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Pubblicato il 10/12/2024
N. 09928/2024 REG.PROV.COLL.
N. 09101/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 9101 del 2021, proposto da
Sad Trasporto Locale S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Guido Greco e Maria Alessandra Sandulli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Alessandra Sandulli in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 349;
contro
Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Laura Fadanelli, Pierluigi Mantini, Alexandra Roilo, Jutta Segna, Patrizia Pignatta e Lukas Plancker, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Sasa S.p.A. - Ag – Società Autobus Servizi D'Area Spa, Acp, Agenzia per i Procedimenti e la Vigilanza in Materia di Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, Sta – Strutture Trasporto Alto Adige S.p.A., Libus - Consorzio dei Concessionari di Linea della Provincia Autonoma di Bolzano, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - sezione autonoma della provincia di Bolzano n. 270/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Bolzano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2024 il Cons. Stefano Lorenzo Vitale e uditi per le parti gli avvocati Guglielmo Aldo Giuffré, per delega dell'avvocato Guido Greco, e Marco Giustiniani in dichiarata delega dell'avvocato Pierluigi Mantini.;
I. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO
1. Oggetto dell’odierno giudizio, per quanto rileva ai fini del presente provvedimento, è la Delibera n. 828 del 27 ottobre 2020 con la quale la Giunta provinciale di Bolzano ha stabilito, inter alia, per il trasporto pubblico locale (TPL) con autobus, di adottare “un modello di trasporto misto in parte con affidamento in house e in parte tramite procedura ad evidenza pubblica”, ha approvato la Relazione ex art. 34, comma 20, D.L. n. 179/2012, conv. in L. n. 221/2012, il disciplinare di gara, il capitolato speciale e il capitolato tecnico per l'affidamento in concessione dei servizi da eseguire in 10 differenti lotti, ivi specificamente individuati ed elencati, ed ha previsto “l'affidamento della rete ecosostenibile a una società in house della Provincia” (società denominata SASA s.p.a., di seguito “SASA”).
2. Con il ricorso di primo grado proposto davanti al T.R.G.A. Bolzano, l’odierna appellante SAD Trasporto Locale s.p.a. (di seguito “SAD”) – ci si limita qui a riportare le circostanze rilevanti ai fini della presente ordinanza, in ossequio al principio di sinteticità degli atti processuali – ha contestato detta delibera, ed i relativi atti presupposti, nella parte in cui prevede l’affidamento in house di una parte del servizio di TPL con autobus deducendo al riguardo (terzo motivo del ricorso di primo grado) la “Violazione (per mancata applicazione) dell’art. 192, c. 2, dlgs n 50/2016 e dell’art. 16 del dlgs n 175/16, nonché (per errata applicazione) dell’art. 18, c. 1, lettera a) e dell’art. 166 del medesimo dlgs; Violazione (per mancata applicazione) dell’art. 34, c. 20, del d.l. 179/2012, dell’art. 4 del dlgs n 50/2016; Eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria, insufficienza di motivazione, illogicità, contraddittorietà e disparità di trattamento”.
3. La SAD ha dedotto al riguardo che nella specie non si può effettuare un affidamento in house ai sensi dell’art. 5, paragrafo 2, Regolamento CE n. 1370/07, per mancanza di un rapporto concessorio dal momento che non viene traferito il “rischio operativo” in capo alla società in house. Altresì, anche se non fosse applicabile detta norma alla società in house, essa non escluderebbe comunque la necessità di attenersi ai rigorosi parametri dettati dal legislatore nazionale e, in particolare, dall’art 192, comma 2, D.lgs. n. 50/2016, dall’art 16, ultimo comma, D.lgs. n. 175/2016, e dall’art. 34, comma 20, D.l. n. 179/2012, conv. in L. n. 221/2012.
4. Si soggiunge per completezza che la SAD, con il ricorso di primo grado successivamente integrato da quattro ricorsi per motivi aggiunti, ha impugnato anche ulteriori atti, non rilevanti ai fini della presente ordinanza.
5. La sentenza di prime cure (T.R.G.A. Bolzano, 16 settembre 2021, n. 270) ha integralmente rigettato il ricorso.
6. In ordine al terzo motivo di ricorso riguardante l’affidamento in house, il Tar (§§ 90-153) ha ritenuto che le norme, nazionali e unionali, relative al TPL derogano alla disciplina “ordinaria” dei servizi di interesse economico generale in ragione della “universalità, continuità e qualità delle prestazioni richieste, nonché all’applicazione di condizioni tariffarie generalmente agevolate che non consentono, di norma, la remunerazione dei fattori di produzione secondo le correnti logiche di mercato”.
7. Quanto alla normativa euro-unionale, il T.R.G.A. ha valorizzato il disposto dell’art. 106, comma 2, TFUE nonché l’art. 5, paragrafo 2, Reg. CE n. 1370/2007. Quanto alla normativa interna, il T.R.G.A. ha valorizzato alcune norme provinciali (art. 20 della L.P. n. 15/2015 e art. 7, comma 9, della L.P. n. 16/2015) e nazionali [art. 18, comma 1, lettera a) e art. 166 del D.lgs. n. 50/2016] ritenute idonee a sottoporre l’affidamento del TPL ad un regime speciale.
8. Ad avviso del T.R.G.A., da tale reticolo normativo deriva che gli enti gestori hanno la facoltà di ricorrere all’in house providing come modalità di affidamento alternativa al ricorso al mercato mercé il “principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche” (rectius, di autoproduzione dei servizi pubblici) in base al quale l’uno o l’altro modello di affidamento (id est, in house e ricorso al mercato), sono entrambi posti sul medesimo piano senza che emerga la preferenza dell’ordinamento per uno strumento a scapito dell’altro.
Ad avviso del primo giudice, non si applicano al settore del TPL - in forza della normativa unionale - le norme nazionali (art. 192 D.lgs. n. 50/2016 e art. 16, ultimo comma, D.lgs. n. 175/2016) che prevedono, a carico dell’amministrazione che intenda ricorrere all’affidamento in house, un onere di motivazione rafforzato, e in particolare una motivazione che dia conto della necessità di fare ricorso all’in house in ragione di un fallimento del mercato. La scelta dell’amministrazione tra l’affidamento in house e il ricorso al mercato sarebbe, pertanto, ampiamente discrezionale - sganciata dal presupposto del fallimento del mercato - e potrebbe essere ritenuta illegittima dal giudice solo ove fosse manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà, ovvero fosse fondata su di un macroscopico travisamento dei fatti.
9. Tanto chiarito in ordine al quadro normativo, il primo giudice ha ritenuto infondate le doglianze di SAD.
10. In primo luogo, il T.R.G.A. ha ritenuto che nel caso di specie sia applicabile l’art. 5, paragrafo 2, Reg. CE n. 1370/2007: sul punto, il primo giudice non ha condiviso la prospettazione di SAD secondo cui tale norma consentirebbe l’affidamento in house delle sole concessioni, ossia consentirebbe la società soggetta a controllo analogo solo a condizione del trasferimento sul soggetto in house di un “rischio operativo”, e, comunque, ad avviso del primo giudice nel presente caso detto rischio graverebbe formalmente sulla società in house quale soggetto distinto dall’amministrazione e titolare del servizio.
11. Altresì, il T.R.G.A. ha ritenuto che la delibera della Provincia impugnata sia stata adottata a seguito di un’istruttoria completa e che la scelta di ricorrere al modello in house sia adeguatamente motivata sulla base dei criteri fissati dall’art. 34, comma 20, del d.l. n. 179/2012 cit., secondo cui l’amministrazione deve dare conto “delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta”.
II. IL GIUDIZIO DI APPELLO
12. SAD ha impugnato la sentenza di primo grado davanti a questo Consiglio di Stato articolando otto motivi di gravame e si è costituta in resistenza la Provincia.
13. Nel corso del giudizio, l’appellante ha rinunciato ai motivi d’appello nn. I, II, IV, V, VI e VIII e, fermi restando i provvedimenti conseguenti a tale rinuncia che la Sezione adotterà all’esito del rinvio pregiudiziale che si dispone con il presente provvedimento, la materia del contendere è ora circoscritta alla sola questione della legittimità dell’affidamento in house disposto dalla Provincia a favore di SASA.
14. In ordine a tale questione, SAD (terzo motivo di appello, corrispondente al terzo motivo del ricorso di prime cure già prima illustrato) contesta la sentenza impugnata reiterando gli argomenti avanzati in prime cure e, segnatamente, facendo valere l’applicabilità al caso di specie dell’art. 192, comma 2, cit. che impone all’amministrazione di motivare la scelta per il ricorso all’in house sulla base di un fallimento del mercato.
15. In particolare, SAD contesta la ricostruzione del quadro normativo offerta dal T.R.G.A. deducendo che:
- l’art. 106, paragrafo 2, TFUE non è preclusivo dell’applicazione dell’art. 192, comma 2, cit. poiché la norma del Trattato prevede solo che “[l]e imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione.” Di contro, l’art. 192 del d.lgs. n. 50 del 2016 pone solo dei limiti tesi ad evitare abusi nel ricorso all’in house providing;
- l’art. 61 della L n. 99/2009 (che prevede che gli affidamenti del TPL effettuati in base all’art. paragrafi 2-6, Reg. n. 1370 cit., avvengono “anche in deroga alla disciplina di settore”), è stato superato dall’art. 18 D.lgs. n. 50/2016 (Codice contratti pubblici) che ha definito l’ambito di applicazione del Codice medesimo collegandolo alla scelta per il regime concessorio;
- l’art 166 del D.lgs. n. 50/2016 cit., che recita “le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono liberi di organizzare la procedura per la scelta del concessionario, fatto salvo il rispetto delle norme di cui alla presente Parte. Essi sono liberi di decidere il modo migliore per gestire l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici”, a ben vedere riguarda il principio di libera amministrazione nel quadro peraltro della “procedura di scelta del concessionario” che nella specie non vi è stata e, comunque, non esonera dall’obbligo di motivazione previsto dal quadro normativo;
- le norme provinciali valorizzate dal T.R.G.A. (art 20 della L.P. n. 15/2015 e art 7, comma 9, della L.P. n. 16/2015) si limitano a richiamare il modello in house, senza peraltro accordarvi alcuna preferenza, e, ove prevedessero una tale preferenza, sarebbero contrastanti con gli artt. 3 e 117, comma 2, lettera e), Costituzione.
16. Altresì, SAD insiste per l’applicabilità al caso di specie dell’art. 192, comma 2, D.lgs. n. 50/2016 cit., evidenziando che, seppure tale codice non si applica “alle concessioni dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri ai sensi del Regolamento (CE) n. 1370/2007” [art. 18, comma 1, lettera a), D.lgs. n. 50/2016], nel caso di specie non si sarebbe in presenza di una “concessione” perché manca un trasferimento del rischio in capo al soggetto in house.
17. In ogni caso, ad avviso dell’appellante, l’applicazione dell’art. 192, comma 2, cit. risulta comunque da una serie di ulteriori indici normativi:
- l’art. 16, ultimo comma, D.lgs. n. 175/2016, normativa di diritto interno che disciplina le società pubbliche, nel fissare la disciplina cui sono assoggettate le società in house, stabilisce, per quanto qui rileva, che “resta fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 192 del medesimo Decreto legislativo n. 50 del 2016” che disciplina i contratti pubblici limitando il ricorso all’in house;
- l’art 5, paragrafo 2, del citato Reg. CE n. 1370 prevede che l’affidamento in house sia possibile “a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale” e, comunque, fa “salve le pertinenti disposizioni della legislazione statale” (considerando n. 18) e, pertanto, consentirebbe l’applicazione di una norma nazionale quale l’art. 192, comma 2, cit.
18. Da ultimo, SAD sostiene che, anche laddove non fosse applicabile l’art. 192, comma 2, cit., comunque la delibera impugnata sarebbe illegittima perché non effettua un confronto con il mercato dal momento che la scelta di effettuare l’affidamento in house è stata sostanzialmente “politica” e “non è stata effettuata alcuna preventiva valutazione della congruità economica della gestione in house” e “non è stata effettuata alcuna analisi comparativa con i costi/benefici offerti dal mercato, soprattutto per gli utenti, e, pertanto, non sussiste alcuna seria ragione che comporti l’esclusione del ricorso al mercato”.
19. Infine, SAD (settimo motivo di appello) ha domandato a questo giudice di effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, oltre che di sollevare una questione di costituzionalità delle leggi provinciali sopra richiamate.
20. Con ordinanza del 25 gennaio 2023, n. 877, questo Consiglio di Stato ha sospeso il giudizio al fine di attendere la pronuncia della Corte di giustizia sui quesiti sollevati, sempre da questo Consiglio, in analoga causa vertente tra le medesime parti (Consiglio Stato, sez. VI, ord. 7 marzo 2022, n. 1620).
La Corte di giustizia ha definito tale ultimo rinvio pregiudiziale con la sentenza del 19 ottobre 2023, causa C-186/22, con la quale, tuttavia, ha risposto solo ad alcuni dei quesiti sottopostole e non anche a quello di interesse per il presente giudizio.
21. A seguito di tale sentenza della Corte di giustizia, SAD ha proseguito il presente giudizio ed ha insistito nelle proprie difese e nella richiesta di rinvio pregiudiziale.
22. All’udienza pubblica del 7 novembre 2024, in vista della quale SAD ha depositato un’istanza di rinvio dell’udienza di trattazione ed una memoria, la causa è stata trattenuta in decisione.
III. LA NORMATIVA UNIONALE RILEVANTE
23. L’art. 106, paragrafo 2, TFUE prevede che: “Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione”.
24. Il Considerando n. 18 del Regolamento (CE) 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 (per brevità, anche Regolamento n. 1370), prevede che: “Fatte salve le pertinenti disposizioni della legislazione nazionale, ogni autorità locale o, in assenza di questa, ogni autorità nazionale può decidere se fornire essa stessa i servizi pubblici di trasporto di passeggeri nel suo territorio o se affidarli a un operatore interno senza ricorrere a procedure di gara...”.
25. L’art. 5, paragrafi 1 e 2, Regolamento n. 1370/2007 cit., come modificato dal Regolamento (UE) n. 2016/2338, norma rilevante nel giudizio e sulla quale si impernia la questione pregiudiziale, prevede che: “1. I contratti di servizio pubblico sono aggiudicati conformemente alle norme previste nel presente Regolamento. Tuttavia, i contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico di cui alle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con autobus o tram sono aggiudicati secondo le procedure di cui a dette direttive, qualora tali contratti non assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in dette direttive. Se i contratti devono essere aggiudicati a norma delle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE, le disposizioni dei paragrafi da 2 a 6 del presente articolo non si applicano. 2. A meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti a livello locale, si tratti o meno di un'autorità singola o di un gruppo di autorità che forniscono servizi integrati di trasporto pubblico di passeggeri, hanno facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere all'aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l'autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi (...)”.
26. Gli articoli 5, paragrafo 1, lettera b), e 10, paragrafo 3, Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'aggiudicazione dei contratti di concessione prevedono che per «concessione di servizi» si intende un “contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo”, nonché prevedono che “La presente direttiva non si applica (…) alle concessioni di servizi di trasporto pubblico di passeggeri ai sensi del Regolamento (CE) n. 1370/2007”.
27. Il Considerando n. 35 della Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE prevede che: “È opportuno ricordare che l’articolo 5, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio prevede esplicitamente che le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE si applichino, rispettivamente, ai contratti di servizio e ai contratti di servizio pubblico per servizi pubblici di trasporto di passeggeri con autobus o tram e che il Regolamento (CE) n. 1370/2007 si applichi alle concessioni di servizi per il trasporto pubblico di passeggeri con autobus e tram (…)”.
IV. LA NORMATIVA NAZIONALE (STATALE E PROVINCIALE) RILEVANTE
28. L’art. 61, L. 23 luglio 2009, n. 99 (recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) prevede che: “1. Al fine di armonizzare il processo di liberalizzazione e di concorrenza nel settore del trasporto pubblico regionale e locale con le norme comunitarie, le autorità competenti all'aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6, e all'articolo 8, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007. Alle società che, in Italia o all'estero, risultino aggiudicatarie di contratti di servizio ai sensi delle previsioni del predetto Regolamento (CE) n. 1370/2007 non si applica l'esclusione di cui all'articolo 18, comma 2, lettera a), del Decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422”.
29. L’art. 5, comma 1, Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) prevede che: “1. Una concessione o un appalto pubblico, nei settori ordinari o speciali, aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell'ambito di applicazione del presente codice quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata”.
30. L’art. 18, comma 1, lettera a), Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 cit. prevede che “Le disposizioni del presente codice non si applicano: a) alle (…) alle concessioni di servizi di trasporto pubblico di passeggeri ai sensi del Regolamento (CE) n. 1370/2007”.
31. L’art. 192, comma 2, Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 cit. prevede che: “Ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche” ( regola che condiziona l’esperibilità dell’in house all’accertamento di un fallimento del mercato con ciò limitando in via generale il ricorso all’autoproduzione ).
32. L’art. 16 (rubricato “Società in house”), comma 7, del Decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) prevede che “Le società di cui al presente articolo sono tenute all'acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al Decreto legislativo n. 50 del 2016. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 192 del medesimo Decreto legislativo n. 50 del 2016”.
33. L’art. 20, Legge Provinciale 23 novembre 2015, n. 15 prevede che: “I servizi possono essere forniti, nel rispetto della normativa dell'Unione europea, dalle amministrazioni stesse o da un soggetto su cui le amministrazioni competenti a livello locale, o almeno un'amministrazione competente a livello locale nel caso di un gruppo di amministrazioni, esercitano un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie strutture”.
34. L’art. 7, comma 9, Legge Provinciale 17 dicembre 2015, n. 16 in materia di appalti pubblici, come introdotto dall’art. 4, comma 2, Legge Provinciale 9 luglio 2019, n. 3, prevede che “Il servizio di trasporto pubblico locale è principalmente garantito dalla Provincia autonoma di Bolzano, anche attraverso un modello di gestione pubblica in house o azienda speciale, secondo i principi della mobilità sostenibile, nel rispetto della normativa unionale. Nelle more dell'individuazione della società o dell'azienda speciale la Provincia assicura con propri provvedimenti la prosecuzione del servizio all'utenza. Sono fatti salvi gli affidamenti con gara delle linee di trasporto minori e complementari nell'ambito di un sistema integrato della mobilità nonché gli interventi di promozione delle piccole e medie imprese nel trasporto locale”.
V. SULL’ISTANZA DI RINVIO DELL’UDIENZA DI TRATTAZIONE
35. In primo luogo, il Collegio deve esaminare l’istanza di rinvio dell’udienza del 7 novembre 2024 formulata dalla appellante SAD e alla quale ha aderito la Provincia appellata.
36. Detta istanza di rinvio si fonda sulla circostanza per cui altra causa connessa (R.G. n. 7452/2020), pendente davanti a questa Sezione, è stata rinviata all’udienza del 23 gennaio 2025 e che “verosimilmente tale rinvio è stato disposto in quanto il Comune di Bolzano (parte del detto giudizio R.G. n. 7452/2020, n.d.r.) era difeso” da un magistrato componente dell’odierno Collegio. Pertanto, l’appellante ha chiesto il rinvio anche della trattazione del presente giudizio evidenziando che “[i]l Comune di Bolzano detiene però una quota delle azioni della Soc. SASA S.P.A. controinteressata anche nel giudizio R.G. n. 9101/2021, in ogni caso collegato per le questioni trattate al giudizio R.G. n. 7452/2020”.
37. Detta istanza non può essere accolta.
38. Come noto, l’art. 72bis, comma 1, terzo e quarto periodo, c.p.a. prevede che “[s]alvi eccezionali motivi, non è possibile chiedere il rinvio della trattazione della causa. Se è concesso il rinvio, la trattazione del ricorso è fissata alla prima camera di consiglio utile successiva”.
39. Le circostanze dedotte dall’appellante a fondamento dell’istanza di rinvio dell’udienza non rappresentano “motivi eccezionali” tali da giustificare tale differimento della trattazione.
Difatti, il mero collegamento con altro giudizio - per essere le impugnative relative ad altri atti a valle di quelli oggetto del presente giudizio - non giustifica di per sé il rinvio della trattazione ove l’intreccio delle situazioni processuali potrebbe rendere più gravoso il processo, né l’ordinamento prevede tale strumento quale rimedio a fronte di eventuali ragioni di astensione di un componente del Collegio - evitate proprio dalla trattazione separata - fermo restando, comunque, che la circostanza prospettata nell’istanza di rinvio (id est precedente ruolo di difensore del Comune di Bolzano di un magistrato componente dell’odierno Collegio) riguarda altra causa e non comporta un obbligo di astensione del magistrato interessato con riguardo al presente giudizio (di cui non è parte il Comune di Bolzano).
40. Non può quindi essere accolta l’istanza di rinvio dell’udienza di trattazione.
VI. LA MOTIVAZIONE DEL RINVIO PREGIUDIZIALE
41. Il Collegio ritiene di dover sollevare davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea un rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE avente ad oggetto due quesiti.
42. Come si esporrà nel corso della narrativa, ciascuno di tali quesiti è rilevante nel presente giudizio, in quanto dal loro riscontro dipende l’accoglimento dell’appello proposto dalla società SAD.
43. I quesiti pregiudiziali in esame, inoltre, riguardano questioni che non sembrano materialmente identiche ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, già decisa dal Giudice europeo e sollevano specifici dubbi ermeneutici in relazione ai quali non sembra possa ritenersi che l’interpretazione corretta del diritto dell’Unione s’imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi.
44. Sussistono, pertanto, i presupposti affinché questo giudice di ultima istanza sollevi la questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE (sui presupposti per effettuare il rinvio pregiudiziale cfr., Corte di giustizia, sentenza del 6 ottobre 2021, causa C–561/19).
VI.1. IL PRIMO QUESITO
45. Il primo quesito che si sottopone al giudice unionale attiene all’ambito applicativo dell’art. 5, paragrafo 2, Regolamento n. 1370 cit.
46. Nella presente controversia, la parte appellante contesta l’applicabilità di tale disposizione sostenendo che l’affidamento diretto operato dalla Provincia di Bolzano non comporta il trasferimento del “rischio operativo” in capo alla società in house e, pertanto, non può trovare applicazione l’art. 5, paragrafo 2, cit. che, ad avviso dell’appellante, riguarderebbe le sole “concessioni” che, in quanto tali, prevedono detto trasferimento del rischio in capo all’operatore economico.
47. Pertanto, occorre preliminarmente stabilire se la disciplina circa l’aggiudicazione diretta ad un operatore interno prevista dall’art. 5, paragrafo 2, del Regolamento n. 1370 cit. si applichi indistintamente agli affidamenti in house ovvero (come sostiene la parte appellante) richieda una verifica circa l’esistenza di un trasferimento del rischio operativo in capo all’ “operatore interno” aggiudicatario dell’affidamento e non si applichi agli affidamenti in house in cui difetti detto trasferimento del rischio.
48. Il quesito che si va ad esporre è, pertanto, rilevante ai fini della risoluzione del presente giudizio perché dalla risposta che fornirà la Corte di giustizia potrà stabilirsi se l’art. 5, paragrafo 2, Reg. 1370 cit. sia applicabile o meno all’affidamento in house per cui è causa, deciso dall’amministrazione senza previa adozione di un atto concessorio formale espressamente volto a trasferire il rischio in capo alla società in house e senza fare un’analisi specifica del fallimento del mercato, evenienza rilevante anche al fine di individuare le norme nazionali applicabili.
49. Il quesito che si formula è analogo ad uno dei vari quesiti che, in altra causa connessa, questo Consiglio già aveva sottoposto alla Corte di giustizia (Consiglio Stato, ord. n. 1620/2022 cit., di cui si riprendono nel prosieguo vari passaggi) e che, come si è detto, non ha trovato risposta nella pronuncia della Corte di giustizia (sentenza del 19 ottobre 2023, causa C-186/22) con cui è stato definito quel rinvio pregiudiziale.
50. Il Regolamento n. 1370 cit. prevede, quali forme di aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico del TPL, sia l’aggiudicazione diretta ad un “operatore interno” [art. 2, lettera j) e art. 5, paragrafo 2] sia il ricorso al mercato tramite aggiudicazione (preceduta da gara ovvero diretta) ad un soggetto terzo (art. 5, paragrafi 3 e 4).
51. L “operatore interno” è definito quale un “soggetto giuridicamente distinto dall’autorità competente, sul quale quest’ultima o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi” [art. 2, lettera j), Reg. n. 1370 cit.] e le condizioni per poter effettuare un tale affidamento diretto ad un operatore interno sono stabilite all’art. 5, paragrafo 2, cit.
52. Tale modello di affidamento è analogo a quello definito (dapprima) dalla giurisprudenza e (successivamente) dal diritto unionale in materia di in house providing (art. 28 direttiva 2014/25/UE e art. 12 direttiva 2014/24/UE). Per tale ragione, per semplicità espositiva, nel presente provvedimento si utilizzano indistintamente i termini “affidamento in house” o “in house providing” anche con riferimento alla procedura di cui all’art. 5, paragrafo 2, Reg. 1370 cit. nonché si utilizza il termine “società in house” anche per indicare l’ “operatore interno” di cui al medesimo art. 5, paragrafo 2, cit.
53. L’art. 5, paragrafo 1, del Regolamento n. 1370 cit., nel trattare dell’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico di trasporto con tram o autobus, “ripartisce” la disciplina applicabile a tali aggiudicazioni prevedendo che per alcuni contratti si applichino le direttive in materia di aggiudicazioni di appalti e per altri contratti si applichi la disciplina di cui ai paragrafi da 2 a 6 del medesimo articolo 5 cit.
54. In particolare, l’art. 5, paragrafo 1, prevede che per i contratti che “non assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in dette direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE [oggi nn. 24 e 25 del 2014]”, l’aggiudicazione sia regolata dalle previsioni di cui a tali ultime direttive con inapplicabilità dei paragrafi da 2 a 6 dell’art. 5 medesimo (ferma rimanendo, comunque, l’applicazione delle rimanenti disposizioni del Regolamento, come precisato da Corte di giustizia, 27 ottobre 2016, in causa 292/15, Hörmann Reisen GmbH, punto 41, secondo cui “ai fini dell’aggiudicazione di un appalto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri con autobus, come quella oggetto del procedimento principale, non debbano applicarsi soltanto le disposizioni di cui all’articolo 5, paragrafi da 2 a 6, del Regolamento n. 1370/2007, mentre restano applicabili le altre disposizioni di tale Regolamento”).
55. Ai fini della individuazione della nozione di “concessione di servizi” (e, quindi, deve ritenersi anche per la nozione di “appalto”), l’art. 5, paragrafo 1, cit. rinvia alle citate direttive in materia di appalti.
Ai sensi dell’art. 2 direttive 2014/24/UE (paragrafo 1, n. 5) e 2014/25/UE (paragrafo 1, n. 5) gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra un’amministrazione aggiudicatrice e un operatore economico, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi; ai sensi dell’art. 5, n. 1, lettera b), Direttiva 2014/23/UE per concessione di servizi si intende, invece, un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo. L’aggiudicazione di una concessione di lavori o di servizi comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo, così come previsto dal secondo comma dell’art. 5, n. 1, lettera b) cit.
56. Alla luce della disciplina dettata dall’art. 5 Regolamento n. 1370 cit. [e dalle speculari previsioni di cui all’art. 10, paragrafo 3, Direttiva 23/2014, all’art. 10, lettera i), direttiva 24/2014 e all’art. 21, lettera g) 25/2014] potrebbe ipotizzarsi che i paragrafi 2-6 dell’art. 5 Regolamento n. 1370 cit. possano trovare applicazione per l’aggiudicazione delle concessioni di servizi di trasporto pubblico di passeggeri con autobus o tram e non anche per l’aggiudicazione degli appalti di tali servizi.
57. La necessità di distinguere i contratti di servizio pubblico in ragione della forma assunta (concessione o appalto) anche nelle ipotesi in cui si faccia questione di aggiudicazioni dirette ad un operatore interno sembra essere stata affermata dalla giurisprudenza unionale, secondo cui “per quanto concerne gli appalti rientranti nell'ambito di applicazione materiale e ratione temporis della direttiva 2004/17 o della direttiva 2004/18, le aggiudicazioni dirette di contratti che hanno ad oggetto servizi di trasporto pubblico di passeggeri con autobus e che non assumono la forma di contratti di concessione ai sensi di queste direttive non sono soggette all'articolo 5, paragrafo 2, del Regolamento n. 1370/2007, ma al regime delle aggiudicazioni dirette che si è sviluppato sulla base di tali direttive (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2019, V.H. e R.V., C-266/17 e C-267/17, EU:C:2019:241, punti da 73 a 76)” (Corte di giustizia U.E., 8 maggio 2019, in causa C-253/18, Stadt Euskirchen, punto 26).
58. Questo Consiglio di Stato, tuttavia, chiede al giudice unionale un chiarimento in ordine alla effettiva possibilità di operare una distinzione tra contratti di appalto e contratti di concessione nel caso si sia in presenza di un cd. affidamento diretto ad un operatore interno ai sensi dell’art. 5 paragrafo 2, Reg. n. 1370 cit. Detta questione, difatti, non è stata espressamente esaminata nella motivazione dell’appena citata sentenza della Corte di giustizia resa nella causa C-253/13.
59. In tali ipotesi, infatti:
a) da un lato, non sembra ravvisabile un’alterità sostanziale tra le parti contrattuali, tale per cui sarebbe difficilmente riscontrabile quello scambio a titolo oneroso alla base della definizione dei contratti di appalto e di concessione, così come sarebbe arduo discorrere di un trasferimento del rischio operativo in capo all’aggiudicatario - come tipicamente avviene nelle concessioni - facendosi questione di investimenti e di rischi ascrivibili ad un gestore che, per quanto formalmente distinto, si atteggia comunque quale articolazione organizzativa dell’ente affidante sul quale finirebbero per ricadere le conseguenze economiche di una gestione negativa ed i danni del disavanzo;
b) dall’altro, le direttive nn. 24 e 25 del 2014 non sarebbero comunque applicabili all’aggiudicazione diretta del contratto di servizio di trasporto pubblico di passeggeri con tram o autobus, emergendo un rapporto tra “amministrazioni aggiudicatrici” ex art. 28 direttiva 2014/25/UE o tra “enti nell’ambito del settore pubblico” ex art. 12 direttiva 2014/24/UE sottratto alle disposizioni di diritto derivato in materia di appalti pubblici, con la conseguenza che, risultando inapplicabili tali direttive, non sembrerebbe neppure porsi - in coerenza a tali lineamenti generali della disciplina dei contratti pubblici di appalto e concessione - l’esigenza di limitare l’ambito di operatività dell’art. 5, paragrafo 2, Regolamento n. 1370 cit. per evitare di sottrarre l’aggiudicazione dei contratti de quibus alle procedure delineate dalle direttive nn. 24 e 25 del 2014 (essendo già l’autoproduzione in se stessa un modulo organizzativo alternativo al contratto).
60. Al riguardo, si osserva che, di regola, il contratto rappresenta uno strumento di composizione di un conflitto di interessi di carattere patrimoniale tra parti contrapposte, poste in relazione di alterità soggettiva non soltanto formale, ma anche sostanziale, risultando ciascuna parte espressione di un centro di imputazione di interessi unitario ed autonomo.
L’affidamento in house, invece, costituisce un modello organizzativo fondato sulla capacità dell’amministrazione di autoproduzione del servizio, fornito mediante strutture soltanto formalmente distinte dall'autorità affidante, su cui la stessa ha un controllo di tipo organico analogo a quello svolto sui propri uffici.
61. Come precisato dalla Corte di giustizia, “in caso di aggiudicazione in house si ritiene che l'amministrazione aggiudicatrice faccia ricorso alle proprie risorse. Infatti, anche se l'ente affidatario è giuridicamente da essa distinto, esso fa, in pratica, parte dei servizi interni di quest'ultima qualora siano soddisfatte due condizioni. In primo luogo, l'amministrazione aggiudicatrice deve esercitare sull'organismo affidatario un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi. In secondo luogo, l'organismo deve svolgere la parte essenziale delle proprie attività a beneficio dell'amministrazione aggiudicatrice o delle amministrazioni aggiudicatrici che lo detengono (v., in tal senso, sentenze del 18 novembre 1999, Teckal, C-107/98, EU:C:1999:562, punto 50, nonché dell'11 maggio 2006, C. e Consorzio A., C-340/04, EU:C:2006:308, punto 33)” (Corte di giustizia U.E., 18 giugno 2020, in causa C-328/19, Porin kaupunki, punto 66).
62. Proprio l’assenza di una alterità sostanziale tra le parti giustifica la sottrazione dell’affidamento al soggetto controllato al previo confronto competitivo e, dunque, alla disciplina unionale in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici; non si è infatti in presenza di un autentico contratto a titolo oneroso, funzionale alla composizione di un conflitto patrimoniale tra parti contrapposte, ma di un mero incarico o, comunque, di una missione che l’affidatario non può rifiutare, a prescindere dalla veste formale assunta dalla relazione interna così costituita; con la conseguenza che, non emergendo un appalto, non potrebbero neppure applicarsi le procedure europee di affidamento previste per gli appalti pubblici (cfr. conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate il 27 aprile 2017 nella causa C-567/15, in cui si chiarisce che “In base al regime in house, l’ente aggiudicatore non stipula un contratto, dalla prospettiva funzionale, con un’altra entità distinta bensì, in realtà, con sé stesso, dato il legame che mantiene con l’entità formalmente diversa. Non si può parlare di un’aggiudicazione di appalto in senso proprio, ma di un mero incarico o di una missione, che l’altra «parte» non può rifiutare, indipendentemente dalla formula in cui l’uno o l’altro si traducano”).
63. La necessità di un’autonoma valorizzazione dell’affidamento in house quale relazione organizzativa fondata su strumenti giuridici diversi dall’appalto emerge anche dal considerando n. 5 della direttiva 2014/24, in cui si evidenzia la potestà delle amministrazioni di organizzare la prestazioni di servizi “con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva”, dunque anche ricorrendo ad un’operazione giuridica di natura interna quando siano soddisfatte le condizioni di cui all’art. 12, paragrafo 1, direttiva n. 24 del 2014 (Corte di giustizia, 6 febbraio 2020, in causa C-89/19C/91/19, Rieco s.p.a., punto 35).
64. Pertanto, posto che i contratti di appalto e di concessione implicano per propria natura la distribuzione di rispettivi sacrifici tra parti poste in relazione di alterità (anche) sostanziale, è dubbio che possa discorrersi di contratto di appalto o di concessione in senso stretto in presenza di un affidamento diretto ad operatore interno, in quanto l’amministrazione:
a) da un lato, non pone in essere uno scambio oneroso a remunerazione di una controprestazione eseguita da un soggetto sostanzialmente e formalmente distinto, né trasferisce alla controparte alcun rischio di gestione (come ordinariamente accade in materia di concessioni), che comunque permane in capo all’ente competente (di cui l’affidatario costituisce una mera articolazione organizzativa);
b) dall’altro, si limita ad impiegare risorse proprie per l’autoproduzione di un servizio pubblico, fornito da un soggetto facente parte dei propri “servizi interni”, da essa distinto soltanto sotto un profilo giuridico-formale.
65. Per tali ragioni, quando l’art. 5, paragrafo 1, Regolamento n. 1370 cit. richiama la distinzione tra contratti di servizio e concessioni di servizi, sembra che una tale differenziazione possa operare nelle ipotesi in cui l’aggiudicazione avvenga in favore di un operatore sostanzialmente e formalmente distinto dall’ente affidante, ma non anche qualora si faccia questione di un affidamento ad un operatore interno quale una società in house.
66. In tale ipotesi, emergerebbe un’aggiudicazione diretta di un contratto di servizi comunque soggetta alle previsioni di cui all’art. 5, paragrafo 2, Regolamento n. 1370 cit.; il che sarebbe pure coerente con il dato positivo che, discorrendo di “aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l'autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi”, non differenzia tale contratto di servizio pubblico in ragione della forma dallo stesso assunta (concessione o appalto).
67. Una tale conclusione sembra, inoltre, avvalorata dall’art. 2, lettera i), Regolamento n. 1370 cit., che definisce come “contratto di servizio pubblico” non soltanto l’atto che formalizza “l’accordo tra un’autorità competente e un operatore di servizio pubblico mediante il quale all’operatore stesso è affidata la gestione e la fornitura dei servizi di trasporto pubblico di passeggeri soggetti agli obblighi di servizio pubblico”, ma anche, secondo l'ordinamento giuridico degli Stati membri, l’atto “individuale di natura legislativa o regolamentare” oppure l’atto “che specifica le condizioni alle quali l’autorità competente fornisce essa stessa i servizi o ne affida la fornitura a un operatore interno”.
68. La distinzione tra le tipologie di atti integranti gli estremi del contratto di servizio pubblico, a seconda che l’affidamento avvenga in favore di un operatore di servizio pubblico o di un operatore interno, conferma la diversa natura giuridica delle relazioni suscettibili di instaurarsi tra le parti, a dimostrazione di come, qualora si discorra di affidamento ad un operatore interno, non si sia in presenza di un rapporto costituito da un atto bilaterale oneroso, di scambio tra l’autorità competente ed un operatore di servizio pubblico (incentrato su “l’accordo tra un’autorità competente e un operatore di servizio pubblico”, per il quale soltanto sembra configurabile la distinzione tra appalto e concessione), bensì di una relazione organizzativa originata da un atto di incarico, affidato ad un soggetto distinto dall’ente affidante solo sotto un profilo formale, attraverso cui vengono specificate “le condizioni alle quali l’autorità competente fornisce essa stessa i servizi o ne affida la fornitura a un operatore interno”.
69. La necessità di assoggettare all’art. 5, paragrafo 2, Regolamento n. 1370 cit. l’aggiudicazione diretta del contratto di servizio ad un operatore interno, senza possibilità di distinguere tra appalti e concessioni, sembra derivare, altresì, dall’esclusione degli affidamenti in house (cui, come detto, sono assimilabili gli affidamenti diretti ad operatore interno ex art. 5, paragrafo 2, Regolamento n. 1370 cit.) dall’ambito di applicazione delle direttive nn. 24 e 25 del 2014.
70. L’esigenza di differenziare i contratti di trasporto di passeggeri con tram o autobus in appalti e concessioni di servizi sembra, infatti, discendere dalla necessità di evitare una indebita compressione dell’ambito di applicazione delle direttive nn. 24 e 25 del 2014, in maniera da non sottoporre alla disciplina dettata dal Regolamento n. 1370 cit. fattispecie negoziali da aggiudicare secondo le direttive in materia di appalti pubblici per l’assenza del trasferimento del rischio operativo.
71. Una tale esigenza non sembra porsi per gli affidamenti in house, comunque esclusi dall’ambito di applicazione delle direttive nn. 24 e 25 del 2014 (art. 28 direttiva 2014/25/UE e art. 12 direttiva 2014/24/UE).
72. Del resto, l’art. 5, paragrafo 1, Regolamento n. 1370 cit., quando opera un rinvio ai “contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico di cui alle direttive [2004/17] o [2004/18] per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con autobus o tram” introduce, da un lato, una disposizione derogatoria rispetto alla regola generale stabilita all’articolo 5, paragrafo 1, prima frase, di tale Regolamento (cfr. Corte di giustizia, 27 ottobre 2016, in causa C-292/15, Hörmann Reisen GmbH, punto 39) - di applicabilità del Regolamento n. 1370 cit. all’aggiudicazione di tutti i contratti di servizio pubblico di trasporto di passeggeri - come tale da interpretare restrittivamente, dall’altro lato, richiama i contratti che “non assumano la forma di contratti di concessione di servizi” da aggiudicare “secondo le procedure di cui a dette direttive”, riferendosi, dunque, soltanto a quei contratti comunque soggetti all’applicazione delle direttive nn. 17 e 18 del 2004 (oggi nn. 24 e 25 del 2014), in quanto da aggiudicare nel rispetto delle relative previsioni.
73. Il che conferma ulteriormente come la sottrazione all’applicazione del Regolamento n. 1370 cit. sembri predicabile solo per gli “autentici” appalti di servizi di trasporto con tram o autobus, aggiudicati ad operatori esterni nel rispetto delle previsioni dettate dalle direttive in materia di appalti pubblici, ma non anche in relazione agli affidamenti in house, comunque sottratti all’applicazione delle direttive nn. 24 e 25 del 2014, come tali da ritenere interamente assoggettati all’art. 5, paragrafo 2, del Regolamento n. 1370 cit. a prescindere dalla questione del c.d. trasferimento del rischio operativo.
74. Deve darsi atto che la Commissione europea, nelle osservazioni depositate nel citato giudizio C-186/22 aveva preso posizione sulla questione sollevata in quel rinvio pregiudiziale (alla quale, come si è detto, in quel caso la Corte di giustizia non aveva dato risposta) e analoga alla presente sostenendo che l’art. 5, paragrafo 2, cit. richieda di distinguere tra affidamenti in house che assumono la forma dell’appalto e affidamenti in house che assumono la forma della concessione, sostenendo che l’art. 5, par. 2 cit. debba applicarsi solo nel secondo caso.
Sul punto, la Commissione europea, ha affermato che “va respinta l’argomentazione del giudice del rinvio, secondo la quale, nella fattispecie dell’ ‘in house providing’ non vi sarebbe un vero contratto. La considerazione dell’‘entità giuridicamente distinta’ come parte integrante dei servizi dell’amministrazione è infatti chiaramente solo una finzione giuridica, destinata a scomparire non appena quell’entità, per assenza di un controllo da parte delle amministrazioni interessate, riacquisti la propria ‘libertà di azione’ e agisca come ‘un’impresa’ (…)” (§35).
Questo Giudice osserva che le considerazioni della Commissione europea non sono idonee a superare i dubbi sopra esposti in ordine all’interpretazione dell’art. 5, paragrafo 2, cit., dovendosi, pertanto, sottoporre la questione alla Corte di giustizia.
Le osservazioni della Commissione europea, difatti, sembrano riferirsi alla questione, non rilevante nel presente caso, relativa al venire meno nel tempo, in costanza dell’affidamento, dei requisiti dell’in house e non alla questione relativa alla impossibilità di ravvisare un sostanziale trasferimento del rischio su un’impresa in house soggetta al controllo analogo dell’amministrazione che le affida il servizio pubblico.
75. In conclusione, in ragione delle importanti differenze intercorrenti tra l’aggiudicazione ad un operatore terzo e l’aggiudicazione diretta ad un operatore interno, percepibili anche in ordine alla natura della relazione instaurata tra le parti, si pone il dubbio interpretativo relativo alla assoggettabilità di tutti i contratti di servizio pubblico di trasporto di passeggeri aggiudicati direttamente ad un operatore interno alle previsioni di cui all’art. 5, paragrafo 2, Regolamento 1370/2007.
76. Deve, pertanto, essere sottoposto alla Corte di giustizia il seguente quesito: “se l’art. 5, paragrafi 1 e 2, del Regolamento n. 1370/2007, deve essere interpretato nel senso che la disciplina, di cui all’art. 5, paragrafo 2, cit., dell’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri ad una società in house richieda una verifica circa l’esistenza di un trasferimento del rischio operativo in capo all’operatore interno aggiudicatario e non si applichi laddove difetti detto trasferimento del rischio ovvero se la norma prescinda del tutto dalla analisi del trasferimento del rischio operativo per difetto di alterità della società in house - connotata dal requisito del controllo analogo - rispetto all’amministrazione ”.
VI.2. IL SECONDO QUESITO
77. Come si è detto, la controversia nella presente causa principale ha segnatamente ed anche ad oggetto la questione di diritto circa la applicabilità all’affidamento in house per cui è causa dell’art. 192, comma 2, cit.
78. Tale disposizione nazionale prevede che la scelta dell’amministrazione di ricorrere ad un affidamento in house è sottoposta ad un obbligo di motivazione rafforzato, dovendo la stazione appaltante valutare la “congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
79. Come osservato dalla giurisprudenza amministrativa (ord. Cons. St., sez. V, 7 gennaio 2019, n. 138, di cui si riporta di seguito il passaggio di cui al §3.1.2.), l’art. 192, comma 2, cit. impone che l'affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione, che non è richiesta per le altre forme di affidamento dei medesimi servizi (con particolare riguardo alla messa a gara con appalti pubblici e alle forme di cooperazione orizzontale fra amministrazioni):
i) la prima condizione consiste nell'obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l'esclusione del ricorso al mercato. Tale condizione muove dal ritenuto carattere secondario e residuale dell'affidamento in house, che appare poter essere legittimamente disposto soltanto in caso di, sostanzialmente, dimostrato 'fallimento del mercato' rilevante a causa di prevedibili mancanze in ordine a "gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche" (risultando altrimenti tendenzialmente precluso), cui la società in house invece supplirebbe;
ii) la seconda condizione consiste nell'obbligo di indicare, a quegli stessi propositi, gli specifici benefìci per la collettività connessi all'opzione per l'affidamento in house (dimostrazione che non sarà invece necessario fornire in caso di altre forme di affidamento, con particolare riguardo all'affidamento tramite gare di appalto). Anche qui la previsione dell'ordinamento italiano di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muove da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti in regìme di delegazione interorganica e li relega ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto alla previa ipotesi di competizione mediante gara tra imprese.
In sostanza, l’art. 192, comma 2, cit. prevede il ricorso al mercato quale scelta, per così dire, di default, potendo l’amministrazione optare per l’affidamento in house solo in via eccezionale al ricorrere delle stringenti ipotesi previste dalla norma medesima.
80. Tale norma è espressione di una linea restrittiva del ricorso all’affidamento diretto seguita da tempo dal legislatore italiano (sin dall'articolo 23-bis del D.l. n. 112/2008, conv. in L. n. 133/2008) al fine di contrastare un ricorso abusivo a tale strumento da parte delle amministrazioni nazionali e locali.
81. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato la non contrarietà dell’art. 192, comma 2, cit. all'art. 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/24/UE, ribadendo che dal principio di libera autorganizzazione delle autorità pubbliche (di cui al quinto considerando della direttiva 2014/24/UE e all'art. 2, paragrafo 1, della direttiva 2014/23 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione) discende la «libertà degli Stati membri di scegliere il modo di prestazione di servizi mediante il quale le amministrazioni aggiudicatrici provvederanno alle proprie esigenze» e, conseguentemente, quel principio «li autorizza a subordinare la conclusione di un'operazione interna all'impossibilità di indire una gara d'appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione, da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all'operazione interna» (Corte di giustizia, nona sezione, ordinanza 6 febbraio 2020, in cause da C-89/19 a C-91/19, Rieco spa, resa su rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato, sezione quinta, con ordinanze 7 gennaio 2019, n. 138 e 14 gennaio 2019, n. 293 e n. 296; nello stesso senso, Corte di giustizia, quarta sezione, sentenza 3 ottobre 2019, in causa C-285/18).
82. Anche la Corte costituzionale ha ritenuto che tale norma nazionale, “proprio perché reca una disciplina pro concorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dal diritto comunitario, non è da questo imposta - e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del primo comma dell'art. 117 Cost., come sostenuto dallo Stato -, ma neppure si pone in contrasto [...] con la citata normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l'assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri” (Corte costituzionale, 27 maggio 2020, n. 100, § 9.2).
83. Fermo quanto sopra esposto, nel presente giudizio è discussa l’applicabilità dell’art. 192, comma 2, cit. al settore del TPL, e in particolare all’affidamento diretto ad un operatore interno ai sensi dell’art. 5, paragrafo 2, Regolamento 1370 cit.
84. Il Collegio ritiene, pertanto, di dover sottoporre alla Corte di giustizia, ex art. 267 TFUE, un quesito pregiudiziale, al fine di stabilire, con specifico riguardo al settore del TPL, la compatibilità con il diritto unionale di una disciplina nazionale del tipo previsto dall’art. 192, comma 2, cit.
85. Il quesito è rilevante ai fini della risoluzione della presente causa principale dal momento che, ove la norma di cui all’art. 192, comma 2, cit. fosse in contrasto con la disciplina comunitaria in materia di TPL, ciò escluderebbe in radice l’applicabilità di detta norma agli affidamenti regolati dal Regolamento n. 1370 cit.. Al contrario, ove detta norma nazionale non venisse ritenuta in contrasto con il diritto unionale, questo giudice dovrà verificare se, in base al diritto interno, la stessa sia stata rispettata in concreto nel caso di specie ovvero se ne sia voluto prescindere (come evidenziato nella prospettazione dell’appellante e nelle stesse difese dell’amministrazione che ritiene non necessaria l’analisi del presupposto del fallimento del mercato in nome della propria libertà di autoorganizzazione).
A tale ultimo riguardo, deve darsi atto che in alcuni precedenti (Cons. St., sez. V, 6 luglio 2020, n. 4310 e Cons. St., sez. VI, ord. n. 1620/2022 cit., in part. § 57) questo Consiglio di Stato ha ritenuto che, laddove l’affidamento sia effettuato ai sensi dell’art. 5, paragrafo 2, cit., non trova applicazione, nel diritto nazionale, l’art. 192, comma 2, cit., e, pertanto, l’amministrazione non deve effettuare una specifica verifica in ordine al fallimento del mercato. Tali precedenti, e in particolare la sentenza n. 4310/2020 cit. (§§12-17) - e così anche la sentenza resa nel primo grado dell’odierno giudizio - giungono a tale conclusione sia sulla base di dati normativi di diritto interno che sulla base dell’articolo 5, paragrafo 2, cit. che viene ritenuta norma di per sé idonea a porre su un piano di parità l’affidamento in house ed il ricorso al mercato precludendo, quindi, l’applicabilità di una norma nazionale, quale l’art. 192, comma 2, cit. che, come si è detto, muove dal diverso presupposto per cui si possa ricorrere all’in house solo in ipotesi residuali.
Pertanto, anche in base al riscontro che verrà fornito dalla Corte di giustizia, oltre che sulla base dell’interpretazione delle norme nazionali, dovrà verificarsi se, nel caso di specie, debba darsi o meno continuità al citato indirizzo in precedenza seguito da questo Consiglio di Stato.
86. Come si è già detto, il Regolamento n. 1370 cit. prevede, quale forma di aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico del TPL alternativa al ricorso al mercato, l’aggiudicazione diretta ad un operatore interno, ossia “un soggetto giuridicamente distinto dall’autorità competente, sul quale quest’ultima o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi” [art. 2, lettera j), Reg. n. 1370 cit.].
87. L’art. 5, paragrafo 2, Regolamento n. 1370 cit. prevede al riguardo che le autorità competenti a livello locale possono “…procedere all'aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico a un soggetto giuridicamente distinto su cui l'autorità competente a livello locale, o, nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse, esercita un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi...”.
88. Il ricorso a tale modello, che si è detto essere sostanzialmente assimilabile a quello dell’in house, è consentito dal diritto comunitario “a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale” (così si esprime l’incipit dell’art. 5, paragrafo 5, Regolamento n. 1370 cit.).
89. Il dubbio interpretativo che si pone è se tale ultima previsione ponga il legislatore nazionale davanti ad una rigida alternativa, tale per cui le norme nazionali possano solamente vietare tout court ovvero consentire tout court il ricorso all’in house providing, ovvero consenta altresì al legislatore nazionale di seguire una via, per così dire, “mediana” che preveda la possibilità per le autorità locali di ricorrere all’in house providing ma sottoponendolo ad alcune limitazioni.
90. Tale seconda opzione potrebbe ritenersi corretta anzitutto in base al principio logico per cui “il più comprende il meno” e, pertanto, così come le autorità nazionali potrebbero vietare tout court il ricorso all’in house providing così potrebbero limitarlo pur senza escluderlo del tutto.
91. Tuttavia, permane un dubbio interpretativo, e deve pertanto sottoporsi la questione alla Corte di giustizia, dal momento che l’art. 5, paragrafo 2, cit. fa espressamente riferimento alla sola facoltà per gli stati di “vietare” l’utilizzo dell’in house providing e tale disposizione comunitaria è contenuta all’interno di un Regolamento, ossia una fonte che, come noto, è integralmente vincolante per gli Stati membri e direttamente applicabile e rispetto alla quale il perimetro di intervento delle normative nazionali è, di regola, più circoscritto e deve comunque mantenersi all’interno del margine di discrezionalità consentito dal Regolamento medesimo. Nel caso di specie, peraltro, emerge la peculiarità della norma regolamentare comunitaria che, anziché consentire alle fonti nazionali di integrare il proprio precetto, le autorizza a limitare il proprio campo di applicazione (id est, il Regolamento europeo n. 1370 cit. consente al diritto nazionale di escludere l’in house providing pur previsto e disciplinato dal Regolamento medesimo).
92. Qualora la Corte di giustizia ritenga che l’art. 5, paragrafo 2, cit. consenta agli Stati di limitare il ricorso all’in house pur non vietandolo del tutto, il Collegio invita allora la Corte a risolvere un ulteriore dubbio interpretativo relativo alla natura e al “grado” delle limitazioni che il diritto nazionale può al riguardo imporre al ricorso all’in house providing.
93. In particolare, il quesito che si sottopone alla Corte di giustizia è se l’art. 5, paragrafo 2, cit. osti ad una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 192, comma 2, cit., che prevede la possibilità per le autorità locali di ricorrere all'in house solamente in via eccezionale laddove sia dimostrata l’esistenza di un fallimento del mercato.
94. Il dubbio interpretativo si pone in ragione delle peculiarità della disciplina del TPL che viene sopposta dalle norme comunitarie ad un regime di “concorrenza regolamentata” al fine di coniugare la liberalizzazione “con l’adempimento dei compiti specifici assegnati agli operatori di servizio pubblico” (considerando n. 7, Regolamento n. 1370 cit.) posto che “molti servizi di trasporto terrestre di passeggeri che rappresentano una necessità sul piano dell’interesse economico generale non possono essere gestiti secondo una logica meramente commerciale” (considerando n. 5, Regolamento n. 1370 cit.).
95. Da tali peculiarità proprie del settore del TPL potrebbe quindi discendere una maggiore pregnanza, rispetto all’ordinaria disciplina dei servizi di interesse economico generale, del “principio di libera autorganizzazione delle autorità pubbliche” presente nell’ordinamento comunitario e richiamato anche dal medesimo Regolamento n. 1370 (considerando n. 18 e art. 5, paragrafo 2)
96. Pertanto, con riferimento al settore del TPL, occorre dunque stabilire se l’art. 5, paragrafo 2, del Regolamento n. 1370 cit. osti ad una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 192, comma 2, cit., che comprime significativamente la discrezionalità delle amministrazioni consentendo alle medesime di ricorrere all’in house solamente in presenza di una dimostrata situazione di fallimento del mercato e non sulla sola base di una valutazione di convenienza economico-amministrativa.
97. Occorre, pertanto, sottoporre alla Corte di giustizia il seguente quesito: “se il diritto unionale e, segnatamente, l’art. 5, paragrafo 2, Regolamento n. 1370 cit., con riguardo all’aggiudicazione diretta ad un operatore interno di un contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri, nella parte in cui prevede che tale aggiudicazione sia possibile ‘a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale’, osti ad una normativa nazionale, del tipo previsto dall’art. 192, comma 2, cit., la quale, pur non vietando del tutto il ricorso all’in house, lo ammette ma con limitazioni e, in particolare, consente alle amministrazioni di ricorrere a tale modello di affidamento solamente in presenza di una dimostrata situazione di fallimento del mercato e non sulla sola base di una valutazione di convenienza economico-amministrativa”.
VII. LA FORMULAZIONE DEI QUESITI E LA SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO
98. Alla luce delle considerazioni svolte, questo Consiglio di Stato solleva questione di pregiudizialità invitando la Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, a pronunciarsi sui seguenti quesiti:
1. “se l’art. 5, paragrafi 1 e 2, del Regolamento n. 1370/2007, deve essere interpretato nel senso che la disciplina, di cui all’art. 5, paragrafo 2, cit., dell’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri ad una società in house richieda una verifica circa l’esistenza di un trasferimento del rischio operativo in capo all’operatore interno aggiudicatario e non si applichi laddove difetti detto trasferimento del rischio ovvero se la norma prescinda del tutto dalla analisi del trasferimento del rischio operativo per difetto di alterità della società in house - connotata dal requisito del controllo analogo - rispetto all’amministrazione”;
2. “se il diritto unionale e, segnatamente, l’art. 5, paragrafo 2, Regolamento n. 1370 cit., con riguardo all’aggiudicazione diretta ad un operatore interno di un contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri, nella parte in cui prevede che tale aggiudicazione sia possibile ‘a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale’, osti ad una normativa nazionale, del tipo previsto dall’art. 192, comma 2, cit., la quale, pur non vietando del tutto il ricorso all’in house, lo ammette ma con limitazioni e, in particolare, consente alle amministrazioni di ricorrere a tale modello di affidamento solamente in presenza di una dimostrata situazione di fallimento del mercato e non sulla sola base di una valutazione di convenienza economico-amministrativa”.
99. In attesa della pronuncia della Corte di giustizia, il Collegio dispone, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., la sospensione del presente processo, riservando alla sentenza definitiva ogni pronuncia, anche in merito alle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in appello indicato in epigrafe, così provvede:
a) rimette alla Corte di giustizia dell’Unione europea le questioni pregiudiziali indicate in motivazione;
b) ordina alla Segreteria della Sezione di trasmettere alla medesima Corte copia conforme all’originale della presente ordinanza, nonché copia integrale del fascicolo di causa;
c) sospende il processo nelle more della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea.
d) riserva alla sentenza definitiva ogni pronuncia, anche in ordine alle spese di lite del presente giudizio.
La presente ordinanza è depositata presso la segreteria della Sezione, che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Davide Ponte, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Stefano Lorenzo Vitale, Consigliere, Estensore
Gudrun Agostini, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Stefano Lorenzo Vitale |
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Giancarlo Montedoro |
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IL SEGRETARIO
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