REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione I^ - composto dai Signori:
1) Giancarlo Coraggio - Presidente
2) Angelo Scafuri - Consigliere
3) Paolo Carpentieri - Consigliere – relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 11702/2002 Reg. Gen., proposto dalla Cooperativa sociale e sanitaria “Punto H” a r.l., con sede in Lusciano, in persona del legale rapp.te p.t., Luigi Lagravanese, rappresentata e difesa dagli avv.ti Patrizia Ferro e Giovanni Gagliardi, con domicilio eletto in Napoli, alla via G. Gigante n. 7,
contro
l’Azienda Sanitaria Locale Caserta 1, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Ciro Centore, con domicilio eletto in Napoli, alla via C. Rosaroll n. 70,
e nei confronti
del Consorzio Icaro, in persona del legale rapp.te p.t., con sede in Santa Maria Capua Vetere, via Martucci n. 35 – non costituito -
per l’annullamento
<<della deliberazione n. 560 del 13 settembre 2002, comunicata il successivo 19.09, con la quale l’Azienda Sanitaria Locale Caserta 1 ha revocato l’aggiudicazione del servizio di assistenza e riabilitazione psichiatrica della struttura di S. Leucio formalizzata con determinazione 1428 del 21.03.02 e di ogni altro atto connesso, conseguente, presupposto conseguenziale>>,
nonché
<<per la condanna dell’amministrazione convenuta al risarcimento del danno>>
VISTI il ricorso ed i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio della A.S.L. Caserta 1, con le annesse produzioni;
VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI gli atti tutti di causa;
UDITI alla pubblica udienza del 4 giugno 2003 - relatore il Magistrato Dr. Carpentieri – gli avv.ti riportati a verbale;
RITENUTO e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in esame – ritualmente notificato il 14 e il 18 novembre 2002 e depositato in segreteria il successivo giorno 28 – la Cooperativa sociale e sanitaria “Punto H” a r. l. impugna il provvedimento in epigrafe indicato con il quale la Asl Caserta 1 ha revocato gli atti della licitazione privata indetta per l’affidamento triennale del servizio di assistenza e riabilitazione e la determina dirigenziale n. 760 del 12 febbraio 2002 di aggiudicazione dei diversi lotti in cui era ripartito il servizio, tra i quali il lotto n. 2, relativo alla s.i.r. (struttura intermedia di riabilitazione) di S. Leucio, che era stato assegnato, come indicato in epigrafe, alla cooperativa ricorrente (in associazione temporanea con la cooperativa “Araba Fenice”), a seguito della rinuncia della società Antares, aggiudicataria del lotto.
La ricorrente deduce, a sostegno dell’azione, diversi motivi di violazione di legge e di eccesso di potere.
Si è costituita ed ha resistito in giudizio la Asl Caserta 1, che ha concluso per l’inammissibilità e l’infondatezza nel merito del ricorso avversario.
Alla pubblica udienza del 4 giugno 2003 la causa è stata chiamata e introitata in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e andrà come tale respinto.
Giova precisare in punto di fatto che, ancorché la delibera di revoca non menzioni espressamente, tra gli atti revocati, nella parte dispositiva, la precedente determina di aggiudicazione n. 760 del 12 febbraio 2002, anche tale atto deve a tutti gli effetti considerarsi oggetto della intervenuta revoca in quanto conseguenziale alle deliberazioni 698 del 24 ottobre 2000 e 14 del 17 gennaio 2001 di indizione della procedura di gara, e quindi ricompresa tra i “successivi consequenziali provvedimenti” espressamente revocati con la delibera 560/2002 oggetto di gravame.
Il provvedimento di revoca della Asl Caserta 1 è motivato sulla sopravvenienza della delibera della giunta regionale della Campania n. 7262 del 27 dicembre 2001 di approvazione delle “linee guida per l’organizzazione ed il funzionamento dei dipartimenti di salute mentale della regione Campania”, cui è seguita – con determina dirigenziale n. 4652 del 19 luglio 2002 - l’attivazione del progetto obiettivo regionale per l’assistenza integrata del disagio psichico in fase critica e la proposta di attivazione della nuova tipologia residenziale rappresentata dalle comunità terapeutiche e dalle “case famiglia”.
Le nuove linee guida regionali, si osserva nella motivazione della delibera di revoca impugnata, prevedono nuove modalità di organizzazione, funzionamento ed inserimento degli ospiti delle strutture intermedie residenziali, “completamente diverse dal modello attualmente in atto per cui è stata espletata la gara di cui innanzi”.
“Attesa, pertanto, la necessità di attenersi alle nuove disposizioni in materia e, conseguentemente, revocare le delibere di indizione di gara ed i successivi provvedimenti sopra richiamati, in considerazione, anche, che l’affidamento di cui alla determinazione dirigenziale n.° 760/2000, per l’assistenza e riabilitazione psichiatrica, è triennale”, la Asl intimata ha dunque deciso di revocare la precedente gara e di procedere alla redazione di un nuovo progetto del servizio, conforme alle nuove linee guida regionali, nel mentre, onde assicurare la continuità del servizio, ha disposto la proroga agli stessi patti e condizioni dell’affidamento del servizio di assistenza e riabilitazione psichiatrica alle ditte che attualmente vi provvedono.
Lo scrutinio di legittimità richiesto a questo adito giudice amministrativo ha dunque ad oggetto il modo di esercizio del potere di autotutela da parte dell’amministrazione procedente.
E’ fuori di dubbio la sussistenza di tale jus poenitendi dell’amministrazione pur dopo l’aggiudicazione definitiva (Tar Campania, Napoli, sez. I., 20 novembre 2000 n. 4317; Cons. St., sez. IV, 25 settembre 2002 n. 4895; sez. V,; 20 settembre 2001 n. 4966; 3 febbraio 2000 n. 661; 14 gennaio 2000 n. 244).
Deve invero escludersi la sussistenza, nella fattispecie, di una situazione di diritto soggettivo perfetto alla conclusione del contratto, posto che – come da pacifica giurisprudenza – il privato aggiudicatario della gara indetta dall’amministrazione per la scelta del privato contraente non vanta un diritto soggettivo incomprimibile nei confronti della stazione appaltante alla stipula del contratto, e la sua pretesa si atteggia a mero interesse legittimo a fronte dell’esercizio eventuale della potestà autoritativa della p.a. di autoannullamento o di riesame della proprie scelte gestionali e organizzative (Cons. St., sez. V, 25 novembre 1999 n. 1986; id., 22 gennaio 1999 n. 49; sez. VI, 14 gennaio 2000 n. 244).
Se deve escludersi che la p.a. sia libera come un qualunque privato di sciogliersi dalla fase dalle trattative e di decidere di non prestare il proprio definitivo consenso alla proposta contrattuale ferma di controparte, resta vero che la sua scelta in ordine a quale strumento adottare per la cura concreta dell’interesse pubblico si presenta sostanzialmente incoercibile e non appare riducibile in termini di obbligazione di prestare il consenso a una soluzione ritenuta non più rispondente all’interesse pubblico.
Per altro verso il carattere discrezionale di tali scelte, se segnala la presenza di un’area riservata all’apprezzamento dell’amministrazione e sottratta al sindacato giurisdizionale amministrativo, non preclude l’ordinario vaglio di legittimità formale e sostanziale del modo in cui la scelta viene compiuta, alla stregua degli ordinari parametri di corrispondenza al modello legale dell’atto di revoca e al criterio deontologico interno della discrezionalità amministrativa.
Nella specie il contratto non è stato stipulato. In proposito la giurisprudenza ha giustamente osservato che la norma dispositiva dell’articolo 16 del r.d. 2440 del 1923 - a mente della quale “i processi verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono per ogni effetto legale al contratto” - non costituisce più la regola, occorrendo sempre la stipulazione del contratto in tutti i casi in cui, dopo l’aggiudicazione, sia necessario acquisire la cd. “liberatoria” antimafia di cui al d.lg. 490 del 1994 (Tar Campania, Napoli, sez. I, 8 marzo 2003 n. 2247; Tar Sicilia, Catania, sez. I, 25 novembre 2002 n. 2234; Cons. St., sez. IV, 25 luglio 2001 n. 4065; Aut. Vig. ll.pp., det. n. 24 del 2 ottobre 2002).
La cooperativa ricorrente dunque vanta, rispetto all’amministrazione convenuta, non già un diritto soggettivo di obbligazione all’adempimento del contratto di appalto (non ancora perfezionatosi), bensì un mero interesse legittimo al corretto esercizio del potere di revoca in sede di revisione della scelta amministrativa di gestione del servizio oggetto di affidamento alla luce delle sopravvenienze rilevanti.
Si tratta pertanto di verificare se le sopravvenienze addotte dall’amministrazione sanitaria casertana a fondamento della disposta revoca della procedura di gara siano idonee e sufficienti alla stregua del noto e condiviso canone di giudizio per cui l’atto di autotutela deve esporre e motivare le ragioni di pubblico interesse prevalenti rispetto all’interesse – anche di terzi – alla conservazione degli effetti dell’atto riesaminato.
Ritiene il Collegio che tale scrutinio di legittimità conduca alla conclusione della legittimità dell’operato della Asl intimata.
Come si evince dall’esame della motivazione dell’atto gravato, la revoca è adeguatamente fondata sulla sostanziale trasformazione dell’impostazione del servizio sopravvenuta all’indizione e allo svolgimento della gara oggetto di revoca. Non sarebbe ragionevole costringere l’amministrazione allo svolgimento – per tre ani – di un servizio di assistenza e riabilitazione psichiatrica nettamente difforme rispetto alle vigenti linee guida regionali. E’ evidente la necessità di una riprogettazione del servizio conforme ai nuovi criteri regionali, nel preminente interesse pubblico di assicurare un servizio, in un settore assai difficile e delicato qual è quello dell’assistenza psichiatrica, corrispondete agli standards qualitativi e tipologici attuali del servizio sanitario nazionale. E’ evidente conseguentemente la necessità per l’amministrazione di prefigurare una nuova procedura selettiva volta alla scelta dell’affidatario del servizio sulla base del nuovo progetto di gestione del servizio medesimo.
Il caso in esame offre dunque, sotto tale profilo, un esempio paradigmatico di rilevanza della sopravvenienza e di preminenza dell’interesse pubblico concreto, per come ridefinito per effetto delle sopravvenienze medesime, sull’interesse legittimo dell’impresa di conseguire effettivamente l’appalto aggiudicatole.
La censura di difetto di motivazione sulla ricorrenza di concrete e prevalenti ragioni di interesse pubblico idonee a giustificare il sacrificio dell’aspettativa del privato risulta pertanto infondata.
Infondata si palesa, alla stregua di quanto sopra considerato in ordine al potere di revisione in autotutela, la tesi di parte ricorrente della impermeabilità della lex specialis della procedura di gara alle sopravvenute nuove linee guida regionali regolanti il servizio. La “irretroattività” della norma sopravvenuta rispetto al bando di gara riguarda solo la procedura di scelta del contraente, ma non può riguardare l’ipotesi, che si è verificata nel caso concreto in esame, della sopravvenienza di una nuova disciplina sostanziale del servizio, tale da rendere il vecchio progetto non più attuale e inutile.
Le censure dirette a denunciare l’asserita erroneità del presupposto dell’atto di revoca, ossia l’erroneità dell’assunto secondo il quale le nuove linee guida regionali avrebbero introdotto un mutamento di strategia assistenziale e riabilitiva tale da rendere non più attuale e utilizzabile la preesistente configurazione del servizio, devono giudicarsi inammissibili in quanto conducenti al merito contenutistico della scelta amministrativa, non sindacabile dal giudice amministrativo, e sono comunque infondate nel merito.
Il giudice amministrativo non può spingere la propria indagine al di là del rilievo di eventuali aspetti di palese erroneità in fatto o di macroscopica illogicità e sproporzione nella valutazione compiuta, restando riservata all’ambito insindacabile della scelta di merito amministrativa la valutazione concreta dell’interesse pubblico gestito.
Peraltro, limitandosi al piano della logicità della scelta, risulta ictu oculi evidente la notevole diversità del nuovo servizio, articolato su strutture di accoglienza più piccole (comunità terapeutiche e case famiglia) e di dimensioni gestionali più adeguate ed efficaci nel senso di una reale deospedalizzazione degli infermi psichici, rispetto al sistema messo a gara, ancora articolato sulle s.i.r., strutture intermedie di riabilitazione.
Le censure dirette avverso la proroga del servizio alle ditte che già lo svolgevano sono del pari inammissibili perché non sorrette da un interesse attuale, attesa la ritenuta legittimità della revoca dell’aggiudicazione, che priva la cooperativa ricorrente della necessaria legittimazione a contestare le modalità di prosecuzione attuale del servizio.
La legittima aspettativa della cooperativa ricorrente, quale soggetto imprenditoriale operante nel settore, a che il nuovo sistema di assistenza e riabilitazione psichiatrica venga messo a gara secondo i consolidati principi di libero mercato concorrenziale, potrà trovare adeguata tutela nelle forme (sollecitatorie, di messa in mora, di denuncia, di azione avverso il silenzio dell’amministrazione etc.) messe a disposizione dall’ordinamento per il caso di una patologica protrazione della proroga oltre i tempi normali di riprogettazione del servizio.
Il ricorso deve pertanto giudicarsi infondato e va come tale respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo rigetta e compensa per intero tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 4 giugno 2003.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 8 settembre 2003
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