Pubblicato il 25/11/2024
N. 09449/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01799/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1799 del 2024, proposto da
Urban Vision s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 088400353A, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio De Felice, Venerando Monello, Giancarlo Tanzarella e Carlo Maria Tanzarella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Lepore, Antonello Mandarano, Stefania Pagano e Sara Pagliosa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio n. 15; A&C Network s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Bertacco, Jacopo Emilio Paolo Recla e Andrea Reggio D'Aci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Andrea Reggio D'Aci in Roma, via degli Scipioni 268/A;
nei confronti
A & C Network s.r.l. Unipersonale, Vox Communication s.r.l., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. 196/2024, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Milano e di A&C Network s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2024 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati Monello, Tanzanella, Pagliosa e Recla;
1. La controversia riguarda la procedura svolta dal Comune di Milano (di seguito: “Comune”), conclusa con la stipulazione del contratto per la progettazione, fornitura, posa in opera, gestione e manutenzione di 70 servizi igienici pubblici automatizzati (CIG 8840035A8).
2. Urban Vision s.p.a. (di seguito: “Urban Vision”) ha impugnato la determina 28.4.2023 n. 3513, di aggiudicazione al raggruppamento fra la mandataria A&C Network s.r.l. e la mandante Vox Communication s.r.l. (di seguito: “raggruppamento”) a seguito dell’esercizio della prelazione riconosciuta allo stesso per essere stato promotore dell’iniziativa. Oltre a detta determina ha impugnato:
- l’art. 6 lett. e) dell’avviso pubblico di avvenuta ricevimento di una proposta;
- la delibera 29.5.2020 n. 658;
- gli atti di esercizio della prelazione (nota 4.4.2023 n. 0197641 e nota 17.4.2023).
Con il medesimo ricorso Urban Vision ha chiesto la dichiarazione di inefficacia del contratto e la conseguente tutela in forma specifica.
3. Il Tar Lombardia – Milano, con sentenza 29.1.2024 n. 196, ha respinto il ricorso.
4. Urban Vision ha appellato la sentenza con ricorso n. 1799 del 2024.
5. All’udienza del 26 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
I) Il procedimento amministrativo
6. Nel procedimento il Comune:
- con delibera 29.5.2020 n. 658, ha stabilito le linee di indirizzo per la realizzazione di “progetti e iniziative volte alla rigenerazione di spazi pubblici urbani mediante l’individuazione di sponsor tecnici”, delineando, in particolare, la procedura: pubblicazione di un avviso, anche a seguito della presentazione di una proposta da parte di un promotore, valutazione del Comune della “coerenza con le finalità strategiche dell’Amministrazione”, del valore delle proposte, nonché della congruità, e successiva gara sulla base dell’avviso, che rende note le “caratteristiche e prestazioni della proposta ricevuta” e che prevede “la possibilità del proponente di adeguare la propria proposta alla miglior offerta”;
- nel marzo 2021, ha ricevuto dal raggruppamento una proposta, che ha istruito;
- ha dato avvio alla gara (determinazione 20.7.2021 n. 5782);
- in data 20.7.2021, ha pubblicato sul sito web l’“Avviso pubblico” per sollecitare la “presentazione di proposte migliorative” rispetto a quella ricevuta, che ivi è descritta in dettaglio: nell’avviso è previsto il “Diritto di adeguamento proposta” (art. 6 lett. e) da parte del proponente non aggiudicatario, che ha facoltà di esercitare, entro quindici giorni, “l’adeguamento della sua proposta a quella individuata quale migliore e divenire lui aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall'aggiudicatario” (la clausola di prelazione);
- in esito alla procedura, ha aggiudicato la gara a Urban Vision (determinazione 30.3.2023 n. 2576);
- con determinazione 28.4.2023 n. 3513, ha aggiudicato al raggruppamento che si è avvalso della prelazione.
II) Il contratto stipulato
7. All’esito della gara il raggruppamento ha sottoscritto il contratto avente le caratteristiche della proposta formulata da Urban Vision.
8. In base al contratto, per quanto interessa in questa sede:
- il raggruppamento finanzia, fornisce e realizza 110 servizi igienici pubblici automatizzati (la cui proprietà è trasferita al Comune in seguito al collaudo), nonché li gestisce e manutiene per 24 anni (per un valore di euro € 29.100.000,00, al quale si aggiungono ulteriori € 5.000.000,00);
- il Comune garantisce, per 18 anni, lo sfruttamento pubblicitario di 97 impianti pubblicitari, previa trasformazione degli stessi in digitali, con modalità garantite nel piano di comunicazione oggetto di un obbligo contrattuale (artt. 10 e 11).
9. Dall’istruttoria (ordinanza n. 1026 del 2024), si è appreso inoltre che “il ritorno di immagine mediante la possibilità di promozione commerciale” è stato calcolato dal Comune in una forbice fra € 10.352.827 e € 15.517.412 e che il piano di comunicazione comprende “la promozione diretta dello sponsor” e “la pubblicità in conto terzi che lo stesso, in qualità di collettore, veicolerà negli spazi messi a disposizione”.
III) La questione giuridica e la relativa rilevanza
10. La questione giuridica, oggetto di rimessione alla Corte di giustizia, si impernia sulla clausola di prelazione che ha consentito al raggruppamento di ottenere l’affidamento del contratto.
11. La questione è rilevante in quanto l’appellante Urban Vision contesta la legittimità della clausola di prelazione al fine di ottenere l’aggiudicazione, avendo presentato la migliore offerta.
La supposta illegittimità non può che derivare dal non puntuale recepimento del diritto europeo, atteso che la prelazione prevista dal Comune ed esercitata dal raggruppamento rispetta la disciplina italiana nei termini di seguito esposti.
IV) La qualificazione del contratto alla luce del diritto italiano
12. Il Collegio ritiene che il contratto stipulato dal Comune non sia qualificabile in termini di sponsorizzazione, come invece ritenuto dal Comune stesso.
Nel contrato di sponsorizzazione lo sponsor si impegna a destinare proprie risorse per finanziare la prestazione alla quale è interessata l’amministrazione e riceve in cambio un’utilità immateriale, il ritorno di immagine (aleatorio) “come conseguenza della comunicazione al pubblico dell'esecuzione della prestazione” (Cons. St., sez. V, 3 ottobre 2017 n. 4614).
Nel contratto in esame invece la controprestazione consiste “nel ritorno economico costituito dall’ utilizzo/ sfruttamento dei n. 97 impianti pubblicitari” e “Lo Sponsor si assume l’alea dello sfruttamento pubblicitario” (art. 7 contratto).
Posto poi che le modalità di promozione diretta del privato, che, in base alla relazione istruttoria, si affiancano alla “pubblicità in conto terzi che lo stesso, in qualità di collettore, veicolerà negli spazi messi a disposizione”, non sono individuate in contratto, essendo definite in un piano che è redatto in adempimento di un obbligo contrattuale, detto elemento non può essere ritenuto qualificante.
L’interesse del privato si appunta pertanto, in una misura che il contratto non assicura che non sia del tutto prevalente, sullo sfruttamento degli impianti pubblicitari, con assunzione del relativo rischio di domanda.
13. Piuttosto il contratto stipulato dal Comune e il relativo procedimento rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 183 d.lgs. 50/2016, intitolato “finanza di progetto”.
13.1. L’art. 183 disciplina un modulo procedimentale (così anche la relazione al d.lgs. n. 36/2023). Detto modulo si applica a contratti nei quali, come si evince anche dal titolo (così anche la relazione al d.lgs. n. 36/2023 e la delibera Anac 23 settembre 2015 n. 10), il privato finanzia, in modo totale o parziale, l’opera, senza garanzia del recupero dell’investimento, che dipende dall’introito derivante dallo sfruttamento dell’opera o dalla fornitura del servizio.
13.2. Con il contratto in esame non solo il privato si assume l’onere di realizzare i bagni automatizzati pubblici e di trasformare gli impianti pubblicitari con proprie risorse, ma neppure riceve una controprestazione in denaro, potendo piuttosto sfruttare i 97 impianti pubblicitari. Il privato quindi finanzia l’intervento, nei termini di cui all’art. 183.
In ragione di ciò egli assume il rischio operativo delle opere e delle gestioni anzidette, oltre che il rischio della domanda rispetto agli impianti pubblicitari.
Detto elemento consente di qualificare il contratto.
La concessione è infatti caratterizzata, oltre che da un corrispettivo costituito unicamente dal diritto di gestire le opere o i servizi o da tale diritto accompagnato da un prezzo, dall’assunzione, da parte del concessionario, del rischio operativo (lett. uu) e vv) dell’art. 3), inteso quale rischio di gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi, come nel caso in cui non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati (lett. zz).
La definizione di paternariato pubblico privato comprende quella di concessione: i contratti di paternariato sono infatti contratti a titolo oneroso con i quali è conferito all’operatore economico il compito di realizzare e gestire un'opera in cambio del suo sfruttamento economico, o di fornire un servizio, “con assunzione di rischio” (art. 3 lett. eee), in termini di rischio di costruzione, oltre che di rischio di disponibilità o di rischio di domanda (art. 180 comma 3), con una definizione più lata, specie in relazione all’oggetto del contratto e al relativo rischio, rispetto a quella di concessione.
L’onere, assunto dal raggruppamento, di finanziare l’opera senza garanzia del recupero dell’investimento, dipendente dall’introito derivante dallo sfruttamento degli impianti pubblicitari, costituisce un tipico esempio di assunzione del rischio che connota la concessione e il paternariato.
13.2. Il contratto in esame è quindi qualificabile, anche ai fini del diritto Ue (su cui infra), come concessione, oltre che come paternariato pubblico privato.
13.3. Quanto sopra non osta all’applicazione dell’art. 183 nonostante si rinvengano anche riferimenti contrastanti, quali:
- l’inclusione dell’art. 183 nella Parte IV, dedicata al paternariato pubblico privato, mentre i contratti di concessione sono disciplinati nella Parte III;
- il comma 8 dell’art. 180 comma 8 che, nell’elencare i contratti di partenariato pubblico privato, affianca alla “finanza di progetto” la “concessione di costruzione e gestione”.
Ciò in quanto, oltre alla richiamata definizione della concessione di cui all’art. 3:
- detti riferimenti sono contraddittori rispetto alla qualificazione della concessione come paternariato;
- la nozione di finanziamento di cui all’art. 183 non è idonea a differenziarlo dalla concessione, anche perché dovrebbe altrimenti ritenersi che vi sia un’antinomia fra paternariato e concessione, smentita dallo stesso art. 180 comma 8;
- il d.lgs. n. 50/2016 deve essere interpretato alla luce delle direttive nn. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, di cui costituisce attuazione, e, in base a dette direttive (che non contengono riferimenti al contratto di paternariato pubblico privato), il contratto in esame, considerato l’oggetto e i rischi assunti, nell’alternativa fra contratto di appalto e contratto di concessione, non può che rientrare nella seconda nozione.
V) La disciplina di diritto interno relativa al procedimento svolto dal Comune
15. La procedura seguita dal Comune rispetta il modulo disciplinato dall’art. 183 del d. lgs. 50/2016, che contiene la previsione della prelazione e che suddivide il procedimento in tre fasi:
- la prima fase prende avvio in seguito alla presentazione da parte di uno o più operatori economici di una proposta, di cui viene valutata la rispondenza all’interesse pubblico “entro il termine perentorio di tre mesi”;
- superata positivamente la valutazione, anche a seguito del positivo riscontro alle modifiche richiesta dall’amministrazione, la seconda fase è caratterizzata dall’inserimento della proposta di pubblico interesse nella programmazione;
- la terza fase prevede l’indizione di una gara sul progetto approvato.
16. In base al comma 15 dell’art. 183 nel bando che dà avvio all’ultima fase “è specificato che il promotore può esercitare il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario”, impegnandosi ad assicurare le medesime condizioni della migliore offerta, con pagamento delle spese di preparazione dell’offerta all’originario aggiudicatario. Se il promotore non esercita la prelazione ha diritto alla refusione delle spese affrontate per formulare la proposta.
17. Il procedimento svolto dal Comune integra i presupposti delineati dall’art. 183 del d. lgs. 50/2016 e, in particolare, dal relativo comma 15.
Urban Vision ha presentato una proposta.
La proposta è stata valutata positivamente sia rispetto al fine pubblico (“il fine pubblico che si intende perseguire è una nuova dotazione di Servizi – Igienici Automatizzati nonché la loro gestione e manutenzione”), sia, in esito ad apposita istruttoria, in merito alla “congruità tecnico- economica finanziaria” (così dalla determina n. 5782 del 2021).
E’ stato quindi pubblicato un avviso pubblico, con il quale la proposta è stata messa a gara e nel quale è specificato che il promotore può esercitare la prelazione.
In esito alla gara il promotore ha esercitato la prelazione e ha ottenuto l’aggiudicazione adeguando l’offerta a quella dell’appellante, risultato migliore offerente.
18. Il procedimento svolto dal Comune ha assicurato una trasparenza anche maggiore in quanto ha pubblicato un avviso preliminare nel quale ha reso noto l’interesse a ricevere proposte per la realizzazione di iniziative per la rigenerazione di spazi pubblici, specificando che il vantaggio competitivo del promotore.
Né si è posto un tema di comparazione fra le proposte presentate da più promotori in quanto il raggruppamento è stata l’unico a presentare una proposta.
VI) Il tema giuridico
19. Passando ad illustrare il quesito, il Collegio dubita che l’art. 183 comma 15 d.lgs. 50/2016 costituisca puntuale recepimento del diritto europeo.
La clausola di prelazione infatti, pur assicurando lo svolgimento di una gara, è idonea a sovvertirne l’esito se il promotore la esercita: il proponente che non risulti aggiudicatario secondo le regole di gara, se adegua la sua proposta a quella individuata come migliore, diviene egli stesso aggiudicatario.
La prelazione produce quindi effetti sulla parità di trattamento che informa le gare pubbliche, mettendone in discussione l’essenza.
VII) Il diritto dell’Unione europea: la direttiva n. 2014/23/UE
20. Viene in evidenza la direttiva n. 2014/23/UE (di seguito: “direttiva”), in quanto riguarda le concessioni, così come il contratto in esame, il cui valore stimato supera il valore soglia indicato nell’art. 8 della direttiva medesima.
Per gli stessi motivi, già sopra illustrati, in ragione dei quali il contratto stipulato dal Comune rientra nella nozione di concessione contenuta nel d.lgs. 50/2016, esso è altresì compreso nella nozione di concessione di cui all’art. 5 della direttiva, in quanto il primo mutua la definizione dalla seconda, di cui costituisce attuazione. Né la circostanza che oggetto del contratto sia (anche) lo sfruttamento dei 97 impianti pubblicitari determina la non applicazione della direttiva, considerato l’oggetto principale del contratto, cioè la realizzazione dei bagni pubblici, rispetto al quale lo sfruttamento di 97 impianti pubblicitari è strumentale e non consente di qualificarlo in termini di locazione di beni pubblici (art. 10, par. 8 lett. a), né quale concessione unilaterale priva di obblighi reciprocamente vincolanti (considerando 14), né quale accordo nel quale l’amministrazione si limita a fissare “unicamente le condizioni generali d'uso senza acquisire lavori o servizi specifici” (considerando 15), né quale contratto che “è remunerato in base a tariffe regolamentate” (considerando 17).
VIII) Le ragioni del dubbio
21. Nella direttiva non viene richiamata, né disciplinata la clausola di prelazione.
10.3. Il Collegio si interroga sulle conseguenze desumibili da detta omissione.
Innanzitutto si chiede se sia consentito dedurre da ciò che la direttiva osti alla previsione della clausola di prelazione nella legge di gara.
22. Nondimeno nell’ordinamento unionale si rinvengono elementi che potrebbero non escludere in termini assoluti l’ammissibilità dell’istituto e che giustificano l’insorgere di un dubbio in tal senso.
23. In particolare, depone in tal senso la direttiva laddove stabilisce:
- la “flessibilità nel definire e organizzare la procedura di selezione del concessionario” (considerando 68, oltre che 1 e 8);
- il punto di equilibrio fra flessibilità e parità di trattamento, individuato nella trasparenza e nel rispetto delle informazioni diffuse (così il considerando 68);
- le informazioni “minime”, che riguardano la “natura e l'ambito di applicazione della concessione” ma anche la “limitazione del numero di candidati” (considerando 68);
- le “norme di carattere generale” necessarie per garantire parità di trattamento, che “possono fare riferimento a fattori di carattere non puramente economico ma tali da influenzare il valore di un'offerta dal punto di vista dell'amministrazione”, così da “permettere di individuare un vantaggio economico globale per l'amministrazione” (considerando 73);
- la positiva considerazione dell’inclusione nei criteri di aggiudicazione di fattori ambientali, sociali o relativi all'innovazione (considerando 73);
- la rilevanza della comunicazione non discriminatoria delle “informazioni che possano avvantaggiare determinati candidati o offerenti rispetto ad altri” (combinato disposto degli artt. 3 e 30) ai fini del rispetto dei principi di parità.
Una particolare evidenza assume la previsione contenuta nell’art. 41 par. 3: se l’amministrazione riceve un’offerta che propone una “soluzione innovativa”, questa “può, in via eccezionale, modificare l'ordine dei criteri di aggiudicazione per tenere conto di tale soluzione innovativa”. In tal caso, essa è tenuta a emettere un nuovo invito, posto che “la modifica dell'ordine non deve dar luogo a discriminazioni”.
In tal caso il punto di equilibrio fra apporto del privato e par condicio sta nel porre l’innovazione a gara.
24. I profili di flessibilità, la rilevanza attribuita alla diffusione delle informazioni sul procedimento ai fini del rispetto delle garanzie minime di parità di trattamento, anche di quelle che possono avvantaggiare determinati candidati, e la rilevanza (sulla gara) attribuita alla soluzione innovativa rendono non sicura la deduzione dell’incompatibilità della clausola di prelazione con la direttiva.
25. Lo stesso principio di proporzionalità quale principio generale postula che le norme stabilite dagli Stati membri o dalle amministrazioni “non vadano oltre quanto è necessario per conseguire gli obiettivi previsti dalla medesima direttiva” (Cgue, 26.9.2024, C-403/23).
L’obiettivo principale delle norme dell’Unione in materia di gare pubbliche comprende “l’apertura ad una concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri” (Cgue, 7.9.2021, C927/19), parte integrante del mercato interno ai sensi dell’art. 3 par. 3 TUE (protocollo n. 27 Tfue).
In tale prospettiva le restrizioni alla libertà economica sono ammissibili se funzionali alla realizzazione della concorrenza (per il mercato).
Al riguardo si rileva che la prelazione è espressione di libertà imprenditoriale, che assurge a libertà fondamentale in base all’art. 15 Carta di Nizza, e del mercato. Nel mercato, cui è preordinata la direttiva, è comunque assicurata, almeno per un certo periodo, una rendita di posizione allorquando è portatrice di una soluzione innovativa.
Inoltre, posto che il vaglio di proporzionalità postula una comparazione con gli interessi contrapposti (Cgue, 27.1.1987, C-45/1985), rileva anche che la valorizzazione delle iniziative del privato è funzionale alla buona amministrazione (art. 41 Carta di Nizza) e al principio di efficienza e sana gestione finanziaria (art. 310 par. 5 Tfue), nel senso che indirizza l’attività amministrativa verso settori e attività che i privati ritengono meritevoli di tutela, assicurando alla stessa un risparmio di tempo e risorse.
26. Vengono altresì in evidenza la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi di cui rispettivamente agli artt. 49 e 56 del Tfue. E ciò non solo per il caso in cui non sia ritenuta applicabile la direttiva ma anche per gli incisivi effetti della prelazione sulla parità di trattamento e sull’essenza delle gare pubbliche, che chiamano in causa i principi in nome dei quali la direttiva la impone e per la mancanza di una specifica disposizione di riferimento all’interno della direttiva, che può rendere rilevante il vaglio dell’istituto anche alla luce dei principi sovraordinati.
Una normativa nazionale, malgrado i suoi effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento e sulla libera prestazione di servizi, può risultare giustificata se risponde a esigenze imperative di interesse generale, qualora tale interesse non sia già tutelato da altre norme, se è idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e se non va oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (Cgue, 22.11.2018, C-625/17 e 15.9.2011, C-347/09).
La prelazione, promuovendo le proposte del privato nei confronti dell’attività pubblica, costituisce attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118 Cost.), è espressione di una modalità di cooperazione che può rendere più efficace, in termini di tempo e risorse, la realizzazione degli interessi pubblici in e promuovere un rinnovamento dell’amministrazione attraverso l’acquisizione di nuove conoscenze, proprie delle realtà private (in coerenza con i principi di imparzialità e buon andamento dell’art. 97 Cost.), oltre a costituire uno stimolo per l’impresa.
Nondimeno essa potrebbe non risultare idonea a conseguire lo scopo o comunque potrebbe non essere proporzionata. Si possono infatti ipotizzare sistemi che, pur premiando l’iniziativa, nondimeno producano effetti meno incisivi per la gara (senza quindi assicurare necessariamente allo stesso il risultato). A titolo esemplificativo si prefigura la possibilità di valorizzare l’iniziativa del promotore con l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo o utilizzando moduli procedimentali flessibili: il dialogo competitivo e la procedura competitiva con negoziazione sono utili proprio nei casi in cui le amministrazioni non sono in grado di predeterminare le modalità per soddisfare le loro esigenze o di valutare ciò che il mercato può offrire in termini di soluzioni tecniche, finanziarie o giuridiche.
27. Da ultimo si rileva che, benché, come detto, lo sfruttamento dei 97 impianti pubblicitari non costituisca la prestazione caratterizzante il contratto in esame, si richiamano comunque (anche) i principi desumibili dall’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, applicabile alle concessioni di beni pubblici finalizzate all’esercizio di un’attività economica se in numero limitato (Cgue, 14.7.2016, C-458/14 e C-67/15).
L’art. 12 non contiene un divieto assoluto all’introduzione della prelazione, relativa ai servizi nel mercato interno, ma impedisce, in caso di scarsità della risorsa, di adottare sistemi di affidamento basati su metodi non concorrenziali, consentendo comunque agli Stati membri di tener conto di “motivi imperativi d’interesse generale conformi al diritto comunitario”, con le conseguenze già sopra illustrate.
28. A fronte di quanto sopra si rileva che la disciplina italiana della prelazione contenuta nell’art. 183 comma 15 del d. lgs. 50/2016, seppur premia, e quindi promuove, l’iniziativa del privato che si assume l’onere di formulare una proposta senza potere conoscere in anticipo i rischi e l’esito della stessa, nondimeno:
- garantisce l’aggiudicazione al promotore, anche se l’offerta migliore è stata presentata da altro candidato;
- per tale motivo non premia necessariamente il soggetto che ha presentato l’offerta preferibile per l’amministrazione, che, altrimenti, non si renderebbe necessario esercitare la prelazione;
- non delimita l’ambito di applicazione dell’istituto, richiedendo che l’oggetto del contratto in gara abbia caratteristiche volte a circoscrivere l’utilizzo dell’istituto, che non siano limitate alla tipologia di finanziamento e alla rispondenza all’interesse pubblico;
- non presuppone il carattere innovativo della proposta, in termini di caratteristica intrinseca dell’oggetto della proposta o di novità dello stesso rispetto alla precedente attività svolta dall’amministrazione;
- non richiede una trasparenza iniziale in ordine alla posizione privilegiata del promotore (anche se, nel caso di specie, è stata assicurata dal Comune), posto che la prelazione è resa nota con l’avvio della gara successiva alla presentazione della proposta, mentre la posizione privilegiata trova causa in una condotta precedente a detta comunicazione;
- difetta di garanzie e moduli procedimentali in caso vi siano più promotori che presentano una proposta (circostanza che non ricorre nel caso di specie ma che è indicativa della disciplina dell’istituto).
29. In ragione di quanto sopra il Collegio ritiene di avere motivo per dubitare che i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi e la direttiva, interpretati alla luce dei principi di proporzionalità, buona amministrazione ed efficienza, nonché l’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, se ritenuta applicabile, ostino alla disciplina della clausola di prelazione contenuta nell’art. 183 comma 15 del d.lgs. 50/2016.
30. Pertanto il Collegio, in mancanza di un’espressa disciplina della clausola di prelazione o di un espresso divieto della stessa, ravvisa i presupposti dell’obbligo di rinvio, anche in ragione del fatto che la Corte di giustizia non si è specificamente pronunciata sul punto. Nel 2008, infatti, la Corte pur avendo positivamente scrutinato una questione relativa alla prelazione in relazione al principio di parità di trattamento, ha affermato che i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi “non prescrivono un obbligo generale di parità di trattamento ma contengono […] un divieto di discriminazione in base alla cittadinanza”, aggiungendo la considerazione determinante circa il fatto che “la Commissione non fornisce alcuna indicazione relativa all’eventuale esistenza di una tale discriminazione” (Cgue, 21.2.2008, in C-412/04).
31. Al fine del rinvio, considerato che “le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento, di libera prestazione di servizi e di libera circolazione dei capitali non sono applicabili a una fattispecie in cui elementi si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro”, si rileva di trovarsi in una delle situazioni contemplate ai punti da 50 a 53 della sentenza del 15 novembre 2016 (Cgue, 15.11.2016, C-268/15) in quanto, malgrado gli elementi nel procedimento principale siano circoscritti all’interno di un solo Stato membro, non può escludersi che cittadini stabiliti in altri Stati membri siano stati o siano interessati ad avvalersi delle libertà fondamentali per esercitare attività sul territorio dello Stato membro che ha emanato la normativa nazionale in discussione. Sicché essa può produrre effetti che non siano limitati a tale Stato membro.
IX) Il quesito
32. In considerazione di tutto quanto sopra esposto, il Collegio chiede alla Corte di giustizia dell’Ue di pronunciarsi, ai sensi dell’art. 267 Tfue, sulla seguente questione pregiudiziale: “se i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli artt. 49 e 56 Tfue, nonché la direttiva n. 2014/23/UE, interpretati alla luce dei principi di proporzionalità, buona amministrazione ed efficienza, e l’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, per il caso in cui la Corte lo ritenga applicabile, osti alla disciplina nazionale della prelazione, contenuta nell’art. 183 comma 15 d.lgs. n. 50/2016”.
33. Il Collegio dispone che alla Cgue sia trasmessa, a cura della Segreteria della Sezione, oltre a copia conforme all’originale della presente ordinanza, copia dell’intero fascicolo di causa, privo della copia dell’offerta tecnica in formato integrale depositata con modalità cartacea.
34. Il Collegio sospende il presente giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, rimette alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale indicata nel § 21 della motivazione e, riservata ogni altra decisione, anche sulle spese, sospende il giudizio.
Dispone che il presente provvedimento, unitamente a copia degli atti di giudizio indicati in motivazione, sia trasmesso, a cura della Segreteria della Sezione, alla Cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore
Elena Quadri, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere
Marina Perrelli, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Sara Raffaella Molinaro |
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Rosanna De Nictolis |
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IL SEGRETARIO
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