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Consiglio di Stato, Sez. VI, 3/9/2003 n. 4905
Sulla legittimità del riscatto della concessione del servizio di distribuzione del gas da parte dell'ente locale per assumerne direttamente la gestione a mezzo di soggetto all'uopo costituito.

Poiché l'art. 10 della legge 5 marzo 2001, n.57, come ha già chiarito la giurisprudenza di questo Consiglio, (cfr. Sez.IV, 2 luglio 2002 n. 3612), che il Collegio condivide, ha natura interpretativa (in quanto si limita a chiarire l'ambito operativo della disposizione precedente, già desunto, oltre tutto, dall'attività esegetica condotta dalla giurisprudenza) e riveste, quindi, efficacia retroattiva, risultano ope legis confermate le conclusioni del primo giudice circa il legittimo esercizio della facoltà di riscatto da parte del Comune in ordine alla concessione del servizio pubblico di distribuzione del gas.
Il diritto di riscatto ex art.24 del R.D. n. 2578/25 non richiede giustificazioni circa l'effettuazione di valutazioni comparative di interessi, giacché le stesse sono risolte dalla norma, una volta per tutte, in favore del Comune, che decida di gestire direttamente un servizio pubblico.
L'art. 24 citato va necessariamente oggi coordinata con gli artt.22-25 della legge n.142/90, che privilegiano la costituzione, da parte degli enti locali, di soggetti autonomi, anche in forma consortile, per l'esercizio dei servizi pubblici locali, onde tale scelta assorbe ogni altro apprezzamento di eventuali interessi privati a gestire i servizi stessi.
Ne consegue che l'art. 10 del R.D. n. 2578/1925, che prescrive che la deliberazione con cui si decide il riscatto deve indicare, mediante apposito progetto di massima tecnico e finanziario, i mezzi con cui s'intende far fronte alle spese per l'impianto e per la gestione del servizio che si vuole assumere, giacché si riferisce all'assunzione diretta dei servizi a carico della finanza comunale non trova applicazione per le ipotesi in cui, come nella specie, il servizio deve essere affidato ad una società di capitali, avente una propria autonomia patrimoniale ed un proprio piano finanziario, del tutto distinti dal bilancio dei singoli Comuni che vi aderiscono.

Materia: gas / estinzione rapporto di concessione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITLIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n.10227 del 2001, proposto dalla SOCIETA' ITALIANA PER IL GAS s.p.a. - ITALGAS, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Luca Nanni, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Mario Contaldi in Roma, Via Pierluigi da Palestrina n. 63;

 

contro

- il Comune di Medicina, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lucio Iannotta e Cesare Caturani, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, Via Cola di Rienzo n. 111;

- il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è per legge domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

 

e nei confronti

di A.M.I. - Azienda Multiservizi Imolese s.p.a., di A.M.I. Più s.p.a., di Hera s.p.a. ed Hera Comm s.r.l., non costituite in giudizio,

 

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell'Emilia Romagna, Bologna, Sez.II, n.638 dell'11 agosto 2001.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Medicina e dell'Avvocatura dello Stato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 1° luglio 2003 il Cons. Giuseppe Minicone. Uditi l'avv. Nanni e l'avv. Iannotta;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

La società ITALGAS, concessionaria, nel Comune di Medicina, del servizio pubblico di distribuzione di gas combustibile per usi domestici, attività artigianali e commerciali, con ricorso notificato il 31 gennaio 1998, impugnava, innanzi al Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia Romagna, la deliberazione consiliare 4 dicembre 1997 n. 138, con la quale il predetto Comune aveva stabilito, avvalendosi delle disposizioni di cui all'art. 24 del T.U. 15 ottobre 1925 n. 2578, di esercitare il diritto di riscatto della concessione a far tempo dall'11 dicembre 1998, allo scopo di affidare il servizio al Consorzio A.M.I. - Azienda Multiservizi Intercomunale di Imola, cui l'Ente aveva aderito fin dal 1995.

Di tale atto la ricorrente sosteneva l'illegittimità per violazione del disposto dell'art. 14 della legge 8 agosto 1992 n.359, di conversione del D.L. 11 luglio 1992 n. 333.

Con ulteriore ricorso, notificato il 13 ottobre 1998, la stessa Società impugnava, poi, la deliberazione consiliare 26 giugno 1998, n.43, di approvazione della misura dell'indennità di riscatto, sia per illegittimità derivata dalla precedente deliberazione sia per vizi propri di eccesso di potere in relazione agli elementi presi a base per il calcolo di detta indennità.

Infine l'ITALGAS impugnava, con ricorso notificato il 30 gennaio 1999, la deliberazione consiliare 3 dicembre 1998 n.126 di definitiva determinazione di riscatto e il provvedimento sindacale 7 dicembre 1998 n. 128 con il quale le era stato ordinato di riconsegnare gli impianti ed era stato disposto, all'esito delle operazioni di consegna, il pagamento della relativa indennità.

Deduceva, avverso questi ultimi atti, oltre alle censure di illegittimità derivata, anche la violazione dei principi generali in tema di esercizio della discrezionalità amministrativa nonché delle procedure necessarie per legittimare, ai sensi degli artt. 10 e 11 del T.U. n. 2578 del 1925 e dell'art. 2 del DPR 4 ottobre 1986 n. 902, l'assunzione diretta di un servizio pubblico, in quanto:

- sarebbe stata omessa la comparazione di tutti gli interessi coinvolti nella scelta di riscattare la concessione e affidare il servizio al Consorzio A.M.I.;

- la delibera impugnata sarebbe fondata su una rappresentazione dei fatti e delle loro conseguenze giuridiche del tutto inveritiera e sarebbe priva di alcuni essenziali elementi di natura tecnica ed economico-finanziaria;

- sarebbe stata omessa la considerazione dei diritti di prelazione e di ritenzione, convenzionalmente riconosciuti alla concessionaria;

- il Comune non avrebbe tenuto conto, nella determinazione dell'indennità di ricatto, dei rilievi mossi dall'ITALGAS con il precedente ricorso del 13 ottobre 1998;

- sarebbe stato illegittimamente esercitato il potere sindacale di ordinanza, per il quale sarebbero mancati i presupposti legittimanti, ai sensi dell'art.38 della legge 8 giugno 1990 n.142.

Il giudice adito, riuniti i ricorsi anzidetti, previa estromissione dal giudizio del Ministero dell'Interno, in quanto carente di legittimazione passiva, li ha respinti, affermando l'infondatezza di tutte le censure svolte.

Avverso detta decisione ha proposto appello l'ITALGAS, confutando tutte le argomentazioni della sentenza impugnata e reiterando i motivi oggetto del giudizio di primo grado.

Si è costituito in giudizio il Comune di Medicina, eccependo, in via pregiudiziale, l'improcedibilità dell'appello per non essere stato lo stesso notificato al Consorzio A.M.I. di Imola, già evocato in primo grado ed avente soggettività e legittimazione autonome rispetto all'A.M.I. - Azienda Multiservizi Imololese s.p.a., cui il gravame è stato, invece, notificato.

Il Comune ha riproposto, altresì, le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado sia per mancata impugnazione, da parte dell'ITALGAS, di un atto presupposto immediatamente lesivo (la delibera del 1995 di adesione al Consorzio A.M.I.) sia per intervenuta acquiescenza in relazione alla sussistenza del potere di riscatto, già riconosciuto in occasione della scadenza dell'originario periodo di concessione.

Nel merito l'Ente ha chiesto il rigetto dell'appello, in quanto infondato in tutti i suoi motivi.

Si è costituito in giudizio anche il Ministero dell'Interno, cui l'appello è stato notificato, chiedendone il rigetto.

In data 21 marzo 2003, l'appellante ha integrato il contraddittorio nei confronti dell'A.M.I. Più s.p.a., dell'Hera s.p.a. e dell'Hera Comm s.r.l., a vario titolo ritenute controinteressate, a seguito delle vicende societarie che hanno coinvolto l'A.M.I. s.p.a., già Consorzio A.M.I..

Nessuna delle società di cui sopra si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 1° luglio 2003 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

1. La società ITALGAS, concessionaria, nel Comune di Medicina, del servizio pubblico di distribuzione di gas combustibile per usi domestici, attività artigianali e commerciali, appella la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia Romagna ha respinto, previa riunione, tre suoi ricorsi rivolti, rispettivamente, in successione temporale, contro: a) la deliberazione consiliare 4 dicembre 1997 n. 138, con la quale il predetto Comune aveva stabilito, avvalendosi delle disposizioni di cui all'art.24 del T.U. 15 ottobre 1925 n. 2578, di esercitare il diritto di riscatto della concessione a far tempo dall'11 dicembre 1998; b) la deliberazione consiliare 26 giugno 1998, n. 43 di approvazione della misura dell'indennità di riscatto; c) la deliberazione consiliare 3 dicembre 1998 n. 126 di definitiva determinazione del riscatto e il provvedimento sindacale 7 dicembre 1998 n.128, con il quale le era stato ordinato di riconsegnare gli impianti ed era stato disposto, all'esito delle operazioni di consegna, il pagamento della relativa indennità.

2. Può prescindersi, per ragioni di economia processuale, dall'esame dell'eccezione di improcedibilità dell'appello, sollevata dal Comune di Medicina sul rilievo che lo stesso non è stato notificato anche al Consorzio A.M.I. di Imola, già evocato in primo grado, da considerarsi soggetto avente un autonomo controinteresse rispetto all'A.M.I. - Azienda Multiservizi Imololese s.p.a. (nei cui confronti il gravame è stato, invece, notificato), stante l'infondatezza, nel merito, dell'appello stesso.

Per le stesse ragioni, il Collegio si ritiene assolto anche dall'affrontare le questioni di inammissibilità dei ricorsi introduttivi (già assorbite dal primo giudice e riproposte in questa sede), per mancata impugnazione, da parte dell'ITALGAS, di un atto presupposto immediatamente lesivo (la delibera del 1995 di adesione al Consorzio A.M.I.) e per intervenuta acquiescenza in relazione alla sussistenza del potere di riscatto, già riconosciuto in occasione della scadenza dell'originario periodo di concessione.

3. Con il primo motivo di censura, l'appellante ripropone l'assunto, già disatteso dal T.A.R., secondo il quale, nella specie, il Comune di Medicina sarebbe stato carente, in apice, del potere di esercitare il riscatto della concessione, ostandovi il combinato disposto dei commi 1 e 4 dell'art. 14 del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella L. 8 agosto 1992, n. 359, secondo il quale le concessioni di attività in favore dell'Istituto nazionale per la ricostruzione industriale - IRI, dell'Ente nazionale idrocarburi - ENI, dell'Istituto nazionale assicurazioni - INA e dell'Ente nazionale energia elettrica - ENEL e delle società da essi controllate (tra cui, appunto, l'ITALGAS), in vigore a quella data, sono state prorogate di diritto per una durata non inferiore a venti anni.

3.1. La doglianza è infondata.

3.2. Assorbente di tutte le argomentazioni critiche che l'appellante muove alle conclusioni del primo giudice - il quale, richiamando la giurisprudenza in materia, ha affermato che la proroga legale si applica alle sole posizioni di vantaggio inerenti attività e diritti già riconosciuti in relazione alla natura pubblicistica dei soggetti di cui sopra e cioè a quelle posizioni che tali soggetti inevitabilmente perderebbero una volta privatizzati, con esclusione, quindi, della attività e dei diritti non correlati alla detta natura, bensì conseguiti a prescindere da essa, come appunto, la concessione di distribuzione del gas metano, di cui ci si occupa - è il rilievo che, nel corso del giudizio è intervenuto l'art. 10 della legge 5 marzo 2001, n.57, che ha espressamente escluso l'applicabilità dell'art.14, commi 3 e 4, del d.l. n.333 del 1992 alle concessioni relative ai servizi pubblici locali, in essere alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge.

Poiché tale norma, come ha già chiarito la giurisprudenza di questo Consiglio, (cfr. Sez.IV, 2 luglio 2002 n. 3612), che il Collegio condivide, ha natura interpretativa (in quanto si limita a chiarire l'ambito operativo della disposizione precedente, già desunto, oltre tutto, dall'attività esegetica condotta dalla giurisprudenza) e riveste, quindi, efficacia retroattiva, risultano ope legis confermate le conclusioni del primo giudice circa il legittimo esercizio della facoltà di riscatto da parte del Comune di Medicina in ordine alla concessione de qua, con conseguente rigetto della contraria tesi sostenuta dall'ITALGAS.

4. Con il secondo mezzo di gravame, articolato in più profili, l'appellante ripropone, innanzi tutto (punto 2.1.), la deduzione di violazione di legge ed eccesso di potere nei confronti della deliberazione di determinazione dell'indennità di riscatto in data 26 giugno 1998, sostenendo che illegittimamente il Comune ha fatto luogo unilateralmente a detta determinazione, sulla scorta di mere stime presuntive riguardanti impianti analoghi, senza un'istruttoria completa, laddove, se avesse atteso solo qualche giorno in più, avrebbe ottenuto i necessari elementi di valutazione economica da parte del concessionario, il cui ritardo nel fornire taluni dei dati richiesti era da addebitare alla complessità della documentazione.

4.1. La doglianza non merita accoglimento.

4.2. L'art. 10 del D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, che la stessa appellante cita integralmente, così dispone: "Entro trenta giorni dall'avvenuta notifica del preavviso, il concessionario deve redigere lo stato di consistenza dell'impianto o dell'esercizio riferito alla data in cui il preavviso è notificato.

Detto stato di consistenza dovrà essere immediatamente comunicato all'ente concedente che, previo accesso all'impianto od esercizio, dovrà, entro trenta giorni successivi al ricevimento, comunicare al concessionario il proprio accordo o le eventuali osservazioni e proposte di rettifica.

Le comunicazioni di cui al precedente comma sono fatte a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Nel caso di rifiuto o di mancato rispetto del termine perentorio di cui al primo comma da parte del concessionario, lo stato di consistenza è formato, nel termine dei successivi centoventi giorni, dall'ente concedente, i cui incaricati, in base ad un decreto del prefetto, potranno accedere anche coattivamente nelle officine o negli altri locali dell'impianto o dell'esercizio.

Lo stato di consistenza è immediatamente comunicato dal comune al concessionario che, nel termine perentorio dei quindici giorni successivi al ricevimento della comunicazione, potrà far pervenire le sue controdeduzioni, in mancanza delle quali lo stato di consistenza s'intende accettato. Nel caso di disaccordo fra le parti decide, limitatamente all'oggetto della controversia, un collegio di tre periti, nominati uno per parte dall'ente concedente e dal concessionario, ed un terzo, con funzioni di presidente, dal presidente del tribunale nella cui giurisdizione ha sede l'ente riscattante".

Orbene, non è contestato che, nel termine (espressamente qualificato "perentorio") indicato dalla norma, l'ITALGAS non aveva provveduto a fornire tutti gli elementi richiesti per valutare lo stato di consistenza dell'impianto, onde legittimamente il Comune (che, oltretutto aveva assegnato, di sua iniziativa, un ulteriore termine per sanare le omissioni) ha provveduto a determinare unilateralmente i dati mancanti, con un criterio di stima che appare immune, atteso il suo carattere di apprezzamento presuntivo (suscettibile, comunque, di verifica tecnica innanzi all'apposito collegio previsto dall'ultimo comma dell'art.10 del citato DPR n.902/1986), da errori logici, come ha giustamente affermato il primo giudice, cui non può, dunque, imputarsi alcun indebito sconfinamento, come pretende l'appellante, in profili di merito.

5. Le considerazioni che precedono concorrono anche a dar ragione dell'infondatezza dell'ulteriore profilo del secondo motivo di appello (punto 2.2.), con il quale l'ITALGAS insiste sull'assunto che la valutazione dell'indennità di riscatto sarebbe stata del tutto carente ed erronea.

5.1. Ribadito che ogni contestazione circa l'effettivo ammontare dell'indennità va risolta nella competente sede tecnica, occorre ricordare, per quel che attiene più strettamente al sindacato di legittimità del giudice amministrativo in subiecta materia, che l'art.24 del R.D. 2578/1925 prevede che, nel calcolo dell'indennità, debba tenersi conto dei seguenti elementi:

a) valore industriale dell'impianto e del relativo materiale mobile ed immobile, tenuto conto del tempo trascorso dall'inizio dell'esercizio e dagli eventuali interventi di ripristino avvenuti nell'impianto o nel materiale, considerate, altresì, le clausole eventualmente contenute nel contratto di concessione circa la proprietà di detto materiale, allo spirare della concessione medesima;

b) anticipazioni o sussidi dati dai comuni, nonché importo delle tasse proporzionali di registro anticipate dai concessionari e premi eventualmente pagati ai comuni concedenti, sempre tenuto conto degli elementi indicati nella lettera precedente;

c) profitto che al concessionario viene a mancare a causa del riscatto, da valutarsi al valore attuale che avrebbero, nel giorno del riscatto stesso, al saggio dell'interesse legale, tante annualità eguali alla media dei profitti industriali dell'ultimo quinquennio, quanti sono gli anni per i quali dovrebbe ancora durare la concessione, con il limite massimo di venti.

5.2. Alla luce di tale prescrizione, non può, innanzi tutto, condividersi la doglianza dell'ITALGAS, secondo la quale avrebbero dovuto essere computati, ai fini dell'indennità di cui trattasi, i corrispettivi da essa versati al Comune a titolo di compartecipazione agli utili, dei quali non era stato possibile effettuare il recupero, mediante inclusione nelle tariffe del gas, ostandovi i criteri posti dalla delibera CIP n. 20 del 1975.

Come rilevato, infatti, nella sentenza impugnata, gli elementi da prendere in considerazione per la fissazione delle tariffe erano stabiliti nella convenzione con riguardo esclusivamente al costo del metano presso il fornitore e alle variazioni del costo della vita accertato dall'ISTAT, onde nessuna incidenza, nel senso sfavorevole indicato dall'appellante, può ricondursi alla citata delibera CIP.

Ciò comporta che non sussiste un "arricchimento senza causa" a vantaggio del Comune, a far tempo dalla data di entrata in vigore del nuovo metodo, da considerarsi ai fini dell'indennità, avendo, invece, la compartecipazione agli utili natura di corrispettivo della concessione, avente legittima causa nella convenzione accedente alla stessa, convenzione, oltre tutto, mai denunciata dall'appellante.

5.3. Dal riconoscimento del carattere obbligatorio delle compartecipazioni, in quanto prestazioni vincolate dalla convenzione (in armonia, del resto con l'art. 265 del R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, che pone la partecipazione del Comune o della Provincia agli utili dell'impresa accanto al canone concessorio), consegue che le stesse non possono essere neppure ricondotte tra i "premi" pagati ai comuni concedenti, di cui fa menzione la lett. b) dell'art. 24 del R.D. 2578/1925, i quali si contraddistinguono, in base al dettato di quest'ultima norma, per il loro carattere meramente eventuale.

5.4. Sostiene, ancora, l'appellante, nell'ambito del profilo in esame, che, trattandosi di cessazione anticipata della concessione per riscatto, non troverebbe applicazione la clausola convenzionale di devoluzione gratuita al Comune degli impianti posti in opera nei primi 14 anni della concessione.

5.4.1. L'assunto è infondato.

E' sufficiente considerare, al riguardo, che la clausola è stata apposta ad una convenzione accedente ad una concessione della durata di 29 anni, interamente usufruita e prorogata, onde il diritto alla devoluzione gratuita, da parte del Comune, appare completamente maturato allo spirare di detto originario periodo, restando, quindi, irrilevante la causa successiva di cessazione del rapporto concessorio.

5.4.2. Ugualmente infondata è la tesi subordinata dell'appellante, secondo la quale la clausola di devoluzione gratuita presupponeva, come corrispettivo, la possibilità di dedurre in tariffa gli oneri di ammortamento dell'impianto, onde, non potendosi più operare in tal senso dopo la menzionata delibera CIP n.20/75, il danno conseguente avrebbe dovuto trovare compenso nell'indennità di riscatto.

Ed invero, in disparte la già ricordata tassatività degli elementi di riferimento da considerare, in base alla convenzione, ai fini della determinazione delle tariffe, è sufficiente osservare che le voci che concorrono a determinare l'indennità di riscatto sono espressamente previste dall'art. 24 del citato R.D. 2578/1925 e fra esse non è compreso il risarcimento di eventuali danni, che, se ed in quanto si assumano intervenuti, devono formare oggetto di separata azione, non potendosi riversare nell'indennità di cui trattasi pretese aventi una propria autonoma causa giuridica rispetto a quella dell'indennizzo per il riscatto della concessione.

5.5. Parimenti da respingere è, inoltre, la richiesta di considerazione, ai fini dell'indennità, anche degli allacciamenti d'utenza realizzati con il parziale contributo degli utenti, posto che tale considerazione comporterebbe, essa sì, un arricchimento senza causa da parte della società, che non ne ha sopportato i relativi oneri.

5.6. Quanto, infine, alla doglianza circa l'inesatto computo di alcuni elementi (vita media degli impianti, costo delle costruzioni a nuovo delle tubazioni stradali, cabina di prelievo di Via De Marchi; contatori), va detto che l'appellante non ha ragione di lamentarsi, in questa sede, della presunta non corretta considerazione di elementi che essa stessa avrebbe avuto l'onere di fornire tempestivamente e che neppure ora, del resto, documenta (limitandosi a generiche affermazioni), onde non vi sono neppure i presupposti perché questo Collegio debba disporre la richiesta consulenza tecnica d'ufficio in ordine a tali profili.

E ciò in disparte la considerazione che, in ogni caso, eventuali inesatte valutazioni non si riverberano sulla legittimità del provvedimento di riscatto, ma possono e devono trovare la propria soluzione nell'ambito dell'apposita procedura prevista dalla legge.

6. Con il terzo motivo di appello (anch'esso articolato in più capi), l'ITALGAS ripropone, con riferimento alla deliberazione n.126 del 3 dicembre 1998, che ha reso definitivo il riscatto, la censura di violazione di legge ed eccesso di potere (punto 3.1.), perché il Comune avrebbe del tutto ignorato le sue proposte di continuazione del servizio, omettendo così di comparare e ponderare le soluzioni alternative e gli interessi sottesi alla scelta di rendere definitivo il riscatto della concessione e di affidare il servizio all'A.M.I..

6.1. Sennonché è evidente che il diritto di riscatto ex art.24 del R.D. n. 2578/25 non richiede giustificazioni circa l'effettuazione di valutazioni comparative di interessi, giacché le stesse sono risolte dalla norma, una volta per tutte, in favore del Comune, che decida di gestire direttamente un servizio pubblico.

E' vero che, nella specie, il riscatto della concessione è stato effettuato per affidare il servizio stesso al Consorzio A.M.I., cui il Comune di Medicina aveva aderito, ma la norma dell'art.24 citato va necessariamente oggi coordinata con gli artt.22-25 della legge n.142/90, che privilegiano la costituzione, da parte degli enti locali, di soggetti autonomi, anche in forma consortile, per l'esercizio dei servizi pubblici locali, onde tale scelta assorbe ogni altro apprezzamento di eventuali interessi privati a gestire i servizi stessi.

6.2. Ne consegue anche l'infondatezza della connessa doglianza (punto 3.2.) di violazione dell'art. 10 del R.D. n.2578/1925, che prescrive che la deliberazione con cui si decide il riscatto deve indicare, mediante apposito progetto di massima tecnico e finanziario, i mezzi con cui s'intende far fronte alle spese per l'impianto e per la gestione del servizio che si vuole assumere, giacché tale norma si riferisce all'assunzione diretta dei servizi a carico della finanza comunale e non trova, quindi, applicazione per le ipotesi in cui, come nella specie, il servizio deve essere affidato ad una società di capitali, avente una propria autonomia patrimoniale ed un proprio piano finanziario, del tutto distinti dal bilancio dei singoli Comuni che vi aderiscono.

7. Sotto altro profilo (punto 3.3.), l'ITALGAS lamenta il mancato riconoscimento, nei suoi confronti, del diritto di prelazione spettantegli ai sensi dell'art. 7 della convenzione rinnovata il 13 febbraio 1986.

7.1. Sennonché, la censura si risolve in una generica contestazione della conclusione negativa del primo giudice, senza lo sviluppo di argomenti volti effettivamente a confutarla, onde non può che ribadirsi che il diritto di prelazione previsto dalla convenzione era preordinato ad operare, logicamente, nelle sole ipotesi in cui, scaduta la concessione, dovesse farsi luogo di nuovo al suo affidamento a soggetti terzi, onde lo stesso appare del tutto incompatibile con l'istituto del riscatto, che trova la sua causa proprio nell'avocazione del servizio o (il che è, oggi, lo stesso) con lo svolgimento di esso da parte di una delle aziende previste dalla legge n. 142/90.

Del resto, lo stesso art. 7 della convenzione invocata dall'appellante, nel far salva espressamente la facoltà di riscatto, esclude, appunto, per tabulas, il diritto di prelazione.

8. Sostiene, ancora, l'appellante (punto 3.4.), con riferimento al disposto subentro dell'A.M.I. nell'esercizio dell'impianto, a far tempo dall'11 dicembre 1998, la violazione dello stesso art. 7 della convenzione, per non essere stato considerato il suo diritto di ritenzione fino al pagamento delle somme dovute.

8.1. La doglianza va disattesa, avuto riguardo alla circostanza che, a tacere di ogni altra considerazione, la clausola invocata subordina il diritto di ritenzione al mancato pagamento del dovuto "nelle forme e nei limiti delle leggi vigenti".

Ora, per quel che riguarda il riscatto, l'art. 10 del D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, prevede la determinazione dell'importo dovuto, secondo determinate modalità che il Comune ha rispettato, mettendo a disposizione dell'ITALGAS tale importo.

Poiché la norma citata introduce uno speciale procedimento di risoluzione delle controversie, in caso di disaccordo circa lo stato di consistenza, deve ritenersi escluso, nella fattispecie, l'esercizio del diritto di ritenzione, che contrasterebbe, oltre tutto, con la ratio dello specifico istituto.

9. Con l'ultimo motivo di appello (punto 4, essendo il punto 3.5 assorbito dalle considerazioni esposte precedentemente), l'ITALGAS censura l'ordinanza sindacale n. 128 in data 7 dicembre 1998, che ha disposto la coattiva immissione del riscattante nell'impianto di distribuzione del gas, sostenendo che il sindaco avrebbe agito in qualità di Ufficiale di Governo al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 38 L. 8 giugno 1990, n. 142 (ora art. 54 t.u. enti locali).

Sennonché, a tale censura ha già correttamente risposto il T.A.R., affermando che, nella specie, l'ordinanza è stata emanata nell'esercizio del potere di autotutela del patrimonio comunale spettante ai sensi dell'art. 823 cod. civ., onde nessuna competenza statale era stata esercitata nella fattispecie.

9.1. L'appellante, per la verità, nulla oppone a tale argomentazione, se non la circostanza di fatto che l'ordinanza è stata emessa in data 7 dicembre 1998, prima, cioè, che l'impianto di distribuzione del gas divenisse di proprietà del comune e fosse applicabile l'art. 833 cod. civ., essendo il riscatto divenuto operante solo l'11 dicembre 1998.

E' agevole, però, osservare, in contrario, che il provvedimento di cui si discute era preordinato ad avere effetto dalle ore 24 del giorno 10 dicembre 1998, onde è a tale momento che va valutata la sussistenza del potere.

Può, peraltro, aggiungersi, per completezza, che oggetto dell'ordinanza era anche la consegna di taluni documenti concernenti l'ubicazione degli impianti di presa e le pressioni di esercizio, indispensabili per la tutela della sicurezza e dell'incolumità pubblica, onde appare giustificato anche il richiamo ai poteri di cui all'art. 38 della legge n. 142/90.

9.2. Va, peraltro, confermata l'estromissione dal giudizio del Ministero dell'Interno (già disposta dal T.A.R. in primo grado e, ciò nonostante, nuovamente evocato in appello), atteso che, in ogni caso, detto Ministero non riveste alcuna legittimazione passiva, unica Autorità emanante l'ordinanza impugnata e, quindi, legittima controparte processuale dovendosi considerare il Sindaco.

10. Per tutte le considerazioni esposte, l'appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, previa estromissione del giudizio del Ministero dell'Interno, lo respinge.

Condanna l'appellante al pagamento delle spese del grado di giudizio che liquida nella misura complessiva di Euro 5000 (cinquemila) di cui 3.500 (tremilacinquecento) a favore del Comune di Medicina e 1500 (millecinquecento) a favore del Ministero dell'Interno.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 1 luglio 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Mario Egidio SCHINAIA Presidente

Sergio SANTORO Consigliere

Carmine VOLPE Consigliere

Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere

Giuseppe MINICONE Consigliere Est.

 

Depositata in Segreteria

il 3 settembre 2003

 

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