Comune e il Consorzio medesimo.
Soltanto attraverso il concreto esercizio del riscatto, quindi, con il quale veniva espressa e consolidata la definitiva scelta del Comune, poteva, invero, concretizzarsi il trasferimento della gestione dal concessionario precedente al soggetto “dedicato” di cui si tratta.
Ai fini del perfezionamento della procedura in questione non può, infatti, non intervenire la definitiva determinazione comunale di esercizio del riscatto, la semplice adesione al modulo consortile aziendale non contenendo ancora la scelta ultima della P.A., ma, in assenza del riscatto, solo la manifestazione di un opzione ad avvalersi di tale strumento operativo in un momento futuro ed incerto.
4) Né concretizza tale scelta la deliberazione assunta dal Comune volta al preavviso del riscatto stesso.
E ciò sia tenuto conto del dettato normativo (art. 24 r.d. n. 2587/1925: “il riscatto deve essere sempre preceduto dal preavviso di un anno”, sicché lo stesso vale come atto procedimentale preparatorio, destinato solo a portare a conoscenza del concessionario la possibilità che l’Ente locale si determini, in futuro, in base a considerazioni di convenienza in itinere, a deliberare il riscatto stesso), sia dello specifico contenuto testuale dell’atto di preavviso di cui qui si discute (delibera consiliare n. 22/1998).
Secondo questo, in particolare: “il preavviso ha natura prodromica e non decisoria in via definitiva di un riscatto che il Consiglio Comunale potrebbe eventualmente decidere di non effettuare a fronte di sopraggiunte valutazioni di differente rispondenza all’interesse pubblico nell’epoca in cui esso dovrebbe essere pronunciato”; e che esso, inoltre, “riveste natura di atto strumentale e propedeutico…..e……rappresenta una eventualità del tutto coerente e consequenziale con la già intervenuta adesione al Consorzio AMI al fine di gestire tramite esso i servizi pubblici comunali; riservate tutte le determinazioni in tema di decisione del riscatto ai sensi dell’art. 24 R.D. n. 2578/1925 entro il….”).
Ne consegue, quindi, che la volontà del Comune di avvalersi del servizio consortile esprimeva certamente un intento tendenziale (“al fine di gestire tramite esso i servizi pubblici comunali”), ma non poteva ancora ritenersi attualizzata, non escludendo, il Comune stesso, nonostante l’adesione al Consorzio deliberata nel 1995, la concreta possibilità di determinarsi diversamente.
In definitiva, l’adesione al Consorzio ha costituito solo un atto presupposto in vista dell’affidamento diretto, ma esso è rimasto, non di meno, subordinato e condizionato, per quanto attiene allo specifico servizio di cui si tratta (ed esclusa ogni rilevanza della presente decisione per quanto attiene agli altri servizi erogati o da erogarsi dal predetto Consorzio a seguito dell’adesione ad esso del Comune qui appellante) al definitivo esercizio del riscatto.
I contenuti degli atti convenzionali tra Comune e Consorzio vincolavano, invero, i contraenti e, quindi, per quanto qui interessa, implicavano il sorgere di un rapporto obbligatorio tra gli stessi per ciò che riguardava l’affidamento diretto del servizio pubblico una volta che il Comune avesse esercitato il riscatto; ma, quali semplici atti convenzionali, non potevano vincolare soggetti terzi, ad essi estranei, né assumere carattere autoritativo verso gli stessi.
Né può condividersi l’assunto secondo cui le riserve come sopra espresse dal Comune in sede di preavviso di riscatto avrebbero evidenziato non la mancata e incompiuta manifestazione della scelta dell’affidamento diretto, ma, al contrario, proprio l’impegnatività della scelta operata nel 1995; ciò in quanto, sempre ad avviso degli appellanti, al mancato esercizio del riscatto verrebbe a corrispondere, in effetti – ma solo per eventuali sopraggiunte valutazioni di differente rispondenza all’interesse pubblico – la revoca della propria precedente volizione.
La scelta operata nel 1995 era da ritenersi subordinata, infatti, per i motivi già detti, ad una sorta di condizione sospensiva di efficacia, che subordinava l’effettivo affidamento del servizio all’A.M.I. non solo alla sottrazione del servizio al gestore privato a mezzo del riscatto, ma, prima ancora, alla concreta verifica di rispondenza di tale affidamento - al momento dell’esercizio del riscatto medesimo - ad un concreto interesse pubblico; pertanto, la procedura poteva perfezionarsi solo all’atto del materiale esercizio del riscatto, in quanto solo in tale momento poteva verificarsi la sussistenza, in concreto, di tutti gli elementi utili e necessari al consolidamento della volontà dell’Amministrazione comunale e al perfezionamento della procedura e, quindi, l’insorgere dell’interesse al gravame.
5) Deducono, ancora, gli appellanti che avrebbe errato il TAR nel ritenere che, affinché potesse configurarsi l’assunzione diretta del servizio, sarebbe stata necessaria l’approvazione, da parte del Comune, ai sensi dell’art. 10 del r.d. n. 2578/1925 (e relativo regolamento di cui al d.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902), anche di un progetto di massima tecnico-finanziario, recante l’indicazione dei mezzi per fare fronte alle spese di impianto e di gestione del servizio; ciò in quanto l’approvazione di tale progetto, dopo l’entrata in vigore dalla legge n. 142/1990, non costituirebbe più un presupposto indispensabile della scelta organizzativa dell’ente locale; sicché sarebbe del tutto privo di rilevanza il fatto che il Comune abbia, non di meno, approvato il progetto stesso ancorché dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000.
Anche tale doglianza è da disattendere.
Correttamente i primi giudici hanno ritenuto, a supporto delle proprie precedenti argomentazioni, non solo che la semplice adesione al Consorzio non determinasse – fino a che non fosse stato legittimamente esercitato il diritto di riscatto - il perfezionamento dell’iter di affidamento del servizio al medesimo, ma anche che tale conclusione era supportata dal fatto che il progetto anzidetto non è stato redatto se non in occasione dell’esercizio stesso del riscatto.
E non è senza significato che la procedura del riscatto in base alla disciplina di cui al ripetuto r.d. n. 2875/1925 implicava l’applicazione del disposto di cui all’art. 10 del decreto stesso, secondo cui (secondo comma) la deliberazione con la quale il Comune stabilisce l’assunzione diretta dei pubblici servizi (o, per quanto qui interessa, decida di riscattarli) “deve indicare, mediante apposito progetto di massima tecnico e finanziario, i mezzi con cui s’intende far fronte alle spese per l'impianto e per la gestione del servizio che vuolsi assumere”; sicché, per completare l’iter di restituzione della gestione al Comune era necessaria anche la redazione di tale progetto, in assenza della quale il percorso procedurale volto al riscatto non poteva ritenersi definito.
E, del resto, il citato art. 10 non risulta essere stato abrogato dalla disciplina normativa di cui alla legge n. 142 dell’8 giugno 1990, la possibilità di avvalersi dei servizi offerti dalle aziende speciali non avendo escluso, per l’amministrazione che avesse inteso farvi ricorso, la sussistenza in capo alla stessa di oneri (per il reperimento dei necessari strumenti finanziari da conferire, per la copertura dei costi delle opere, per la definizione dei presumibili ricavi di esercizio, per l’individuazione del rapporto costi/benefici etc.) ai quali fare preventivamente fronte in vista dell’assunzione o del conferimento della gestione a mezzo delle stesse e, quindi, della necessità della previa redazione di detto progetto tecnico-finanziario; progetto tanto più necessario nel momento in cui l’affidamento venga operato nei confronti di un soggetto che non è diretta promanazione del Comune (quale un’azienda speciale o una società mista dal medesimo costituita), bensì un organismo terzo, già Azienda speciale di un differente Comune (poi trasformata, con l’adesione convenzionale di altri Enti locali, in consorzio-azienda) e, in precedenza, neppure chiamato ad espletare il servizio di cui si tratta a favore del Comune aderente.
È stato lo stesso Comune appellante, del resto, a redigere il predetto strumento tecnico-finanziario, ritenendo, quindi, implicitamente la norma ancora efficace; però lo ha fatto solo in occasione dell’esercizio del riscatto, donde la rilevata incompletezza, fino a tale momento, anche sotto il profilo in esame, dell’iter procedurale preordinato all’affidamento diretto.
Né può condividersi l’assunto secondo cui l’adesione al Consorzio, non preceduta dalla redazione del progetto tecnico-finanziario, non avrebbe potuto, comunque, essere dichiarata illegittima, in quanto l’originaria ricorrente non avrebbe svolto, avverso la delibera del 1995, alcuna censura di illegittimità correlata alla mancata previa redazione del progetto stesso.
Poiché la vera determinazione conclusiva del procedimento e produttiva del materiale affidamento del servizio al Consorzio non era la deliberazione del 7 luglio 1995, n. 29, ma solo quella n. 53 del 20 ottobre 2000 (in quanto solo con l’effettivo esercizio del riscatto il servizio in questione è tornato, per così dire, nel “patrimonio” del Comune per poi rifluire in quello consortile a seguito di quanto statuito nel 1995), ne consegue che solo con riferimento al momento conclusivo della procedura – ottobre 2000 - poteva verificarsi se la stessa fosse o meno completa in ogni suo passaggio e, quindi, produttiva di concreto e attuale pregiudizio nei confronti della società interessata.
E, in tal senso, appare significativo e concludente anche il fatto che, a norma dell’art. 3, punto 2, dell’atto costitutivo del Consorzio AMI, è previsto che “i rapporti con le altre aziende o società che i Comuni hanno attualmente in corso per la gestione di servizi oggetto del Consorzio potranno essere mantenuti fino alla loro scadenza, ma non potranno essere rinnovati”; e che “durante il periodo di vigenza delle concessioni in essere con soggetti diversi dal Consorzio, i Comuni e il Consorzio potranno concordare l’attivazione dei provvedimenti di riscatto delle concessioni, definendo di comune accordo i tempi e l’accollo degli oneri finanziari e le modalità di subingresso”.
Pertanto, già in sede di costituzione e adesione al Consorzio era previsto che le concessioni in essere ben potevano pervenire a scadenza senza che fosse configurabile, per il Comune, alcun onere di procedere - alla prima data utile ai sensi dell’art. 24, secondo comma, del r.d. n. 2875/1925 - al loro preventivo riscatto, e che l’esercizio di questo rimaneva, quindi, un atto meramente facoltativo per il Comune stesso; e che, prima di addivenire all’eventuale esercizio del riscatto medesimo, tra Comune e Consorzio avrebbero dovuto essere definiti appositi accordi preventivi, ciò che implicava l’effettuazione delle scelte definitive in merito all’esercizio del riscatto in un momento necessariamente e logicamente successivo rispetto a quello dell’adesione al Consorzio e della stipula della relativa convenzione; e che solo una volta intervenuto siffatto accordo sarebbe stato possibile redigere il progetto di massima tecnico-finanziario di cui si è detto.
Anche tali elementi testuali valgono, quindi, ad escludere che, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000 e prima del concreto esercizio del riscatto, si fosse consolidata una situazione di concreto e irreversibile conferimento del servizio in capo al Consorzio.
6) Neppure può aderirsi, poi, all’assunto secondo cui l’esercizio del riscatto e l’immissione - ad esso successiva - del Consorzio nella gestione materiale del servizio varrebbero come mera integrazione esecutiva di situazioni giuridiche precostituite dalla precedente decisione di assunzione diretta – tramite azienda consortile – del servizio e che, perciò, non potrebbero essere incise dalla disciplina normativa sopravvenuta (d.lgs. n. 164/2000).
Come già rilevato, infatti, il materiale concretizzarsi della volontà di esercitare il riscatto (e, quindi, di rendere definitivo - mediante la relativa deliberazione - il sottostante intendimento di avvalersi della gestione diretta) costituisce il discrimine essenziale volto a far venire meno l’affidamento al precedente concessionario e, quindi, a consolidare una scelta in precedenza tutt’altro che certa e definitiva.
Né appare, inoltre, logicamente configurabile – al contrario di quanto dedotto dagli appellanti – una gestione “in essere” (giusta art. 15, comma 5, del d.lgs. n. 164/2000) a favore di due distinti soggetti - Italgas s.p.a. e Consorzio – che avrebbe finito per assicurare al Consorzio stesso la prosecuzione del servizio nel periodo transitorio; e ciò perché “in essere”, prima dell’esercizio del riscatto, era solo la gestione da parte di ITALGAS s.p.a., mentre l’affidamento della gestione stessa all’A.M.I. era subordinato all’avveramento della condizione del concreto esercizio della facoltà di riscatto (indice di una volontà del Comune destinata a consolidarsi solo nel momento della relativa delibera di adozione) che ne faceva necessariamente escludere l’attualità.
7) Contrariamente, poi, a quanto dedotto negli appelli in esame, la decisione della Sezione n. 902/2002 non fa salva la facoltà di riscatto in presenza di situazioni particolari quale quella in esame.
Con tale decisione, infatti, la Sezione ha escluso che, nel nuovo assetto, possa ancora “trovare spazio l’istituto tradizionale del riscatto anticipato, finalizzato a quella gestione diretta da parte dell’Ente locale (di un servizio riservato) definitivamente eliminata nel settore della distribuzione del gas naturale”; ed ha precisato, inoltre, che, a fronte “di un riscatto eventualmente finalizzato al conferimento del servizio ad una società pubblica, deve ribadirsi che un simile affidamento senza gara è consentito solo per porre fine alle gestioni dirette già esistenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. 164, e non può dunque essere invocato per supportare una nuova assunzione diretta da parte del Comune, preclusa a regime ed inibita anche dal regime transitorio, che disciplina puntualmente la sorte delle concessioni esistenti”.
Con la conseguenza che, per i motivi anzidetti, non poteva, nel caso in esame, ritenersi effettivamente nell’esercizio del servizio di distribuzione del gas - alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000 - alcuna gestione diretta, mediante azienda consortile, da parte del Comune (con l’inapplicabilità, quindi, della disciplina transitoria che consentiva la prosecuzione del servizio da parte delle società per azioni frutto della trasformazione, entro il 1° gennaio 2003, delle aziende speciali, anche consorziali, preesistenti).
8) Appare anche privo di consistenza il rilievo secondo cui, durante il periodo transitorio, l’art. 14 del d.lgs. n. 164/2000 (che obbliga i Comuni ad affidare, a regime, il servizio di distribuzione del gas mediante gara) non spiegherebbe – anche tenuto conto dell’art. 15, comma 6 - alcuna efficacia giuridica; sicché, essendo stato il provvedimento di riscatto adottato nel corso del periodo transitorio, il Comune non sarebbe stato tenuto ad osservare il disposto di cui al medesimo art. 14.
In proposito è da notare che la norma transitoria di cui all’art. 15, comma 1, dello stesso decreto prevede che “entro il 1° gennaio 2003 sono adottate dagli enti locali le deliberazioni di adeguamento alle disposizioni del presente decreto”; e che tale adeguamento “avviene mediante l’indizione di gare per l’affidamento del servizio ovvero attraverso la trasformazione delle gestioni in società di capitali …..”; con la conseguenza che, per adeguarsi alla nuova disciplina di settore, il Comune poteva esercitare, nel periodo transitorio specificamente disciplinato dal predetto art. 15, solo due opzioni:
- affidare mediante gara il servizio la cui gestione avesse inteso abbandonare o si fosse resa comunque disponibile,
- ovvero, ove avesse gestito direttamente, tramite azienda speciale, il servizio stesso e non avesse inteso affidarlo tramite gara, avrebbe dovuto procedere alla trasformazione dell’azienda stessa in società di capitali.
Per cui sarebbe stata inevitabilmente contraria alla ratio normativa sottesa all’adeguamento in parola ogni diversa opzione e, quindi, anche quella dell’assunzione, nel corso del periodo transitorio, della gestione diretta del servizio tramite azienda consortile; non conforme, del resto, neppure alla disciplina transitoria volta a consentire la prosecuzione, per un certo periodo, delle sole gestioni “in essere”, mentre, al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000, non era affatto “in essere”, in capo al Consorzio AMI, la gestione del servizio in parola.
E, del resto, non sarebbe ragionevole che una disciplina introdotta, tra l’altro, con la specifica finalità di far venire meno le gestioni dirette - consentendo alle esistenti aziende speciali di diventare concorrenziali sul mercato per il tramite della loro trasformazione in società di capitali e, quindi, di poter esse stesse, a regime, partecipare a gare per l’affidamento del servizio – possa essere elusa sottraendo, in limine, il servizio ad un operatore privato al fine precipuo di affidarlo, pur nella vigenza del nuovo assetto normativo, ad una forma di gestione – l’azienda speciale, appunto - che tale assetto manifestamente avversa; e ciò tanto più se si considera che nei riguardi dell’operatore privato stesso è stata articolata una specifica disciplina transitoria che ne salvaguarda, medio tempore, gli affidamenti in corso.
Quanto al comma 6 dell’art. 15, esso vale, infine, soltanto a significare, con specifico riferimento, peraltro, alle sole concessioni protrattesi per tutto il periodo transitorio, che, una volta cessato questo, i servizi in parola avrebbero potuto essere affidati solo a mezzo di pubblica gara.
9) Neppure è condivisibile l’assunto degli appellanti, secondo cui non sarebbe ammissibile che una concessione affidata senza gara in epoca non recente e da sempre subordinata alla potestà di riscatto possa, poi, sfuggire allo stesso in base alla disciplina sopravvenuta che ne ha ridotto la durata (che, se Italgas s.p.a. aveva accettato il rischio insito nella potestà di anticipato riscatto, la stessa non avrebbe potuto, poi, pretendere di sottrarsi ad esso, invocando il mutamento di un evento – la scadenza finale della concessione – comunque successivo all’avverarsi del rischio medesimo e, perciò, su di esso ininfluente); né quello secondo cui l’uso del verbo “proseguire”, con riguardo alla disciplina transitoria delle concessioni “in essere”, implicherebbe anche il radicale mantenimento del pregresso regime giuridico e, quindi, anche della facoltà di recesso in esso insita.
Sul piano logico-letterale si oppone a tale ricostruzione il fatto che il rapporto con i concessionari “in essere” non può logicamente “proseguire”, secondo quanto previsto transitoriamente dal legislatore, laddove, con la possibilità di esercitare il riscatto, lo stesso sia destinato ad essere eventualmente risolto; con la conseguenza che i due istituti – quello, esplicito, della prosecuzione e quello, implicito, del riscatto – sarebbero, se coesistenti, tra loro intrinsecamente contraddittori.
Sul piano sistematico può, in conformità, osservarsi, poi, che il disegno seguito dal legislatore è stato quello di uniformare, per quanto possibile, il regime delle concessioni in corso, ponendo termini per le stesse sufficientemente omogenei, in vista dei successivi affidamenti mediante gare; sicché non è illogico che, in questo quadro normativo innovatore, anche concessioni destinate, mediante l’eventuale esercizio del riscatto, ad avere più breve durata, possano accidentalmente vedersi assicurata la prosecuzione nel corso del periodo transitorio, con sicuri vantaggi per taluni concessionari cui, però, si contrappongono – a bilanciamento – altrettante posizioni di pregiudizio per le concessioni stesse quando destinate a protrarsi anche oltre il periodo transitorio stesso.
Alla prosecuzione del rapporto transitoriamente prevista dall’art. 15, comma 5, del d.lgs. n. 164/2000 non deve, poi, necessariamente corrispondere il mantenimento della identica disciplina giuridica che, in precedenza, lo caratterizzava; ciò in quanto rientra nel ragionevole esercizio della discrezionalità legislativa, in funzione della radicale innovazione dell’assetto normativo di settore, incidere, nella fase transitoria, sui rapporti concessori in corso, limitandone, da un lato, la durata massima in precedenza convenuta, ma assicurandone, al contempo, con l’eliminazione immediata del riscatto, la momentanea prosecuzione, in una sorta di bilanciamento utile ad evitare, tra l’altro, il determinarsi di una situazione di radicale disfavore per le concessioni “in essere”, tale da far indulgere a dubbi di costituzionalità del sistema.
10) Non appare, poi, neppure utilmente invocabile, da parte degli appellanti, il disposto di cui all’art. 123 del TU n. 267/2000, nel testo vigente al momento dell’adozione della delibera di riscatto.
Tale disposizione, in particolare (poi abrogata dal comma 12 dell’art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448) prevedeva che “le norme del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, si applicano fino all’adeguamento delle aziende speciali alla disciplina del presente testo unico; si applicano altresì per l’esercizio del diritto di riscatto relativo ai rapporti in corso di esecuzione”.
La detta norma, quindi, prevedeva, sì, in via generale, l’applicabilità delle disposizioni del r.d. n. 2578/1925 anche per l’esercizio del diritto di riscatto relativo ai rapporti in corso di esecuzione, ma solo per la ben diversa ipotesi delle aziende speciali e nell’ambito di una disposizione interamente dedicata al periodo transitorio di adeguamento delle medesime alla disciplina del testo unico; senza contare la specificità e settorialità, di matrice anche comunitaria, della disciplina relativa all’ambito della distribuzione del gas (cfr. la citata decisione n. 3455/2002).
Si aggiunga che la disciplina di cui al d.lgs. n. 164/2000 ha, con carattere di specialità, innovato radicalmente rispetto al sistema normativo previgente con specifico riferimento al settore della distribuzione del gas.
Sicché deve escludersi che la disciplina compilativa di cui al successivo d.lgs. n. 267/2000 (testo unico emanato ai sensi dell’art. 31 della legge delega 3 agosto 1999, n. 265, “nel quale sono riunite e coordinate le disposizioni legislative vigenti”) possa, in un ambito temporale, tra l’altro, sostanzialmente coincidente, aver determinato, per il settore in parola, il ritorno alla disciplina previgente; a ciò opponendosi, appunto, il carattere compilativo del testo unico n. 267/2000, che non poteva non tenere conto della disciplina speciale recentemente introdotta per il settore in questione; settore per il quale, quindi, il citato art. 123 dello stesso testo unico era destinato ad operare – a differenza che per gli altri settori di pubblici servizi – solo se e nei limiti in cui fosse compatibile con la disciplina di cui al d.lgs. n. 164/2000.
11) Neppure può condividersi, infine, l’assunto secondo cui, avendo la potestà comunale di esercizio del riscatto fonte consensuale e, quindi, “forza di legge tra le parti”, la stessa non sarebbe stata superata dalla disciplina sopravvenuta.
Sul punto è, invero, da notare che quella del riscatto non è una disciplina propriamente consensuale; vero che è inserita tra le clausole consensuali, ma solo quale clausola di stile correlata alla presenza, nell’ordinamento, di una specifica norma che accorda agli enti locali una potestà siffatta.
Venuta meno, quindi, nel settore in questione, a seguito di un intervento normativo innovatore, siffatta potestà, positivamente normata, viene anche logicamente meno la clausola contrattuale di cui si tratta.
12) Per tali motivi gli appelli in epigrafe appaiono infondati e, per l’effetto, devono essere rigettati.
Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, riunisce e respinge gli appelli in epigrafe.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2003 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
AGOSTINO ELEFANTE - Presidente
RAFFAELE CARBONI - Consigliere
CORRADO ALLEGRETTA - Consigliere
PAOLO BUONVINO - Consigliere est.
CLAUDIO MARCHITIELLO - Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Paolo Buonvino f.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO
f.to Luciana Franchini
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..........08/08/2003..........
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Dott. Antonio Natale
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